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o
06603921130014
<36603921130014
Bayer. Staatsbibliothek
A
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MONVMENTA
HISTORIAE PATRIAE
Tomvs X.
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HISTORIAE PATRIAE
MONVMENTA
EDITA IVSSV
REGIS CAROLI ALBERTI
TOMVS X.
CODEX DIPLOMATICVS S\I!IHM\K.
Toiavs 1.
AVGVSTAE TAVRINORVM
B REfilO TYPOGR APHEO
An. h . o . ccr. . lxI.
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VICTORIO EMMAWELI H
REGIS CAROLI ALBERTI F.
ITALIAE REGI
CODIGEM INSVLAE SARDINIAE DIPLOMATICVM
CVRATORES HISTORIAE PATRIAE STVDIIS PROMOVENDIS
D. D. D.
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VII
Eslraito dalla Gazzetta Ufficiale del Regno, n.° 47. 24 febbraio 4860.
VITTORIO EMANVELE
EGG. EGG*
Sulla proposizione del Nostro Ministro Segretario di Stato per gli aflari dellTnterno ;
Abbiamo decretato e decretiamo :
Art. 1. La Deputazione sovra gli Studi di Storia Patria, creata con Regio Brevetto del
20 aprile 1 855 , aggiungera ai lavori di cui trovasi attualmente incaricata quelli
relativi alla pubblicazione di opere inedite o rare e di diplomi ed atti appartenenti
alle Provincie Lombarde.
Art. 2. Sara proposto al Parlamento un congruo assegnamentd in aggiunta alla Cat. 46,
art. 6 del Bilancio 1860 del Ministero delFInterno , e cosi pel tratto successivo di
anno in anno per i lavori ed il servizio di detta Deputafcione, onde supplire alle
esigenze di quanto e prescritto nell'articolo precedente.
Art. 5. La Deputazione suddetta e investita , rispetto alle summentovate Provincie , di
tutte le facolta che le vennero attribuite dal citato Brevetto per le altre parti dello Stato.
II predetto Nostro Ministro dell'Interno e incaricato dell'esecuzione del presente
Decreto.
Dat. a Milano, 21 febbraio 1860.
VITTORIO EMANVELE.
C. Cavovb.
Al preriferilo R. Decreio precedette la segimte Relazione del Ministro deltlnterno .
SlRE ,
La R. Deputazione sovra gli studi di Storia Patria, creata dal Magnauimo Re Carlo Alberto con
Brevetto del ao aprile i833, attese mai sempre con indefesso zelo ai lavori, che risposero non meno
allo spirito della sua istituzione, che alla giusta aspettazione delia dotta Europa.
Nove volumi di gran mole , e ricchissimi di documenti preziosi ed inediti hanno gia avuto il giudizio
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Tlfl
del pubblico , che fu appieno fevorevole , e laie da accrescere skimolo al pre&eguimento della felice
impresa.
Si stanno preparando, e probabilmente entro questo istess'anno 1860 saranno compiti, il volume
decimo, che conterra il Godice Diplomatico dell'Isola di Sardegna , e 1'undecimo, che comprendera
parecchie Storie inedite , ragguardanti. al Piemonte.
Di un duodecimo volume la R. Deputazione ha gia destinato le materie , fra le quali saranno
gli atti degli Stati generali del Piemonte e della Savoia , viva espressione di nazionale rappresentanza,
nobile memoria di non mai legalmente e formaunente abolite pubUicbe frauchigie.
Ora , coll'aggiungersi di nuove e preclare Provincie aglt antichi Stati deila Casa di Savoia , sorge
spontaneo il desiderio di vedere compresa nel giro degli studi e delle pubblicazioni della R. Deputazione
quella eletta parte dltalia, che viene accomunarido le sue sorti colle nostre.
Non e gia che la Lombardia difetti di tali illustrazioni , che anzi fu in essa , e diremo anche per
essa , che nella prima meta del secolo xvm s'intraprese la magnifica collezione degli Scrittori di cose
italianc , merce della cura e della diligenza delFuomo il piu benemerito degli Studi Storici in Italia,
Ludovico Antonio Muratori ; e furono i Soci Palatini Milanesi 7 che fornirono i mezzi di attuare Jla
grande impresa, la quale, favorita allora dal Governo, coll'assistenza di valenti eruditi, tra cui TAr-
gelati, ed il Sassi , riusci a tanto vantaggio delle lettere, ed a cosi grande decoro dltalia.
'' Ne lo splendido esempio datosi con quella celebre pubblicazione maitcb di seguito , e dHmrtatori ,
che nessnna provincia italiana ebbe piu della Lombardia larga copia di documenti raessl a ^posizione
tkgh studiosi per le dotte fatiche det Fumagalli, del Lupi , del Giolini, del Fasi, del HoTblt , e di
parecchi altri, che s'aggiunsero a quella illustre schiera.
La R. Deputazione estendendo la sua azione sugli Studi di Storia Patria selie nuove Provincie',
non avra che a secondare il movimento gia impresso e continuato cola aUe investigazioni di suo. isti-
tuto , ad applaudire a quel c^ie si e fatto, e ad associarsi a quello che si sara per fare..
Rigorosamente parlando forse non occorrerebbe neppure un atto esplicito del GovernO per estendere
alla Lombardia la letteraria ingerenza della R. Deputazione , poiche ' questa si applica in genere
a tutti gli Stati di V. M., ma sarebbe certamente gradito a qUelle stesse Provincie un tratto di par-
ticolare attenzione del Governo a tale proposito.
Converxebbe quindi che oon un Decreto Reale si facesse tale dispositione.
La R. Deputazione prowederebbe in seguito per dar mano a qualche pubblicazione speciale di cose
Lombarde , eleggendo , col Sovrano beneplacito, alcuni membri scelli fra quelli che neUe anzidette
Provincie coltivano piu fervorosamente gli studi storici.
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IX
REGIA DEPVTAZIONE
SOVRA CLI STVDI
DI STORIA PATRIA
»■> Presidente.
SCLOPIS.1DI SALERANO Ecc. Conte D. Fedewgo , Ministro di Stato , Vic^-Preiidente
del Senato' del Regno , Primo. Presidente , Presidente del Gonsiglio del Contenzioso
diplomat&o, e della Commissione di Statistica giudiziaria, Socio della R. Accademia
<deUe Scienze di Torino, Socio corrispondente deiristituto.di Francia, Memhro aggre-
gato, deirAccademia Imperiale di Savoia , ecc, Cav. di Gran Croce, decorato del
Gran Gordone , dell' ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro , G&v. e . Consigliere
deirordine del Merito Civile di Savoia, Cavaliere delTordine della Legioft d^Onore
di Francia , e di quello del Merito sotto il titolo di S. Giuseppe. . -
Vice-Presidentu
...■>...' ' . ....
CIBRARIO Ecc. Nobile Lvigi , Ministro di Stato , Senatore del Regno , Piimo Presi-
dente, Primo Segretario di S. M. pel Gran Magistero deirordine dei Ss. Maurizio
e Lazzaro, Sbcio della R. Accademia delle Scienze di Torino, Socio corrispondente
■ >' deUlstituto< di Franeia^ corrispondente <JelT Accademia Iniperiale di SavOia , delle
Societa d'Economia Politica di Parigi c di Madrid , deIl'Accademia Imperiale degli
Ahtiquarii xli. Francia ^ deirAceadeania Archeologica Spagnuola, ecc., Cav^ <ii Gran
Croce, decorato del Gran Cordone dei Ss* Maurizio e Lazzaro, Gav. e Cbnsigliere
i dell ? cn*dine.iteloB(|erito Civile di Savoia, Cav. tli G. Cordone dcgli Qrdml di Carlo IH
... A\\ »Spagna ,< della Concezione di Portogallo : r ' di Leopoido <lel fielgio, del Mediidie
Ottomano , endeli;Lewne Neerlandese , eoci >
FERREHQ DELLAJ MARMORA Conte Albekto f Senatore del Regno , Luogotenente Ge-
i ; iiejfale, ^Yicc-Presidente' della R. Accademia delle Scienzd i di Torino, Membrb della
Commissione Superiore di Statistica , Cavaliere di Graii Croce , decorato del Gran
. t ieordone deil'0rdine dei Ss. Mawizio e Lazzaro, Grahd?lJfficiale delFOrdine Militare
di S»voia r Gav. e Consigliere deh"ordihe del Merito Civile di Savoia, Gavaliere del-
. .'r IWdinei 'della Legion d onore di Francia.
RICC^I Marchese Vikchkzo , Deputato al . Parlamehto Italiano , Gerwva.
MANJSOoEeC; fiarone D. GiVseh»e, Senatore del Regno , Primo Presidente della Corte
di Cassazione , Socio della R. Accademia delle Scienze di ToFino„ Socio corrispon-
dente dell'Accademia della Crasca, Membro onorario del Regio Istituto Lombardo
di Scieuzc^ Lettere ed Arti, Presidente perpetuo della Reale Societa Agraria ed Ero-
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nomica di Gagliari , Cavaliere di Gran Croce decorato del Gran Cordone delTordine
dei Ss. Maurizio e Lazzaro , Cav. e Consigliere Onorario deirordine del Merito
Civile di Savoia , MUano.
Segretariu
BAUDI DI VESME Cav. Carlo , Senatore del Regno, Membro della R. Accademia delle
Scienze di Torino, e della Commissione Provinciale di Statistica, Cav. delTordine
dei Ss. Maurizio e Lazzaro , e dell'ordine del Merito Civile di Savoia.
FRANCHI-VERNEY DELLA VALETTA Conte e Cav. Alessandro , Uffiziale dell'ordine
dei Ss. Maurizio e Lazzaro , Consigliere d'Appello.
Membri residenti. in Torino.
SAULI D' IGLIANO Conte Ludovico , Senatore del Regno , Consigliere di Legazione ,
Membro e Direttore della Classe di Scienze Morali , Storiche e Filologiche della
R. Accademia delle Scienze di Torino , Vice-Presidente del Consiglio del Contenzioso
Diplomatico , AccademiCo d'onore deH'Accademia Reale di Belle Arti , Commenda-
tore delFordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro , Cav. e Consigliere dell' orjdine del
Merifo Civile di Savoia.
SCLOPIS Ecc. Conte D. Federigo, predetto.
CIBRARIO Ecc. Cav. D. Luigi , predetto.
PEYRON Teol. Amedeo , Prof. emerito di Lingue Orientali , Membro e Tesoriere della
Reale Accademia delle Scienze di Torino, e Socio straniero delFIstituto di Francia
(Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere), Accademico corrispondente della Crusca,
Commendatore deH'ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, Cav. e Consigliere dell'ordine
del Merilo Civile di Savoia , Cav. della Legion d'Onore di Francia.
PROMIS Domenico , Bibliotecario e Conservatore del Medagliere di S. M. , Socio della
R. Accademia delle Scienze di Torino , Uffiziale dell' ordine dei Ss. Maurizio e
Lazzaro.
MALASPINA (dei Marchesi) Ab. D. Fabrizio, Comm. delL'ordine dei Ss. Maurkio e Lazzaro.
BAUDI DI VESME Cav. Carlo , predetlo.
RICOTTI Ercole , Maggiore nelle R. Armate, Membro del Consiglio Superiore di Pub-
blica Istruzione, Socio della R. Accademia delle Scienze di Torino, Cav. delPordine
dei Ss. Maurizio e Lazzaro, e di quelli del Merito Civile, e Militare di Savoia.
PROMIS Carlo , R. Archeologo, Prof. d'Architettura Civile nella R. Universita di Torino,
Socio della R. Accademia delle Scienze di Torino, Accademico d'onore delliAcca-
demia.R. di Belle Arti, Cav. delPordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro.
VALLAURI Tommaso, Dottorc Collegiato di Belle Lettere, Prof. di Eloquenza Latina nella
R. Universita di Torino v .Cavaliere dell'ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro.
BONCOMPAGNI DI MOMBELLO Cav. Carlo, Deputato al Parlamento.Italiano, Membro
della R. Accademia delle Scienze di Torino , Inviato straordinario e Ministro plehir
potenziario in riposo, Cav. Gran Croce decorato del Gran Cordone deilordme dei
Ss. Maurizio e Lazzaro. * ;
FERRERO DELLA MARMORA Conte Alberto, predetto.
FRANCHI-VERNEY DELLA VALETTA Conte e Cav. Alessandro, predctto.
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CASTELLI Michel- AiViELO , Senatore del Regno , Direltore generale degli Archiyi gene-
rali del Regno , Commendatore deU'ordine dei Ss. Maurizio e Lazzftro,
CARUTTI DI CANTOGIJO Domsnico, Segretario Generale nel Ministero degli Affari
Esteri, Deputato al Parlamento Italiano, Membro e Segretario del Consiglio del
Contenzioso Diplomatico , Socio della Reale Accademia deile. Scienze di Torino ,
Commendatore delT ordine dei Ss. Manrizio e Lazzaro , Cavaltcre delT ordine del
Merrto Civile di Savoia, Cavaliere di Gran Cordone deirordine d'Isabella la Cat-
tolica di Spagna , Grand'Uffiziale deirordine di Leopoldo del Belgio.
COMINO Garlo Fblice, Sostituito del Procuratore Generale presso la Corte d'AppeIIo
di Torino, Cav. delT ordine dei Ss. Maurizio e Lazaaro, e di quello di Cailo III
di Spagna.
BOSIO Priore D. Awromo, Dottore in Teologia.
Membri non residenti in Torino.
MANNO Ecc JBarone D, Giuseppe , predHto , MUano.
DATTA Avv. Pietbo, Parma.
MULETTI Cablo , Cavaliere delTordine dei Ss. Manrizio e Lazzaio , Veriuol» (Cii con-
dario di SaluzzoJ.
GAL Canonico D. Giovanni Antonio , Cavaliere dell'ordine dei Ss. MauriztO' e Lazzaro,
Professore einerito di Teologia, Membro della Societa Geolegica di Franeja, fe, del-
l'Accademia Imperiale di Savoia , Membro onorario della SocielA Savoina di
Stoiia e d'Archeologia, Cerrispondente della Societa di Scienze Storiche e Naturali
deU'Yonne r Membro della Giunta Statistica, e della Giunta d'Antichita , e Presi-
deate della Societa accademica del Ducato d' Aosta , Aosta. *
MARTINI Pdbtro , CaValiere degli ordini dei Ss. Maurizio e Lazaaro , e del Merito
Civile di Savoia , Dottore d'ambe Leggi , Presidente della Biblioteca della Jtegia
Universita di Cagtiari, Membro non reeidente deU'Accademia Reale delle Seienze
di Torino, Memhro della Reale Societa Agraria ed Economica di CagUari, e della
Societa Lignre di Storia Patria , Socio corrispondente delT Istituto Arlneoiogico di
fioma , e della. Soeieta Economica di Chiavari , Cagliari.
3FOLA Nobile D. Pasquale, Gavatiere delTordine dei Ss.Maurizio e Lazzaro* Consigliere
nella Corte d'Appelto «ii Genota* Socio corrisporniente della Reale Accademia delle
Scienze, e della Reale Societa Agraria di Torino , Soeio onorario della Reale Socifeta
Agraria ed Economica di Cagliari ; Vice*Presidente delia Societa Ligure di Storia
, Patria , : Genova.
MORENO Monsignor D^ Luwt, Vescovo dlvrea, Cwimeridatore deirordise dei Ss. Mau-
rizio e Lazzaro, Ivrea.
SBERTOLI • Abate PasqlalB Aotomo , Genova* '\ . .
FERRERO PONZIGLIONE DI BORGO D ALE Conte Vineento , Dnttor d Amhe Leggi ,
Cavaliere delFordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro.
CROSET-MOIJCHET Canonico D. Gicseppe , Dottore in Teologia ed in Ambe Leggi,
Uffiziale deHWdine dei Ss. Maurizio e Lazzaro , R. Professore di Teologia nel Se-
rainario Vescovile di Pinerolo e Pro-Vicario generale della Diocesi Socio . corri»
spondente delta R. Accademia delle Scienze di Torino , Soeio deU'Accademia Imp.
di Savoia , della Societa Accademica d'Aosta , e dell' Accademia Rotnana dei
Quiriti, Pinerolo.
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XII
GHARVAZ Monsignor D. Andrea , Arcivescovo di Genova , Gavaliere di Gran Groce ,
decorato del Gran Gordone , dell' ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro , Membro
della Reale Accademia delle Scienze di Torino , dell'Accademia Imperiale di Savoia,
e deH'Accademia Romana dei Quiriti, Genova.
ADRIANI Padre D. Giambatista, de'Chierici Regolari Somaschi, Rettore del Reale Collegio-
Gonvitto di Gasale Monferrato , gia Professore di Storia e Geografia nel Collegio
militare di Racconigi , Membro della R. Accademia di Filosofia e Belle Lettere di
Fossano, della Societa Accademica del Ducato d'Aosta, deirAccademia Imp. di Dijon ,
Socio d'onore delTIstituto nazionale di Ginevra, della Societa Istorica della Moravia
e della Silesia , della Economica di Ghiavari e di Savona , Socio corrispondente della
R. Accademia delle Scienze di Torino e della Imperiale di Savoia , della R. Aecademia
Lucchese, della Societa Ligure di Storia Patria, delle Imperiali Accademie di Scienze,
Belle Lettere ed Arti di Marsiglia, e di Aix in Provenza, della Societa Archeologica
di Montpellier e di quella di Storia e Archeologia di Savoia, delFAccademia Reale
di Storia di Madrid, deiristituto Istorico di Francia , ecc, Gavaliere degli ordini dei
Ss. Maurizio e Lazzaro, e di Leopoldo del Belgio , fregiato della grande medaglia
d'oro di Sardegna, e di quella di Sassonia pel merito Storico-Diplomatico , e del-
rimperiale di Russia pel merito Scientifico-Letterario, Casale di Monferrato.
MANUEL DI SAN GIOVANNI Barone Giuseppe , Dottor d'Ambe Leggi , Dronero (Cir-
condario di Cuneo).
BONAINI Francesco , Gavaliere degli ordini dei Ss. Maurizio e Lazzaro , del Merito
sotto il ftitolo di S. Giuseppe, e dell'Aquila Rossa di Prussia, Sovr' Intendente Ge-
nerale dei Regii Archivi nelle Provincie Toscane , Professore emerito delle Regie
Universita di Pisa e di Siena, Accademico residente della Grusca , Socio ordinario
dei Georgofili , Vice-Presidente dell'Ateneo Italiano , Socio . corrispondente della
Regia Accademia delle Scienze di Torino , dell' Accademia Romana d'Archeologia x
e deiristituto Archeologico , Firenze.
BANCHERO Giuseppe , Catastraro della Citta di Genova, Gorrispondente della Societa
Letteraria di Lione , e di quella di Statistica di Marsiglia , Genova.
BELGRANO Luigi Tommaso , Applicato agli Archivi Governativi di Genova , Vice-Segre-
tario Generale e Segretario della Sezione d'ArcheoIogia nella Societa Ligure di
Storia Patria, Gorrispondente deU'Accademia degli Euteleti di San Miniato, Genova.
BOSISIO Canonico D. Giovanni, Proposto e Preside del Gapitolo Gattedrale di Pavia, Pavia.
GANALE Avv. Michble Giuseppe , Genova.
CANTU' Cav. Cesare, Cavaliere dell'ordine del Merito Civile di Savoia, ecc. ecc, Milano.
DE SIMONI Cornelio , Dottor d'A. L., Applicato straordinario negli Archivi Goveraativi
di Genova , Presidente della Serione di Storia nella Societa Ligure di Storia Patria,
Genova.
FINAZZI D. Giovanni , Ganonico Teologo ^del Capitolo Cattedrale di Bergamo, R. Prov-
veditore agli Studi della Provincia di Bergamo, Socio attivo , e Vice-Presidente di
quelPAteneo, Professore emerito nei Semihari di Pavia e di Bergamo, Socio d*onore
degli Atenei di Brescia e di Bassano , delPAccademia Valdarnese del Poggio , e di
quella di Religione Cattolica, e delTImmacoIata Concezione di Roma , Bergamo.
GIULINI DELLA PORTA Conte Cesare , Senatore del Regno dltalia , Commendatore
delfordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro , Presidente del Consiglio Provinciale di
Milano , Milano.
MARCHESE Padre Vince^zo Fortunato , deUVdine dei Predicatori Cavaliere deU*ordine
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»11
dei Ss. Maurizio e Lazzaro, Professore onorario della R. Universita di Siena ,
Dottore di Gollegio per la facolta di Filosofia e Belle Lettere nella Regia Universita
di Genova , Socio della Romana Accademia dei Quiriti, della Fiorentina Golombaria
e di quella delle Belle Arti , della Yaldarnese del Poggio in Montevarchi , della
Valle Tiberina in Borgo San Sepolcro , dei Filomati di Lucca , delFAteneo di Scienze
Lettere ed Arti di Bassano , della Societa Ligure di Storia Patria , e di quella di
Belle Arti in Genova , Genova.
MAZZOLDI Angelo, Cavaliere dell'ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, Dottor di Leggi,
Professore straordinario di Storia Italiana nella Regia Universita di Torino, Preside
del Liceo di Piacenza , Membro effettivo delTAteneo di Brescia, Socio onorario delle
. Accademie di Lucca , di Milano e di Genova , Piacenxa.
ODORICI Federigo , Gavaliere deU' ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro , Socio corri-
spondente della Reale Accademia delle Scienze di Torino , Membro dell'Ateneo di
Brescia, Gorrispondente della R. Accademia Ercolanense, e deirAccademia Pontaniana di
Napoli, Membro dell'Ateneo di Firenze e della Societa Ligure di Storia Patria, Brescia.
OLIVIERI Agostino , Gavaliere deH'ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, Bibliotecario della
R. Universita di Genova , Professore di Paleografia e Diplomatica , Segretario ge-
nerale della Societa Ligure di Storia Patria, Vice-Presidcnte della Sezione di Storia
nella Societa stessa , Genova.
RIGGI Marchese Vincenzo , predetto , Genova.
ROBOLOTTI Francesco , Gavaliere deir ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro , Medico
primario e Direttore emerito dello Spedale magglore di Gremona, Socio corrispon-
dente della R. Accademia Medico-Chirurgica di Torino, dell'Istituto di Scienze, Let-
tere ed Arti di Milano , delT Accademia Medico-Ghirurgica di Ferrara , e delT Acca-
demia Fisico-Medica-Statistica di Milano, Vice-Conservatore del Vaccino pella Pro-
vincia di Cremona , Cremona.
SALA Aristide, Licenziato in ambe Leggi, Cavaliere deirordine dei Ss. Maurizio e Laz-
zaro , Canonico nclla Metiopolitana di Milano, Terzo Erogatario del Clero delle
cento Ferule, Archivisla di quella Curia Arcivescovile , Socio fondatore dell'Asso-
ciazione Pedagogica di Milano, Socio d'onore dell'Accademia Cingolana degli Incolti,
Socio corrispondente dello Istituto Storico di Francia, classe terza, della Pontificia
Accademia Tiberina e della Societa Ligure di Storia Patria , Milano.
GOSSA Nobile D. Giusefpe , Dottore in Matematica, Primo Assbtente della R. Biblioteca
di Brera in Milano , Professore di Paleografia e Diplomatica , Socio corrispondente
del R. Istituto Lombardo di Scienze, Lettere ed Arti , Socio d'onore delFAteneo
di Brescia , Milano.
DOZIO Abate Don Giovanni , Dottore della Biblioteca Ambrosiana , Milano.
ROSA Gabriele, Cavaliere dell' ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro , Socio effettivo degli
Atenei di Bergamo e di Brescia, Socio corrispondente di quelli di Bassano, Treviso e
Venezia, e Membro corrispondente della Societa d'Antichita patrie di Zurigo, Bergamo.
ROSSI Girolaho , Professore di Rettorica , e gia Provveditore agli Studi nel Collegio
di Ventimiglia , Membro corrispondente dell' Archivio Storico Italiano di Firenze ,
della Societa Ligurc di Storia Patria , e dell'Ateneo di Milano , Socio d'onore del-
TAccademia degl'Incolti di Gingoli , .Fentimiglia.
VIGNATI D. Cesare , Arciprete , Cavaliere dell' ordinc dei Ss. Maurizio e Lazzaro ,
Socio corrispondente dell' Accademia Colombaria di Firenze , e Socio onorario del-
1'Accademia d'Agricollura , Commercio ed Arti di Verona , Lodi.
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xrv
OSIO Loigi , Cavaliere deH'ordine Reale Danese del Danebrog, Socio effettivo dell'Ateneo
di Milano , Direttore Gapo di Divisione di \ .* classe agli Archivi Governativi in
Milano, Milano.
Membri residenti alVEstero.
BILLIET Monsignor D. Alessio , Arcivescovo di Chambery, Cavaliere di Gran Croce
decorato del Gran Cordone dell' ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, Commenda-
tore delPordine Imperiale della Legion d'Onore , Membro della Reale Accademia
delle Scienze di Torino , dell' Accademia Imperiale di Savoia , e delle Accademie
di Scienze , Belle Lettere ed Arti di Lione , Dijon , e Rouen, Chambdry.
COSTA DI BEAUREGARD Marchese Pantaleone, Commendatore dell'ordine dei Ss. Mau-
rizio e Lazzaro , Socio della R. Accademia delle Scienze di Torino , Presidente
deirAccademia Imperiale di Savoia, Chambery.
La Regia Deputazione ha inoltre Socii corrispondenti Italiani , e Stranieri.
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MVTAZIONI ACCADVTE NEL CORPO DELLA R. DEPVTAZIONE
DOPO LA PVBBLICAZIONE DEL PRECEDENTE VOLVMB,
SEGONDO DEL LIBER IFRIFM E NONO DELLA SERIE
'HOMINE
In seguito a proposta della R. Deputazione S. M. si degnava di chiamare a farneparte
Con Decreto 47 maggio 1857.
CASTELLI Cavaliere Aw. Michel Angelo.
CARUTTI CavaJiere Domenico.
j
Cdn Decreto 24 aprile 1858.
COMINO Cavaliere Avv. Carlo Felice.
BONAINI Cavaliere Fbancesco.
, TROYA Cavaliere Carlo.
Con Decreto 4 4 giugno \ 860.
BANCHERO Gidseppe.
BELGRANO Lcki Tommaso.
BOSIO Priore e Teologo D. Antonio.
BOSISIO Canonico D Giovanni.
CANALE Awocato Michele Giuseppe.
CANTU' Cavaliere Cesabe. ^
, DE SIMONI Awocato ConNBUo.
FINAZZI Canonico D. Giovanni.
GIULINI DELLA PORTA Gonte Cesabe.
MARCHESE ^adre Vincenzo Fobtunato. .
MAZZOLDI Cavaliere Angelo.
ODORICI Cavaliere Fedebigo. »
•.••.;;>.•» I . i . ■ . -
OLIVIERI Avvocato Agostino.
RICCI Marchese Vincenzo.
ROBOLOTTI Cavaliere Dottore Fbancgsco.
SALA CabonicO D. Aristide.
•' t ■ . - ". ' •
Con Decreto 5 luglio 4860.
COSSA Nobile D. Giuseppe. >
DOZIO Abate Giovanm. , ... .
MANDELLI Cavaliere Notaio Vittorio.
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I
Xfl
ROSA Cavaliere Gabriele.
ROSSI Girolamo.
VIGNATI Arciprete Cesare.
Con Decreto 5 dicembre 4 860.
OSIO Luigi.
IHORTI
II 24 maggio 4857.
II nobile Leone Menabrea , Deputato residente in Chambery.
II 19 settembre 4857.
II Cav. Givuo Cordero dei Conti di S. Quintino , Deputato residente in Torino.
II 5 maggio 4859.
II Cav. Abate Costanzo Gazzera , Vice-Presidente.
II 2 settembre 4859.
II Conte Ignazio Sohis di Chiavrie, Deputato residente in Torino.
II 4 ottobre 4859.
II Conte Lvigi Nomis di Cossilla , Deputato residente in Torino. ,
II 25 novembre 4859.
L'Aw. Matteo Molfino , Deputato residente in Genova.
U 6 febbraio 4860.
L'Abate e Professore Giambatista Raggio , Deputato residente in Genova.
II 6 febbraio 4864.
II Cav. Vittorio Mandelli , Deputato residente in Vercelli.
ELEZIOII DI VFFIZIJILI
approvate con Regii Decreti delle seguenti date
4 859 , 2f luglio.
FERRERO DELLA MARMORA Conte Alberto, Pice-Presidente , in surrogazione del
defunto Cav. Abale Costanzo Gazzera.
FRANCHI-VERNEY Cavaliere Alessandro, SegretariOy in surrogazione del Conte Vincenzo
Ferrero Ponziglione , demissionario.
4860 , 44 giugno.
GIVLINI DELLA PORTA Conte Cesare , Vice-Presidmte in Milano.
RICCI Marchese Vincenzo , Fice-Presidente in Genova.
4 860 , 5 dicembre.
MANNO Ecc. Barone D. Givseppe , Fice-Presidente in Milano , in surrogazione del Conte
Cesare Givlini della Porta , demissiohario.
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CATALOGVS
XVII
MONVMENTORVM HVC VSQVE EDITORVM
CVRANTE SOCIETATE REGIA STVDIIS RERVH PATRIAE PR0M0VEND1S INSTITVTA
INTOMO I. (Charlarum L).
Chartae ab anno dcu. ad annum mcclxxxxu.
IN TOMO II. (Leges Municipales ) .
Statuta ac privilegia Civitatis Secusiae.
Statuta et privilegia Civitatis Augustae Praetoriae.
Statuta et privilegia Civitatis Niciae.
Statuta Consulatus lanuensis anni mcxlii.
Imposicio Officii Gazariae.
Statuta et priviiegia Civitatis Taurinensis.
Statuta Societatis Beati Georgii populi Cheriensis
Statuta Comunis Casaiis.
Statuta Civitatis Eporediae.
Statuta Civitatis Montiscalerii.
.0
IN TOMO M. (Scriptorum I).
Anciennes Chroniques de Savoye.
Fragments de la Chronique du Comte Rouge par
Perrinet Du-Pin.
Chronica Latina Sabaudiae.
Chronica Abbatiae Attaecumbae.
Chronica Iuvenalis de Acquino ab anno mcdlxxv
usque ad annum mdxv.
Dominici Machanei Mediolanensis Epitomae histo-
ricae Novem Ducum Sabaudiae.
Memoires sur la vie de Charles Duc de Savoye
Neuvieme des Tan mdv jusqu'en Tan mdxxxix
de messire Pierre de Lambert Seigneur de la
Croix President des Comptes de Savoye. Avec
un discours sommaire du succes du Siege mis
au-devant du. Chateau et Cite de Nipe par
Francois Roy de France et par le Turch Bar-
berosse de Tan mdxlui.
Historico Discorso di Giuseppe Cambiano de' Si-
gnori di Ruffia al Serenissimo Filippo Emanuele
di Savoia Prencipe di Piemonte.
IN TOMO IV. (Scriptorum II).
Storia delle Alpi Marittime di Pielro Gioffredo, Libri xxvi.
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XVIII
IN T03I0 V. (Scriptprum III).
Fragmenta Chronicae Antiquae Civitatis Pedonae.
Chronicon Novaliciense.
Waltharius.
Beati Heldradi Novaliciensis Abbatis Vita.
Necrologium Prioratus Sancti Andreae Taurinensis.
Necrologium Monasterii Sanctorum Solutoris, Ad-
ventoris et Octavii Taurinensis.
Sancti Iohannis Confessoris Archiepiscopi Raven-
natis Ecclesiae Vita.
Libellus Narrationis seu Chronicon Coenobii Sancti
Michaelis de Clusa Nicolai u. S. P. iussu exa-
ratum.
Venerabilis Benedicti Clusensis AbbatisTita. Auctore
Willelmo Monacho eius discipulo.
Summariae Constitutiones Monasterii Beatae Mariae
de Abundantia.
Necrologium Monasterii Beatae Mariae de Abun-
dantia.
Fragmentnm Martyrologii Ecclesiae Beati Evasii Ca-
salensis.
Necrologium Insignis Collegii canonicorum San-
ctorum Petri et Ursi Augustae Praetoriae.
Selecta e libro Anniversariorum , Refectorioriun ,
Vigiliarum et Missarum Conventualium Ecclesiae
Cathedralis Augustanae.
Martyrologium Graeco-Augustanum Ecctesiae Sancti
Mauricii De Brusson in valle Challand apud Au-
gustanos, saeculi x., vel xi.
Kalendarium Augustanum, ad fidem Autographi
saeculi xu. inclinantis vel xni. ineuntis.
Extractus Anniversariorum , Refectoriorum , Vigi-
liarum et Missarum Conventualium fieri soli-
tarum in Ecclesia Cathedrali Gvitatis Augustae
Praetoriae ad fidem Apographi saeculi xvi.
Fragmenta de Gestis Astensium excerpta ex libro
Ogerii Alpherii Civis Astensis.
Memoriale Guilielmi Venturae . Civis Astensis , de
Gestis Civium Astensiiun et plurium aliorum.
Memoriale Secundini Venturae Civis Astensis.
Cronaca di Saluzzo di Gioffredo Della Chiesa.
Cronica di Monferrato di Galeotto del Carretto del
Terzero di Millesimo.
Benvenuti Sangeorgii Chronicon.
Chronicon Imaginis Mundi fr. Iacobi ab Aquis
Ordinis Praedicatorum.
IN TOMO VI. (Chartarum II).
Chartae ab anno ncc ad annum mcclxxxxix.
Vrsonis Notarii Genuensis, Carmen saec. xm.
IN TOMO VII. (IAbri Iurium Reipublicae Genuensis Tomus I).
Chartae ab anno nccccLvm ad annum hcclxxx.
in tomo vm.
Edicta Regum Langobardorum.
IN TOMO IX. (Libri Iurium Reipublicae Genuensis Tomus II).
Chartae ab anno ncxxxvm ad annum nccccxLvn.
IN TOMO X. (Codicis Diplomatici Sardiniae Tomus I).
Chartae ab anno mii ad annum mcccxcii.
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LIBRI OFFERTI
XIX
ALLA
KEGIA DEPVTAZIONE SOVRA GLI STVDI DI STORIA PATRIA
m 1.« ccnnmo m* al u mgcm m\
Musee de Tzarskoe-Selo, ou CoUection d'armes de Sa Majeste l'Empereur de toutes
ies Russies, ouvrage compose' de 180 planches litographiees par Asselineau ,
avec une intcoduction historique par Flox Cille, Conseiller d'Etat, BibUothe-
caire de S. M. ImpeYiale, etc. S*-Petersbourg, et Carlsruhe, Velten, i835-
i853; 3 vol.
Antiquites de TEmpire de Russie e*dite'es par ordre de S. M. TEmpereur Nicolas I.
' Six vol. de texte, en langue Russe, et sit series de planches coloriees. Moscou,
Cromolith. de Bachmann, 1 849-1 853.
Notizie storiche deUa Valsassina e delie terre limitrofe dalla piu remota lino. alla
presente eta , raccolte ed ordinate dall' Ingegnere Giuseppe Arrigoni. Milano ,
Pirola, 1840 ;. 8.° con carta.
Delle Acque minerali subacidulo-salino-ferruginose di Taceno nella Valsassina ,
Cenni scritti daUTogegnere Giuseppe Arrigooi. Mtfano, Piroia, 1848.
Una Corsa per la Valsassina dellTngegnere Giuseppe Arrigoni. Milano, Redaelli,
i854.
Di alcuni Artisti Valsassinesi ignoti o poco noti , Cenni deliTngegnere Giuseppe
Arrigoni, eslratti dal Manuale della Provincia di Como per 1'anno i854< Como,
OstineUi, 1854.
Documenti inediti risguardanti la storia della Valsassina e delle terre Jimitrofe ,
naocoUi dattTnge§»ere Giuseppe Arrigoni. Vol I. fasc. 1 e 3. Milan«, Pirola,
i85 7 . t .
Storie Breseianie >dai primi tempi Sino aU'eta nostra, di Federico Odorici. Vpl. L-VIII.
Breacia , Gtfberli, i853.
Spirito di associazione di alcune Citta Lombarde nel medio evo , indagini di Fe-
j derioo Odarici ; estratto 4«jU'Archivio Storicp Italiano , tom. XL p. 1. Firenze,,
- ; CeJttni.,;i8f5p. ..;•■:•' ,
Istoria Civile dei Ducali di Parma, Piacenza e Guastalk», di Luciano Scarabelli.
■ r Yol L ; e II. Itaha, |84&
&toria deUa Guerra di Fedejigo: Primo contro i Cpmuqi, 4i Lombardia, di
Gio. Battista Tesla. Vol. I. e II. Doncaster. Edwin, "VS^hite ,- 1 853 . e ,1857.
Manfredi, Tragedia e Notitie stpriche, di Cwlp Cocqhe^i. Vel>. I, Padow, Sicca,
i854. "
Mjemprie delta Tipografia Bresciajnja nej secplo decimoquin to , di Luigi Lecchi
, Presidente deU'Ateneo. Brescia, Venturini, i854-
Vita e gesta dei Sommi Poutefici Romani degli Stati Sardi , del Canonico Onor.
C Domenioo Gerri Professbre di Teolpgia , VoL I. e I(. >Tprino, i855, Ti-
pografi» di Martipengo Francesco e Comp.
I Borgia ossia Alessandro VI. Papa e suoi coatemporanei , di C. Domenico Cerri. •
Torino, 1857, Tipografia Martinengo e Comp.
S. M. LImperatohK
DI RUSSIA.
Abrigoni.
Odomci.
SCARABELLI.
TESTA.
COCCBBTTI.
LECCRI.
Cerbi. -
9
M
RUPKMM.
RANCHUO.
OUTIUI.
Sala.
Liohi.
RoaOLOTTI.
FlflAUL
ACCADBMIA RBALB
DI Stobxa
DI Madbid.
Storia del Lago di Como, e principalmenle della parle superiore di esso detla
le Tre Pievi , libri dodici di Gaspare Rebuschini , 3/ edizione. Bergamo, coi
tipi di Pietro Cattaneo, i855 ; 8.°
II Duomo di Genova illustrato e descritto da Giuseppe Banchero, Catastraro della
Citta di Genova. Genova, Fr. 11 ' Ferrando, i855.
Carte e Cronache manoscritte per la storia Genovese , di Agostino OHvierL Ge-
nova, tipi de'Sordo-Muti , i855. •
Storie Genovesi del secolo XVIII. di Emanuele Celesia. Genova, Sordo-Muti, i855.
Documenti - per )a storia della Diocesi di Milano , del Canonico Aristide Sala.
Milano, Agnelli , i855 (edizione di sole i5o copie).
Documenti circa la vita e le gesta di S. Carlo Borromeo , del Canonico Aristide
Sala. Vol. III. Milano, ditta Boniardi - Pogliani - Besozzi, 1857 e i858.
Memorie storiche di Todi per Lorenzo Leoni. Todi , Natali , i856.
Dei documeoti storici e letterari di Cremona , Lettera di Francesco Robolotti
a Federico Odorici. Cremona , Feraboli , 1857.
Della importanza di conservare e di crescere le Glorie Patrie, Discorso acca-
' demico del Prof. Abb. Giovanni Finazzi. Bergamo, Crescini, i84a.
Degli Antichi Scrittori delle cose di Bergamo, Commentario del Can.°° Giovanni
Finazzi. Bergamo, Crescini, i844-
Cenni sulla dedicazione del nuovo Tempio di S. Andrea e del solenne trasporto
delle reliquie de' Ss. Martiri Domnebne Domino ed Eusebia , del Can. co Gio-
vanni Finazzi. Bergamo, Crescini, 1848.
Delle Lapidi Bergamasche , Memoria del Can. 00 Giovanni Finazzi. Bergamo, Maz-
zoleni, i85i.
Sinodo Diocesano in Bergamo , 1 3o4 , sotto il vescovo Giovanni da Scanzo ; del
Can. co Giovanni Finazzi. Milano, Boniardi-PogHani, i853.
II a5 Aprile in *S. Onofrio di Roma o la visita alle celle che furono 1'ultima
dimora di Torquato Tasso , Reminiscenze del i85i del Canonico Giovanni
Finazzi. Milano , Agnelli , 1857.
Del Codice Diplomatico Bergamense pubblicato dal Can. 00 Lupo e dalTArc. Ron-
chetti , Memoria del Can. co Giovanni Finazzi. Milano , Pubblicazione degli
Annali ecc. Galleria De Cristoforis, 1857.
NelPoccasione del riaprimento delCAteneo di Bergamo, e della inaugurazione di
un nuovo busto del Tasso, discorso del Can. co Finazzi. Mitano, Galleria De G*i-
stoforis, 1859. j
SuUe antiche miniere di Bergamo, Relazione epistolare del Can. 00 Giovanni Finazzi.
Milano , Societa per la pubblicazione degli Annali universali delle Scienze ,
1860.
Cose antiche di Bergamo , pubblicate in appendice al Codice Diplomatico del
Can. co Mario Lupo, con prefazioni e note del Can. co Giovanni Finazzi. Ber-
gamo, Pagnoncelli editore.
Ensayo sobre los alphabetos de las letras desconocidas, que se encuentran en las
mas antiguas medallas , y Mcnnmentos de Espana , por Don Luis Ioseph
Velazquez. Madrid , Sanz, 1752.
Espana Sagrada , Theatro geographico-historico de la Iglesia de Espana , per Hen-*
rique Florez. Madrid, 1754 al i85o; 47 ▼ol.
Clave de Ferias , o Prontuario Manual para la inteligencia de las Flechas de los
monumentos de Espana , par Don Antonio Matheos. Madrid , Perez de Soto ,
1760.
Informe dado al Consejo por la Real Academia de la Historia en 10 de junio
de 1783 sobre la disciplina ecclesiastica antigua y moderna relativa al lugar
de las sepulturas. Madrid , de Sancha , 1 786.
Memorias de las Reynas Calholicas , Historia Genealogica de la Casa Real de
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Castilla, y de Leon , todos los infantes , por Hehrique Florez. Madrid, de la
Vinda de Marin , 1 790 ; tom. I. II.
La Caslilla, y el Mas famoso Castellano , Discurso sobre el sitio, nombre, extension,
gobierno, y condado de la antigua Castilia. Historia del celebre castellano
Rodrigo Diaz, Uamado vulgannente El Cid Campeador, por el p. Mro Fr; Manuel
Risco. Madrid, Blas Roman , 1793.
Historia de la Ciudad y Corte de Leon , y de sus Reyes , su autor Manuel Risco.
Madrid , Blas Roman , tom. I. n. 1792.
Cartas de Gonzalo Ayora , Cronista de los Reyes Catolicos , de Rey Don Fernanclo.
Dalas a Luz D. G. V. Madrid, De Sancha, 1794«
Memorias de la Real Academia de la Historia. Tom. I. a Vni. 1796 a i85a.
Madrid, de' Sancha.
Viage literario k las iglesias de Espana , publica con algunas observaciones
Don Ioaquin Lorenzo Villanueva. Valencia, i8o3-i85a, XXII. vol. ; 8.°
Dimostracion historica del verdadero valor de todas las monedas que corrian en
Castilla, etc, su autor el padre Fray Liciniano Saez. Madrid, de Sancha, i8o5.
Las Siete Partidas del Rey Don Alfonso el Sabio contejadas con varios codices
antiguos por la Real Academia de la Historia. Tom. III. Madrid, 1807, de
la Imprecia Real.
Memoria historica sobre qual ha sido la opinion nacional de Espana acerea del
Tribunal de la Inquicion, porDon Juan Antonio Llorente. Madrid, de Sancha,
1812.
Observaciones dirigidas a averiguar las medidas y pesos corrientes, 0 imaginarios,
que estan en uso en las diferentes provincias de Espana , e Islas adyacentes.
Clave geographica para aprender Geographia , por Henrique Florez. , Madrid ,
Del Collado, 1817.
Sumario de las antiguedades Romanas que hay en Espana , 4as pertenecientes
a las bellas artes, por D. Juan Agustin Cean-Bermudez. Madrid, De Burgos, i832.
Opusculos legales del Rey Don Alfonso el Sabio de todos los derechos. Madrid ,
tom. I. II. i836, tom. I.
Diccionario de voces Espanolas geograficas.
Disertacion sobre Ia Historia de la Nautica , y de ias ciencias matemalicas ,
del D. Martin Fernandez Navarrete. Madrid, Vinda de Calero, 1846.
Diccionario geograpMco-historico de Espana - D. Angel Casimiro de Govantes.
Madrid , De Jordan e Hijos , 1846.
Memoria historico-critica sobre el gran disco de Theodosio encontrado en Almen-
dralejo , leida a la Real Academia de la Historia por su anticulario Don An-
tonio Delgado. Madrid, Vinda de Calero, 1849.
Historia general y naforai de las Indias, islas y tierra-firme del mar Oceano ,
por el capitan Gonzalo Fernandez de Oviedo y Valdes por D. Jose Amador
de los RJos. Madrid, Rodriguez , i85i-i855, IV. vol.
Coleccion de Fueros y Cartas-pueblas de Espana, por la Real Academia de la
Historia. Catalogo. Madrid , Rodriguez, i85a.
Elogio historico del Don Antonio de Escano , por Don Francisco de Paula Qua-
drado y de R06 - ia R. Acad. - Madrid , Rodriguez , i85a.
Memorial historico Espanol , coleccion de documentos, opuscuios y antiguedes
que publica la Real Academia de la Historia - Cuaderno 17 a 43 - Madrid,
R. Academia. Rodriguez, i853 a i858 et tom. I. n. III. IV. - Madrid, Ro*
driguez , i85i-i85a.
Htstoria del combate naval de Lepanto, Don Cayetano Rosell. Madrid, Rodriguez, i853.
Examen critico -historico del influjo que tuvo en el comercio, industria y pobla-
cion de Espana su dominacion en America - D. Jose Arias y Miranda - Madrid,
Rodriguez , i854- •'...>
mi
Sabau.
Trauaio.
Bonaiw.
Compromiso de Caspe , por *Don Florencio Janer. Madrid , Matute y compagni ,
i855.
Inioio critico del Feudalismo en Espana, por Don Antonio de la Escosura y Hevia.
Madrid, Martin Alegria , i856.
Coleccion de Cortes de los Reinos de Leon y de Castilla. Madrid, MarceUino
Calero y Portocarrero , fascicoli 38.
Condicion social de los Moriscos de Espana - Don Florencio Janer - Madrid,
Matute y Cdmpagni, 1857.
Discarsos lcidos en las sesiones publicas que para dar posesion de plazas de nu-
mero ha celebrado desde i85a la R. Academia de ' la Historia. Madrid, Matute,
^858.
Noticia de las Actas de la Real Academia de la Historia , por Don Pedro Sabao.
Madrid , Rodriguez, 1860.
II Clero Pavesc nella santa causa deU'Indipendenza nazionale , di Pietro Terenzio,
Pavia y Fusi e Socio , 1848.'
D'un monnmento scoperto 1'anne 1839 ne Ua cattedrale di Pavia e deile Memorie
citeliache di detta citti , dissertazione deli'abate Terenzio Pietro. Pavia, Fusi,
1848.
Costituzione? Repubbiica? Pensieri dell'abate Terenzio Pietro. Pavia, Bizzooi, 1848.
Notizie storiche intorno alla Dottrina Cristiana in Pavia, dell'abale Terenzio Pjetro.
, Povia, Fusi, i85o.
Notizie intorno alcune chiese della citta e dintorni di Pavia. Pavia , Tip. Fusi
e Comp. , i85i.
Le Iscrizioni del cimitero diPavia raccolte e pubblicale per la prima volta sc-
■ ; " ooodo 1'ordine cronologico daU'abate Pietro Terenzio. Pavia,' Fr. u Fusi, i855.
La Societa Reale degli Antiquari del Nord in Copenaghen. ...
H Pio Istituto delle povere Sordo-mute in Pavia ( estratto daUa gazzetta provin*
ciale di Pavia, n.° 16). Tavia, Bizzoni.
Esefcitazione archeologica. II Muto deU'Accia al collo , statUa . roman* in Pavia,
dellabate Terenzio Pietro. Pavia, Bizzoni, i855. ' " ,
Cenni storici intorno la Confraternita della SS. Trinita nella chiesa di S. Luca.
Memorie storicbe della parroccbia di S. Pietro in Verzolo, dell'abate Pietro Te-
renzio. ; Pavia , Bizzoai , i856. '..••.
Riassonto deU'Archivio .municipale diPavia, di C. Tefenzjot Pavia , Bizzoni.
Notizie della vita e delle opere di Bernardo Sacoo , dell' abate Pietro Terenzio.
Pavia^ Bkzoni , 1857.
Gdnno mtomo i^Arcliivio vescovile di.Pavia^ clel Gaii. Tereiizjo Cancelliere, esitralto
dallo stato del clero diocesano del i858. , . ' , ':.'.'." '
L'Arcbltio della Curia vescovide di Pavia, del Gajn. Teresaio: Gancelliere. . . ;
Uha Visita- a Pavia nel secolo XIV. . , '•_' : A f ,- : > . „!
Sulla preziosa reliquia deUe Ss. Spine della Corona ;di N. S, G. Gi eonservata
neUa cattedrale di Pavta. , • • • , ■, ■■" ; 1
Le Scuole serali di Carita e le Figlie deUa Garita in Pavia. .i
Vita della Beata . Sibillba de'Biscossi Povese, del Can. Terenzio. Pavia>.FusS, 185.71
Istanzc degli abitanti dej BorgorTicino aUa' Congregazione inunicipale relatiwnente
- all'att«rramento del loro portico , ed, a||a sistemazione della Idro strada piio-
. I.Loipale , <del *Can. Terenzio. Bizzoai, i858. •-<■''.".
Di ; Ambrogw Teseo degU Alboncsi Pavese , Nottzie biograucbe e Unguistiche
raccolte dal Can. Terenzio. Pavia, Bizzbni, 1860.
Motizie detta . Diocesi di Pavia.edegli sraewbramenti che ,ne fuuoono i&tti dal 1,7^9
ol i&i-g^ raccolte dal Can. P. Terenzio. Pavia, Fuii , i8$t>. ,.•<•,
Stattiti inediti deUa Citta di Pisa dal XII. al XIV. secolo, racpolli ed iilusti-ali
dal Prof. Francesco Bonaini , vol. III. Firenze, Viesseux^ 1857.
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/
Retlificazioni istoricbe dedicate alla Gazzetta ufficiale di Milano , del C. to Giuseppe
Greppi. Torino, Favale, 1857.
Extraits de la Correspondance diplomatique de J.-T. de Langosco, O de Strop-
piana, et de Gtaude Maloperar, i546-i559, par le C. to Giuseppe Greppi.
Bruxelles, impr. de M. Hayez.
Notices et Extraits de quatre relations d'Ambassadeurs Ve^nitiens sur Philippe II.
conserves aux Aixjhives de Conr de Turin , par. le O Giuseppe Greppi.
Ricerche storiche dei Medici e degli Archiatri dei Principi della R. Gasa di Sa-
voia , del Comm. w Benedetto Trompeo, parte I. e II. Torino , Biahcardi, 1857.
Storia della Gitta di Ventimiglia dalle sue origini sino ai nostri tempi scritta da
Girolamo Rossi. Barera , 1857.
Studi storici del Principa to di Mdnaco, di G irolamo Rossi. Torino, Tip. del Diritto, 1 860.
Gommentario storico sulla vita e sugli scritti del Can. Giuseppe Vogel Ant.° del '
Marchese Filippo Raffaelli. Recanati, Tip. Morici e Badaloni, 1857.
Serie cronologica dei Consoli , dei Giudici, dei Vicari, Signori e Podesta di Fa-
briano dal secolo XII. al 1607, e dei Governatori dal 1610 al i85g, del
Marchese Filippo Raffaelli. Recanati , Tip. Badaloni , 1 859.
La grande Illustrazione del Lombardo-Veneto compilata da L. Gualtieri Gonte dt
Brenna, diretta dal Cav. Cesare Cantu. Milano, Societa editrice , 1857.
Di alcune falsificazioni storiche e del Sig. Wiistenfeld , di Cesare Canta, estratto
dalFArchivio storico.
Indice Analitico e Cronologico di alcuni documenti Cheraschesi del secolo X. al
XVn. di Giovambattista Adriani. Torino, dalla Societa TUnione Tipograf., 1857.
Breve Cenno storico della Citta di Crescentino con appendice e documenti , del
Not. Giuseppe ^uffa. Torino, Arnaidi, 1857.
Lettera intorno agli Studi storici sulhvCitta di Crescentino del Notab Vittorio
Mandelli ; del Notaio Giuseppe Buffa. Torino, Arnaldi, i858.
II Gomune di Vercelli nel medio evo. Studi storici di Vittorio Mandelli. Tom. III.
Vercelji, Guglielmoni , 1 857-1 858.
Giornale storico degli Archivi Toscani , dalla Soprintendenza generale agli Archivi
del Granducalo. Vol. I. II. in. Firenze, Cellini e Comp., 1857, 58 e 59.
Del Governo Civile di Vercelli nel secolo XII.
Cenni storici e Versioni di S. Massimo Vescovo di Torino , del Prof. D. Carlo Fer-
reri. Torino, Zoppis e Comp., i858.
Vita di Alessandro Vittoria scultore Trentino, composta dal Conte Benedetto dei
Giovanelii e rifusa e accresciuta da Tommaso Gar. Trento, Monanni, i858.
Studi e Notizie storico-critiche dei Marchesi del Vasto e degli antichi monasteri
dei Santi Vittore e Costanzo e di S. Antonio nel marchesato di Saluzzo,
del Barone Giuseppe Manuel di S. Giovanni. Torino, Speirani e Tortone , 1 858.
Llnvestigateur, Journal de 1'Institut historique - Paris, k FAdministration de l'Ins-
titut historique, 1857- 1860.
Memoires et Documents par la Societe Savoisienne d'Histoire et d'Archeologie.
Tom. II. et IU. Chambery, Imp. du Gouvernement, 1 858- 1859; et Tom. IV. 1860.
Memorie. storiche della Citta e Marchesato di Ceva, deU'Arciprete Gio. Obvero.
Ceva , Garrone Teonesto , • i858.
Memorie storico-critkhe della vita e delle opere del Marchese Gerolamo Serra,
di Luigi Tommaso Belgi-ano. Genova, Sordo-muti , 1859.
Documenti inediti (anni 1246-1278) riguardanti le due Crociate di S. Ludovico IX.
Re di Francia, di Luigi Tommaso Belgrano. Fascicoli I a VII. Genova , Boeuf
e Rossi, 1859. Librai.
Cenni storici con annotazioni e documenti inediti sui Comuni di Giaveno, Goazze
e Valgioie , di Gaudenzio Glaretta. Torino , Favale , 1 859.
Genni sugli scritti inediti di Gian Tommaso Terraneo, delFAvv. Gaudenzio Claretta, MS,
XXIII
Gum.
TSOMHO.
ROMI.
IUFFABLLL
Cahto'.
Adbiani.
Bom.
Mambblll
SoTB'brraa>BNZA
oenbbalb
dbgli abchiti di toscana.
Fbbbbbi.
GlOTANBLLI B GAB.
Mahobl di S. Giotannl
SOCIBTB tAVOIBIENRB.
Olitebo.
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Clabbtta.
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MKNAMBA.
CAMPOBI.
COBBADIM
bmvaccsi.
JBMJOU.
ACADEMIK DE SAVOIK.
Cboset-Mouchet.
VttW*.
PlLLITO
ROTKRK.
Davila-Condemabin.
Valeuo.
<Osio.
Palbbmo.
ACADEMIE IMPEKIALE
DB SAVOIE.
fiosio.
MlNISlEBO
DEGLI AFFABI BSTEBI.
VMNATI.
Calandbi.
Cbronique de Yolande de France Duchesse de Savoie, soeur de Louis XI , do-
cuments inedits par Leon Menabrea. Paris, Ghamerot, 1859.
Scritto sui documenti inediti della Storia Modenese, e su quelH specialmerite del-
l'Archivio nazionale , di Gesare Campori ( estratto dal Giomale Unitario ).
Lexicon totius Latinitatis J. Facciolati, Aeg. Forcellini et J. Furlanetti Seminarii
i' Fatavini alumnorum cura, etc. juxta opera R. Klotz, G. Freund. L. Doderlein
cur r le Francisco Gorradini. Patavii, typis Seminarii, 1859; fasc. I.-VIL
Monografia di Bobbio, owero Genni storici, statistici , topografici ed economici,
di Daniele Bertacchi. Pinerolo, Chiantore, i85g.
Degli Scritti e deila Vita dell Abate Costanzo Gazzera, Memofia storica, del Prof.
Casimiro Danna. Torino, Franco e Comp., i85g.
M^moires de 1'Acade'mie Royale de Savoie. Seconde Sene , tom. III. Chambery ,
Pnthod fils, 1859. •
Histoire de la vie de S^-Anselme d'Aoste Archevdque de Cantorbery, par le . Cha-
, noine J; Croset-Mouchet. Tournai , Casterman , i85g.
Histoire de Saint-Guillaume d'Ivree , par 1' Abbe J. Croset-Mouchet. Tui-in ; Mar-
zorati, 1860.
L antica Collegiata di S. Maria di Castello in Genova , Ulustrata di documenti
inediti dal P. Raimondo Amedeo Vigna dei Predicatori. Genova , Rossi, 1859.
Poesie ltaliane del Secolo XII. appartenenti a Lanfranco de Bolasco Genovese in un
Ms. cartaceo del secolo XV. di Ignazio PUlito. Cagliari , A. Timon , 1859.
U Piemonte antico e moderno , delineato e descritto da Clemente Rovere. Ms. con
moltissime carte geografiche , piante di citta e d'edifizi , e vedute ; 277 volu-
metti in formato piccolo (dovevano essere 36o). Opera che rimase incompiuta
per la immatura morte delfautore, Socio corrispondente della R. Deputazione,
il quale con testamenio deW % febbraio 1860, rogato Dqllosta in Torino, legava
alla medesima il suo lavoro.
Cenni storici, geografici e statistici del Peru, di Giuseppe Davila-Condemarin.
Torino , Unione Tipografica, 1860.
Espostzione delle condizioni della Provincia di Como nel 1860, Discorso^ e do-
pumenti al Consiglio Provinciale di Como del Governatore della Provincia
Lorenzo Valerio. Como, Ostinelli , 1860.
Impronte di sigilli pubblici e privati cavate dal carteggio ducale dei secoli XV. e se-
guenti presso i R. Archivi di Milano, di Luigi Osio. Secolo XV. dispensa i."
con 4 tavole.
I Manoscritti Palatini di Firenzc ordinati ed esposti da Francesco Palermo
Vol. IIL Firenze, dalla R. Bihlioteca Palatina (Tipografia Galileiana), 1860; 4«*
BuUetin de la Societe Savoisienne d'Hi£rtoife et d'Arch^o!ogie 1860-1 861, N.° n.
Chamb^ry, Imprimerie du Gouvernement , 1860.
Documents publies par 1'Acad^mie Imperiale de Savoie. Deuxieme volume. Chamv
bery, Puthod, 1861.
Vita di S. Veremondo Arborio Vescovo d'Ivrea nel secolo X. Ivrea, Tipografia
diretta da G. Tea, i858.
Operette Patrie del Teologo Antonio Bosio. Torino, 1860, Faletti.
II Congresso di Vienna, 1'ltalia Centrale e Venezia. Milano, Boniotti, 1860.
Traites publics de la Royale Maison de Savoie avec les puissances etrangeres
depuis la paix de CHateau-Cambresis jusqu'a nos jours, publies par ordre du
Roi. Tom. VIII. Turin, J. Favale et Comp., 1861.
Recherches sur le veritable auteur du plan des fortifications de la vdle de Nancy.
Nancy, A. Le Page, 1861.
Lodi e il suo territorio per Cesare Vignati Milano, Comma e Caimi, 1860.
In morte dcl Regio Notaio Vittorio MandeUi Cavaliere Mauriziano, iscrizioni di
Fraucesco Calandri C. R. Somasco. Vercelli, Guglielmoni , 1861.
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LECTORl BENEVOLO
PASCHALIS TOLA
Quem , superioribus annis , diligenti studio, multisque laboribus paratum,
et non exigua primi Voluminis parte in lucem edita , propediem
integre praelo supponere, ad fidem datam liberandam, optavi, en tandem,
post varias rerum mearum yicissitudines, tibi se offert, ac benignum
tuae humanilatis exposcit iudicium, Codex Sardiniae Diplomaticvs. Habes
in Praemonito caussas, ob quas ab incepto necesse fuit manum removere,
et quorum hominum patriae historiae apprime doctorum consilio , et
auctorilate, ne diutius delitesceret, opus hoc ad vitam revocatum fuerit.
Rationem autem operis ipsius, quot in partes divisura, quibus chartis,
diplomatibus , aliisve rerum sardoarum varii generis monumentis refertum,
et quam multifario notarum, et dissertationum italico sermone conscri-
ptarum adiumento, ut planior ad legendum via sternatur, exploratum,
firmatum, illustratumque sit, habes in Introdvctione amplissima, quam
toto Codici praeficiendam existimavi. Siquid erratum, aut minus diligenter
et accurate scriptum invenies, omnibus te precibus obteslor, ut in re
tantae molis humanae fragilitati humaniter indulgeas.
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r
CODICE DIPLOMATICO
DI SARDEGNA
CON
ALTRI DOCUMENTI STORICI
RACCOLTO, ORDINATO ED ILLISTRATO
DA L
CAVALIERE D. PASQUALE TOLA
AUTORE
[)EL DIZIONARIO BIOGRAFICO DEI SARDI ILLUSTRI
Hoc itlud est praecipue in cngnitione rerum salubre
ac frugiferum, omnit te exempli documenta in
illuttri posita monumento intueri.
Hv., Praefat. Hist. rom.
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Bay^rischs
StaatLbMoiiiQ]:
AVVERTIMEINTO
La pubblicazione del Codice Diplomatico di Sardegna fu incominciata
in Torino, sotto gli auspicii del Re Carlo Alberto I, negli anni 1845,
1846, 18475 e videro la luce (in cinque Fascic. in fol. Tip. Chirio e Mina)
la Introduzione alFopera, la Dissertazione Prima sopra i monumenti storici
e diplomatici anteriori al secolo xi, e una parte deirAppENDicE, e delle Giunte
al Periodo Romano, ora riprodotte nel presente Volume primo (da pag. 7 a
pag. i3a). Ma i sopravvenuti rivolgimenti politici dTtalia, poco favorevoli
allo studio tranquillo, e alla diffusione di libri di antichita storiche,
aggiuntavi la impossibilita per parte deirAutore di sopperire ulteriormeole
col suo censo privato al grave dispendio di una edizione cosi splendi-
damente iniziata dai tipografi Chirio e Mina, ne impedirono la conti-
nuazione. Se non che la Regia Deputazione sopra gli studi di storia
patria, dotta e sollecita promotrice dei lavori destinati specialmente ad
accrescere il ricco deposito degli antichi documenti storici italiani , nelle
due adunanze del i5 febbraio, e 9 ottobre i855 delibero (col consenso
delP Autore medesimo) di comprendere (.in due Vol. ) nella grande
raccolta = Monvmenta Historiae Patriae == il detto Codice Diplomatico,
assegnandogli il posto , nelP ordine delle pubblicazioni , dopo il Libro
Ivrivm della repubblica di Genova. Alla prelodata Deputazione pertanto
si debbe riferire questa nuova e compiuta edizione del Codice Diplomatico
di Sardegna.
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INTRODUZIONE
Se mi volessi porre innanzi 1'esempio di que' scrittori i quali delle opere loro , sempre che
rengano in luce, sogliono con apparato di lunghi ed eruditi proemii dimostrare la bonta e rim-
portanza, io dovrei N , nel pubblicare il Codice Diplomatico di Sardegna., ragionare in sul principio
della sua utilita, e con essa eziandio della utilita generale derivata alle lettere tutte da somiglianti
specie di storiche collezioni. Ne la materia sarebbe a dir poca , si bene amplissima , e per Tec-
cellenza del suggetto, e per la varieta delle parti capacedi belli e buoni adornamenti; conciossiache
sia manifesto nei monumenti scritti pervenutici colla successione dei tempi, dove si ieggono
generazioni , progressi e decadimenti di popoli , principii di citta , di regni e d' imperi , genealogie
di monarchi, imprese, alleanze, guerre, tregue e paci di principi e di repubbliche, ambizioni di
magnati , usurpazioni e violenze di potenti , spogliamenti e oppressioni di deboli , diversita di
reggimenti politici, di religioni, di riti, di feste e di costumanze, continua vicenda di sapere e
d'ignoranza, di verita e <Ji errori , di virtu e di vizi , di felicita e di sventure degli uomini che
vissero prima di noi , trovarsi sempre infinita varieta di casi , e correre fortunoso di eventi che
trae gli animi a istruzione e a diletto, e fatti ed esempi, or tristi or lieti , a ognuno protittevoli ,
e soprattutto storia solenne , sincera e contemporanea delle molteplici e talvolta maravigliose
vicissitudini delle nazioni. Dalle quali considerazioni del genere discendendo poi alla specialita
dell' oper.a , potrei trarre argomento di opportuni ragtonari, e dalla sua novita , perciocche non e
stata da nessun altro a illustrazione delle cose sarde fatta mai per lo innanzi, e dalla copia dei
documenfi da me raccolti, e dalla importanza istorica delle carte che or vengono per mia fatica
ia luce primieramente. E penso che di tale precipuo discorrere del inio lavoro non ne avrei biasimo
da nessuno il quale discreto fosse e di animo benevolo , ne tampoco di essere accusato come
ambizioso di aver fatto prova di buono e grave momento, ovvero di voler pretendere a lode die
non mi fosse dovuta, giacche a veruno che sia generoso, e quindi nemmeno agli scrittori e con-
tendibile il sentire e il dire delle cose proprie modestamente , se dippiu alle parole vengono
appressO i fatti, pe'quali resta a ciascuno e inezzo e dirilto di conoscere il vero. La sola o
troppa fede nelle fatiqhe e nei giudizi proprii e dannevole, non pero la speranza che siano quelle
proScue e questi assennati; la quale, se- non sia effrenala, e quindi stolta, e anzi virtu che'appiand
1'ardua yia delle lettere , e che accende mjrabilmente alla gloria.
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1NTR0DUZI0NE
Ma comeche per si buoni ed autorevoli esempi potessi aver ragione di favellare largamente delle
sopraddette utilita , ho creduto miglior consiglio non far parola ne dell' una ne dell'altra. Non di
quella che e comune a tutte le collezioni di monumenti storici , poiche piu facile assai e il com-
prenderla che addimostrarla ; e di cose per se evidenti , e delle quali hanno gia discorso tanti
sommi e venerati uomini , e meglio tacere di quello sia volerne dir piu o 1'istesso. Non di questa
che risguarda specialmente il mio Codice Diplomatico, perche se sara vera, sapra esso medesimo
addimostrarla , e se salda e perenne , lo conosceranno i presenti ed i futuri , e questi ultimi forse
anche meglio lo giudicheranno.
Questo solo io non voglio tacere , che forse per autorita e il piu saldo argomento della utilita
delFopera , cioe dei molti e gravissimi scrittori i quali in ogni nazione applicarono 1'animo a siffatti
studi. E 1'esempio , se non viene primo , e pero molto antico e frequente in Germania , dove , o
natura sia o costume di quelle menti , le tevere discipline e le dotte investigazioni delle cose
antiche ebbero finora special culto ed incremento. Ne percio rimasero indietro in tal via , anzi
emularono i laboriosi Tedeschi la Francia , Tlnghilterra e Tltalia , che nemmeno in tal rispetto e
seconda a nessun' altra ; e tale e si gagliardo fu 1'impulso dato da esse a somiglianti lavori, che
non vi e oramai popolo o paese , grande sia o mezzano , il quale non vanti su di cio li suoi
scrittori. Ne qui vuolsi parlare della Diplomatica considerata come scienza , poiche in tal parte
rimane sempre Tanteriorita , se non il primato , agl' Italiani ; e. sanno gli eruditi che tre secoli
innanzi di esistere il Mabillon e la sua famosa opera De re diplomatica , riputata oggimai come il
primo libro classico di tal genere (*), avea il gran Petrarca dischiuso prima di ogni altro la via
a siffatte trattazioni , dimostrando con erudizione e con critica superiore alFeta sua la falsita del
supposto diploma di Giulio Cesare e di Nerone presentato a Carlo IV imperatore di Germania (2).
Nemmeno vuolsi parlare dei raccoglitori delle opere degli antichi , prima e dopo 1'invenzione della
stampa, poiche sebbene ancor essi abbiano contribuito a salvare molti monumenti relativi alla
storia, i loro lavori pero o non appartengono esckrsivamente , o non sono dacollocarsi tufti. nella
serie delle diplomatiche collezioni. Ragionando adunque di queste ultime, e deile ahre< ancora
che per somiglianza di iini e di materia vanno a loro congiunte , non potendo parlar di tuite , che
sarebbe opera lunghissima e forse impossibiie , diro soltanto delle piu note e delle piu famose. '■■
E cominciando daU'Alemagna , i primi coilettori diplomatici ed istorici furono il Freher , ii
Canisio e il Goldast, il quale per ie sue PolUiche e Costituzioni imperiali e riguardato comunemente
come il padre di tutte le collezionidi tal genere fatte in Germania (3)r Contemporanei ai medesimi
rurono lo Schott, che illustro le istorie spagnuole, portoghesi, etiopiche ed indiane (4), il Gruyter
primo raccoglitore delle antiche iscrizioni lapidarie (5) , il Besold , benemerito specialmente deUe
(1) Se «i riguarda il terapo , il Mabillon noo e nemmeno il
primo ehe nel seoolo XVII abbia traltato scientificamente della
diploraaliea. Prima di lui il Coringio nel 1672 pubblicd an libro
por combattere la credata autenticila dei diplomi custoditi mel-
1'abazia di Lindau ; e iu appresse il Papebrocbio , nel continuare
la raccolta del Bollando ( 1675 ) , manifesto gravi sospetti sulla
genoinita di molti diplomi pubblicati dai monaci , e specialmente
di quello famoso del re Dagoberlo a favore delfabazia di S. Dionigi
( Acta St., mens. apr. , tom. 2 , praefat. ). Anzi il Petit , allorcbe
nel 1677 pubbKcd il Penttenziale di Teodoro arciveseovo di Can-
torbery, irapugno apertamente colla piu parte dei titoli e doi
docnmenti raonacali questo stesso diploma di S. Dionigi , produ-
cendone un altro esemplare (copiato da un ras. gik appartenuto
aila biblioleca Colbertina) afiatto diverso da quelio measo in luce
dal P. Doublet nelle sue Antichita Dionisiane. Ma fu appunlo
nelFoccasione di tali assalti dati dai dotli, e particolarraente dal
Pttrt, ai diplomi e alle carte detfordine benedettuio, che il Mabillon
coU'aiato del suo collegn P. Germain starapo 1'anzidetta opera De
re diplomatica (1681) , la qnale , rol supplemento da tni pubblicato
nel 17%, malgrado le mende che pnr yi sono, 6, e sara tempre
opera classica in qoesto geoerc. Siffatto lavoro e anche iraportan-
tissimo per aver dato vita a lavpri somiglianti , i quali nulla ormai
lasctano a desiderare sulle regole critiehe per la conoseenza dei
veri e de' falsi diplomi. Contraddittori del Mabillon furouo tra gli
altri i gesuiti Jourdan e Germon , il primo nella sua Critique de
1'originede la Mauon de Francr, 1683, e il sreondo nell* sue giu-
diziose ed erudite Dusertasioni , 1708, il Baudeiot uel Imdo II De
Vutmte" dei voyaget , 1686, e il dolto ioglese M. flickes (di coi
parleremo in appresso) nella soa Literatura teptentrionalit. Fautore
e difenfore ne fa (e forse ei eolo basta per taUij il P. Rnyniart
nella importante opera Ecclesia Paritiensu vindicata, 1704. , , ,
(2) Pelrarca , Epitt. tenil. XV, 5.
(3) Le principali oollezioni storiche del Freher sono le seguenU:
L Germunicarum rerum tcriptores aliquoi intignet. PraDcofurti, 160p
et seq., vol. 3 in-fol. II. Rerum Boemicarum tcriptoret aliquot antiqui.
Uanau, 1602, 1 vol. in-fol. III. Rerum Mostovitamm auetoret aKqvot.
Francomrli , 1600 , 1 voi iu-foL IV. Corpm Franeicq* hutprmt.
Hanau, 1613, 1 vol. in-fol. Del Canisio ( Canisius), abbiarao ie
Lectionet antiquae (lngolstadii , 1601 et seq., vol. 7 in 4") che sono
nna raccolta di opere e di scritture antiohe. fi di Meieiriorre Uildjast
si hanno : 1. Scriploret aliquot rerum Svecicarum. Francofurti. 1605,
1 vol. in-V. II. Alemannicarum rerum tcriptoret aliquot vetutii
collecti et glotsit illuttrati. Francofurti , 1606 et seq„ roL 3 ia-lbl iU.
Politica imperialia tive diicursut polhici, acta publica et tractatut
generahs de imperaloris regis Romanoi um, pontificit romani, electorum
ete., juribut, privilegiis, dignitatibut. Francofurti , 1614 ; in-fol. tV.
Constitutionum imperialium collectio. Francofurti, 1713 , yol. 4 in-foj.
( ristampa delle precedenti ).
(4) Hispania ilhutrata , seu rerum ubieumque flispaniae, Lusftisnime,
/Ktiopiae ct Indiae tcriptores varii. Francofurti , 1603 et «eq, ,
yol. 4 in-fol.
(5) Corpui micriptiomtm. Heidelbergae , 1601 \ Vol. 4 in-fol. •• ■
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INTRODLZIONK. 9
aaiichita ecclesiasticliie del Wurtemberg, suo paese nataie (4), e il Gretsero, cui dobbiamo la
pubblicazione di tanti opuscoli eruditi di anticbi scrittori alemanni. Vennero appresso ii Meibomio
i due Meursii, il Nessel e lo Schatten (3), e per taoer d'altri, queirinagne raccogliiore delie aa-
tichita pomane Giorgio Graef (Grevius) (4), e il farnoso Leibnizio, coilettore del primo codice
diplomatieo del diritto delle geati($). Questi tutti ed altri molti appartengono ai secolo XVII; ma
nel secolo seguente il loro numero crebbe quasi allMnfinifo. Fra gli antichi ricorderd solamente il
Becmana, rfiabn, il Buder, THoffmann, ii Ludewig, il Maicbel, il Georgisch, il Pez, il Westphal,
ii Guden, lo Schannat, il Meichelbeck, il Mencke^ e ii non men dotto che iaborioso Luriig (6).
Tra i piu recenti, che fiorirono nella seconda meta di quello stesso secolo, bastera rammentare
lo Scheidt, 1'flaeberlin, 1'OefelS (Evelius), il Boeheme, gli Oelrichs, il Fischer, il Gerstlacher, i
due Moser e 1'Usserman (7). Anche Ia Svezia, la Danimarca, TOlanda e il Belgio ebbero i suoi
raccoglitori e illustratori di memorie antiche, e i aomi di Wegelin, di Wilde, di Qernhielm, di
Dlfeld, di Spanmiiller, di Langebeck, di Aitzema , di Gronovio, di Lemire, di Wiltheim e di
Foppens (8) sono tali, che onorerebbero qualunque piu grande nazione.
(1) Le piu conosciute raccolte fatte da Cristoforo Besold sono :
I. Documenta rediviva monasteriorum Wurtembergicorum. II. Virginum
taerarum mowmenta. 1IL Docttmenta cmcemtntia ecclesiam col-
kgiatam StuUgardientem. IV. Documenta ecclesiae Backenangensii.
Tubingae, 1636, in-4°.
(2) 1° Oputcuia varia ai rtt gemanicat pertintntia. Hetnatad ,
1660, it^k*. 2' Scriptoret rerum germamcarum. Leida, 1688, vol. 3
in-fol.
(3) Oel Nessd si ha solamente H Breviarium ac tHpplementum
commentariprum Lambecianorum ( Vlndobou, Caes. , 1690 , vol. 2
in-fol. ), giacche le raccolte dei trattati di pace dal 1400 al 1685,
e di atcone opere del roedio evo da lui atmunziatc col Prodromut
kutoriae pacificatoriae e colla Sciagraphia magni corporit hittoriei
nel 1690 e 1692 non videro poi mai la pubblica loce. Dello Schatten
si hanno i tanto stimati Annales Paderbornenset, 1693, 1 vol. in-fol.
(4) Thesaurut antiqvitatum *omaHeknm. Utreehf, 1691» , vol. 12
in-fol.
(5) CMtre il Codex juris gentrum diplomatieut { Annover , 1693 ,
in-fol.) si hanno 1 dello stesso Leibnilz tfiScriptores rerum Brunsvi-
eentium. Aiinover, l^OT et seq. , vol. 3 in-fol.
(6) I. Becmann , Hittoria Anhaltina cum accessionibut , 1709 et
seq. , vol. 3 in fol. II. Hahn , Collecdo monumentorum veterum
et recentium , diphmatum , tigillorum , literarum , chronicorum , etc.
Brunswigae , 1724. et seq. , vol. 2 in-8". III. Budcr , Raccolta di
atti e documenti relaliri alla tloria di Germania ( in tedesco ).
Francfort, 1735. IV. HoCTmann, 1° Scriptores rerum Lutaticarum.
Lipsiae, 1719, vol. 2 in-fol. 2" JVova tcriptorum ac monumentorum
collectio. Lipsiae, 1731 et seq., vol. 2 in 4". V. Ludewig, 1" Col-
lectio scriptorum epitcopatut Herbipolensit. Francofurti, 1713, in-fol.
¥ Novum volumen tcriptorum rerum germanicarum. Francofurti ,
1718, vol. 2 in-fol. 3" ReUquiae ■manutcriptorum omnit aevi di-
plomatrem ac monumentorum meditorum. Francofurti et 1 Lipsiae ,
1720 et seq., vol. 12 in-8°. VI. Maichel, 1° Introductio ad hittoriam
literariam de praecipuit bibliothecis parisiensibus ( specialmente di
quelle del Colbert, di S. Germano, del Mazzarini, della Sorbona,
di S. Vittore ec, e dei codici e monnmenti nelle medesime esistenti).
Cantabrigiae , 1720 , 1 vol. in-8°. 2° Lucubrationes Lambethanae
(della biblioteca del Lambcth in Londra), queit sistimtur monumenta
ete. Tabingae, 1729, in-8°. VII. Georgisch, 1° Corput juris germanici
antiqtti, quo continentur leges Francorum , Salicae et Ripuariorum ,
Alemannorum etc. Hallae Magdeburgicae, 1738, in-4". 2° Regesta
chronologico-diplomatica, m quibut recensentur omnit generitmommenta
et documenta publica conventionum , foederum , pacit , armi-
ttitiorum .... commerciorum . . . cmtionum, venditionum, donationum,
pacta quoque matrimomalia .. fideicommissa, testamenta, eodicilUetc.etc.
Prancofurti et Lipsiae, 1740 et seq., vol. 3 in-fol. La seconda di
dette opere h nn ntilissimo registro o indice diplomatico nniversalo
di documenti storici di ogni sorta gia pubblicati, ed appartenenti
a quasi tutte le nazioni, a cominciare dal 314 dell'era volgare Gno
al 1730. Ho riferito piu sopra alla nota (3) on pensiero somigliante,
ma non cosl vasto, manifestato dal Nessel nel Prodromus hittoriae
paeificatoriae e nella Sciagraphia magni corporis historici. Anche
Cristiano Buder scrisse della utilita di una Bibtioilieca diplomatica
in una sua erudila Ictlcrn al Pez , c pcr rcdigcrla vi spcsero ,
prima e dopo di lni, dottisstme faticbe il Ruhlmann, il Mosero,
Rab e Mascow. Ma i loro Iavori rimasero nell' oscurita del ms. ,
e quindi 6 dovuto al Georgisch il prima saggio edko di tal falka
veramente erculea. VIII. Pez Bernardo, 1° Thetaurut anecdotorun
novittimus, teu veterum monumentorum cotiectio recentittima. August
Vindel., 1721 et seq., vol. 6 in-fol. 2' Codex diplomatico-hittorico-
epittolarit. August. Vindel. , 1725 , 1 vol. in-fol. Pez Girolamo ,
Scriptoret rerum auttriacarum veteret ac genuini nune primum editi.
Lipsinc , 1721 et seq. , vol. 3 in-fol. IX. Westpbal , Monumenta
itudita rerum germanicarum, praeeipue cmbrkarum. Lipstae, , 17fc0,
vol. 3 in-fol. X. Gudcn, Codex diphmaticut, tive sylloge diplomatum,
monumentorumque veterum .... ret germanicas, praecipue mogunlinat
ilhutrantium. Gotting; et Francof. , 1743 et seq. , vol. 5 in 4.°.
XI. Schannat, 1° Vindemiae Utterariae h. e. veterum monumentorum ad
Germaniam praecipue tacram spectantium collectio. Fuldae , 1724 ,
vol. 2 ih-lbl N 2* Corput traditionum fuldensium, sive donationum ad
eeclesiam FuUHsem collatarum. Lipsiae, 1724, 1 vol. in-fol. TSylloge
vetcrum monumentorum historieorum ete. Fuldae , 1725 , 1 vol. in-4".
4° Vindieiae quorundam archivii Fuldcnsis diplomatum. Francofirrtj,
1728, 1 vol. in-fol. XII. Meiehelbcck, Historia Frisingensit. August.
Vmdel. , 1724 et scq. , vol. 2 iu-fol. II secondo volume conticne
circa cinqueccnto documenti istorici , per la maggior parte inediti.
XIII. Mencke, 1° Bibliotheca Mencheniana. Lipsiae , 1727, in-8".
2° Scriptoret rcrum germanicarum , praecipue saxonicarum. Lipsiae „
1728 et seq. , vol. 3 in-fol. XIV. Luuig , 1° Codex jurit militarts
S. R. imperii. Lipsiae, 1723, vol. 2 in-fol. 2° Codcx Italiac diplo-
maticus. Francofurti, 1725 et seq., vol. 4 in-fol. 3° Codcx Germaniae
fliphmaticus. Francoforli , 1732 et scq. , vol. 2 in-fol. , oltre lo
Spicilegium ecclesiasticum , vol. 4 in-fol. , e il ponderoso Archivio-
(Reichs archiven), che comprende un numcro stragrande di do-
cumenTi per la storia civile e politica deirimpcro germanico, voL
13 in-fol.
(7) I. Scheidt, 1* Manifesla documentorum nobililatis Germanicae.
Hannover , 1755 , 1 vol. in-4°. 2° Analecta ex medio aevo ( ubi )
Diphmata Wenceslai imperatoris hactcnus inedita (et) Specimcn codicit
diphmatici Bavarici. Gottingae, 1759, 1 vol. in-fol. II. Haoberliu,
Analccta medii aevi ad illustranda jura et ret germanicat. Noricae
Cacs. et Lipsiae, 1764, in-8°. III. Oefels (Evelius Andreas), Rerum
boicarum seriptores nusquam antehac edili, ex membranis et chartit
vetustis eollecti. Augustae , 1763 , vol. 2 in-fol. IV. Boeheme ,
1° Acta pacis olivensis inedita. Budergis , 1765 , vol. 2 in 4°.
2' Codex diplomaticut Moeno-Francofurlanus. V. Oelrichs Gerardus,
Statuta Bremcnsia antiqua. Bremae, 1771, in-4°. Oelrichs Joannes,
Miscellanea historica et diplomalica , Berlini , 1790 , vol. 2 in-4".
VI. Fischer, Novissima scriptorum ac monumentorum rerum germa-
nicarum , tam ineditorum quam rarissimorum collcctio. Hallao
Magdeburg., 1781-82, vol. 2 in-4°. VII. Gersllacher. Corpus juris
gcrmanici. Francofurti et Lipsiae , 1785 et seq. , vol. 4 in-8*.
VIII. Ussermann jEroilianus, 1° Mpnumcnta res allcmanicas illustran-
tia, 1792, vol. 2 in-4". 2° Episcopatus Wirceburgentis chronologice
et diplomatice illustralus, 1794, in-4°.
(8) I. Wegelin , Thesaurus rerum tvecicarum , in-fol. II. Wilde
Jacobus , 1° Sveciac historia pragmalica , Stockolm , 1731 , in-4°.
2" Introductio ad S:eihici stattts historiam (con documenti giu-
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INTRODUZIONK.
Ne cosi antico, ne cosi frequente come in Germania fu in Inghilterra 1'amore per siffatti studi.
Tuttavia non mancarono dotti in.quella famosa patria del Newton, i quali vi spendessero sopra
le generose loro fatiche. II primo, o uno almeno dei primi fu Pirlandese Giacomo User (Usserius),
che scrisse delle antichita ecclesiastiche della Gran-Brettagna , e mando fuori tra le altre sue opere
la interessante collezione delle antiche epistole irlandesi (1). Lo seguirono a poco intervallo nello
stesso correre di tempi lo Twisden e il Dudley, collettore il primo degli antichi scrittori anglicani
e della famosa cronaca del monaco Brompton (2), e redattore il secondo del Complete ambassador,
raccolta importante degli atti e delle negoziazioni sostenute in Francia dal Walsingham, ministro
della regina Elisabetta, nel declinare del secolo XVI (3). Molti documenti preziosi pubblico pure
nel cominciare del secolo XVMTHickes ne'suoi eruditi libri della Letteratura settentrionale (4);
e al Wotton siamo debitori della importante collezione delle leggi ecclesiastiche e civili del paese
di Galles (5); al Wilkins di quella rarissima delle antiche leggi anglo-sassoni , e dell'altra dei
concilii inglesi e irlandesi gia innanzi raccolti dallo Spelmann (6). Alla storia ecclesiastica delle
isole britanniche appartengono eziandio il Monasticon anglicanum (7) del Dugdale e del Dfarsham,
e VAnglia sacra (8) pubblicata dal Warthon nel secolo precedente. Ma sorpassd di gran lunga ogni
altra raccolta quella ponderosissima e veramente diplomatica di Tommaso Rymer, che sotto il
titolo di Acta publica venne primamente in luce nel 1625, e fu poi continuata ed accresciuta da
Roberto Sanderson (9).
Superiore alP Inghilterra, si pel numero, che per Fimportanza delle collezioni, e stata la Francia,
la quale sin dal declinamento del secolo XVI ebbe in Giovanni di Lastage un pubblicatore di
documenti e di carte antiche (10). Non vi e infatti veruna parte della loro istoria e di quelle ancora
di altre nazioni cbe i Francesi non abbiano ampiamente arricchito ed illustrato. I trattati politici
piu conosciuti, da quello di Arras del 1435 fino al 1600, ebbero in Federico Leonard il loro
primo raccoglitore, al di cui lavoro aggiunsero ppi maggior pregio le osservazioni critiche ed
stiflcanti ) Stockolm , 1738 , in-4°. 111. Oernhielm Claadii ,
Bullarium romamm h. e. eompage» epistolarum quas pontificet
romatu ad reget Sveciae , proeeret , archiepitcopot etc. tcripserurU.
Lipsiae , ann. incert. , in-fol. IV. Ulfeld Jacobi , Hodaeporieon
Ruthenieum. Franoofurti, 1608, ia-k" V. Spanmiiller Jacobus, 1° Ori-
ginum Friticarum, libri sex, 1616, in-V. 2° Rerum dankarum, libri
decem. Amstelodami , 1631 , in-fol. VI. Langebeck Jacobus ,
1° Scriptoret rerum danicarum medii aevi. Coduniae, 1772 et seq.,
vol. 7 in-fol. 2» Bibliotheca Danica, vol. 8 in-V. VII. Ailzema
Leone , gentiluorao olandese , pubblico la storia degli affari di
stato e di guerra d'Europa dal 1621 al 1688 corredata di docu-
menti diplomatici , tra i quali leggesi pure il trattato di pace di
Munster, vol. 14- in-V VIII. Gronovii Jacobi, Thetaurut antiqui-
tatum graecarum. Lugdun. Batav. , 1697 et seq. , vol. 15 in-fol.
IX. Miraei Auberti, Opera diplomatiea et hittorica. Lovanii, 1723
et seq. , vol. 4 in-fol. NB. Alcuni dei documenti contenuti in
quest' opera non sono di assoluta e riconosciuta autenticita.
X. Wiltheim , Dipticom Leodient* et Bituricente , 1759 , in-fol.
XI. Foppens Joannes , Bibliotheca Belgica. Bruxellae, 1739, vol. 2
in-4°. Oltre gli accenuati autori tedeschi, svedesi, danesi, olandesi e
belgi, sono pubblicazioni fatte in Alemagna nel cadere del secolo
XVII e nel cominciare del secolo XVIII il Theatrum pacit , il
Diarium europaeum , il Theatrum europaeum , e Ie Relationet
Francofurtentet , le quali , quantunque non siano vere collezioni
diplomatiche, contengono perd molti documenti politici che servono
mirabilmente a illuslrare la storia dei tempi nei quali vennero
in luce.
(1) Usserii Jacobi , 1° Veterum epittolarum hibernicarum tylloge.
Londini, 1632, in-8 J . 2° Britannicarum eccletiarum antiquitatet.
Dublini , 1639 , in-V.
(2) Twisden Roggerius , Scriptoret rerum angUcarum , Londini ,
1652, in-fol. La cronaca del monaco Bromplon che vi e compresa
(chiamata cosi da lui che ne fu il discopritore) comincia dal 588
e termina nel 1198.
(3) Duldlcy Digges, Complcte ambattador. London, 1655, in-fol.
I documenti coutenutivi abbracciano il periodo di soli tre anni ,
dal 1570 al 1573.
(4) Hickes Jeorgii, Antiquac litteraturac srptetitrionalis libriduo.
Oxonii, 1703-1705, vol. 2 in-fol.
(5) Wotton Goillelmus , Leget WalUcae ecclesiatticae et civiles.
Londini , 1730 , vol. 2 in-fol.
(6) Wilkins Davidis , 1° Leget anglo-taxonicae . . . accedunt leget
Eduardi .... Codex kgum veterum etc. Londini , 1721 , in-fol.
2° Concilia magnae Britanmae et Hiberniae. Londini, 1736, voL 4
in-fol.
(7) Londini , 1655 , iu-fol.
(8) 1691 , in-fol.
(9) Foedera, conventionet, litterae et cuiutcumque generit aetapublica
inter reget AngUae et aliot quotvit imperatoret, pontificet , principet
vel communitatet ab anno 1101 ad nottra usque tempora habita et
tractata, 1625, vol. 17 in-fol. Le cdizioni fatte in Londra nel 1704
e 1727 e seg. comprendono 20 vol. in-fol. Quella fatta nell'Aia
nel 1739 e seg., colla traduzione francese a fronte dcl testo inglese,
e di vol. 10 in-fo|. Quesla raccolta fu fatta dal Rymer per ordine
della regina Auna dlnghilterra, e fu ricavata per la maggior parte
dagli alti politici custoditi negli archivii della corte brillannica.
Quindi tal collezione e limitata agli affari della Gran-Breltagna ,
come quasi tutle le altre del Lunig a quelli di Germania. Se noo
che gli eruditi osservarono tra il Bymer o il Lunig questa notabile
differenza , che mentre il primo ebbe aperti alle sne ricerche ,
per ordine del Governo, tutti gli archivii pubblici e privati della
sua patria , il secondo non godelte di lal vantaggio , e colla sola
sna fatica sostenuta dalla propria generosita e dalfamore del pub-
blico bene riuscl a scoprire quella Inngaserie d'inediti documenli,
dei quali gli e debitrice 1'Alemagna e 1'ltalia. Quindi egli e dop-
piamente benemerito delle lcttere, e tanto in tal rispetto prevale
al Rymer, quanto la virtu che opera ncglelta o sola e superiore
alla virtu che procede lietamente col favore della forluna.
(10) Sono annesse alTopera intitolala Memoires et recherchet de
France et de la Gaule Aquiianique. Paris, 1581. Questa opera del
Lastage, specialmente in quanto riguarda rautonticila delle carte
messe in luce daIl'autore, e stata troppo severamente censurata
dal Duchene nella sua Bibliothique des historient de Franee. Ma il
Duchene , nel censurare altrui , si scordo di certo ch' egli stesso
non fu assai scrupoloso nella scella dei documenti comprovanti le
genealogie di alcune grandi famiglie di Europa da lui pubblicate;
nel qual lavoio, comunque grandc cd crudito, sacrilieo talvolta piu
all'adulazionc cbc allu vcrita.
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I.NTR0DU2ICWE.
44
istortche deU r Amelot cohdotte fino al 4684, e i trattati posteriori fino al 47-14 che g)i servono di
appendice. k questet tennero dietro Ie Raccoite del Dupuy e del Perard , J'ima riguardante !a storia
gerierale di Francia (t), . e Faltra la storia particolare della Borgogna (2),.e Ia graii Saccoltd pab-»
hlicata \w Amiterdam nel 4700, alla di cui compilazione posero mano rribltf dotti uominl di qriella
'eta (9).^$eguiron0 poi la Stdria dei trattati di pdce del secolo XVII, colle Memorie relative del
Lamberti (4), e le Nego&axdoni secrete detta pace di Munster e di Osnakurg (5). Pero di qoeste e
di melte<>altFe fu opera principale quella def Dvmont, il quale concepi e ridusse ad atto il gj*
gant^eebipensiero di "un Codice dipjomatico universale, abbracciando nel suo vasto e qaasi imraenso
lavoro tutti i documenti piu importanti si editi che inediti, politici, religiosi e eivili 4el tnoridb
europeb, dalFanno SOf) ddrera volgare fino al 4734 (6). E cotne era impossibile ehe-in tanta e si
grande mole di edifizio storico non fossero siuggiti al Dumont alcuni materiali atnche impobtanti^
il Rousset completb poi, snppli ed estese quel primo lavoro, includendovi atti : , paci 'e monumeiiti
di ogni sorta fino al 4738, e un completo Cerimmiale diplomatico di tutte le cbrtii d^Europ* ^,
oltre airis-toria compiuta di' tutti gli antichi trattati , dai tempi piu remoti fino *\V iimpero; di Ca»lo
Magno, redatta con tarita critica e doUrina dal famoso Barbeyrac (8). II qual C6d}ce Dumoniiano\
in tal guisa arricchito e comprato in 'ogni sua parte, occupa un posto cosi eminente neli moiidb
letterario, ed ha oramai tanta utilita e rinomanza, cb'io credo rion doverne fare ulteriori )r&*
gidnamenti. ' V l>h . i /io
I collettori di moriumeriti ecclesiastici e profani non attineritl alla pblitica furono in - EVaiaeia rioh
meno eruditi che numerosi. A capo dei medesimi puo essere eollocato pier antiohita io^Seaiigere^
cui siamo debitori della pubblicazione di preziosi frammenti delle greche lettere in quella sua
elaboratissima opera De emehdatione temporum (9), e^appresso 1 a fui il Dbublet, aufore delle' An-
iichita Dionigiam (40), e il BloBdel (1 4 ) prof ugnatore v^lproso del, Chijllet e. delle opinioni gegetliae&e,
da lui espresse' nella sua Biblioteca antica di scritture inedite. Venneia pqi m campo il Siririond (49^,
il Petit (13), il Labbe (44)*. i, Sanmartani a.utori della Gallia sdcra, e il Du-Bons sqriUo^e d^lta $1^4,^
particolare della Chiesa di Parigi. Quindi ascors i dotti Maurini Menard' e d'Achery (4&), i4 Bigo<X^)»
(1) Dupuy Pierre , Traites relatifs a 1'histoire de France. ParLs ,
16oi , uu vol. in-4°. Vi sono tra gli allri compresi gU atli della
coudanua dei templari , e dello scisma di Avignone. Molti docu-
menti concernenti la detta storia di Ffancia erano stali pubblicali
alcuni anni avanti dallo stesso Dupuy nol Trattato dei diritti e
della liberta della chiesa gallicana. Parigi , 1G39 , vol. 3 in-fol.
• (2) Perard Etienne , Rrcucil des piicesrares pow servir hrhistoire
de Bourgogne. Paris, 1669, in-foL.
(3) Becueil de paix, d» trive, d» neutralite', de suspension d'armes,
de confederation etc. Ainsterdam , chez Enrique Boomc el Adriaa
Moeljens, 1700, vol. 4 in-fol. Questa raccolta ricavata neila mas-
sima parle dalle precedenli del Lconard , dell' Aitzcma , dei
Leibnizio e dcl P^rard, quantunque inesatta in m«lte sue parti,
diveotd tosto , dopo la sua pubblicazione , Ia piu famosa e la
piu rara.
• (4) Histoire des traites de paix et autres nfyociations du dix-septiewe
siecle , depuis la paix de Vervins jusqua la paix de Nitnigue.
Amsterdam et La-Haye, 1723, vol. 2 in-fol.
(5) Mgociations secretes toucliantes lapaix de Munster etd Osnabruch.
La-Haye, 1726, vol. k in-fol. Quest'opera, e la precedentc Histoire
des traites de paix etc. vanno al presente unite al Corps diphmatique
universel del Dumont coi supplemcnli del Barbeyrac e del Roussct,
e formano insieme vol. 19 in-fol. mass.
(6) Corps diplomatique universel du droit des gcns contenant tm
rtcueil des traites d'alliance , de paix , de trive , de neutraliti , de
commerce , dichange , de protccHon et de garantie , de toutes les
conventions , transacUons , pactes , concordats et aulres contrats qui
ont ite faits en Europe depuis le.rigne de t 'empereur ■Charles-Magne
jusqua present etc. Amslerdam ct La-Haye, 1726, 28, 31,vol. 8
ia-fol. mass.
(7) SuppUment au corps universel diplomatique du droit des gens
etc.,&Le cei enwnial diplomatique des cours de VEurope etc. Amsterdam
et La-Haye, 1739, vol. 5 in-fol. mass. II Rousset, oltre il detto
Supplemento, pubblico all'Aia dal 1728 al 1752 un altra importanlc
collezione di documenti storiri intitolata Recueil hisfnrique. des actet,
V. i.i
ndgociations, mimoires etc, depuis la paix d Utrechtjusqu'au congris
de CambraL 1648, yol. jq in-12> .
(8) .Histaire des unciens traitfs , oif recueil. historique .et ,i;hromlo-
gique des trQttes rdpandus dans lcs auteurs grccs e< latitu, et autret
monumens de 1'antiquite" depuis les tems les plus recuUs jusqua
l'emp«r.eur Chmrles-Magne. Amsterdam et La-Hay«, 1789, yoV 1,
W-fol, ., .. , . .. ; .:. ., ,.
„(9) Luletiae. ,Parisi«T., 1383^,1 vo). ia-fol. „ , ,
.m Porig» , 1625, vo^ 2 in : fc». . ' ; / t
. (11) Assertio genealogiae Frcmcifiae, Ams.telocJainj, 1652, vol<.9
in-foL Di Dovide Blon^el abbiamo ancqra il Pn udo-Iiidorus sl^taf^
jn Giqevra nel 1628 , in-4".
(12) Concilia antiqua Galliae. Lnteliae Parisior. * 1629»' ;in-foL
Oltre a. questa. H Sirmond lascio uoa raceolta di o^ere p/d» mss.
as^ai rafi, ehe fn pubblicate dopo la. 4>..l.Mi WQisle boI 1696,,avq1.
8 iftrfoi. . ... . .;. , a . ,. t ,,. ,, u;;.i
(13) MisceUaneorum Ubri novem , 1630 , inri, 0 ,. , .,;,(■■
(lk) 1° ' Bibliotheqa novauscijptpr. hittor, Lutetiae Parisioj,, 4657,
voj. 2, 2° Thesaurus epitaphioripn, ve&rum ac refientivtn, ■ Lute^ia.Q >
Parisipr. , 1666, in-8°. 3" St, ooneiUa cum ,duobu* aj/pai QUkut ctc,
Lutetiae Parisior. , 1671 et seq. , vol. 18 in-fol. ., .,>
(15) A' Menard sono debitrici ,le antichita. moaastichet-de^a Con-
cordia regularum S. Benedicti abbatis Anianensis , e, d*Ua illustra-
zione del libro sagramentaU di S. Gregorio. ll D Achery p*i,non
solo fu pnbblicatore e illustratore delle opere di Gqiberto ; nbale
e di Lanfranco arcivescovo d|, Cantorbery, ma,diede. ancliejn ijnce
nel 1653-77 quel sao prezioso Spicilegium veterum aliquot scripU>rwH
qui in GalUae bibUothecis latuerant, yol. 13 in-i°, pbe-e un , .tejj*
emporio di sorilti del medio evo , di a.tli i, di : canpni , dj\qoi)«i|ii|
di cronache , di lettere, di.diplami eec, , trajii, daglj . aroliivii 4i
molli monasteri. , , . ':
(16) Vita di S. Gio. Grisostomo, ed alcuni, mgs.. gyeci per lp in-
nanzi inedili , colla tra^uzione latioa di A^mbrogio GaroaWolese.
Parigi , 1680, in-V. . • '
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INTRODUZIONE.
il Combefis (1), il Guichenon (2) e il Gotelier (3), c quei due famosi luminari delle anticbita
erudite Giovanni Mabillon (4) e Stefano Baluzio (5) , nei quali la scienza ando del pari colla virtu
e colla modestia. Ne con essi fini la serie degl'illustri collettori gallicani, poiche nel secolb. XVUI
iiorirono il Sallengre (6), il Basnage (7), il Lopin, il Pouget, il Montfaucon (8), il Bouquet (9)»
il Cocqtielines (10), il Le-Plat (44), e, tra gli altri moltissimi che potrei ricbrdare, il Martene e il
Durand, i quali donarono ai dotti e alle nazioni quasi tutte di Europa due rare Coltezioni di
scrittori, di carte, di diplomi e di documenti di ogni eta e d'ogni specie; egregio frutto di lunghe
peregrinazioni e di erudite ricerche da essi fatte nelle chiese, negli archivi e nelle biblioteche
della Fraacia, del Belgio e della Germania (12).
Venendo poi a discorrere delfltalia, la messe e cosi ampia ed ubertosa, che se tutti volessimo
ricordare i tesori storici che vi furono discoperti ed illustrati, imprenderemmo forse a trattar
materia senza confini. E prescindendo dal Baronio.e dai dotti suoi continuatori , che tanta dovizia
di carte pria inedite pubblicarono in quelta solenuissima mole degli Annali ecclesiaslici (43) , e dal
Muratori, quasi incredibile ma pur vero ed unico atlante degli scrittori, della storia e delle an-
tichita italiane (\ 4), a chi sono ignoti i nomi deirimmirati, dei Manuzi, del Panvinio, del Sigonio,
del Nerli, del Ficino, del Doni, del Siri, delPUghelli, del Cherubini, del Bena, del Ciampini,
del Puricelli, dei Ballerini, del Zaccagni, del Corbinelli, del Cocchi, del Lupi, del Poleni, del
Gori, del Maffei, det Salvini, del Buonarotti, del Calogera, del Lami, del Fantucci, del Zaccaria,
del Biscioni, del Manni, del Lazzeri, del Mattei, del Mansi, del Gattola, del Mittarelli, del Dal-Borgo,
del Maccioni, del Bottari, del Tiraboschi, del Fumagalli, del Marini (15) e di cento altri, editori,
(1) 1° Graeco-latinae PP. b&Uothecae novum auciuarium, et
auctuarium novissimum. Lutetiae Parisior. , 1648 et 1672 , vol. 4
in-fol. 2° Originum rerumque constantinopolitarum manipulus. Lutet.
Parisior., 1664, 1 vol. in-4°. 3° Hittoriae byzantinae scriptores post
Theophanem usque ad Nicephorum Phocam (graeco-latin.) Lntetiae
Parisior. , 1665 , 1 vol. in-fol.
(2) Bibliotheca Sebusiana, tive variarum chartarum, diplomatum
ete., Centuriae duae eum notis (Lugduni 1666 in-4°), oltre la Storia
genealogica della R. Casa di Savoia (Lione, 1660, vol. 2 in-fol.),
e la Storia di Bresse e Bugey (Lione, 1650, in-fol.), comprovate
con diplomi , documenti ec.
(3) Oltre varie stimatissime edizioni di opere di Ss. PP., ab-
biamo di lui Monumenta ecclesiae graeeae (Lutet Parisior., 1677
et seq., vol. 3 in-4°), che e una raccolta di mss. della biblioteca
reale di Parigi , e della Colbertiua.
(4) 1° De re diplomatica libri tex ( col supplem. ) Lutetiae
Parisior. , 1681 et 1704, vol. 2 in-fol. 2" Musaeum italieum, seu
collectio veterum scriptorum ex bibliothecis italieit eruta. Lutetiae
Parisior. , 1687-89 , vol. 2 in-4°. 3" Veterum analecta. Luletiae
Parisior. , 1675 et seq. , vol. 4 in^8". Molti documenti storici si
trovano anche sparsi negli Annalet et aeta St. ordinis S. Benedicti,
e ucWAntiqua ecclesiae Gallicanae liturgia, pubblicati dal Mabillon
nel 1668 e 1713 , vol. 9 in-fol.
(5) Miscellanea , h. e. CoUeetio veterum monumentorum , quae
haetenut latuerant tn variit codicibus ac bibUothecis. Lutetiae Parisior.,
1678 et seq. , vol. 7 in-8". Di questa famosa raccolta Baluziana
fece una nuova edizione , coll' aggiunta di molte osservazioni , e
di alconi altri monumenti inediti, il dotto P. Gio. Domenico Mansi
(Lueca, 1761, coi tipi del Giuntino, vol. 4 in-fol.); ed ivi e da
vedersi il catalogo delle opere tutte di vario genere pubblicate dal
Balnzio.
(6) Novus thesaurus antiquitatum romanarum, 1716, vol. 3 in-fol.
i5 nn segnito a quelli del Grevio e del Gronovio.
(7) Thesaurus monumentorum ecelesiastkorum. Amstelodami, 1725,
vol. 5 in-fol.
(8) 1° Diarium italieum , tive monumentorum notitiae itinerario
itaUco colleetae. Parisiis , 1702 , 1 vol. in-4°. 2° AnaUcta graeca.
Ibid. , 1688, in-fol. 3° CoUeetio novapatrum et teriptorum graecorum.
lbid., 1706, vol. 2 in-fol. 4° BibKotheca CosUniana oUm Segueriana
tte. Ibid., 1715, 1 vol. in-fol. 5° Monumenta monarchiae Fr ancicae.
lbid. , 1729 , vol. 5 in fol. 6° BibUoiheca bibliotheearum mt. nova.
Ibid. , 1793 , vol. 2 in-fol.
(9) Rerum Gallicarum et Franciearum scriptoret. Lutetiae Parisior.,
1738 et seq., colla continuazione di D'Antine, Haidiquier, Poiricr,
Precieux , Housseau , Glcmeut , e Brial , vol. 16 in-fol.
(10) Bullarium romanum. Romae , typ. Mainardi, 1739 et seq.,
voi 24 in-fol.
(11) Monumentorum ad hittoriam coneitii tridentini potissimum il-
htstrandam spectantium ampUssima collectio. Lovanii, 1781 et seq.,
vol. 7 in-4° gr.
(12) Thesaurut novut anecdotorum, complectens regum ac principum
aUorumque virorum iUustrium epistolas et diplomata bene multa,
chroniea varia , aliaque tum ecclesiastica tum civilia omnium pene
nationum monumenta etc. Luteliae Parisior. , 1717 et seq. , vol. 5
in-fol. 2° Veterum scriptorum et monumentorum historicorum , dogma-
ticorum,moraUumampUssima coUectio,complectcns regum et principum,
aUorumque virorum illustrium epistolas et diplomata bene multa ,
vetera monumenta imperialis monasterii Stabukntis etc.,plures scriptoret
historicot de rebus praesertim germanicis, galUcis , anglicis, italicis,
eonstantinopolitanis , Terrac-sanctae ete. Parisiis , 1724 et seq. ,
vol. 9 in-fol.
(13) Gli AnnaU ecclesiastici , ch'erano stati condotti dal cardinal
Baronio fino al 1198 ( vol. 12 in-fol. ) furono poi continuati da
Oderico Rainaldi fino al 1571 ( vol. 10 in-fol. ) , e quindi dal
Laderchi fino ai tempi piu recenti (vol. 3 in-fol.).
(14) Nel prodigioso numero delle opere pubblicate dal Muratori,
le riferibili a collezioni ed illustrazioni di monumenti antichi sono
le seguenti: 1° Anccdota ex ambrotianae bibUothecae codicibus nunc
primum eruta etc. Mediolani , 1697-98 , vol. 2 in-4°. 2° Anecdota
graeca ex mss. codicibus latine donata etc. Patavii , 1709 , in-4°.
3° Delle antichita cstensi ed itaUane. Modena, 1717 e seg. , vol. 2
in-fol. 4° Rerum itaUcarum scriptores. Modiolani , 1723 et seq. ,
vol. 29 in-fol., ai qnali vanno appresso le Accessioni del Tartini e
del Mittarelli. 5.° Antiquitatet itaUeae medii aevi. Mediolani, 1738
et seq. , vol. 6 in-fol. 6° Novus thesaurus veterum inscriptionum.
Mediolani , 1739 et seq., vol. 6 in-fol.
(15) Ne il soggetto del mio discorso, ne la brevila di una nola
comportano la enumerazione precisa e distinta di tutte le opere
dei sopraddetti autori , riferibili a collezioni e ad illustrazloni di
documonti storici. Percid mi liraitero ad accennarne alcune prin-
cipali. Le Storie fiorentine di Scipione Ammirati sono ricche di
carte e di docamenti giustificativi. Ognuno conosce gl'importanti
lavori di Aldo Manuzio il vecchio, di suo figlio Paolo, e del Panvinio
sopra le opcre degli antichi e sopra le antiohita di ogni genere.
Dcl Sigonio poi , oltre la notissima De regno ItaUae , abbiamo
quella classica opera , Regum , consulum , dictatorum ac censorum
romanorum fasti (Mutinae, 1550, in-fol.) che vale per molte altre.
Nel secolo XVII il Doni lascio una eccellente Raccolta rfiscritioni,
che poi fu pubblirata dal Gori in Firenze (1731 , 1 vol. in-fol.),
e che pu6 far seguito al Tesoro del Gruyter. Laerzio Cherubini
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I\TR0F)|!}?K)NK.
13
collettori e chiosatori insigtei di ogoi stfrta di a»ntichita, di libri, di carte, di diplomi, di documeriti*
Qual e la nazione che come filtalia varitar pessd -Un riumero si grande di codici diplomatici
particolari di repubbliehe, di regini, di cittapdi provirice,- di famiglie, drchiese, di monisteri?
La raccolta di documenti inediti ,• specialmente rveneziani, faUa dal Diplovatazio, il Codice Trivisan»,
il Longobardico , WNonantolano , il Camafdolese^ il Modenese, V Ambrosiano , il Fiorentino, il Ber-
gamatto, il Rwerimte, il Pisano, il Qkertirdesco !iM), fl GerosoUrmiano (2), il Siciliano (3) e tanti
altri, che per brevita non rammento, soao tutti codici provinciali e locali d'Italia, raccohi,
pubbiicati ed v iUustrati da valorosi ingegni italiani. > .
Tale e mcuYaltra e la suppellettile istorica .raessa in luce da tanti laboriosi e dotti scrittori
dalla meta del secolo XVI fino a tutto il XVIIi che ne ha -preceduto. E quantunque questo nostro
secolo XlX,.che va maturando con irrequieto mbto di attivita e di progresso la propria esistenza,
non abbia nei primi sitoi anni posto mente a coritinuare 1'opera antica, o perche gli studi fossero
volti al bello e airimmaginbso piu che al graye ed al severo , o perche Ia rapidita di straordinarii
avvenimenti politici svolgesse negli animi cupidi di cose novelle il desiderio di piu pronte e piu
fruttevoli faliche^ e di glorie meno antiquate], pure adesso, e non ha guari, hel risvegliarsi di
ogni letteratura tra gli ozi bramati di tranquitla e stabil pace, si accese in Europa tutta nobil
gara d'ingegai per lo studio della storia; e la.ricerca delle carte e delle memorie antiche ottiene
forse al preseute sopra ogni altra Tonore e la preferenza.
Da si generosa emulazione nacquero gia da due lustri innanzi tante Societd protette dalla sapienza
dei Principi, le quali intendono a migliorare e ad arricchire 1'aDtico patrimonio storico delle nazioni,
togliendo con assidue fatiche dalla oscurita dei manoscritti e dal silenzio polveroso degli archivi
lascid pure la raccolta delle costituzioni e delle bolle pontiflcie
( Magnwn Bullarium. Romae , 1617 ) che fu continuata dai sooi
figli e dal Lantusca. Di Vittorio Siri si banno il Mercurio
( Venezia , 1644 e seg. , vol. 15 in-V ) , e le Mcmorie recondile
dalTanno 1601 alTanno 16«) (Parigi, Lione e altr., 1676 e seg.,
vol. 8 in 4° ) ; chc sono veramente nna collezione di documenti
diplomatic?, e la prima collezione di fal genere apparsa in Italia.
Dell* (Jghetli e la tanto commendata Italia sacra, corredata di
raonumenfi ecclesiastici di ogni sorta (Uoraa, 16H e seg., vol. 9
in-fol.). Le operu pobblicate , illuslrate e ancho corrctte dai dotli
fratelli Ballerini (Pietro e Girolamo) nella parte spccialmente che
riguarda 1'antica dbeiplina della Chiesa, sono tante e cosi conosciute
che volenlieri mi passo dal farnc parola. 1 monumenti ambrosiani
del Puricelli ( Ambrotianae Medfolani basilicae docutnenta , 1648
in-foL ) , quelli dati in luce dal Cianlpini ( Velera monumenta , in
quibus praecipuc musiva opera etc. illustrantur , 16!;0-99, vol. 2in-
(b).), e gli altri della chiesa greca e lathia pubblicati dal Znccagni
( Collectanea monumentorum veterum ecclesiae graecae et latinae ,
1698 , 1 vol. in-V ) chiusero con egregia lode la gloria degli
studi storici fatti dagFItaliani fino al socolo XVII. Nel secolo se-
guente il gia citato Muratori basto egli solo per tutti, e fu supeiTore
a ciascano, anche delle altre nazioni. Non pertanto si cbbero lanti
codici mss. della Laurenziana inessi in vita dal Biscioni, la Firenze
Ulustrata del Gori, corredata di antichi diplomi (Firenzc, 1755),
le Dtlizic erudite (Deliciae eruditorum, seu veterum anecdoton opuscu-
lorum collectanea. Florent., 1736 et scq., vol. 18 in 8°), il Catalogus
Codictm mss. qui tn Bibtiotheca Riccardiana Florentiae adservantur
(Liburni, 1756, 1 vol. in-fol.) e i Mbnumenti delia Chiesa Fiorentina
(Sanctae Ecclesiae Fhrentinae Monumenta. Florentiae , 1758 , vol.
3 in-fol. ) del dottissimo Lami ; e si ebbe nel Poleni un illustro
continuatore del Grevio, dcl Gronovio e del Sallcngre (Utriusque
thesauri nova supplementa. Venetiis, 1737, vol. 5 in fol.). Al Mafiei
dobbiamo le Galliae antiquitates quaedam selectae (Parisiis , 1733 ,
1 vol. m-V), il Musaeum Veronense (Verona, 1749, 1 vol. in-fol.)
c il Dittico Quirinalc ( Verona , 1754 , 1 vol. in-V ) ; al Lupi il
Codex diplomaticus civitatis et ecelesiae Bergomcnsis (Bergomi, 1784,
in fol.) ; al Fahtocci i MonumcnU Ravennati (Coscna, 1786, vol. 6
in-4.° ) ; al Calogera la Raccolta e la Nuova raccolta di opuscoli
scientifici e filologici, continuata poi dal Mandelli (Vcnezia, 1729
e aeg., 1755 e seg. , vol. 66 in-12) ; al Dal-Borgo gli Scelti diplomi
pitani ( Pisa , 1765 , 1 vol. in-4" gr. ) ; al Matlei la Storia della
Chicsa Pisana ( llistoria Ecclesiae Pisanac. Lucae , 1768, vol. 2
in-fol.) c la Sardinia sacia (Iloma, 1758, t vol. in-ibl.); al Manni
lo Osservazioni sopra i sigitli anlichi dei secoli bassi (Venezia, 1739
al 1786 , vol. 30 in-4° ) che tanta lucc sparsero sopra la storia
italiana dcl mcdio cvo : al Lazzeri le Miscellanea ex mss. libris
bibliothecac collegii romani (Romae, 1754-57, vol. 2 in-8'); alfabate
Zaccaria la Collectio anccdotorum medii aevi (Taurini, 1755, in-fol.);
al Macrioni il Codicc diplotnatico , e la Difesa det dominio dci conti
dclla Ghcrardesca ( Lucca , 1771', vol. 2 in-4° gr. ) ; opere tutto
ricche di prcziosi documenti. Lc mcraorie monastiche sono debitrici
al Galtola, al Miltafelli e al Costadoni di mblti materiali tolti
dal!'oscurita ed cgrcgiamente illustrati, sia nella Illstoria abbatiae
Camaldulensis pcr saeculorum seriem' distributa (Vcnctiis , 1733 ct
seq. , vol. 4 in-fol.) , che ncgli Annales Camaldulcnscs (Venctiis ,
1755 el seq. , vol. 9 in-fol.). Lo stesso Mittarclli ci dicde la rac-
colta dolle anticho cronache di' Facnza nclle suc Acccssiones Fa-
ventinac ad scriptorfa rcr. ital. clar. Muratorii ( FavtMitiae , 1771 ,
1 vol. iri-fol.), c la BibKotheca codicum mss. S. MichaHis Venctiarum
(S. Michelc di Murano) (Venetiis, 1779, 1 vol. rn-fol.). Dcl Man4i
6 la lanlo rrpntata Ss. coneiliorum nova ct amplissima collcctio
(Lucae, 1748 et seq., vol. 31 in-fol. mass.) superiorc pcr niolti risp.rul
a quclle del Labb6 e dcII'Ardnino, e la illustraiiono di un insigne
Codke dei tempr di Carlo Magno (Dc insigni codicc Caruli Magni
aetate stripto , ct in Bibliothcca maioris ecclesiae Luccnsis servato'),
oltre la gia citata edizione cd ampliaziono delle Misccllancc del
Baluzio. Del Tiraboschi si hanno: 1° Vctera Humiliatorum monu-
menta annolationibus ac disscrtationibus prodromis illustrata (Medio-
lani, 1766 , vol. 3 in 4°); 2" Storia dcWaugusta badU di S. Sil-
restro di Nonantola, aggiuntovi il ccdice diplomatico della mcdesima
Hlustrato con'note ( Modena , 1784 , vol. 2 in-fol.) ; 3" Membrie
storiche modenesi col codiee diplomatico illustrato ( Modena , 1793 ,
Vot 5 iw-4° ). II Fumagalli e autore delle Viccnde di Mxlano
durante la guerra dH Federigo I imperatore, illuslratc con pcrgamene
e con note. (Milano, 1778, 1 vol. in-4*), dellc Instituzioni diplo-
matiche ( Milano, 1802, vol. 2 in-4°) , e del Codicc d>'plomalico
sant' Ambrosiano , pubblicato dopo la di lui niorte dalfAmoretli
( Milano , 1805 , 1 vol. in-4° ). K finalnienle il Marini , oltre la
grand'opera, GK atti e i monumenti dci fratctli Arvali cc. (Ronia,
1795 , vol. 2 in-4" ) , che e forse unica nel suo gcncrc , fece di
pubblica ragione i Papiri diplomalici raccolti cd illuHrati (Roma ,
1805, 1 vol. in-fol.).
(1) Vedasi la nota precedcnte.
(2) Di Sebastiano Pauli. Lucca , 1733-37, vol. 2 in-fol
(3) Di monsignor Giovanni di Giovanni , illustrato roii vane
disscrlazioni,
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H
r\TRoni<zio\K.
e delle biblioteche tanti scrittori, cronache, statuti e diplomi che illustrano maravigliosamente le
vicende dei secoli preceduti. E prima fra tutte surse in Italia la Deputazione sopra gli stuM <#
sloria patria, creata con magnanimo consiglio da )Cabxo Alberto Re di Sardegna (1), ial dT oui
nome crebbe percio splendidezza e fama, ne fia mai cbe se ne scompagni nelle eta ventare, il
redfmito onore delle ottime discipline. Da questa ejnulazione medesima procedetteiro e vanuo pnn-
cedendo cob lena sempre crescente le pubbliqazioni di tanti e si rari documenti pria sconosciuti,
tra le quali (per cansare il tedio di lunghe citazioni) ricordero solamente le Memorie storicb»
diplomatiche di Saluzzo (2), i Manoscrilti della R. BibHoteca parigina descritti ed fflwtrati daf
Marsand (3), la Collexione dei documenti storici appartenenli alV Italia (4) , la Nothia- di manoscritti
italiani, e i Documenti di storia italiana del Molinl (5), lo Spicilegium romanum del Mai (6), Te
Rela&ieni degli ambasciatori veneti al senato pubblicate daLTAlberi (7) , il Catalogo dei codici mss.
deW Antoniniana del Mineiotti (8), YArcMvio storico-italiano della Societd fiorentina (9), f Trattati
pubbHci detla R. Casa di Savoia colle Potenze sttaniere (<0), e i gia cifcafci Monumentidi storid patria (4i),
monumento easi stessi del grave senno e della rara munrfieenza di uno dei piu eecelsi monarchi
del bel paese d'Italia.
Pure frammezzo a tanta copia di collezioni stbriche, delle quali si onora al presente ognuna
delte nazioni incivilite, la Sardegna non si sdehito ancora verso le italiche lettere del solenne
uffizio di radunare in un sol corpo i monumenti scritti della sua morale esistenza nel lungo
peribdo delle eta trascorse. E tuttavolta , dappoiche le sue vicende antiche e recenti furono egre-
giamente narrate, dappoiche la serie dei generosi che la illustrarouo con azioni degne dieterna
ricordanza e stata con fatiche non contennende da lungo obblio rivendicata, ta cresciuta civilta
de'tempi e 1'onore de'sardi studii addimandavano da lei quest' altra opera nazionale, accio la
verita dei documeati desse fede alle narrazipni, e 1'autorita delle testimonianze, o tutte coeve o
quasi tutte contemporanee, appresentasse quasi redivivi i falti e gli uomini che le furono nei
(1) Cob reale rescritto del 20 aprile 1833 S. M. a/Edd ada mo-
desiraa 1'incarico di sopraintendere afla pubblicazione di opero
inedite o rare appartenenti afla sloria de'suoi B. Stati, e chiamo
a comporla uomini doUissimi , i quali per merito di belle ed erudile
scrilture fatte da essi di pubblica ragioa'e sono universalraente
distinti ed onorati aella repubblica delle lettere. Ai lavori di tale
depulajiono sono dovutt i manumenti di storia patria ( Hittoriae
^atriae monumenta editn jvssu Reqit Qroh Albesti. August.
faurui. , ex regio typographeo , 1836 et seq. , in-fol. mass. ) dei
quali parleremo qui appressa L esempio fu toslo imitato in altri
stati e cilta italiaoe e anche di oltremonti. Nel 18i2 ebbe comin-
ciamento la Soeieta ttorica di Siena , dalla quale si aspetta la
pubblicazione dei monumenti slorici di quel municipio. La Societa
storiea di Firenze procede gagliardamente nella importante pub-
blicazioae del suo Archivio storico itaUano. La Societa storica di
Napoli , costituitasi nel 1843 , intende continuare nella bell'opera
gia incominciata dal Baronie, dal Muratori, dal Tiraboscbi , dal
Fantucci e da molti altri valorosi. Prendera le mosse dai documenti
pertinenti alla storia del ducato di Benevento , e quindi seguira
di secolo in secolo iino a noi. Una delle prime sue pubblicazioni
sara il Codice diplomatico Longobardico di Carlo Tfbya, gia annua-
zialo a»\Y Antologia di Firenze, n.° itk, dispo&tosecondo la ragione
dei tempi, il quale couterra, oltre molti documenti che si aveano
a stampa , ma ch'erano disordinati e dispersi in parecchi volumi,
moiti documenti nuovi ed inediti, arricchiti tutti di opportane an-
nolaaioni. La S$ciet* storica di Lubecca ( Lubeck ) pubblichera
ancor essa tra breve la collezione dei roonamenti esistenti nel suo
dovizioso archivio municipale , cbe comprendera le memorie di
questa citta anseatiea dal 1 139 al 1300 , e potra far seguilo alla
gia pubblicuta Raccolta dei docuraenti per la storia tedesca.
(2) Baccolte dallavv. Deltino Muletti , e pobblicate con addi-
zioni e note da Carlo Muletti. Saluzzo, 1829 al 1833, vol. 6 in-8".
Di tali memorie fece onorevole cenno la Biblioteca ttaUana, 1834,
num. 237 e 238.
(3) Parigi , 1835 , in-V. Quesfopera del Marsand pu6 essere
considerata come nna continuazione delle Notices et extraitt des
manuscrils de la btbUothique dv Roi, stampate in Parigi nel 1787,
e della Bibtiotkeca bibliothecarum manuscriptorum nova del Mont-
faucou , pubblicala nel 1793 , vol. 2 in-fol.
(4) Fatta da Giuseppe Motini da nss. auteJUici esi/tenti neMa
biblioteca rue Richetieu ii Parigi , e iUttstrata 4al marcbese Gitt*
Capponi. Firenze, 1835, tipogr. all'insegna di Dante. Qoesta col-
lezione puo far seguilo a quelle datect dal Muratori enalLanig.
(5) Notizia di mss. italiani, o che si rifemcono aWItalia, esistenti
nella tibreria delCarsenale m Parigi Firenze, 1836, tipogr. alTinsegna
di Dante. 2" Documenti di storia italiana. Firenze , 1836 , tipogr.
sudd. Alcuni di questi documenti ne erano gia stati dati dal Lunig
nel Codex Italiae diplomaticus.
(6) Boma , 1839-12 , vol. 8. £ una coUezioae di monamenti
storici falta dal dottiesirao cardioale Angelo Mai sopra mss. greci,
latini e italiani esislenti nella Vaticana. Contiene tra le altre cose
un Giudizio di Bernardtno Baldi sopra alcuni luoghi della Storia
del Guicciardini, una Lettera di Arrigo VIU re dlnghilterra contro
Lutero, le Vite dei roraani pontefici da S. Pietro fino a Gregorio VII,
gli Annati Carotini, e tre Vite latine dt tre vicere di Napoli.
(7) 1842 . ..
(8) Catalogo dei codiciww. della biblioteca dtS. Antonio di Padova.
Padova , tipogr. della Miaerva , 1812.
(9) VArchivio storico italiano sara diviso in otto volutm. 1
quattro gia pubblicati per opera del Vieusseux fiao al 1843 cen-
tengono tra le altre cose le Cronache miianesi del Cagnola , del
Prato e del Burigozzo ; alcune Vite d'iltustn itatiani con docmtunti
e note ; Ricordi di cose famigliari scritti da Guido delle Antelle e
da Crietofano Guiducci notaio sanese nei 1362, e da Oderieb
de'Credi orafo nel 1401. 11 voiume qnintocoraprendera ScrM«orii
inediti del doge Marco Foscarini , e il Catalogo -della sua faraosa
Raceolta storica. Nel sesto volume sara pubblicata la Storia mst.
di Pisa del Boncioni ; e nei volnmi settimo e ottavo gli Annali
Veneti del senatore Malipiero, con note del Sagredo, e i dispacci
del Foscari e di altri oratori aU'imporatoro Massiroiliano 1.
(10) Traitds pubtics de la Royale Maison de Savoie avec let Puit-
tances faang&res, depuit la paut de Chateau-Cambrtsis jutqu'h not
jours, pubtie"s par ordre du Roi, et prisentis h, S. M. par le comle
Solar de La Marguerite. Turin, impr. roy. 1836 et suiv., vol. 5 in-4°.
(11) Di detta grande opera sonosi finora pubblicati quatlro volumi,
il primo dei quali comprende le Carte antiche, il secondo le Leggi
o Statuti municipali , il terzo e il quarto gli Scrittori
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INTRODUZIONE.
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tempi andati cagione talvolta lieta, piu spesso funesta, di rare glorie, di poche gioie e di molte
sventure. :
. Or questa e appuntd 1'opera ch' io vengo offerendo alla mia patria nel suo Codice Diplomatioo
e rie' suoi Mokumenti storici da me raccolti ed illustrati. Ben so clie tanta e si ardua fatica dovea
forse essere meglio divisa fra molti che sopportata da un solo; e mi nasce percio neiranimo
grave temenza che non sia compiuta. Nondimeno sara essa come fondamento di altre fatiche
migliori; e il mio buon volere, e 1'amore che porto infinito alla terra natale sara per questa
sola, quando anche per altre prove riol fosse, intieratnente manifesto. Delle cure e della diligenza
che ho posto in tale lavoro non chiedo mi si presti cieca fede ■ sulla inia parola. Legga cbi ha
pazienza di leggere, e vedra quanti libri ed archivii da me consultati; quante memorie, quante
notizie, spesso minute, talvolta ingrate-j qua e la raccolte; quanti esami, e quanti confroriti cott
lunga e fastidiosa 'indagine eseguiti, affinche nessuna cosa mancasse che alla natura e'al : fihe
delFopera fosse relativa e consenziente. Veda chi leggera, come da molteplici e svariate fotfti ho
dovuto derivar le acque per ridurle a fiume di un sfol letto; come da scrittdri per lingua, per
eta, per religione varii e distanti fra loro ho ricavato i docuinenti che andatano dispersi iri molti
volumi; e come e quanti altri ne ho tratto dairoscurita in cui giaceano sepolti, per farne omaggio
alla Sardegna , anzi alPItalia tutta, la quale colle ricchezze provinciali accresce Tantico 1 tesoro
della sua storia nazionale. Yeda soprattutto quei due preziosi Codici delia repubblica Sassarese e
del porto di Gagliari appartenenti al principio del secolo XIV, le lacune da me riempiute ttel
primo per restituirlo alla sua interezza, e le illustrazioni fatte ad entrambi; e giudichi poi se' ! cx>si
fatti Iavori non erano forse sconfortevoli e ingrati, laddove il santo amor patrio che consiglioriimi
ad imprenderli non mi avesse potentemente soccorso a tollerarli. Ne qui voglio rammentare' i
dispendii da me fatti per mettere insieme tanta copia di memorie e di carte antiche ; perche
quantunque abbiano essi superato ogni pazienza del mio censo domestico, e il pregio del danaro,
ich' era nullo nei tempi della virtu antica, sia forse il tutto e il positivo delPeta modefna, e
nondimeno e sara sempre di cuor pusilianime e di beotico ingegno non dubbio argomento Testiriiare
per vil moneta con avaro calcolo mercatorio la generosa carita della patria e delle lettere.
Di queste adunque e di somiglianti considerazioni pensi ciascuno cio che piu gli aggrada,
giacche ne le parole sono necessarie per conseguir fede che sia dovuta, ne per sole parole si
ottiene la fede che non siasi altrimenti meritata. Pero, affinche i Iettori sappiano il metodo da
me seguito e la sostanza delle cose in questo Codice contenute, io verro adesso brevemente
dichiarandolo. L'opera tutta ho diviso in tre volumi, ognuno dei quali contiene la serie comphita
dei documenti che appartengono al periodo dei tempi da ciascuno di essi particolarmente abbrac-
ciato. La collezione comincia dal secolo XI , e cosi di secolo in secolo procede ordinata find al
presente. Quindi essa comprende le memorie di otto secoli, dall' undecimo fino al decimottavo;
oltre a una porzione di questo in cui viviamo. A ogni secolo ho preposto alcuni miei Proemii
o Dissertazioni che rendono ragione delle carte allogatevi, della loro natura, del loro scopo e
della condizione dei teiripi ai quali appartengono. Le carte inedite ho distinto (4) dalle gia pub-
blicate, e vedrassi che delle prime non e poco il numero, e che molto accrescono di novita,' di
ricchezza e di splendore alle cose sarde. Del che non pretendo mi sia data lode come di cosai
che onori le lettere, si solamente come di cosa che fa fede della sollecitudine da me usata nella
ricerca delle notizie patrie, « accid in grazia di quello che c'e, mi si usi cortesia nel compatirmi
» di quel molto che manca ». Se poi avverra (ne voglio confidare superbamente nel contrario)
che alcune carte da me segnate come inedite • siano state gia messe in luce da altri, il discreto
lettore lo attribuisca a difetto inevitabile da ogni scrittore , che ne tutto puo aver letto e veduto,
ne le cose gia lette e vedute altrove tener tutte a memoria. E in opera di tanta mole , e in paese
dove mancano i comodi sussidii di libri e di biblioteche, era quasi impossibile non cadere in
somiglianti inavvertenze , come vi caddero, tra gli altri, benche costituiti iri condizioni migliori,
il Baluzio, il Du-Chesne e il Labbe, autori per ingegno e per dottrina, non che buoni, eccel-
lentissimi. I documenti tutti sono stati da me disposti, non per ordine di materie, ma per esat^
(1) Con qucsto scgno (".
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iXTROnilZIONE.
tissimo ordine cronologico. Ho scelto questo metodo » preferitolo a qualunque altro, non »k>
per essere quello cbe piu si addice alla facilita dei riscontri, ed e sanzionato dalFesempio di
quasi tutti i collettori di carte antiche, ma eziandio perche le collezioni storiche e diplomatiche,
non essendo trattazioni particolari e distinte deUe cose che contengono, sibbene ragunamento e
ripoBta di memorie alla storia appartenenti , debbono appresentarle ai lettori e agli studiosi
secondo la loro pta, e neU'ordine temporario della propria loro esistenza.
Questi stessi documenti ho illustrato con brevi note istoriche, critiche e filologiche, mirando
piu al vantaggio e all' orrevolezza delFopera che alla maggior facilita e minor fatica che avrei
avute pubblicandoli neila sola originale nudita del testo, come hanno fatto tanti raccoglitori per
altro insigni e ricchi di ogni pellegrina erudizione. Ma in cio fui parco assai , o perche molte cose
nou abbisogoavano d'illustrazione, essendo abbastanza chj^re per se stesse, o perche gia illustrate
da altri, e anche da me medesimo, cosi nei suddetti proemii , come nel mio Dizionario biografico
fai Sardi illustri. Che se non ho usato la stessa parcita negli antichi StattUi (Capitula, statula et
ordinamentaj della repubblica Sassarese, vedra ognuno, leggendo quello splendido monumento
del «apere civile e politico degli avi nostri, ehe il farlo era necessita, non farlo ingratitudine e
irriverenza,
Dei fatti storici anteriori ai secolo undecimo non si potea dar prova con documenti coetanei
e cosi ordinati, come da quest' ultimo in poi, e perche manca la materia che basti a dare a
ognunp dei secoli corsi avanti al mille delPera volgare un corpo ragionevole di collezione diplo-
ma^ca, e perche la poverta dellecarte, comune in tempi cotanto remoti alle nazioni qua$i tutte,
fu per )a $ardegna^ ed e pur troppo miseria antica ed irreparabile , di cui gli uomini , le sven<-
ture e Tinlquo fato, essa non gia, furono colpa e cagione. Non pertanto, accio uno spazio cosi
disteso di tante eta non rimanesse vacuo allMntutto, ho riUnito in una Dissertazione previa, o
Prodromo deU'opera vogUa piu propriamente appellarsi, tutti i monumenti evariati di scrittori, di
storie, d' iscriziqni , di leggi, di tradizioni che Tantichita ne ha trasmesso, cominciando dai tempi
eroici fino a tutto U secolo decimo. Di co6i fatta sommaria riportazione di testi era mio divisa-
mento forne un' Appendice alla conclusione delfopera, ovvero di tesserne un Indice cronologico,
coU' indicazione dei libri e dei luoghi dove esistono, accio chiunque ne avesse desiderio potesse
ajrwpo ricorrervi, ed attingere dai fonti medesimi quesfaltra parte delle nostre istoriche ricor-
danze. Ma persona per ingegno, per dottrina, per bonta d' animo singolare, e per ogni altra
pregiata virtu estimabile e valorosa (i), cui non erano ignoti questi poveri miei lavori, mi levo
qon autorevole consiglio e con evidenza di ottime ragioni dal primo mio propOnimento , ponendomi
innanzi il gran difetto che avrebbe il mio Codice Diplomatico se lo presentassi al desiderio dei
dotti con si notevole lacuna nel suo principio. Perciocche se in raccolte di tal fatta si possono
perdonare le inesattezze nelle minute particolarita, non sono pero tollerabili nelle parti principali
che costituiscono il tutto: e cosi giusta e ponderata io riconobbi 1'osservazione di un uomo
benemerito cotanto delle patrie lettere, che, mi disposi tosto, come ora faccio, a preporre agli
altrj tutti i materiali storici che precedono in tempo il primo anello del taio lavoro.
A compimento deU'opera ho posto cinque InaHci che mi adoperai con molta pazienza a com-
porre intieri ed esattissimi. II primo e il cronologico di tutti i documenti, carte e diplomi con-
tenuti nel Copigjs; il secondo delle chiese e dei monasteri; il terzo delle persone; il quarto delle
citta, delle ville, delle castella e dei luoghi principali; U quinto ed ultimo delle cose piu me-
morabili contenute o ricordate nei documenti, nelle carte e nei diplomi medesimi. Con tali
indicazioni compendiate ho apprestato agli amanti delle notizie patrie, e anche a coloro che
ameranno di scorrere e di consultare, senza aver tempo o sofferenza di leggere 1'opera intiera,
la Cronologia, la Prosopografia, la Geografia e la Topografia istorica della Sardegna antica e
moderna. Vedra ognuno, e credo io stesso, che sara questo utile sommo apportato da me a quei
tutti i quali nei tempi avvenire dalle presenti mie fatiche trarranno forse argomento e materia a
scritture diverse, Imperocche in queste pagine, comunque umili e disadorne, sono raccolti mo-
numenti di ogni eta e di ogni specie; testimonianze di scrittori antichi; leggi, iscrizioni ed epi-
(l) S. E. i| cavaliere (]csare Saluzzo , la cui dottrina c modestia sono supcriori ad ogni clogio.
IJiTRODUZJONE.
gra6 de' tempi romani ; lettere e concessiooi di papi e di principi ; fondazioni di chiese e di
monasteri; atti di concitii e di sinodi; cronache locali e provinciali; donazioni, testamenti e
contratti di regoli; origini, progressi e successioni di piccole dinastie; origini ancora e progressi
di borghi, di citta e di villaggi; privilegi di municipii e di comuni; statuti di compagnie e di
repubbliche; liti, lodi e giudizi fra potenti; atti di martiri e offici di santi; atti di pace, di tregua,
di societa , di concordia, di vassallaggio ; diarii e vite autografe d'uomini pubblici e privati;
prescrizioni politiche, civili e suntuarie; ordinazioni di corisolati , di porti, di mercatanti e di
mestieri; memorie d'invasioni, di assedi e di espugnazioni di terre nemiche; ricordi speciali di
riti ecclesiastici or disusati; inventarii di ori e di argenti, di suppellettili varie, di armenti, di
terre e di schiavi posseduti dalle chiese e dai monaci; relazioni di viaggi di principi, di re e
d 1 imperatori ; documenti insomma di varia e graduata importanza, non meno dilettevoli che pro-
ficui agli storici, ai teologi, ai giuristi, agli economisti, ai filologi, ai Ietterati.
Per le carte poi che mancassero nel Codice, o perche sfuggite alle mie laboriose e perseve-
ranti ricerche, o perche esistenti in luoghi da me ignorati, sara aperta fino al termine della pre-
sente edizione un' Appendice o Supplemento, accio coloro che ne sono possessori, e amano la
patria loro veracemente, mi siano cortesi di copia, ovvero accrescano per se medesimi cotesto
edifizio nazionale, condotto gia, per quanto da me potevasi, a non ispregevole altezza. Di tanto
benefizio (se mai la fortuna e gli uomini vorranno meritarmene) portero sincera nelFanimo la
gratitudine, come bella e perenne rimarra nei posteri la ricordanza.
Questo io voili dire in principio sulla universalita del mio lavoro, affinche se ne conoscano
anzi tutto la natura e 1'oggetto. Ai particolari poi, co' quali ogni sua parte e stata condotta,
risponderanno meglio le parole proemiali preposte ai documenti di ogni secolo, e le annotazioni
messe a illustrazione dei documenti medesimi, dovunque ho creduto che ne abbisognassero. Le
quali illustrazioni non si aggirano solamente sul contenuto sostanziale dei diplomi, delle carte e
dei codici, ma eziandio sulla lingua, sulle persone, sui luoghi, sulle cose, e sopra quanfaltro
di estrinseco e di particolare trovasi negli uni e nelle altre. Nel che tutto ho detto e scritto cio
che dopo maturo esame sembrommi giusto e vero,senza pretendere a dittatura di sentenze e di
opinioni, la quale, se ardua e sempre, intollerabile e intollerata, quando anche fosse parto ec-
cezionale di superiore intelletto, e dippiu insolente, ridevole e pazza, se vuolsi arrogare da chi
nel sapere e negli stessi studi e pedissequo e va dietro a molti, come'io protesto essere e sa-
permi inferiore a ciascuno.
Adunque mando in Iuce questo mio lavoro colla fede di avervi durate fatiche gravissime, e
posto amore e diligenza quanto altra mai, e colla speranza che alFofferta chMo ne faccio alla
Sardegna, patria sopra ogni altra cosa da me sempre riverita e diletta, non manchera la cortesia
deIl'accoglienza , ne la generosita del compatimento, se, come accade in tutte cose che di mente
e di penna mortale siano parto e fattura, abbia io alcuna volta messo il piede in fallo.
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I
DISSERTAZIOINE
PRIMA
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DISSERTAZIONE
SOPRA I MONUMENTI STORICI E DIPLOMATICI
DI SARDEGNA
ANTERIORI AL SECOLO XI
Le molte eta che scorsero alla Sardegna dai tempi favolosi
fino a tutto il secolo decimo si possono istoricamente divi-
dere in sei periodi: Yeroico, il cartaginese, il romano, il
vandatico, Yorientale e il saracinesco. Le iocursioni goliche
e longobardiche , se vere, furono troppo fugaci per poter
merilare il nome di periodi storici. Quei tanti stadii, ora
brevi, ora lungfaissimi, di fiuttuante o di servile esistenza
politica ebbero tutti un carattere loro particolare che li fa
agevolmente distinguere gli uni dagli altri. Nel primo si
form6 un popolo ragunaticcio colPaccorrere continuo di ven-
turieri e di coloni, divcrsi di lingua e di costumi. Nel se-
condo un altro popolo vicino e commerciante si affratello
air anlico co' traffichi , e poi lermino per dominarlo. Nel
terzo il prepotente artiglio delle aquile romane sbarbico
violentemente dal sardo suolo i punici dominatori, e v'in-
fisse per piu secoli 1'ugna sua sanguinosa. Trapassarono nel
quarto stadio dodici luslri vandalici, senza gloria di splendidi
falli, e senza fama di grandi sventure. Succedettcro nel
quinlo quasi due secoli di abbandono, che gli avidi ministri
imperiali infamarono co' latrocinii e colle oppressioni. Ed
ultimo, ma troppo lungo confine al dominato slraniero,
furono le arsioni, le schiavitu e le morli dell' inesorabile
furore saraceno. Di vicende cosl varie e per lo piii infelici,
o non ci pervennero i documenli sincroni, percbe pcrirono
colfeta cui appartenevano , o ci pervennero assai rari ed
incompleti. Io riunir6 questi ultimi secondo 1'ordine dei
tempi ai quali si riferiscono, illustrandoli, dove accada il
bisogno, colla necessaria brevila dei comenti.
I.
PERIODO EROICO.
Le antichissime tradizioni dei tempi eroici sono fram-
miste alle finzioni della greca mitologia. L'amore del mara-
viglioso, e la vanita di magnificare co'semidei le origini
delle nazioni, le iece accogliere senza molto esame dagli
scrittori greci e latini. E da essi a noi pervennero cosi in-
certe ed oscure, chc la verita di alcuni fatti e appena re-
peribile iu mezzo a tanto pelago di strane invenzioni e di
piu strani vaneggiamenti. Non pertanto e necessario conoscere
siffatti racconti per trarne quel poco di certo o di probabile
che vi si asconde. La.critica istorica dee poi vagliarli e
sceverarli, accio la brama di molte glorie, o di glorie
troppo antiche e sublimi, non faccia trascorrere insieme,
quasi parto gemelloi il vero col favoloso.
Erodolo fra gli storici greci e il primo che abbia parlato
della Sardegna. In un luogo della sua Clio, non arverlito
per quanlo io sappia dai sardi scrittori, riferisce la battaglia
navale combattuta nel mare sardonio dai Tirreni e dai Car-
taginesi contro i profughi di Focea che dalla Ionia eransi
ricovrati in Corsica: alii autem (i. e. Phocenses) iuramento
satisfacientes, solventesque ex Oenusis, Cyrnum recta petierunt.
Quo quwn appulissent, communiter habitarunt una cum supe-
rioris temporis colonis, annis quinque, sacraque erexerunt.
Coeterum quum iam vicinos circumquaque hostili more popu-
larentur , communi senlentia bellum in eos adornant Tyrrheni
atque Carlkaginenses , utrique sexaginta navibus instructi.
Phocenses ex adverso sexaginta el ipsi naves milite implenl,
obviamque illis procedunt in mare quod appeUatur Sardonium.
Commissa navalipugna, Phocensibus cadmea quaedam contigit
victoria. Nam quadraginla illis naves perierunt; reliquae vi-
ginti conlusis rostris factae inuliles. Regressi igitur Alaliam ,
sumplis liberis uxoribusque, atque reliquis facultalibus, quantas
naves ferre poterant, relicta Cymo,demigrarunt Rhegium ec. ( ').
(I) Hist., lib. 1 , pag. 36 , interprete Laurentio Valla. I Focesi ,
dei quali parla Erodoto , erano cosi chiamati da Focea citta prin-
cipale della Ionia. Furono i primi fra i Greci, come dice lo stesso
storico, cbe si perigliassero in lunghe navigazioni verso 1'ltalia, la
Gallia e la Spagna , dove poi fondarono la colonia di Tartesso
(Gades). Dopo le vittorie di Arpago o Arpagone generale di Ciro,
alcuni di essi, preferendo 1'esiglio alla schiavitu, si spinsero veleg-
giando fino aU'isola di Corsica , nella quale gia da venti anni prima,
per adempire un antico vaticinio , aveano edificato la citta di AlaHa
( odierna Aleria ) : Phocenses aulem concesserunt in Cyrnum . .
Hie enim jam ante viginti annos dvilatm ex vaticinw condidtrant
nomine Alaliam (loc. cit). lvi trovarono gli anticbi coloni, e di la,
dopo cinque anni, e dopo la sconfitla sofferta nei mari sardi, na-
vigarono verso Reggio. Questa narrazione e confermata in parte da
Oiodoro di Sicilia, il quaie nella sua Bibliotcca. storica (lib. V, 6)
racconta, aver i Focesi fabbricato Aleria in Corsica, aver essi per
alcun (empo abitato quell' isola , ed esserne |>oi stati cacriati dai
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niSSKRTAZIONK
Nacconta nello stesso libro il consiglio dato t lonii da Biantc
di Priene, accio, abbandonata la terranatale gia conqviiolata
da Ciro re di Persia, veleggiassero aSardegna per cercarvi
salvezza e liberla: Jamvero Jonibus, eliamsi affliclis, nihilo-
minus scse ad 1'aniouium recipienlibus , audio Biantem Prie-
naeum sulubcrrimum dedisse consiliwn: cui si obtemperassent,
licuisset Graecorum onmium felicissimos vicere. Siquidem itie
suadebat ttl communi classe solventes Sardiniam peterent, el
ibi itnam civitatem omnium fonum construerent. Iloc enim
pacto eos scrvitnte liberatos feliciter esse vkturos, oinniam
insularum maximum incolentes, et coeterarum imperio po-
tienles. Sin autcm manerent in lonia, nullam, inquit, sibi
apparere libertatis spem ec. W. Rammenla altrovc un con-
siglio somigliante dato ai suoi compaesani da Aristagora di
Mileto dopo la espttgnazione di Clazomene e di Cuma ope-
rata da Artafernc e da Otane generali di Dario : qutbus opidis
captis, AristagorasMilesius, ubihoc accepit, non eral compos
mentis , ut qui perturbasset loniam , et magna negotia confu-
dissel. Ilaque cemens haec, ubi constitit ei rem eflici nonposse,
nec Darium regem superari, de fugiendo deliberabat, convo-
ralisque suae factionis hominibus , consulebal salius fore eis ,
si Miktto expeticretiiw , in seplenlriomlia loca aliqua profu-
ffert, ducentes coloniam vel m Sardiuiam, vel in Myrcinum
fvdoonra Uaec Arutagoras perconiabatur ec. W. E final-
uiunlc ueilc slessc euc istorie , dopo aver narrato la caduta
di Sardi in raano degli Atcniesi e de' lonii , isligati a tale
iuipresa dal suddeUo Aridagora, e i sospetti conccpiti da
Dario contro Istieo Mileeio, creduto da lui autore o complice
di quel suo danno, introduce questultimo a discolparsi, e
a proraeltare supcrbamente , dopo la pacificazione della Ionia,
il coaquieto deHa Sardegna: proinde nunc propere dimitte me
ui in loniam contendam , illic omnia negotia libi in integrum
restHularus, et kttnc Mileti procuratorem , ftanm rerum ma-
chmUorem, in iuam potestatcm redacturus. Ilaec, cum ex
animi tui sententia confecero , ittro per Deos regios me non
pritu txulurvm hanc vestem, qua indutus in loniam de-
seendam, guam Sardiniara insulam maximam tibi tribulariam
reddam. Haec Hisliaeus faUendi gralia dicebat ec. ( 3 ).
Tirreai. Nel testo <li Erodolo sovra riportato e da uolare l unioae dci
Tirreni c dei Cartaginesi ( bellum in eos adornant Thyrreni atque
Carthaginenses), e com'essi si dcterminassero a muoverc guerra ai
Kocesi , perche costoro inquietavano colie scorrerie i loro vicini.
f are dunque che i Tirreni e i Cartaginesi abitassero in quel tompo
un paese nou molto distante dalla Corsica;e queslo non polrebbesi
pio probabilmente trovare che in Sardegna. Ora , sicconie ia pugna
nevate riferita da Erodoto sarebbe accaduta , secoodo i calcoli piu
ragioncvoli, verso il 1058 (O. C), ossia 572 anni avanli G. C. ('),
si pud inferirc dalCautorita del padre della greca isloria , che in
tate anno i Cnrtaginesi non fossero esclusivi possessori della Sardogna,
ma che ne dividessero il doininio co'Tirreni.
(1) Loe. cit., pag. 3*. Sebbene Erodoto nel citato testo chiarai la
Sanlegna uuularum maximam , e io stesso ripeta in altro tuogo
deUe sae storie , che riportcrd qui appresso , tuttavia e certo che
la raedesima e inferiore in grandezza alla Sicilia. Cid prova che
Erodoto e i Greci de'suoi tempi non no aveano cognizioni esatte.
Ne conoscevano pero assai beno lopportunita del sito e 1'importanza,
poiche dal possesso della Sardegna lo slorico fa quasi dipendere
come necessaria conseguenza il possesso delle allre isolo del Me-
diterraneo: feliciter ette victuroe omnium intularum maximam
incolentet, et coelerarum impeiio polienles; se gia queste ullime
parole non si vogliano intendere per la Sicilia e per la Corsiea,
occapete in quel tempo o in tutto o in parte da colonie greche.
(2) Terpsichore, V, pag. 175-76.
(3) Loc. cit , pag. 173.
(') JtverU i ItlUri, ckc mtU imppuUutoiK dci tcmpi nnlttiori aUcra vnlt/nrr io
wyu» di prrfcrcnw Im Croaacn Euu biuu.
Ma le narrazioni di Erodoto , quantunque le piu anticbe ,
si riferiscono atl una eth positiva ( 4 ) e a falti meno remoti
di quelli ricordali dagli storici posteriori. Infatti Diodoro
Siculo c Strabone, i quali visscro quattro secoli dopo di lui,
risalgono nei loro racconli ai tempi mitologici della sarda
isloria. II primo di cssi, dopo avcr riferito il viaggio di
Aristco da Coo a Sardegna ( 5 ) , e le colonie speditevi dai
Fenicii ( 6 ), parla dell isola e degli anlicbi suoi abitatori in
questo modo: Propinqua Corstcae est Sardinia insula, Sici-
liam nagnitudme ferme exaequans. Incolitur a barbaris, quos
lolaeos nominant, oriundis, utpulant, ab illis, qui cum Iolao
et Thespiadis subslilerunl ; quod hi alios eius incolas numero
vicissent. Nam quo lempore celebrala illa Hercules peragebat
certamina , quum plurimos cx Thespii fdiabus liberos genuissel,
oraculi monilu in Sardiniam cum numerosa Graecorum et
Barbarorum manu ad novas capiendum sedes illos emisit.
Ilorum princeps Iolaus, Herculis ex fratre nepos, insulam
occupavit, et praeclaras in ea urbes condidit, agrisque sorte
divisis, lolaeos ab se gentem nuncupavit ( 7 ). Gymnasia prae-
(4) Cioe al 4058, 4726 e 4720 (O. C), corrispondenti agli anni 572,
504 e 501 (av. I'E. V.).
(5) Aristaeus , proyeniejieinceps tn Coo relieta, in Lrjbiam remeavU,
cl clatse « maire Nymplui inslructus in Sardtniain trantmuU ,
eamgue, pulchritudine insulac caplus, inlvahilandam sibi delegit, et
planlis excolens , anlra barbaram el agrestem , ad mantuetiorem
cultut rationem traduxit ; ubi et duorum parent fiiiorum faelm ett ,
Charmi et Calaecarpi. ( Biblioth. hisU, lib. IV, 3i ). Narra poi Ia
partenza di Aristeo dalCisola, il di lui approdo in Sicilia, e quindi
in Tracia, dove fermatosi, e fatto partecipc delle Orgie baechiche,
«pari Gnalmente dagli occhi dei- mortali , e ricevette onori dhrini.
Post, alias quoque insulas aecessit, el in Sicilia aliquandiu substitit.
Hic ubertate frugum , et multiludine pecorum adduclus , solertiae
suae beneficia insuianis nota fecit ec Ad exlremum in Thraciam
ad Bacchum profectus , Orgiorum particeps factut ett , et per fami-
liarem cum Baccho consueludinem •utilium rerum mullarum cogni-
tionem ab eo percrpit. Cumque ad Haemttm , quem vocanl, montem
aliquandiu habitastei, ex nwrtalimm oculis tandem abreptus fuil ;
cui divinos non modo barbarac illac gentes, sed etiam Qracci honores
dedicarunt ( Ioc. cit. ). Forsc Aristco non fu un cnte immaginario ,
ma un uomo realo, che nei lempi remotissimi dell'untichita erofca
iusegno ai Greci o alle colonie grcche slabilitesi iu Sardegna e in
Sicilia 1'arte paciGca delI'agricoltura , o il modo di rappigliar il latte
o di governar lc api. Perd gli onori divini clie quindi gli furono
attribuiti diventarono bentosto di quasi assoluto dominio dcllu favola
e della poesiu , le quali fecero nasccre Arislco dal Uio Apollinc e
da Cirenc bellissima fanciulla 1'eliaca , lo fecero allevare dalle ninfe,
ed ammaeslrarlo in quelle arti modesimc ch'cgli poi insegno agli
uomini, c diedergli per Gglio Alleone , avuto in Tebe dalle nozae
con Autonoe, una delle figliuole di Cadmo , qucU'Atteone infeUce,
che pcr vendctta di Diana fu sbranato dai proprii cani , e la di cni
misoranda morte fu cagioue principalissima dei viaggi quradi in- ,
trapresi dal dolcntc suo padro in Coo, iu Sardegna, in Sicilia e iu
Tracia. Qucslo cose racconta minutamcnlc Diodoro Siculo (loc. cit.)
come tradizioni di greca origiue pervenule fino a'suoi tempi. E il
principe dei poeti latini, chc gli fu quasi contemporaneo, si prevalse
di qucstc medesimo tradizioni per abbellire uno dei piii bei tratli
delle sue Georgichc con quei dolcissimi vcrsi che coinlnciano :
Pastor Arislaeus fugicns Peneia Tempe ,
Amissis (ut fama) apibux, morboque famequs ec.
Ceorg., lib. IV. vers. 317 et scq.
C6) liius usus ( cioe deIl'ai'gento esisiente iu copia nolle minicre
dei 1'irenei) quum incamperlus cssct inrolis ,plwenicas aiunt merca-
tores, rc cognita,exiguac permutationc mcrcis illud rcdemisse, ciusque
in Grarciam et Asiam cunctafquc gentcs alias transportatione magnas
sibi eomparasse opcs oc lix hac igitur negutiatione per multum
tempnris opulcntiorcs facli Phornices, multis post annit colonias non
paucas in Siciliam et vicinas ei insulas, in Africam ilcm el Sardiniam
Hispaniamque miserunl (Biblioth. hist., lib. V. 15).
(7) Dolla spedizionc doi Tespiadi fatta da Ercole per consiglio
avutone dalforacolo, o delParrivo dei medesimi in Sardegna, parla
distesamente Diodoro iu altro luogo della sua Dibliotrca storica
(lib. IV. 14). Ecco le sno. parole: Certaminibus iam' abiotutis , Dei
omadu fuil admonitus (Herculcs), ut priusquam ad Dcos cmigrarel,
missu in Suuliniam clonia , c.r Thcspiadum eoniplexu ubi nalos
inmlric prarflreM. lolaum nrpntem nm adolescmtibus , quod im-
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1'KIMA.
i>3
terea Dedmque templa, el alia cuncta monumenta, quae fe-
licitatem hominum illorum indicant, in ea conslruxil, quae
ad hanc quoque tempestatem perdurant ('). Amoenissimi quidpe
campi ipsius nomme lolaei vocantur, et populus nomen suum
ab Iolao deductum adhuc conservat.In oraculo de colonia etiam
hoc conlinebatur : « quicumque sua in eam nomina dedissent,
.his libertalem per omne aevum sarlam tectamgue fore ». In-
concussam itaque jurisdictionem ad hoc usque lempus verilas
oraculi illis conservavit. Carthaginenses enim, quamvis in
summo potentiae suae vigore insulam occupaverint , priscos
tamen eius possessores ad servitutem redigere nequiverunt.
Namque Iolaei ad montana confugerunt, et habitaculis sub
terra structis, multos pecorum greges ahtere: hinc larga victus
copia, laclis caseique et carnium esu contenlis, svppetebat.
Itaque dum campestribus excessere, simul agriculturae eliam
nwlestias declinarunl, vitamque in montibus extra laborum
aerumnas, tenui, quem diximus, ciborum adparatu lolerare
pergunt. Ac tametsi Carthaginenses magnis saepe copiis in eos
moverint, locorum tamen difficultas el inexplicabiles specwm
subletraneorum meatus a servitute tutos hosce praestitere.
Tandem, quum eliam Romani, rerum potenles , saepius marte
illos tentarent, nulla tamen vibeUica,ob easdem causas, subigi
potuerunt. Verum, ut ad prisca revertamur, Iolaus, effectis
coloniae negotiis, in Graeciam regressus est. Thespiadae, quvm
per multas aetates insulae praefmssent , in Italiam landem
maturae adhue aetatis euenf, illuc vtisit. Hie vero de proereatione
iltorum quaedam praemittenda etse dueimut , ut narrationem de
eolonia liquidiut expritnere queamut ec. £ quivi , narrato il modo
con cui Tespi , nobilissima progenie di Eretteo , per desiderio di
molti e forti nepoti, sottoponesse parlitamente, dopo cerli hanchetti
sacri , le sue cinquanla flglie agli abbfacciamenti di Ercole ancora
giovinetto , prosegue dicendo : quibus omnibus ille congresiut ,
quinquaginta mulierum vir iuxta et quinquaginta filiorum parens
inde factus est. Hos communi Thespiadum nomine appcllalos , cum
adolevissent , coloniae in Sardiuiam, responso divino morcm gcrens,
destinavit. Quia rero classis totius praefeclus, et omnium fcre expe-
ditionum sociut fuerat lolnus, eoloniam ei Thcspiadarum commcndavit
ec. Di questi cinquanla figli nati dai cinqunnta talaini di Ercole ,
due ne rimasero in Tebe , e sette in Tespia. Gli altii con molti
venturieri greci veleggiarono per Sardegna. Coekris omnibus , et
quieumque praeter eot coloniac parlicipcs esse vellenl, assumplis,
lolaus tn Sardiniam velificavit, indigenisque pugna devictis, pulchcr-
rimum intulae tractum et maxime eampestrem (qui etiamnum lolaci
nomen tenet ) torte divisit. Ab hoc itaque tellut ila e.iculta , et
fructiferit arboribut consita fuit , ut certaHm deinceps intula ap-
peteretur. Nam ubertate frugum utque adeo eelebris cvasit, ul Cartha-
ginentet opibut postmodum aucti, multa potiundae cius dcsidcrio
certamina tusceperint ( loc. cit. ).
(1) E coslrultore di tali monumenli fu Dedalo , comc lo dicc in
altro luogo : Post constitutam inde coloniam lolaus , accersito ex
Sieilia Daedalo, multis magnificae substructionis operibus animum
intendit, quae hodie usque aetatem ferunt, et de arehitecti nomine
daedalea voeitanlur. Gymnasia enim magna sumptibus non modicis
extruxit , et tribunalia cum multit aliit , quae ad felicitatem vitae
conducerent , instiluit cc. ( lib. IV , 14 ). Degli stessi monumenti c
fatto distinto ricordo nel libro De admirandis in natura auditit, o
De mirabilibut auscultationibut altribaito ad Aristotile, e vi si dice
che molti ne esistevano tuttavia , quantunque la loro costruzione
datasse da un'antichila molto remota: /n Sardiniae insula multa
extare adhue inquiunt vetusUtiima quidem monumenta superioris
aetatit , graecoque illo perantiquo more laborata ; ae inter alia
nonnullot etiam fomiccs et inarcuata domicilia conspici posse , mo-
dulatis quibutdam , icd disparibus consecta numeris. Quae ferunt
alim ab Iolao Jphiclis filio fuitte conttrueta; eo potissimum tempore
quo ille Tketpiades , quos ab Hercule eommistos acceperat , illuc
deduxerat, tamquam qui sibi affinet estent, ob eam qua cum Hercule
coniunctut erat propinquitatem. Tum etiam ob id quod Hercuks tunc
univeriat ad occidenkm regionei subegerat. E facilo il riconoscerc i
Sardi Noraghi negli accennati fornicei et inarcuata domicilia di
Aristotile : ma e pur certo che le suddctte moli , quantunque at-
tribuite ai Greci , sono d' eta molto piu antica , e di costruzione
fenicia , come si vedra a suo luogo.
expulsi, finitinmm Cumis agrum insedemnt. Iteliquum interim
vulgus ad barbariem redactum, indigenarum optimos quosque
reipublicae prae/iciens, liberlatem ad nostram usque aetatem
tuetur Slrabone poi, descritli neila sua Geografia ii sito
e la grandezza dclia Sardegna, e le cilta principali che vi
esislevano al suo tempo ( 3 ), ecco come si esprime riguardo
al suo clima, alla sua feracita ed a'suoi coloni: Magna pars
eius aspera est et male pacala; magna item solum habel
omnium rerum copia beatum; frumenti vero excellenter ferax.
At bonitati soli oppositum est vitium, quod per aestatem insula
morbosa est, atque ibi potissime ubi feradissima esl ( 4 ). Tum
(2) Biblioth. hist. , lib. V. 8.
(3) Jmutae in ora Tyrrheni marit ad Liguriam utque tunt fre-
quentes, inter quas Sardinia et Cortiea tunt maximae pott Siciliatn
(Geograph., lib. 11). Longitudinem Sardiniae tradit corographut
passuum millia ccxx, latitudinem xcviii. Secundum alios ambitus eius
est ttadiorum quater mille ( oper. cit , lib. V ). Urbes in ea tmnt
complures , quarum praecipuae Caralis et Sulchi ( loc. cit. ).
(4) Dopo Strabone, anche Pomponio Mela lascid scritto: Sardinia...
coeterum fertilis, et soli quam coeli melioris, atque ut fccunda, ita
poene pettUent ( J)e situ orb. , II , 7 ). Cicerone , che fu aoleiiore
di terapo ad ambidue i suddetti geografi, scrivea nel 697 di Roma
a Quinto suo fratello dimorante in Olbia: Cura, mifrakr, ut valeas;
et quamquam est hiemt, tamen Sardiniam ittam ette eogitet (Epist.
ad Q. fratr., 11, 3); o nel 708 scrivea pure a 11. Fabio Gallo: Jd
cijo in lucris pono non ferre hominem ( cioe il sardo Tigellio )
pestilentiorem patria sua ( Epist. ad divers., VII, 24). Ma e ormai
saputo da ognnno il roal talento del grande orattre iatino contro i
Saiui tutti, e speciaimonlu c<.;ilro Famca c Tigellio.*Lo attesta
Quinliliano (Jnslil. X, 1 ); ne fanno ampia fcde le epistole e le
orazioni Tulliano (Bpist. ad Attic. XIH , 49, 50, 64 ; ad divers. IX 1.;
Orat. de Prov. Cons. VI ; Frag. orat. pro M. Scauro ) ; e I' ho gia
detlo io stesso in piu luoghi di altra opera mia, per non doverlo
qni ripetere nuovamente (Tola, Dition. biogr. degli.uomiM ill. di
S,„ d., vol. I, pag. 15, 138-39; vol. II, pag. 77-78, vpl. 111, pag. »49-50.
Ediz. toi in. Chii io e Mina, 1837-38). Silio ltalico e Marziale parlarono
anror essi della insalubrita deh" aere sardo; ma quegli si limitd a
tlire poeticamenle, che 1'isola e Iristit cocio, ae multa vitiata palude
(Punicor., XII, v. 370); mentre questi con velcnoso epigramma
ne fece un simbolo della indechnabHita della niorle :
Nullo fata loeo poseit cxcludere; quum mort
Vcncrit, in medio Tibure Sardinia est.
Epigramm. IV, «o.
Tacito ebbe forse la stessa opiuione di Marziale, poiche riferendo
egli il S. C. che ncl 773 (ab V. C.) confino in Sardegna quattromila
seguaci delle supcrstizioni giudaichc , aggiunge alle parole del
decreto queste altre non mono dure ed acerbe ■: et si ob gravitatem
coeli inkrutent, vile damnum (AnnaL, II, 85). Dopo di lui Fauiania
scrivea piu dislesamente della iulcmperie sai da, o deUe causeidalle
quali la credea derivata: Ea insulae ( Sardiuiac ) ora , quae ad
aquilonem et Jtaliae conlinentem est conversa , m mvniee conturgit
inviot , extremisque oris contiguot: ad navigantes vero opportunit
aecipit ttationibttt. E proximit montium jugis praevalidi tt ineerti
ventorum ftatus in mare inuunt. Sunt el alH interiut monks mutto
fadHores adscensu : sed inter eos plerumque lurbidus ac pestilens
includitur aer. In cauta est sal , qui ibi cogitur , e l praegravit ac
violenter incumbent auster. Obtlant praeterea praealti montes, quo
minus a septentrionibus /lantes venti, coeli et terrac raporem aetate
anni kmpeslivo frigore leniant. Alii aiittimant Corticam intutam ,
quac a Sardinia , mar» viii haud ampliut sladia taio dividitur ,
excelsis se undique montibut attollentem , favonio et aquiloni obtendi,
quo minut eorum in Sardiniam flatut pervadant ( lib. X Phocic. ).
Sesto Aarelio Vittore e il poeta Claudiano ne scriveano pure nel
quarto secolo dell' era cristiana. II primo la diffamo col maligno
epitetp ciceroniano, e disse: Com» Gracehut, pettilentem Sardiniam-
quaettor sortitus , non veniente tuccessore , tua sponte decetsit ( De
vir. illustr. , LXV , 1 ). Canto il secondo : . . ..
Humanae speciem ptantae se magna figural
Intula; Sardiniam veteret dixerc coloni. '
Dives ager frugum. Poenot Jtalosque pcknti
Opportuna situ : quae part vicinior Afris
Plana solo, ratibus clemens: qitae respicit Arcton
lmmitis, scopulosa, procax, subititque sonora
Fluctibut. Intanot infamat navita montes :
Hinc hominum pecudumque lues, hinc pestifcr aer
San-it, et c.rclutis regnant aguilonibus austri ec.
De bell. Mdon
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DISSERTAZIONK
eadem haec loca continenter popuhmtur montani, qtu Diage-
breiwes poemtur, olim loiaetises dicti. Fertur enim lolaus eo
adduxme qvosdam filiervm UercvUs, et inter barbaros, qai
ermt Elnwe», eiwt insuiae cuUores habitmsse. Postea Poeni
ex Carthagme msulam obtinuerunt, adiutique ab incolis,
beUum contra Romanos gesserunt. lllis autem perdomHis ,
omnia inpotestatem Rometnorum venervnt ec. . . . Quatuor sunt
montanae gentes: Tarates, Sossinates, Balari, Aconites in
speeubus degmtes ; «l, qttamquam agrum habent sementi aptvm,
tamen rtegligenler evm cohmt, et aliorum opera diripimt,
partim in ipsa insula, partm navibtts m apposita continente
Pisanos maxime infestantes. Romanorum aulem duces qui eo
mUtuntur, alias eos prohibent , alias negligunt: quandoquidm
non videtur ex usu esse exercitim perpetuo in locis morbosis
aiere. Restat ergo tum per calliditatem rei gerundae locus.
Observanl quidpe id tempus, quo barbari de more, post prae-
dam coactam, aliquos dies festos ducmt: aetuncper insidias
eos adorti, mvitos in poteslalem redigunt (Oper. cit., libr. V).
Degli stessi remolissimi tempi discorre Pausania nella sua
Descrisione deila Grecia. Egli non dimenlico nessuna delle
tante favole, colle quali si vollero nobilitare le sarde origini:
e il greco Aristeo , e 1' ibero Norace, e i Tespiadi , e i Troiani
figurano nei suoi storici rtcordi fra i condottori di colonie
che cominciarono a popolare la Sardegna. Primi in Sardi-
niam transmigrasse nacibus dicuntur Afri, duce Sardo filio
Maceridis; cui apud Aegyptios et Afros Herculis cognomen
fuit. Huic Afaceriti nikil iUustrius ad memoriam contigit,
Dante Alighieri la deecrisse nel secolo XIV con qoei notissimi versi:
Qml dolor fora, tt degli tpedali
Di Yaldichiana tra 'l luglio e 'l tettembrc ,
£ di Maremma e di Sardigna i mali
Fouero in una fotta tutti intembre;
Tal era quivi
Div. Comm. , Infem. , cant. XXIX.
E finalmente Fazio degli Uberti ne lascid nel suo Dittamondo questo
Iriste ricordo:
Molto sarebbe 1'itola benigna
Piu che non i, te per aleun mal vento
Chc tofia ivi non la fotte maligna,
Lib. III, cant. XII.
Sono qoestc le principali testimonianze degli antichi solla intemperie
di Sardegna; e le ho volute qui riportare a complemento dei testi
storki compresi nella presente raccolta. Devesi perd awertire che
siflatta opinione , divenuta onnai comune presso i moderni , derivd
in alenni dei sopraccennati scrittori da troppa fede nei racconti
altroi; in pochi, e specialmente in Cicerone, da malevoglienza
verso gli abitanti deirisola; in molti da ignoranza assolnta deila
sarda topografia; e nei piu dalCavere bonariamente credoto che il
vizio di certi luoghi e di certi tempi fosse endemico di tntte il
paese. Ma, ne per tali, ne per altre ragioni molte che si potrebbono
addurre, io voglio armeggiarc contro tanla o si grande schiera di
storici, oratori, geografi, filosofi e poeti, che 1'hanno abbracciata
e divulgata. La brevita di una nota , e la natura istessa del mio
lavoro non consentono a siffatte discossioni. E poi , qual pro' dal
combattere un' accnsa la quale non offende per nulla il carattere
morale, la nobilla, 1'ingegno e la generosita dei Sardi? O perche
dolersi con perpetuo lamento di una morbosita atmosferica che non
esiste, e che (fosse pur vera) e largamente compensata dalla feracita
del suolo, dalla copia degli armenli, daUa ricchezza delle miniere,
degli stagni e dei fiumi , dalle dovizie del mare che ne circonda ,
dai capaci e sicuri porli, dalia opporttmha della postura geografica,
e da cento altri gencrosi doni dei quali natura ne fu benignamentc
liberale? Gli stessi scrittori, che parlarono deUa intemperie sarda,
non tacquero, anzi encomiarono 1'eccellenza delle produzioni na-
turali delCisola , come si vedra nel longo decorso della presente
opcra. Quindi a me pare che questa, e non altra nessuna, dovreb-
b'esscre la risposta da farsi a quei tanli, che non avendo respirato
essi stessi le prime aure vitaU sotto il bel cielo di Tivoli , o presso
i deliziosi mcandri deUa favolosa Tempe, ne vengono pur scmpro
ripetendo 1'ingratissimo apotegma ciceroniano, a veco di far 1'iroso
pcr cosi poco, o di haltagliaiv furiosaracnlc pcr un nonnulla.
quam qwd aliquando Delphos venit. Sardns vero colonvm
Afrorum in Iehnusam deducendam suscepil. Unde, mttato
priore vocobub, de eius nmine insula adpettata est. Non
tamen indigenas eiecil ea Afrormn tnanus , sed in kabitatioms
societatem recepti ab iUis sunt novi cuhenae ; idque neeessitate
magis, quam ob benevolentiam. Vrbes arte non plus Afri tunc,
quam indigena popuhs , norant condere. Dispersi in tuguriU
et spehtncis, ut sua cuiusque sors tulerat, ita kabitabant
AHquot annis post Afros, e Graecia tn eamdem msvlam ad-
pvlere qui Aristaei ductum et aaspicia seqttvti fverant. Apoi-
linis kunc et Cyrenes fuisse filium tradmt, eumque ob Acteonis
easutn, aeri affectum dolore, ac Boeotiae iam et Graeciae toti
infensum, in Sardiniam migrasse. Verum neque haec menus
oppidum uUum munwit; quod erat numero ac citsibus minor,
quam qvantvm sat esset ad novam urbem constitnendam. Svnt
qvi putent eodem tempore Dedabm Cretensium arma metven-
tem in Sardiniam aufugisse, et coUmiae ae domicHii consortem
Aristaeo fuisse: probari vero nulla ratione possit, Aristaeo,
qvo cvm nupta erat Cadmi ftUa Avtonoe, Dedabm, qui ea-
dm fuil aetate qua Thebis regncmit Oedipus , potuisse vel
coUmae tel aUus cuiusdam rei esse participem. Post Aristaevm
Hispani tranmiservnt in eamdm Sardiniam, dvce Noraee,
a quibus urbs Nora condita fuit. Hanc primam m msvla fuisse
vrbem norvnt Noracem Afercvrii fuisse filivm dicunt ex Ery-
tkaea Geryonis fiiia (*). Quarta advenarvm manvs , Iolaa
(1) DeUa vennta di Sardo figUuolo di Maceride alPisoIa abbiamo
un docnmento snperiore a tutte le tradizioni neUa lapide fenicia
gia esistente in Pvla (aniica Nora), ed ora nel ». Mnseo di Cagliari.
Qoesta memoria sincrona , scritta con caratteri fenicii sopra nna
pietra arenaria (lunga m. 1, 90, larga 0, 60), fo per la prima velta
pubblicata nel 1774 ( Effemer. rom. , d. a. , pag. 348 ) dal celebre
filologo di Parma Giovanni Bernardo De-Rossi, il quale la credctte
un monumento sepolcrale, e ne diede la seguente lezione:
SBPVLCBVM . SBSIMI
AMBMQEIUB . QVI . FECIT . TEKTOBIVM
IN . 8BNBCTVTB . PBBFECTA
IDEO . VEBE
OBIIT . IN . FIDE
LEUMAN . FILIVS
PRINCEPS . AL1BN16ENA . (DBPOSVIT)
1N . B0BT0 . SEPVLCBALI.
Ma 1'abate Giannantonio Arri i'ha valorosamente impugnata nella
sua Dichiaraxione della lapide fenida di Nora in Sardegna
(Torino , 1834 , stamper. reale, in.4°. NB. E anche inserita negli
Atti deWJceademia delle teicnxe di Torino, tom. XXXVIII, p. 59),
e ne tradusse letteralmente il significato in queslo modo:
IN TAB8CH18CH VBLA DEDIT
PATEB 8AHD0N PIVS
VIAE TANDEM FINBM attingens
LAPIDBM SCBIBI IV88IT 1N NORA
QVAM LIXO COSNOVIT ADVBB8AM
L'Arri opina che il sabdon mentovato neUa iscrizione sia lo stesso
Sardo ricordato da Pausania neH'aliegato testo, e altrove nella citata
soa opera ( lib. X ); lo stesso sabdus pater cfflgiato collo «cettro
nelle antiche medagUe pubblicate dal Grevio, dal Gronovio e dal
MoreUi (Thetaur. antiq. roman., tom. VIII , part. IV. - Thetaur. antiq
graec, tom. I, tab. LLLL. - Thetaur. numitm., tom. I, pag. 37); lo
stesso cui dagli antichi abitatori Si Sardegna fu sacrato nn tempio
o un'ara nel Sardopatorit Fanum (odierno Capo di Fratea) men-
zionato da Tolomeo ( Geogr. , III , 3); se gia non debbe leggersi
Sardopalorit promuntorium , come sospetta Cluvorio (Sardin. antiq.,
Logd. Batav. , 1619 , pag. 489 ). Opina ancora che sabdon iosse
fenieio , e fenico-libiea la colonia da lui condotta in Sardegna :
• essere loi primieramento partito da Lixut nella Mauritania , ora
• la regione di Fei : aver risitato per qoalche ragione a noi ignota
» on paese chiamato Tartchitch, posto certamente neUe vicinanae
« deIl'odierno stretto di Gibilterra : e qoindi proseguendo il viaggio
« suo, essere giunto feUcemente in partc meridionale della Sardegna,
• appeUata gia in quei tempi Nor , ed aver posto in quesfoltimo
" luogo la lapide sopraccennata per tramandarne la memeria alla
« posterita ».
(9) Da questa narrazione di Pausania , c dall' altra piu specifica
di Solino (Palyhisl., cap. X), che riportcro a soo luogo , trassero
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PKIMA.
25
duce, tn Sardiniani venU, e Thespiensibus el Atlica terra. Ui
Otbiam condidertmt : privatim vero Athenienm Goryllen ;
vel servato alicuius de atticis tribubus nomine, vel quod mus
de cktssis ductoribus Gryllus fuerit. Atque hac etiam mea ae-
tate in Sardinia loca manent quae Iohua vocantur; ab eorum-
que incolis honores Iolao habenlur C 1 ). Post llium eversum,
argomento gli •critteri quasi tutti di ooae sarde per afferftmre che
a Noraet si debba riferire , non la sola fondazioae , na la deno-
minazkwe eriandio della cilta di Nora e dei Noraghet. Perd io seguo
pitt rolentieri 1'opinione deU'Arri, il quale nella mentovata Dichia-
ranone ec. , ed in altre sne erudite scritture , che gia prima ed
altrove ebbi occasione di ricordare (Dision. biegraf. dei SartU UL,
vol. 1 , pag. 16 , vol. III , pag. 89-90), dimostro con ottime ragioni
la preesistenza di tali nomi aU'arrivo del condottiere di genti
iberiche a Sardegna , e provo insieme 1' origine oriealale di detti
monumenti, destinati, cora egli crede, al eulto religioso della con-
servazione del fuoco. E in quanto riguarda particolarmcnte l'an-
tichissima citta di Nora, a me pare che la cosa debba oramai essere
posta fuori di controversia. Infalti, sopponcndo aneora che Norace
1'abbia ediflcata, piuttosto che munita ed ampliata, come mai poteva
darle nome dal proprio , se qoello esisteva gia prima che egli
arrivasse e ponesse piede nella terra sarda ? Nor o Nora appellavasi
il Iuogo in cui Sardon fece scrivere la memoria della sua venuta
alFisola, come ne fa fede la iscricione della lapide fenicia riportata
nella nota precedente ; ed eesendo indubitato che la venota di Sardo
fu anteriore a quolla di Noraee, ne consegue non potersi da costui
elimologizzare il nome di Nora , bensl dal luogo in cui egli la
trovd fondata , o veramente la fondo egli stesso. Trovo anzi piu
ragionevole , seguendo Pordine e le idee etimologiche, ehe da Nor
0 Nora , anzi che darghelo , abbia Noraee derivato il proprio suo
nome , perciocche i vocaboli derivati accrescono , non seemano il
soono delle voci primitive; e fu pur questa la sentenza del dotto
Samuele Bochart (Phaleg., pag. 634), il quale pero diede alla radicale
Nor un significato al totto diverso da quello datogH daH'illastre
fliologo piemontese. Ma lasdando qoeste ed aMrettali 'discussioni
agli eruditi nelle lingue orientaH, dird brevemente la mia opinione
sulla persona di Noraee, e sulla di lui colonia. Pausania , come si
e gia veduto, lo dice figlio di Mercurio e di Erittoa. Solino scrive
( loc. cit. ) che veleggid a Sardegna ab utque Tartosso Hitpaniae.
E donque manifesto che la colonia da lui condolla all'isola fu di
Fenicii tiriani , giacche costoro , sccondo I' autorita di Strabone
(Ceograph., lib. 111), furono i fondatori di Tartetto (Gades). fessere
1 detti coloni chianaU hitpani da Pausania prova solamente ch'egU
riguardo il iuogo donde partirono , cho fu sicuramente la £pagna
Betica. Qoal sia poi la ragione per cui Noraee venisso a 8ardegna,
ne veruno degli accennati scriUori lo dke , ne facile e lo indovi-
narlo. Si pod conghietturare con qualche fondamento che ve io
allettassero i trafflchi, poiche lo stesso geografo Slrabone ci assicura
( cod. loc. ) ohe i Fenicii tiriani paulto pott troiani btlti tempora
furono i primi ad intraprendere per causa di commereio lungba
navigazioni verso 1'occidente del Meditorraneo, costeggiaudo 1'Africa
oltre le sirti , toccando i Hdi della Spagna , e passando lo stretto
per entrare nell'Oceano; e Diodoro Siculo (Biblioth. hitt., V, 15)
attribuisce alle ricchezze che i Fenioii si procurarono colfesteso ed
ardito loro navigare lo stabilimento di tante loro colonie in Afriea
ed in Europa e nominatamente in Sardcgua. La steesa fUiaziooe di
Noraee da Mercurio avvalora la mia conghiettura , giaeche preseO
gli antichi questo appunto qra it Dio protettore deUa mercatura ,
e quindi e probabile che sotto il velame deHa favola si asconda 14
verita; cioi cbe Norace sia stato ohiamato figlio di Mereurio ,
perche forse fu per eccellenza navigatore e commerciante. Anch*
U nome della di lui madre accenna al Inogo. dctla sua partenzd.
Erytra fu appellata Gadir o Gades , ed Erytrei gU Edomiti che vi
si rifuggiarono in gran numero, dopo la distruzione dol loro regno
fatla dal re Davidde (Storia uwu>. dci dotti tngleti, tom. IV). Non
si polrebbe adunque sospeUare che YErythea o Erytrta madre di
Norae* sia la stessa torra in^ureglinacque.evveroqqalebedonaa
Idumea avanzala alla strage di Edom? lo nonfaeoioche indicarlo;
ne voglio confidarmi davvantaggio in somiglianti conghietture, seb-
bene i fatti di un'anliobita cosl rimota non si possano forse altri-
menti indovinarc. Sul resio, qualuaqoe sia il valore deUe medosimo,
non si pud niegare 1' esistenza e la venota di Norace a Sardegna ,
perche, eoUegata e inseparabUe dalla eaistonza realo deUa c(tta= dl
Nora, la qjuale non solamcnte vedesi mentevata nci sedob l e II
da Pliuio (UI, 7), da Totomeo (Ceo^r.y Hb. 111, 3, tab. Burop. VII)
e da Antouino ( tab. itin.), ma snssisteya eziaudio nel seoolo V
deU'era volgare, come apparisce da uanmaaimentoeontemporaiieo,
cho produrro a suo toogo. . . / •
(l) Ncl libro prcccdcnto lo itcsso Pattsania ci iasci<> mcmem della
e Troianis cum aUi profugerunt, tum aliqui cum Aenea in-
cotumes evaserunt. Horum pars, acli tempestatibus, in Sar-
dtQiam, Graecis, qui ante inibi emsederant, permisti sunt.
Quo minus vero cum Troianis atque Graecis Barbari beilo
confligerent , primum veluit, quod beiU adparatu neutra pars
alteri cedebat : tum Thyrsus amnis mediam interfluens msulam,
utramque aciem transmittere metuentem coereebat. MuUis
post annis Afri Uerum maiori classe in Sardiniam adptUsi,
Graecosque beUo adorti, omnes ad internecionem exciderunt,
aut certe quam paucissimos reliquos fecere. At Troiani, quum
in montanam insulae regUonem confugissent, ibtque se rupium
confractibus et wdli iacti munitionibus tutati essent, Iliensium
nomen adhuc retineni : facie illi quidem el armatura, totoque
victus ratione Afris persimiles. Coelerum non longe ab Sar-
dinia distat insula, a Graecis Cyroos, Corsica ab incolis, huc
ex Africa transgressis , nominata. Ex hac non parva ulique
manus, sedilione pulsi, tn Sardiniam transivere, montibusque
occupatis, seorsim has parles incoluerunt ; qui, vocabulo dotno
adlaio, a Sardis Corsi adpellantur. At Carthaginensts, quum
essent rebus maritimis praepollentes, omnes e Sardinia , praeter
Ilienses el Corsos, ejecerunt: nam illos quo minus potuerku
m potestatem redigere , praerupti ac mmili montes obstiterunt.
Condiderunt tunc in ea insula H carthaginenses urbes, Caralin
et Sulchos. Orta autem super praeda dissensione, Afri et
Bispani, ira accensi, quum a Carlhaginensibus defecissent;
et ipsi montium iugis occupatis, seorsum consederunt. Eos
patria sua lingua Balaros Corsi adpellarunt; quo eodem vo-
cabulo exules vocant. Atque hae quidem gentes, in eas, quas
diximus, divisae sedes, Sardiniam incolunt. Nello stesso libro
ricorda il pia antico nome tflcnusa dato alla Sardegna dai
greci navigatori, la sua estensione geografica, c la prover-
biale maraviglia del riso sardonico, cbe dalla remota Iradi-
zione dei tempi barbari fo trasfusa nei versi di Omero*
Nomen Sardiniae priscis temporibus quodnam fuerit apud in-
colas, compertum non habeo. Qui ilhc a Graecis commercii
causa adnavigarunl, Ichnusam, quod formam habeat insula
merto di lolao aocaduta in Sardegna: Editur etiam eo loco (in Tebe)
lelai herokum monimentum: e vita vero iUum in Sardinia etcettitte,
tivmlque ex Athenientibut et Thetpienribut,quicum eo illuc trant-
miterant, ipti etiam Thebanl confitentur (Ub. IX de rebut boeoticit).
Ancbe Giulio Solino , ooetaneo , o almeno poco distanto dai tempi
di Pausanla, ricorda nelm sua Raccolta di cose memorabili il sepolcro
di lolao in Sardegna, e dippiu scrive, che i Iolesi gli eressero uu
tempio: Iphiclet lolaum creat , qui Sardiniam ingretsut palanien
incolarum animos ad coneordiam eblanditut, Olbiam et alia graeca
oppida exlruxit... Ioletuet ab eo dicti tepulchro eius templum ad-
difttmnt, quod imtatu* virtulet palrui (cioe di Ercolo) malis plwitnis
Sardiaiam Hberastet (Polyhistor., cap. 111). E Diodoro di Sleiliagia
piu dt un secolo innansi avea parlatd nella sua Biblioteea storica
di questi medesimi onori divini renduli a Iolao dai Tespiadt e dalla
loro posterita: Immo indigena* proprio nomfne lolaeos appellavit.
Thetpiadet tamquam patri hunc ei (lolao) honorem tribuebant. llli
enim ob egregium bene de ipsis mcrendi studium, tanta eum bene-
volentia complexi sunt, ut genitorit eum nomine dignarentur. Inde
faetum , ut qui potttri* temporibu* rem dMnam huic Deo facmnt,
Ioiaum patrem emm nwncupent, quod Cyro a Persi* quoqae praestari
teiet ( Bibtioth. hitt. , Ub. IV, 14). Da tali testlmettfcnzc , da tmf
oacuropaasodi Aristetile (Physicor., lib. IV, cap.lljehe b quesfesso;
Sicuti neque ii» qui tnSardo fabulote dicurUttr dbrmire apud heroas,
«um fuerint txperreeH ee. , e dal cemmento non meno osouro ed
mtrlcato fattovi da Simplicio , trassero occasione alcnni scrittori ,
• fra qoesti il Leotiico cttato dal Fara (De teb. sard., I, pag. 1(1)
di favoieggiare, ehe nove dei Tcspiadi condotti da Iolao in Sardegrtff
morissero neU'isola , cbe i loro corpi dorossero ineorroUi , e a
somiglianza di.aomlfti dormienli flno al tompo di Arislolile', e che
ai lorosepolcri accorrossoro m folla i Sarili e-pli slranieri per ol-
tonernc prcdizioni c rfsponsi.
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DISSERTAZIOKE
humani vestigii, adpellarmt ■ . . Longitudo eius est stadiim
ciocxx ; latitudo cccclxx . . . Serpenles cerle neque ho-
minum generi infensi neque venenosi, aut lupi, in ea insula
gignuntur, quidpe venenorum omnium, kthaliumque slirpium
est expers. Una est herba perniciosa, apio persmilis. Qui
eam comederint, ridentes emoriuntur. Ex eo Homerus, el alii
post eum, sardonium eum dixere risum, qui in re minime
commoda, et mente parum sana ederetur. Gignitur circa
fontes maxime, nec tamen cum ipsis aquis veneni naturam
communicat (0.
Cotesta maraviglia, ed altre ancora, non meno strane
cbe inverosimili, sono riferite da scrittori anteriori e poste-
riori a Pausanta ( a ); ne debbe percib sorprenderci ch'egli,
(I) /n Phoc., lib. X.
(9) Caio Giulio Solino lascio scritto: Sardinia est quidem abtque
terpentibut; ted quod aliit locis terpent est , hoe soliraga tardit
agris, animal perexiguum, simileque aranei forma , solifuga dicta,
quod solem fugiai. In metallit argenteis plurima est; nam tolum id
argcnti dives est; oecultim raptat, et per imprudentiam superseden-
tibus pestem facit. Huie incommodo aceedit et herba sardonia, quae
in defluviU fontanis provenit largius jutto. Ea, si edulia fuerit,
vescentibus nervot contrahit , rictu ora didueit , ut qui mortem op-
petunt, velut ridentium faeie intereant. Contra, quidquid aquarum
ett, variit commodit tervit: ttagna pitculentistima, hibernae pluviae
in aestivam penuriam retervantur; nam homo sardut opem plurimam
de coelo habet: hoc collectaneum reponitur ut tufficiat utui, ubi.
defecerint tcaturigines, quae ad victum uturpari solent. Fontet tane
calidi et talubret aliquot locit effervetcunt, qui medelas adferunt,
aut solidant otta fracta, aut abolent a solifugit intertum venenum,
aut etiam oculares ditsipant aegritudines. Sed qui oculit medentur,
et eoarguendit valent furibut ■ nam quisquit sacramentoraptum negat,
lumina aquit attrectat: ubi perjurium non eit , cernit clarius: si
perfidia abnuit, detegitur facinut coecitate, et eaptut oculis admUtum
tenebrU fatetur ( PolyhUt. , cap X ). Di queste fonti favolose dee
forse intendersi quel verso non ben certo di Giovenale , con cui ,
biasimando il poeta la perfldia delPamico cbe avea niegato a Calvino
il deposito di dieci sesterzi, esclama;
Fur hie tardoU maxime dignut aquU.
Di queste fonti medesime canto Dionigi africano nel suo poema:
Sardinia pottquam pelago circumfiua tellut
Fontibut e liquidU praebet miracula mundo ;
Quod tanant aegros, pandunt damnantque nefando
Perjuros furto, quos tacto flumine eoecant.
De sil orb., Prisciano interpr.
E ne parld ancora Isidoro nelle sue Origini, laddove racconta gli
effetti perniciosi della solifuga e deWerba tardonUa: In ea (Sardinia)
neque terpent gignitur neque luput , ted soKfuga tantum , animai
exiguum, hominibut perniciosum. Venenum ibi quoque non nascitur,
nUi berba per scriptores plurimos et poetas memorata , apiastro
similU, quae hominibus rictus contrahit, et quasi ridentes inlerimit.
Fontes habet Sardinia calidot, infirmU medelam praebentes, furibut-
coecitatem, ti tacramento dato oculot aquae eius tetigerint (lib. XIV, 6).
L'amarezza delle erbe sarde fu genericamente ricordata da Virgilio,
cUe pose in bocca a Tirsi questa minaccia a Galatea:
Immo ego sardoU videar tibi amarior herbU.
Eglog. VII, 41.
E il miele amaro fabbricato dalle api nutrentisi di tali erbe e.pa-
ragonato dal Venosino alTingrato suono di stridula sinfonia , e al
crasso unguento e al papavero, che nella grata deliciadeile mense
disgustano i convitati:
Ut gratat inter mentat symphonia ducors,
Et crassum unguentum , et sardo cum melle papaver
Offendunt . . . etc.
Art. poet.
Ma questa non e Verba sardonica o erba scellerata, come la chiama
TArduino (in not. ad Plin., XXV, 109), ne il suo riso mortifero.
Cicerone vi allude direttamente in una sua lettera a M. Fabio Gallo
con queste parole: viderU enim mihi vereri, ne, nUi Utum ( i. e.
Tigellium ) habuerimut , rideamut risum sardonicum ( EpUt. ad
divers. , VII , 25); volendo signiflcare che sarebbe forse mortale il
ridere ch'egli facea col suo amico Gallo , se non avesse plaoata l'ira
del sardo Tigellio. Apuleio scrive che appellavasi batrachion dai
Greci ed apium rutticum dai Latini: Graeci batrachion dUunt . . . alii
rhuselinon . . . alii selinon agrion .. . Lalini apium ruslicum, iidem
apium risus, iidem apiastollum etc. {De tcelerata, cap. VIII). Plinio
la indica col nome di apiattro velenoto, e la distingue dalTapuwtro
o melittophyllon d'lgino: apiatlrum Hyginut quidem mellissophyllon
piena la mente di greche imiuaginazioni, vi abbia preslato
inliera la sua fede. Ma il falto, di cui non hassi altra te-
stimonianza fuorcbe la sua, e che prova la venerazione dei
Sardi aborigeni verso 1'antico condotliere degli avi loro, e
rimmagine in bronzo della persona di Sabdo , cbe i barbari
appellat. Sed et in confena damnatione est venenatum in Sardinia
ete. ( HUt. natur. , XX , 45 , edit. taurin. , 1831 ). E Dioscoride ne
parld sotto U nome di ranunculo: Ranunculum vocamut , quem
Graeci batrachion etc. (lib. II, c. 306. In Alexandr., e. 14). Fra gli
scrittori italiani il gia citato Fazio degli Uberti, ripetendo in rima
tutti i prodigi finora accennati , cantd insieme delle fonti miracoloie,
della tolifuga , dell'eroa tardonwa, e delle condizioni fisicbe e
morali delTisola in questo modo :
Ivi (cioe in Sardegna) ton vene ehe fan molto argento,
L\ si vede gran quantita di sale,
Ivi son bagni tani com'unguento.
Io non la vUJi, ma 1'udii da taU,
A cui do fi, che v'era una fontana
Che a ritrovar i furti mollo vale;
Un'erba v'i spiacevole e viUana,
La qual gustata , senxa fallo uccide,
E eosl com'i rea i tnolto ttrana;
Chi in forma propria d'uomo che ride
Gli cambia il volto, e teuopre alquanto i denti:
S\ fatto morto giammai non ti vide.
Seeuri ton da lupi e da terpenti:
La tua lunghezza par di eento migtia,
E tanto piit quanto ton venti e venti (a).
lo vidi, ehe mi parve tnaraviglia,
Una gente che alcuno non Vintende (b);
Ne eisi sanno quel che aUri bUbiglia. . .
QuesVUola da Sardo il nome prese,
Lo qual per si fu nominalo assai ,
Ma piu per (o buon padre onde dUcese (c).
Un picciol animal quivi trovai:
GU abitanti to chiaman sole fijggi,
Perehi al sol fugge quanto pub piu mai.
E poniam che fra lor serpe non bruggi (d) ,
Pur nondimeno alla natura piace
Che da te stessa alcun verme Ior tuggi (e).
(a) Che e qnanlo dire quaranta , cosicche la sua lunghezxa lotale
e di 140 miglia. Si vede che il poeta segui 1'autorita di Pausania e
d'Isidoro, perciocche il primo dice : longitudo eiut (i. e. Sardiniae) ttt
ttadiHm CIDCXX (in Phoc. X), che corrispondono appunto a 140 miglia
geograflche; e il secondo: terra patet in longitudine milUa CXL. (Orig.,
XIII , 6). Strabone invece scrive essere passuum millia CCXX tutta la
sna longhezza (Geogr., lib. V); Orosio vi aggiunge dieci altri passi
(»'n Umgo spatium tenet miUia passuum ducenta triginta. Histor., I, 9),
e Plinio ne -determina la longitudine , latitudine e circonferenza in
questo modo : Sardinia ab oriente patens CLXXXVIll millia patsuum,
ab occidente CLXXV millia, a meridie LXXVll millia, a septentrione
CXXV, cireuilu DLXV milUa (Hist. nat, III, 13, cdit. laurin. 1831).
(b) La lingua sarda non e inintelligibile come in questo verso af-
ferma il poeta; che anzi, siccome ritiene ancora mollissimi vocaboli,
locuzioni » . costrutti della lingua latina da cui % derivata , e fra i
dialetti iuliani uno de'mig!iori e piu faoili ad essere compreso.
(c) Per lo buon padre, cioe per il Maceride dei Fenicii ed Ebcole
degli Africani , di cui Sardo dicesi figlio.
(d) Bruggi per brughi , come fa il verme, cui il poela rassomiglia
il serpenle. Anche Dante chiamo it diavolo e il Cerbero il gran verme
(Infern., o. VI e XXXIV). E in qoesto senso il verbo brugare fu bene
usato da Fazio. Cosi Filippo di ser Albizzo, uno degli antichi rimatori,
scrisse:
Siccome il vermicel petito bruga,
Latitando tra foglie sua bassctta ( Ved. Tav. Barb. ).
(e) Suggi per sugga , nel senso di rodere , dutruggere , consumare ,
come l'nso il Petrarca:
Mentre che il cor dagli amorosi vermi
Fu consumato ec. Son. 963.
E il Casa : 0 fera voglia che ne rodi e pasci ,
E suggi U cor quati affamalo verme. Rhn., Son. 18.
II sigttificato dei sopraddetti oscurissimi versi sembra essere questo :
» chc sebbene in Sardegna non esistano serpenti ed animali ve|enosi,
» i quali bruchino a guisa di vermi, volle non pertanto natnra che
» vi sia la solifuga (sole-fuggi) per succiare , accio dal bene non fosse
» disgiunto aloun che di male. E in cid 1'Uberti si appose al vero ,
» perciocche di questo e di molli altri vermi che sueciano e rodono, la
» Sardegna non ebbe mai e non ha difetlo ».
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t
PftlVA.
27
abitatori deJTisola iaviarono in dono «I tempio di Delfo: qui
e barharis occideniaiihus Sardiniam incolebemt, Delpkis
aeneatn herois imaginem , a qm nomen acceptom habent , dono
misermlW. La esistonza di siffatto monm&ento ai tempi del
greoo, viaggialore, e la qfferta fatlane dai Sardi al tempio di
Apolline allora sl fameso ia Buropa ed in Asia, potrebbero
far credere che il lavoro ed H dono siano stati opera delle
grecfce cdfemie gfe slabiiitesi, in Sardegna. Pero ra qualifica-
zione di barbari atlribuila da Pausania ai donatori, e la
protesta da lui fattanel concliudere la aua narraziotfo - di
avere inlrodotto nella descrizioae della Focide on tal discorso
sulla Sardegna, percbe i Greci massimamente uon aveano
udito ancera tali netizie rcrative a questiaote- (hmc Sar-
dimae sermonem in Pbocidis descriphione inveximus, quia
maicime eliam Graeci taiia eius insuiae usque hvo «e» au~
(kentfU (*,)), mmducenoad argomentare cbe 1» oHerla sia
sjtata fatia da colonie d' immigrazione piu antiea, e Torse dai
discendenli di qoella colooia feoicia, i di oui idoli iu s\
grau copia discoperU, e cbe si banno al presente sotto gli
occbi C 3 ), dimostrano, se non la eccellenza, 1'esercizio al-
meuo^clVesSa avea di.fondera e: dir effigtare jr.motalloj per
simboleggiare materialmente le diverse forme del proprio
eulto. JLa quale opinionenon solo parroi ohe piu>d'ogni altra
si accoslial vero, ma peoezfandio arrisbbiarsi aU'induzione
non improbabile, cbe il dono fatto a De|fo dai barbari oc-
cidentali della Sardegna sia stato uno di questi idoli mede-
simi, e cbe Pausania lo abbia facilmeole scambiato in una
statna di Sardo, intento qual era a rar eenoscere ai Gfeci
le imprese di questo eroe, e ad ingrandire te greebe.gtorie
con lutto cio che gli altri popoli ayeane di ptu saqro e di
piu favoloso.
Gti scrittori ratini; e specialmente i poeti, riportarono
nelle opero loro le slease tradizioni greche raccoltc da Dio-
doro, da 5trabone e dtf Pausaftia. LArpmate ehe s\ spesso
e cosi ingiustamente mostrossi avverso ai Sardi, li cbiamb
discendenti a Poenis, admixto Afrorum genere C 4 Vo; percbe
fosee quesla la pio antica origmc da lui cono&cibta, o per-
che, nel difendere Scauro dalle accuse di una nazione da
lui conculcata, siagli sembrato efficace argomento oratorio
digradarne' col dispregio la disccndenza al eospetto di giu-
Sassari, Buosa, Cagliari e Stanpaee,
Arestan, fillanuova e la Lighiera,
Che le sue parti pitt dentro al mar giaee.
QuesVisola, secondo che si avvera,
Genova e Pisa al Saracin la tolse,
\La qual spartiron con Vhaver che v'et a.
tt mobil tutto a'Genovesi folse (f) ,
B la tcrra a'Pisani, e furon quivi
Infin che Ragonesi ne gli spotse . . . (g).
Partar udimmo e ragionar alVhora
Che v'i «n bagno il qualc ripara
E salda ogni osso rotto in poco d'hora oc. cc.
Dittamond., III, 13,
(I) In Phoc, X, 17.
(i) Loc. cit.
(3) Wel regio moseo di Cagliari.
(4) E dippiu, non deducti in Sardiniam atque ibi constituli, sed
amandati et repudiati coloni. {Ftag. orat. pro M. Scauro in opcr.
Cicer., tom. VIII, pag. 4C9, edit. taurin. 1827).
(f) Tolst , cioe spelto ai Genovesi. E di questa divisione della miscra
Sardegoa fatta nel principio del sccolo XI Ira Gcnovesi o Visani,
vedasi il mio Disionario biugrafico dci Sardi illustri , Disc. prcliin , pag. S7
(g) Spolse per eipulsc dal lalino cxpclln
dici gra prevenuli e corrotti. Silio Italico che detlava il suo
poema storico della seconda guerra punica nel primo secolo
delPera cnstiana, laddove descrive 1 infelice battaglia sos-
tenuta dagli eroi sardi Ampsago*a ( Amsicora ) e Josto
contro le vittorioee legioni romane comandate da T. Manlio
Torquato, ecco come canta della Sardegna c dei tempi mito-
tegici delta sua storia:
/nsula fluctisono circumvallata profimdo,
Castigalur aquis, compressaque gurgite terras
Enormes cohibet mtdae stib imagine plantae.
Inde Icbnusa prius Graiis memorata colonis;
Moa, l*bioi, Sarvvs, gmeroso sanguine fidcns
Herculis, e£ sese mutavit nomina lerrae.
Affluxere etiam, et sedes posuere coactas
Dispersi pelaga, post eruta Pergama, Tevcri.
Nec parvum decus, advecto cum classe paterna
Agmine Thespiadum, terris, Jolae, dedisti.
Fama est , cum laceris Actaeon ftebile membris
SuppUcium heret speciatae in fonte Dianae,
Atloniltlm novitale mali fugisse parentem
Per frela Aristaeum , et Sardoos isse recessus :
Cyrenem monslrasse ferunt nova litora matrem.
Serpentum tellus pura ac viduala venenis ;
Sed trislis coelo et multa vitiata palude.
Qua videt Italiam , saxoso torrida dorso
Exercel scopulis lale frela, pallidaque intus
Arva coquH nimium , cancro fumantibus austris.
Coetera propensae Cereris nulrita favore etc. ( 5 ).
- (*) Punicor., XII, 35* e segg., u. a. 376. Non dissimile daquosta
di Silio Ilalico e la dcscrizione lasciataci dal poeta Clandiano nel
quarto secolo deU'E. .V. riguardo afla fertilita ed alla intemperie
deHa Sardegna , come pad vedorsi pin sopra , pag. 30, nota I. E
ptriche neHa saddetta nota sono stati fedelmentc riportati i testi
degli scrittori che infamarono in verso o in prosa il ciolo sardo, non
sara inopportuno ohe si ricopino eziandio Ie principali testimonianze
lasciateci dagli scrittori medesimi e da molti altri ancora snlla
fertnita e iwlle varie ricchczze natorali deU'isola, accid il lettore
Ved*i m doe qnadri paralelli il bene e il maie che ne fo deUo , e
daUe opinioni loro, o vere o false, o giuste o esagerate, possa ri<
«avare argomenti di confronto , e formare snlle di lei condizioni
fisiche nn gindizie equo e spassionato. Cominciando adunque dai
piu antichi, Aristotile, o qnalunque sia 1'autore dei Mirdbili racconU,
chiamd la Sardegna insulam feticcm , rebus omnibus et fertilem
(Dd mirab. autault. , pag. 1159, edit. Lutet Paris., 1629); Appiano
insHtam frumclUi fisraeitsimam ( De bell. civ. Rom., lib. II ); Pausania,
insulam magnUuiHne ct felicilate cum his quae maxime celebrantur
eomparandam ( In Phoc,, lib. X); o Procopio magnam et opulentam
insulam (De bell. vand. , XI, 13). Pohbio 1' appollo ecceUente por
grandecza , per copia di frutti e per frequenza di abitanti: Per
hune modum a Carthaginensibus dcfecit insula (Sardinia), et ma-
gnitudine et frequentia hominum, et omni fructuum genere exccllens
(Histor., 1 , 79). Pomponio Mela la disse fertile e feconda : Sardinia. . .
coeterum fertitis et soli qmm coeli melioris atque foecundaetc. (De
situ orb., II, 7). Strabone scrisse di lei: magna solum habet omni
rerum copia beatum; frumenti vero excellenter ferax (Geogr., lib. V);
e Diodoro, che ubertate frugum celebris evasit (Biblioth. hist., V, 13).
Cotesta straordinaria abbondanza «Jel suo framento e stata pnre
celebrata da M. Tereiuio Varrone , e daUo stesso Cicorone. Disse
il primo, ccnsurando 1'ozio cittadino de'suoi tempi: Igiiur quod
nunc intra murum patresfamiliae correpserunt , relictis fatce et
aratro , et manus movere maluetunt in theatro ac circo , quam in
segetibus ac vinetit , frutnentum locamus qui nobis advehat , qui
saturi fiamus ex Africa et Sardinia etc. ( De re rutt. , lib. II in
prooem.); e il secondo tra le imprese di Porapeo encomio questa:
Pompeius nondum tcmpestivo ad nayigandum mari Siciliam adiit ,
Africam exploravit , indc Sardiniam cum classe venit; atque haec
tria frumentaria subsidia reipublicae firmissimis praesidiit ctat-
sibusque munivit (Orat. pro. leg. Manit., num. 13). Tito Livio par!6
in piii luoghi dellc sue storie della ricchezza dclle messi sarde, e
ilel gran pro annonario avulonc dai Romani (XVII, 13; XXIII, 31,
32,41; XXVH, G; XXVlU,4<i; XXIX, 13,36; XXX, 38; XXXVI, 3;
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28
DISSERTAZIONE
Nello stesso primo secolo deU'era volgare il geografo
Pomponio Mela chiamd aniichissimi i popoli Uiesi di Sar-
degna (m ea anliquissimi populorum sunt Ilienses (*)),
creduti discendenti da Jolao o dai profughi Troiani appro-
dativi dopo la iliaca rovina (*) ; e celeberrimi li disse Plinio
XLl, 17, 88); e Orazio le annoverd Ira le cose piu appetibili
delfumana cupidita;
Qxtid dedicatum potcit Apottinem
Vate* ? Quid orat, de patera novum
Fundens liquorem? Non opimas
Sardiniae tegetet feracu:
Non aeituosae grata Calabriae
Armenta: non aurum aut ebw indicum etc. C. 1, 31.
Valerio Massimo appeUo la granifera Sardegna nodrice benigna di
Roma: Siciliamque et Sardiniam, benignUtimat urbitnottraenutricet,
gradut et ttabihmenta bellorum , tam mullo tudore et tanguine in
jut ac potettatem redactat, paucit verbu, U tciUcet necessitate
iubente ( tenatut ) dimitit ( Dict. fact. memor. , VII , 6) ; e il poeta
Lucano la pareggid alla Sicilia per la fecondita dei campi e per
1'abbondanza delle biade :
Curio Sicaniat trantcendere juttut in urbei ,
Qua mare tellurem tubitit aut obruit undis,
Aut tcidit , et mediat fecit tibi litora terrat.
Vit Ulic ingent pelagi, temperque laborant
Aequora, ne rupti repetant confinia montet:
Bellaque Sardoas etiam tparguntur in horai.
Utraque frugiferit ett intula nobilii arvit,
Nec plut Iletperiam longinquit meitibut ullae,
Nec Romana magit complerunt horrea terrae etc.
Phartat. , III , 59 et seqq.
Anche L. Anneo Floro e Salviano non fecero in tal rispetto diffe-
renza alcuna tra Ia Sicilia e la Sardegna, e le chiamarono entrambe
pegni annonarii e granai pubblici di Roma. Quegli , parlando di
Cesare, scrisse: Pulto fugatoque Pompeio , maluit priut ordinare
pravinciat, quam iptum tequi. Siciliam et Sardiniam, annonaepignora,
per legatot habet (EpU. rer. roman. , IV, S ). Questi portd ferma
opinione che il romano impero avesse patito grave e irreparabile
danno , everrit Sardinia ac Sicilia ( dai Vandali ) , id ett fitealibui
horreit abtcutit , velut vitalibut venit ( De ver. jud. et prov. Dei ,
lib. VI ). Nel secolo IV dell' era volgare i due poeti Claudiano
e Prudenzio lodarono coi loro versi la Sardcgna per la sua ricchezza
frumentaria. Del primo non occorre ripetere le parole gia riportate
altrove ( pag. 93 , not 4 ). Canto H secondo :
Nec dat vela fretit , romana nec horrea rumpat
Sardorum congetta vehent granaria etauit.
In Symm., II, v. 941.
Oi molte altre ricchezze del suolo sardo non raancano frequenti
rioordi nelle stesse opere degli antichi. Dell' abbondanza e della
bonta de' suoi armenti parld fin dal secolo III Eliano sull' autorita
del greco Ninfodoro : Sardiniam pecudum optimam eue parentem
Nymphodorut tcribit ( De anim. nat., XVI , 34 ) ; delle sue miniere
argentifere Sidonio ApoIHnare: Sardinia argentum; navet Hitpania
defert (carm. V, v. 49); Quinziano Architremio: Argento Sardmia
et AtHca melle (/n Cleopol. ) , e il citato Solino , il quale celebra
eziandio 1'abbondante pesca degli stagni sardi: Solum id (i. e.
Sardiniae ) argenti divet ett ... ttagna puculentutima ( loc. clt. ) ;
e finalmente del suo acciaio Rutilio Claudio Nnmanziano nei due
fastidiosi libri elegiaci De reditu tuo , laddove lo paragona a qnello
deU'isola d'Elba :
Non BUurix targo potior ttrietura camino,
Nec quae Sardoo cespite matta fluit.
Itiner., v. 353.
(1) De titu orbU, lib. II, cap. VII.
(i) Opinano alcuni, e tra questi il Cluverie (Sard. ant, cap. V),
che gli antichi popoli ilieti non siano diversi dai iolaeti , e lo de-
ducono, non solo dalla consonanza dei due nomi, ma eziandio dalla
somiglianza degli usi e dei fafti attribuiti ad entrambi. Altri alI'op-
posto, tra i quali piu specialmente il Fara (De reb. tard.) ed il
Vico (HUt. gener. de Sard.) ammettono la diversita delle due schiatte,
appoggiandosi ai testi surriferiti di Pausania e di Silio Italico , che
le hanno apertamente distinte. Non e facile decidere quale delle due
opinioni sia piu ragionevole, perche in tanta distanza dei presenti
dai primordiali tempi colonici della Sardegna , qnalunque giudizio
volesse farsene , sarebbe sempre arrischiato ed incerto. Perd se
all autorita dei piu antichi e lecito aggiungere la testimonianza degli
scrittori moderni, lo strano racconto cho leggesi nei Giorni geniali
di Alessandro d'Alessandro basterebbe, se fosse vero, per differen-
ziare gU anzidetti due popoli , cosi nella loro origine , come nel
loro culto. Ecco infatti com' egli scrive di Jolao o degP Iliesi :
Feruntque temptum Iolao nepoti ab Hercule conttructum tantar
iosieme co' Balari e co' Corsi (celeberrimi w ea popuhrum
Ilienses, Balari , Corsi C 3 )); oltre all'autorita di Livio ohe
rende testimonianza del loro coraggio e dell' indomata loro
libertk W. II gramatko Solino, non dei soli lliesi, ma di
Jolao e dei Locresi, di Arisleo, «K Norace e di Sardo fa
memoria , sebbene compendiata , nella sua Miseellaned
istorica ( Polyhistoria ) : Sardiniam quoque apud Timaeum
Sandalioten legimus, Icbnvsam apud Chrysippum . . .
Nihil altinet dicere, ut Sardos Bercule, et Norax Mer-
curio proereati, quum alter a Lybia, alter ab usque Tartesso
Hispaniae m hosce ftnes permeassent, a Sardo terrae, a
Norace oppido nomen datum : mox Aristaevm , re-
gnando his proximum, tn urbe Carali, qvam condiderat
ipse, conjuncto populo utriusque sanguinis , sejuges usque ad
se gentes ad unum morem conjugasse < imperium ex insolentia
nihil aspernatus. Sed ut haec , et Jolauju ,quiadid loeorwn
agros i6t insedit, praeterea et Ilienses el Locrenses
transeam , Setrdinia est quidem absque serpentibus etc. ( 5 ).
Del solo Sardo e della colonia libica da Ipi condotta fawio
ricordo Marziano Capella e Isidoro scrittori del VI e del VII
secolo : Sardinia a Sardo filio BercuUs adpelktta ( 6 ) ;
Sardvs Bercule procreatus cum magna muUitudme a Lybia
profectus Sardihiam occupavit , et ex sm vocabulo insnlae
nomen dedit ( 7 ); e il secondo di essi, nel riferke la figara,
la grandezza e la postara geografica dell' isola, fa pur men-
zione del greco nome di Ichnusa cbe porto anteriormenle
a quello datole o derivato dal generoso figlio dell' Ercole
africano. Baec (cioe la Sardepa) m africo mari facie ve-
stigii humani, in orientem quam occidtntem latior prommet :
ferme paribus lateribus, quae m meridiem et septentrionem
vertunl, ex quo ante commercivm a navigantibus Graecorum
Icbnvsa appellata est. Terra patel in longitudine miUia
cxl latitudine xl. In ea neque serpens gignilur etc. ( 8 >.
Ma queste ricordanze varie di colonie e di eroi traman-
dateci dai Greci e dai Romani, comunque fossero anticbe
ed illnstri, sembrarono pocbe ed insufficienti a nobilitare
le sarde origini. Quindi vi fu nel secolo XV un altro scrit-
maiettatU incotU fuUte , ut ti a tolUU deficerent taerU, muti eva-
derent Rurtut ti tacra voverent , in prittinam rettUui tanUatm.
Ab Iliensibus Herculi tacra eelebrari vetitum, guod Ilium HercuUt
olim depopulatut etiet. Eum propterea odio protequuti perniciali
( Alexandr. ab Alexandr. , Genial. dur. , Ub. II ). Non potrebbesi
invero conciliare il divieto fatto dagl7/te« di sacrificare a Ercole
col tempio fatto erigere da questo semideo a Jolao , e sarebbe
contraddittorio che da un canto si rendessero al nipote gli onori
divini che si denegavano allo zio, se gli Iliesi e %1'Iolaeti avessero
avuto coinone il sangue e la religione , cbe e quanto dire se
costituivano una sola e medesima schiatta. Ma chi e che voglia
rendersi garante della verita di un tal racconto fatto nel secolo XV,
e senza indicazione delle sorgenti dalle quali fu tratto?... E chi e
che non veda nei miracoli del tempio di Iolao , riferiti dal giure-
consulto napoletano , i prodigi deUe fonti riparatrici degl'infermi ,
e accecatrici dei ladri e degli spergiuri ricordate da Solino , da
Prisciano e da Isidoro? (V. sopr. pag. 96, not 9).
(3) Hitt. natur. , III , 7.
(4) HUtor., XL, 34; LXI, 6, 7, 15. Nel primo di detliluoghilo
storico parla dei soli Ilibsi: inde in Sardiniam exercitut ductut,et
cum Iliensibus, gente ne nunc quidem omni parte pacata, tecunda
praelia facta ( ann. 571 U. C. ): nel secondo racconta 1'audacia
con cui gl7fte« e i Balari affrontarono le armi romane (ann. 574,
575 , 576 C. C). Dal che si deduce che la colonia iliaca stabilitasi
in Sardegna nei tempi eroici mantenne fino ai tempi romani viva
e robusta ne'suoi discendenti 1'antica sua virtu ed indipendenza.
(5) PolyhUt., cap. X.
(6) Martian. Capel. , De nupt. philolog., lib. VI.
(7) Isidoros, Origin., lib. XIV, cap. VI, pag. 195, edit Paris., 1601.
(8) Loc. cit. U rimanente del testo vedasi sopra a pag. 96 nota 9.
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PRIMA.
29
tore latino, il quale , faceBdole derivare dai tempi piu pros-
simi al diluvio , comincio la palingenesia istorica della Sor-
degna dai regni favolosi di Forco, di Medusa e di Ercole
tebano, inneslandevi appresso una caterva pressoche infinita
di Galli, di Lidiani, di Sicnli, diTracii, di Rodiani, di Frigii,
di Cipriotti, di Egiiiani, di Mitesii e di Leabiani popolatori,
ehe la di loi immaginazione andb cercando nei supposti
libri di Beroso e di Manetone, per pretessere coH'antorita
di tali nomi argometti e motivi di credibikta ai proprii
racconti 0). E avvegnacbe siffatte stranezze dovessero ap-
parir tosto in tutta la loro deformita agli occbi della critica
)a meno illuminata, luttavia lo smodato amore di patria, e
la gloria di un' anttchita perdentesi nella notle dei tempi ,
che da tali racconti dirittamente derivava, le fece accogliere
come verita isloriche da parecchi dei sardi scritlori ( 3 ), i
qaali in tal rispetto non furono per serapticita di fede ne
diversi ne peggiori di tanti altri storici d' Italia.
Io non mi fermero lungamente a esaminare quali fra
i tanti sin qoi riferiti siano stati i veri, e qoali fra questi
i primi popolatori della Sardegna. Uia indagine di tal faUa,
fosse pure utile, ne da taluni stimata oziosa, mi condurrebbe
oltre i confini del propostomi snggetto, ne potente sarebbe
a consegnire lume o certezza di positivi risultamenti. Perchc
in tanta caligine di secoli che ricopre la culla eroica delle
sarde generazioni, in tanta variela di schiatte e di avventu-
rieri fermatisi nell' isola, e in tanta diversita di racconti in-
granditi dalle forme fantastiche delle greche immaginazioni,
se non e miglior consiglio miscredere, come gia fecero alcuni
ernditi ( 3 ), h per certo impresa molto ardua e virtu quasi
divinatoria voler sorprendere in mezzo a tenebre cos\ fille,
e divisare dalle favole la verita. Non pertanto, se in man-
canza di prove certe e di argomenti dimostrativi , si pu6
ricorrere a congbielture ragionevoli e ad induzioni ricavate
da fatti gia esistiti o tuUavia esistqnti , io non dubito di af-
fermare che i Tirreni, i Fenici, gli Africani ed i Greci siano
da noverarsi tra i piii certi e piu antichi coloni della Sar-
degna.
Dei Tirreni ( 4 ) infatti sappiamo che da tempi assai remoti
(1) Comprende ognuno che vuolsi qoi parlare del famoso Annio
o frate Giovanni Nanni di Viterbo , e de' suoi libri di antichita ,
intitolati Antiquitatum variarum volumma XVII cum commtntariis
etc. cbe mrono pnbblicati per la prima volta in Roma nel 1498,
in-fel. Disputarono lungamente gli eruditi suila qnalita deH'autore
di detti Hbri, volendolo taluni un credenzone che abbia pubblicato
di boona fede cid ch' ei tenne per vero ed autentico , ed altri un
impottore che abbia inventato a capriccio qnanto contiensi nella
soa raccoha di antichita. Qualunque di queste dne opinioni sia la
vera, convengono pero tutti in qnesta sentenia: che non siano da
accetlarsi le sue narrazioni sulle origini dei varii popoli italiani ,
perche ridondanti di favole o inventate o credute dalia sola sua
hamaginazione.
(9) I principali furono il Fara ( De rebut tardoit ), il Vico (Hist.
gen. del reyn. de Sard.), il Vidal (Annales Sardiniae), e il Madao
( Dissertasionx delle tarde antiekitit). Ma il Fara , piu giudizioso
degli altri, sebbene abbia sacrificato alla vanita nazionale, non
lascio di manifestare le proprie dubbiezze sull' autenticita degli
autori pubblicati da Annio, poiche nello stesso principio di detta
sua opera (lib. I, pag. 103, edit. taur.), parlando di Beroso, dice :
ti verut ett eiut, qui fertur, Ubtllut; locche addimostra, com'egli
fosse lontano dal prestar cieca fede ai sogni Anniani, e corae non
sia percio meritevole di grave censura , se vinto tnttavolta daila
patria carita , accetto dubbiando alcune narrazioni , che poteano
magnificare i primordii della sua nazione.
(3) Cluver., Sard. antiq., V.
(4) U nome loro primitivo fn quello di Rasbni o Tbaseni (Dionys.,
Antiq. rom., I, 30), che i Greci trasformarono in Tibbbni (Ueyne,
Excun. III ad lib. VIII Jtneid. Comment. soc. Goth., vol. 11 , pag. 36
'pervennero a un alto grado di potenza e di civilta ( 5 ); cbe,
ristretli dapprincipio dentro il paese posto tra 1'Arno e il
Tevere ( 6 ), superarono le angustie di sl brevi confini col-
1'ardire e colla costanza delle loro intraprese; che, cacciati
dalle antiche sedi, prima gli Umbri, quindi i Liguri e gli
Osci ( 7 ), ed occupate colle armi le piu belle e piu fertili
regioni d'ltalia, estesero il loro dominio dalle Alpi fino
allo strelto siciliano ( 8 ); e che progredendo iu appresso nella
sapienza degli ordini civili, nella industria e nel commercio,
fondarono due grandi stati e molte colonie, e fecero eterne
dal mar toscano airadriatico I' importanza e la celebrita del
proprio nome ( 9 ).
La perizia di queslo antichissimo popolo italiano nella
nautica e attestata dalle tradizioni poetiche e prosasliche dei
Greci, e confermata da un gran numero di fatti e di docu-
menti scritti. La favola dei corsali tirreni rapitori di Bacco,
e convertiti in delfini, e un'allegoria molto espressiva del-
1'eccellenza loro nelVarte marittima ( 10 ). II nome tirrenico ,
gia divolgato in Grecia fin dalFeta, degllddii e degli eroi 00,
deve la sua celebrila ai toscani navigalori. Fnrono essi che
assalirono e sconfissero gli Argonauli , come leggesi in Ale-
neo( 19 ); essi che sui loro legni salvarono Ulisse dalle insidie
delle sirene, come ci narra Eusebio O 3 ); essi che insegnarono
ai Pelasghi 1'arte di navigare, come racconta Dionigi di
Alicarnasso ( 14 ). Ginque secoli prima dell'era volgare le navi
loscane trafiicavano liberamente nel mar Ionio e nell'Egeo ,
et 199, p. XIV, pag. 113). Dai Romani poi con greco vocabolo de-
rivato dai loro riti furono appellati Etbuschi o Toschi : mox a
sacrifico ritu lingua graecorum Thusci sunt cognominati (Plin.,
Hist. natur., III, 8, edit tanr., 1831). Erodoto li disse vennti da
Lidia in Italia sotto la condotta di Tirreno^ figliuolo d'Ali , discen-
dente da Ercole (Herod., Clio, lib. I, pag. 91, edit. Francofurt.,
ann. 1594); locche fu poi ripetuto da Strabone (Geograph., lib. V),
da Velleio Patercolo (Hist. roman., lib. I , $ I), da Giustino (Hittor.,
lib. XX, in princ), e da Valerio Massimo (Dictor. fact. memor.,
lib. II, cap. IV, J 4). Ma Dionigi di Alicarnasso, benche impegnato
a magnificare le grecbe glorie, non volle ammettere cotesta origine
lidiana, e scrisse essere piu ragionevole e piu vero che i Toscani
siano aborigeni della stessa Italia (Dionys. Antiq. roman., I, 36,
37, 30). L'opinioae di qnesto valente istorico e al dl d'oggi la piu
comnnemente segnita dagh eruditi, quantnnqne il Bianchini 1'abbia
valorosamente combattuta nella sna Storia unioertale provata con
monumenti ecc. (vol. V, dec. IV, cap. XXXII), nella quale radund
riti, ailegerie , oaratteri, nsi, feste, e qnanto trovasi registrato
negii aatori greei e latini, perprovare, che prima i Pelasgi e poi
i Lidii cendnssero le loro colonie in Toscana, e che dalle medesime
ebbe origine il nome e la nazione tirrena.
(6) Se ne possono vedere le prove neUa suddetta Storia del Bian-
cbini (loc. cit), nella Storia dei primi popolatori dHtalia del Du-
randi, e nella eccellentissima operadel Micali, intitolata: VltaUa
avanti il dominio dei Romani.'
(6) Scylac. Peripl. (edente HaesceUo), pag. 4.
(7) Dionys. Ualicarn., Hitt., I, 19. - Strab^ Geogr., V, p, 149. -
Plin., Hitt. natur., III, 19, edit taurin., 1831.
(8) Liv. 1,3.- Serv., tn Georg., II, 633.
(9) Scylac. Peripl. (edento Haescel.), pag. 13. - Strabone, Geogr.,
V, pag. 148, 153, 156, 166, 167, 170, 173. - VirgU., Aeneid.. X, 301. -
Serv. VII, 436; X, 145 , 303. - Liv., IV, 37; V, 33, 54. - Pbn.,
Hist. natur., 111, 6, 30, 93. ediz. sudd. - Diodor. Sicul., XIV, 13. -
Plutarc., Quaett. roman. , 18. - Polyb. II, 17. - VeUeius Patero.,
I, 7. - Pompon. Mel., II, 4.
(10) Homer., Hgmn. in Bacch., p. 83, Ern. - Hygin., fab. 134. -
ApoUod. III, 3, 5, - Seneca, Oedip., v. 449 et seqq. - Ovid., Meta-
morphos., III, v. 570 et seqq. - Propert 111 eleg., 17; IV eleg., 9,
edit taurin. 1833. - GiambnUari, Gello, pag. 93. - Bochart, Ceogr.
tac., lib. I, cap. XXXIII, part. IL
(11) Euripid., t» Medea, 1343, 1359. Herodot, Clio, 1, 31; Erato,
VI, 178-79, ediz. sndd. - Dionys. Halic, Hitt., I, 39.
(13) Alhen., IHpnotoph., VII, 13.
(13) Chronic., num. 850.
(14) Maximam quoque navalit disciplinae notitiam habebant (Pe-
lasgi) quodcum Thyrrenit habitassent (Antiq. rom., I, 93).
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30
DISSERTAZIONE
c sulle coste di F«nicia c d Egitto (•). Circa quel tempo, o
poco innanzi, infeslavano il maredi SiciliaW, o toglievano
c restituivano a Samo il famoso simulacro di Giunone scullo
daSmilide Eginetico ( 3 X E in tempi non meno rimoti rarono
gli Etruschi che aggiunsero ai navigli i rostri ferrati ( 4 ),
oggctlo pria di terrore c poi di vitloria pe'Rodiani ( 5 ); gli
Elruschi chc coll'ancora si spesso efflgiata nello moneto
loro(°) simboleggiarono la valcnza propria nelCusare quel-
rimportantissimo strumento naulico; gli Etruschi insomma
che , rivaleggiando in scienza ed iti coraggio co' Fonici e co*
Cartaginesi, oltrepassarono le tanlo temute colonm tfErcole,
e s' incllrarono arditamente a solcar le acque perigliose del
mare atlantico C).
Ina nazionc cosi esperta neir&rlc di travpsarc i mari,
alliva, intraprendente , e desiderosa cotanlo di ampliare il
proprio dominio, non potea lungamente ignorare la csistenza
della Sardegna. Sltaata nel centro del Mcditerraneo , che al
dir di Strabone ( 8 ) fu pcr tanto tempo dominato dagli Etru-
schi , essi non poteano trascorreria non vista ne inosservaia;
e la felice opportunita della sua postura geografica, l'am-
piezza del suo lido e della sua superficie, la straordinaria
feracitk dclte sue terre, tutlo dovea allettarli potentemento
ad occuparla. II mar Tirreno chc la divide dall' ltalia non
h si longo c spaventevole oceano, che arrestar potesse noc-
chieri tanto abili e gia usati a solcare francaraente quclle
acque; anzi la via daUMtalico al sardo lido, inlerrotta da
isolc frequenli e molto opportune alle pose dei naviganti ( 9 ),
offerivasi assai piana ed agcvole per intraprendcrc il pas-
saggio dall'uno aJPaUro. Quindi, o muovessero primamente
dalle toscane , nvvcro dallc liguri spiaggie , dcl che non e
s\ facile portar sonlcuza ( 10 ), egni argomento d' isloriea pro-
(1) Herodot., Ilb. VI, sudd. - Strab., Gcogr., lib. X.
(2) Strab., Geogr., lib. VI.
(3) Athen., Dipnotoph., XV, 4. - 1'ausan., VII, 4.
(4) Plin., HisL natur , VII, 57, edit. laur. 1831.
(5) Aristid., Orat. Rhod., vol. I, pag. 64a
(6) Ved. Dempster., Hetrur. teg. - Passeri, Panalipom. .
(7) Dioder. Sicul., BMioth. hitt., V, 19, 30.
(8) Geogr., V, 163. ...
(9) Ved. la oota seguenbv .<; >. . ./.'■■
( 10) io penso cbe i Tirreni ahbiatao.intrapreao lo primo navigazioni
loro verso la Sardegna dalf anttohissimo porto di Loni (odierno
golfo della Spezia. ) non mollo discesto dalla famosa citta etrasca
di questo nome, di cui parlano Plinio ( Hitt. natur., III, 8, edit.
tanr. pracd.), Marziale XIII, 30, Livio (XLI, 13), Lncano (Phartal.
I, T. 586), Slefano Bizantino ( De vrbib., pag. 985, edent. Uolsten.),
Siazio (IV, 4, 33) e Silio Italico (Punicor., VIII, v. 481). Daquesto
porto infatti , cbe i Tirreni tolsero ai Liguri nel tempi della primi-
tiva loro potenza per esercitare piu liberamente il proprio com-
mercio , e dagli alti monU che lo circondano vedeti la Sardegna
e gran parte dclVuno e deWaltro lid», come dica Strabone (Geogr.,
lib. V). Ora e assai nalurale, cbe uomini peritissimi dei mare e
dominatori di qnel golfo, quali erano gli Etrnschi, non trascnras-
sero l'occasione di occnpare una terra cosi vicina e cbe aveano
sotto gli occhi , mentre all'occasione aggiungevasi l opportunita di
pervenirvi per una scala marina d'isole intermedie, qnali sono la
Capraia, Monte-Cruto , la Gorgona, V.Elba e la Cortiea, che oftri-
vano co'loro seni e porti la comodita di frequenti e sicure stazionL
So si considera che l'infanzia deUa nautica presso tnUi i popoli
procedette assai timida e rischiosa , che i primi suoi tentativi si
ridussero a semplici passaggi di riviore, o a- costeggiare intomo
ai lidi del propriopaese, e che Paudacia dei naviganU non apprese
a disprezzare i pericoli del mare e a spingersi alla ricerca di terre
lontane, che dopo aver con ripetuU e gradnati esperimenti ritro-
vate le piu viciue, si comprendera facilmcnte che 1'anzidetta e non
altra veruna dovetf esserc la via seguitn dalle anUchissime colonie
toscane venutevi per abitarla. E scbbene il mentovato gcografo
greco affermi che 1'autica Populonia cra il punto consucto d'ondc
si faceva vcla <ti Tosrana pcr VEIba, la Cortica e la Sardrgna
babilita, la natura dci falti espostt, e le allegate specifiche
tcstimonianze dt Erodoto e di Strabone( u ) aperlamente di-
mostrano chc la Sardegna da tempi anlichissimi dovelfes-
sere , e fu realmente scoperta ed occupata dai Tirreni.
La occupazione faltaue dai Fenici, quand' anche non fosse
attestata dai materiali mouumenti ch essi vi lasciarono per
eternarne la memoria, non pu6 essere rivocala in dubbio
a fronto delle prove che ne somminittrano le narrazioni degli.
scrittori e la storia dei fatti generalmente aUribuili a quel
popolo cos) famoso neH'antichita( 19 ). tttechi di gcnlc piu che
dUuoloO 3 ), e quindi astretti a procacciarei aitronde pet )a
via del mare ci6 che ad essi niegara la sterililk e l angustia
de) proprio paese, i Fenici frequentaronoie spiaggie d'Asia
e le isole ed i lidi europei Qn dal tempo in cui Cadmo e .
Danao fondarono i regni di Tebe e d Argo, c giltarono i
primi semi della grecaciviltat 14 ); II luogo esercizio del na-
vigarc, e le ricchezze ch'essi acquistaroao ooll' estose loro
commercio, rendettoro ceiebri Sidone e Tiro, emporio e
centro delle arti, deli'industria e delle produzioni del mondo
antico ( 16 X E poicbe la troppa grandczza, e i) vivere imbelie
(Itb. cit. , p. 1(4), eio luttavia dee riferirsi ai tempi piu gloriosi
della dominaziono ctrusca in Italia, non pcrd a quelli delle prime
c piu antiche imprese marittime deiTirreni, fra le quali, secondo
la tostimonianza dello stesso geografb (Ufc. cit, pag. 15S) dee an-
noverarsi 1'occupazione dclla Sardegna. Ved. la nota seg.
(1 1) 11 tcsto di Erodoto che rifcrisce il combattimento navale dei
Tirreni o dci Focesi nel mare tardonio (Hitt., I, 38), dtmostra a
sufficienza, che i primi obbero co' Cartaginosi compartecipazione
di dominio in Sardegna (vcd. sopra pag. 21 o 32 in not.). Ma 1'allro
testo di Strabone, in cui dicesi clic Jolao co' Tespiadi nell'approdare
aHisola vi trovd gia tlabititi gli Etrutchi (ved. sopra pag. 24, col. 1),
prova assai chiaramente cho le colonie toscanc 1'avcano occupata
da tempi ccccdcnti ogni mcmoria storica; poirhe l'ela di Jolao
precedctte la famosa epoca troiana , e questa fn onteriore di 708
anni al faUo raccontato dallo siorico greco.
(12) 1 Fcuici, secondo il Bochart ( Geogr. tacr., part. II, lib. II )
si vantavano gcncrati dagli Anacci, eppercio si chiamarono da
principio Bene-Anak , e contraUamente Beanak, ossia fyUuoH.degli
Anacei. I Greci corruppero quesfantico vocabolo, e lo trasformarouo
in Pheanacct c Phoenices. Qucsfctimologia e la meno improbabile
di tutle lo altro immaginate dagli eruditi. La loro origine argomentd
Possidonio appresso Strabone (lib. I e XVI) doversi prendcre da|-
1'Arabia, e parvcgli che Omero lo dimoslrassc in qocl verso in cui
Meuclao harra di cssersi spinto nclle suc pcregrinazioni fino al paete
degli Etiopi, dei Sidoni e degli Erembi (Odist., lib. IV, v. 87). E ve-
ramente, o si risalga fino aifcta di Chanaam, primo padre e ceppo
dei Cananci , o si cominci dai tempi di Sesostri o dei Sabji, dai
quali con varieta di opinioni e ripetota la loro discendenza ( ved.
Dochart, op. cit. - Spencr, De leg. Hebr. - Walton, ProL ad Bibl.
polygl. - AbuL - Farag. hitt. dynatt. 9 , Poeokio interpr. , edit.
ann. 1663); 1'una e 1'altra delle due origini riferisco i Fenici, i
Tirii e i Sidonii agli Erembi di Omero, ossia agli abitatori dei luo-
ghi che dopo di lui nominiamo le Arabu. 1 popoli nomadi cbe in-
vasero 1'Egitto (ann. 3148 0. C. e 2089 avanU G. C), e vi fonda-
rono la dinastiadei re pastori, la quale fu contemporanea alla 17*
dei Faraoni, e snssistette pel corso di 260 anni, uscirono appunlo
dal paeso abilato dai Fenici. Quanta fosse tin da queU'epoca remo-
tissima la potenza loro, pu6 dedursi da cid, che Amosis ( il II ) capo
della 18" dinastia egizia, disperando di cacciarneU coUa forza, li
fece sortire dal suo regno in conseguenza di un trattato (ann. 3408
O. C). Essi allora si stabUirono in quella parte delfAsia ootiden-
tale, che fu poi chiamata Giudea , e mescolatisi coi Cananei e co'
Filislci, formarono la nazione appellala quindi dai Greci Phoeanacia
o Phoenicia.
(13) Occupavano le coste della Siria bagnate dal Mediterraneo, e
quindi un terreno poco esleso. Ma il Libano e le altre vicine mon-
tagne compensavano largamente la ristrettezza del suolo, provve-
dendoli di ecccUenti legnami per la coslruzione deUe loro navi.
(14) Ved. Bianchini, Storiauniv. prov. eon monum., vol. V, dec. IV,
cap. XXXII, pag. 137.
(15) Fra Ic tante autorita che si potrebbero addurre per provare
il valore dei Fenici nel commercio e nelle arti, od U grado di ci-
vUta cui erano cssi pervenuU , mi contento di riportaro quella del
<*clcbrc rar<linalc >"ovis v il qualo nc fa il scgucntc eloRio : Phoenices
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PRIMA.
e voluttuoso di Sardanapalo scrollarono dalle fondamenta il
vecchio impero d'Assiria (0, i Fenici, ad esempio dei Medi
c delle altre province soggette a quella vasta monarchia,
scossero incontanenle 1'antico giogo, e vendicatisi in liberla,
assunsero il dominio assoluto e indipendente dei proprii mari.
Da quell'epoca memoranda ebbe principio la talassocrazia
fenicia in tutto il mediterraneo, e in molta parte dell'oceano
orientale , perciocche i navigatori fenici scorrendo allora piu
liberamente da un mare allaltro, e trapassando con ardire
maraviglioso gli estremi confini del golfo arabico, fondarono
col traffico la propria fortuoa, e colla fortuna e col coraggio
la rinomata potenza marittima della loro nazione. Frutto di
lal potenza e dei tesori accumulali nell' Asia, fra i quali
primeggiavano 1'oro e largento, l avorio, le gemme, i tri-
podi e i vasellamenti preziosi, Tincenso, la mirra, il bal-
samo, il cinnamomo ed altri elettissimi aromi sabei ( 5 ),
furoao lampiiato dominio, le colonie da essi fondate nei
luoghi piu opportuni a servir di scala o di riposta ai merca-
tanti, e le spiagge e i porti occupati per tutelare le vie
marine solcate dalle navi loro, che ivano e redivano onuste
delle merci d oriente e d'occidente. Fu in quel periodo di
opulenza e di potere cbe la Fenicia, cresciuta maravigliosa-
mente d'uomini e d'industria, invi5 nuovi coloni in Africa,
dove sorgeva la famosa Cartagine edificata molto innanzi
dai Tiriani seguaci della profuga. Elissa ( 3 ); e fu in quella
eta che daUe stcsse fenicie contrade la sopercbianza del
popolo, 1'amore del guadagno e il desiderio di piu larghe
sedi spinse abitatori novelli, come in Ispagna,' nelle Baleari
e in Sicilia, cosl anoora nelle terre feraci ed ospilali della
Sardegna. Lo storico Diodoro ne rende aperta testimo-
nianza ( 4 ), e questa e avvalorata dai falli particolari riferiti
dagli altri scritlori deUantichita, e dalle memorie monu-
mentali che sopravvissero alFurto e alle rovine di lanti se-
coU. Fenicio infatti fu quel Norace rammentato da Pausaaia
e da Sottno( 5 ), che da Tartesso dedusse una colonia dlberi
nella parte meridionale dell' isola, e fondovvi 1'antica Nora ( 6 ).
Dai Fenici coloni di Tiro fu edificata Ca6liari cittk principe
e nobilissima della Sardegna, se vuolsi prestar fede a Clau-
diano, che iu pochi versi ne descrisse quasi ortograficamente
la pianta primitiva:
«Mmm primi, duee Cadmo, Merarum figurai tn Graetiam leribendi
netciam detulentnt. JUi maria navibui tulcare, confligere,, k§na arte
induttria dedolare, metalla fundere ae mitcere , purpuram tingere,
tindonet texere, vitra confiare, aHatque lum pacit tum belli ariet
omnium primi docuerunt (De epoch. Syromac., disseft. IV, c. I).
(1) Contando da Nino fino a Sardanapalo dnro trqdki secoli
(Jnstin., Hist., I, 2. - Eoseb., in chrOn. -i S. AugcsLy Se ctoifi Dei,
lib. XII, cap. X. - Pelav., Ratifrn. temp., lib. l}.CteBia, appresso
Diodoro ( Iib. U, 21 ), lo estese a 1360, e Giulio Afrieano ,u 1484
anni (ved. not. ad lib. 1 Juatm. ad uson Delph. ). Ma la differenza
deriva dalTavere qnesti due scrittori annoverato tra i monarchi di
Asairia il famoso Belo , il quale ftt Teramente fondatora dei soio
regno di Babilonia.
(2) Strab., Geogr., lib. XVI.
(3) Euseb., Praep. evang., lib. I. • Voss., JDe idotokUr., lib. I.
(4) Biblioth. hut., V, 16. Vedasi il testo relativo sopra a pag. 22,
nota «.
(5) Pausau., in Phoe., lib. X. - Solin., PolyhitU, eap. X. Ved. so-
pra, pag. 24, cot 2 , e pag. 28, coi. 2.
(6) Nel luogo appellato Noa , dove probabilmento esistevano gia
riuniti alcuni rkettacoli degPindigeni che professavano la vita pa-
storaie. Nobacb ne fu creduto fondatore, perche forse amplio e ri-
dnsse in miglior forma quelle mobili e selvagge dimore. Ved. sopra,
pag. 25, nota 2.
Urbs Lybiam contra Tyro fundata polenti ,
Tenditur in longum Car alis, lenuemque per undas
Obvia dimillit fracturum flamina collem.
Eflicitur porlus medium mare , lutaque ventis
Omnibus ingenli m^nsuescunt slagna rccesm elc.
Dc bello Gildon. V)
(7) Solino attribal a Cagliari un'origine mollo piu antica, facen-
doue fondatore il groco Aristeo : Nihil attinet dicere. . . Abistabum . . .
tn urbe Cabali, quam condiderat ipte, conjuneto populo utriutque
tanguinit, tejuget utque ad te gentet ad unum morem coniugatte etc.
( Polyhitt. , cap. X ). Pausania per 1'opposto le diede un principio
assai pio recente, dkendola fondala dai Cartaginesi: Condiderunt
tune Carthaginentei in ea intula ( i. e. Sardinia ) urbe» Cabauk et
Sdlchos (al. Syllos) (/n Phoc., X). Ha 1'opinione di Clandiano, che,
lasciato a Carlagine 1'onore della fondazione di Solci ( part adit
antiqua ductot Carthagine Sulchot ), ascrisse quella di Cagiiari ai
Fenici tiriani ( Tyro fundata potenti ), parmi la piu ragionevole,
epporcio non ho esitato ad abbracciarla. Infatti, sebbene possa
esscrevero che i Cartaginesi, dopo essersi renduli assoluti padroni
delia Sardegna o della maggior parte di essa, abbiano ampliata ed
accresciuta di nuovo popolo la citta di Cagliari , e in questo senso
debba forse intendersi il condiderunt di Pausania ( se con altri in-
terpreti di quel greco scritlore non voglia piuttosto leggersi mu-
nterunf), e perd piu probabile che i Fenici 1'avessero anteriormente
fondala ed abitata. lmperocche trovandosi essi gia molto innanzi
stabiliti in Noba, ed essendo la spiaggia di quella prima stazione
loro troppo aperta ed importuosa, e assai naturale che abbiano ri-
cercato nel lido meridionale delPisola un aitro sito piu comodo
per ie loro navi e piu opporlnno pei Ioro commercio, che in quel
tempo apponto, come si e gia veduto, era estesissimo e fiorentis-
simo. Ora qual mai poleano i Fenici trovar silo migliore e ai desi-
derii loro piu adatto di quell' ampio seno di mare vicinissimo alla
stessa Noba , che poi dal nome del paese edificatovi in riva fu
chiamato cagtiaritano? Posto in faccia alP Africa e alla Sicilia, or-
dinarie scale delle navigazioni loro, dove percio da tempi piu an-
tichi aveano essi fondate tante colonie, offriva quel golfo il vantaggio
della capacita e della sicurezza per qualunque numeroso navilio,
ed era certamente una stazione iraportantissima per la fenicia mer-
catura. Siffatte favorevoli condizioni non poteano sfuggire alPespe-
rienza e alPattivita di una nazione ch' esercitava felicemente la
talatsocratia del Mediterraneo , e quindi ogni ragione d'istorica
congruenza ne persuade , che i coloni fenicii molto prima dei Car-
taginesi siansi indotti a stabilirvisi , ed a fondarvi l' antichittima
citta di Cagliari, quale fo ossa glustamente appeUata dal geografo
Pomponio fflela {De siL orb., II, 7). Agli esposti argomenti potrob-
besi aggiungere un'aKra non lieve congettnra; perciocche, essendo
Caba '(eligere) voce fenicia, corrispondente alPebraico (elegit,
telegit) (Bwxtorf. , Lexie. hebr. chaldaic. ), non solamente sarebbe
fenfeia la radice di Caratit e Caralin, Karalites e Karaliton , se-
condo fu scritto dagH antichi con terminazione greca o latina, ma
dippia troverebbonsi insieme nel vocabolo derivato il motivo e
Vauetoetonia del nome (Cabalis), il quale suonerebbe lo stesso che
eitta tcella , o htogo scelto dai Fenici per istabilirvi queiPaltra co-
lonia marittima. Pero io non veglio abbandonanni con troppa fi-
danza a siffatta indnzione etimologica; e ritornando col discorso
ad Aristeo da oui mi sono dipartito, dird hreveinente le ragioni
per le quali e* non dev'essete creduto fondatore di Cagliari , come
piacque a Soliho di celebrarlo. Lo persuadono in primo Inogo il
sileazio di Diodoro Siculo (ved. sopra, pag. 22, col. 2, nota 5), e
Pespressa negazione di Pausania (ved. sopra, pag. 24, col. 2), i
qcrali per attro si dimostrarono troppo intenli a magnificare le gre-
che iiiorie, ne avrebbero defrandato di vn tanto onore il figliuok»
di Apolfine e 4i Cirene , s'egli lo avesse veramente meritato. Qoindi
lo prova la stessa vita attribuitagli dai greci novellatori, dopo il
caso miserandodel di lui figlio Atteone, giacohe il suovagare irre-
qaieto da Coo io Sardegna, da Sardegna in Sicilia, e da Sicilia nr
Tracia (Diod. Sicul., Biblioth. hitL, lib. IV), e la pastorizia da lui
migliorata, e 1'arte di governarlo pecchie e di rappren^ere il latte
insegnata in estranei paesi , mal si confanno cotta fondazione di
citla e di colonie. E lo addimostra eziandio lo scarso numero dei
greoi awenturieri statigli compagni nel viaggio, i qnali, se non
erano bastovoli a edificare una citta nuova, como rifletto opportuna-
mente il suddetto Pausahia (loc. cit.), non poteano nemmeno essere
sufflcienti a ridurre a concordia e a vita cittadina i piu numsrosi
ed antichi abitatori di qoella parte delPisola. I tempi altronde, nei
qnali Aristeo dicesi venuto dalla Beozia in Sardegna, erano ancora
troppo incolti ed agresti per essere concordevbli a siffatto institu-
zioni ; e il voler risalire iino a quelPeta per coilocarvi la fondazione
di Cagliari , sarebbe lo stesso che farla anteriore di tre secoli al-
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32
DISSERTAZIONE
Le moli cccelsc conosciute col nome tradizionalc di Nora-
reccidio di Troia , la qual cosa non solamente ripugna al canoni
della cronologia istorica , ma inoltre b aliena da ogni principio di
comportevole credibilita. Piu assurda della precedentc, e tutfaffatto
arbilraria, e Pallra opinione di alcuni scrittori sardi, i quali rivo-
carono ai tempi di Ercole tebano la primitiva esistenza di Cagliari,
attribuendola al di lui nipoto Jolao e alla colonia dei Tespiadi di
cui egli fu condotliero. (Diod. Sicul. V. 8. - Pausan., In Phoe. X.
ved. sopra pag. 93, coL 1, e pag. 34, col. 3) ; perciocche di tal fatto
non sl ha ricordo veruno presso gli anlichi , e le narrazioni di
Diodoro relalive a queU'eroe, comunque contorte e travisate dal
Vidal (AnnaU Sard., vol. I), non «ono accomodabili a siffatta sen-
tenza. 11 Bonfant e fl Cossu ( Triumph. de lot tanU de Cerden. ,
cap. I, pag. 9. - Notix. di CagHari, cap. IV, pag. 93) vollero pro-
vare un'oriw'ne cosi remota oolCautorita della seguente iscrizione,
cbe dioesi scoperla in Cagliari sul finire del secolo XVI.
DIVO . BEBCVLl
POST . CATECLISMVM
RESTAVRATORI . CON8ERVATORI . PROPAGATORI
CIVITA8 . IOLE
D . D . D
Ma un tal monumento, oltre alfessere un' invenzione mnnkipale
rifieribile ai tempi nei quali ardevano tra Cagliari e Sassari le matto
contese della primazia ecclesiastica, e anche troppo misero in se
slesso per poter meritare una seria confutaziono, come lo dissero
molto giastamente gli Effemeridisti romani (ann. 1774, num. XXVI)
allorehe lo Stefanini ebbe il poco giudizio di riprodurlo {Dt teterib.
Sard. laudib., 1773, in-4°). Quella iscrizione infatti non pud essere
sincrona ai tempi di Jolao, perche nei medesimi non esistevano
nel mondo ne carattori ne lingua latina : nemmeno puo riferirsi
ai tempi romani, perche gli scriltori del Lazio non conobbero ne
usarono giammai la denominazione di Iole, ma soltanto quella di
Caralis, Caralim e Carales. Dunque a qual tompo e a quali uo-
mini si dovra essa riferire? Se si dicesse per awentura che gli
uomini deUa Sardegna romana abbiano colla medeaima vohito per-
petuare le tradizioni anticbissime dei terapi eroici , nei quali
1'odierna Cagliari fosse appellata civitat lole, o tributasse ad Ercole
ed a Jolao onori dirini, io chiederei di qual Ercole siasi potuto
parlare in quel monnmento? Dei tanti Ercoli ricordati dalla mito-
logia veruno certamente pose piede in Sardegna. Nessun beneOzio
ricovettero i Sardi da qnello di Tebe, che fu zio a Jolao ; nessnno
dalt' altro di Libia che fu padre a Sardo ; anzi quest' ultimo non
ebbe rinomanza di sorta, poiche a lui, al dir di Pausania (loc. cit.),
nikil illuitriut ad memoriam contigit, quam quod aUquando Del-
phot venit. Come adunque poteva Ercole easere cbiamato rittoratore
contetvatore, propagatore, sia diCagliari (Iole), che di Sardegna
dopo il dilovio (pott catecUtmum)! Di qual dihivio altrende poteano
e intendeano parlare i cittadini di Iole? Forse di quello dt Ogjge
in Beozia (3434 O. C. ), o deU'altro di Deucalione in Tessaglia
(3650 O. C)? Ma queste furono inondazioai particolari che non si
estosero fuori della Grecia. O forse del primo ed antichissimo di-
luvio universale ( 9943 O. C. ) ? Ma questo fu assolutamente ignoto
ai pagani : diluvium iUud maximum nec graeca nec latina novit
hitioria (S. Augustin. , De civiL Dei, XV1U, 8). E di nn diluvio
parziale che non allago la Sardegna , o di nn diluvio universale
che la Sardegna pagana ignorava auatto, come e perche perpetua-
vasi la memoria dai Sardi Iolensi , appellando Ercole (pott cateclif
mum) conservatore , ristoratore, e propagatore di quella sarda po-
polazione ? . . . L'impostura e troppo manifesta , ne io voglio spen-
dervi sopra piu parole per dimostrarla. Parlero invece , a compi-
mento di questa nota, della medaglia prodotta dal Froelieh {Notit.
ekment. numitm. * cap. VI ) avente per diritto la leggenda greea
KAJPaaitqn (Karaliton), e per rovescio un cavallo dimcazato, cbegli
chiamd Caralit Sardiniae equut dimidiatut. Se nna tal moneta" ap-
partenga aU'antka Cagliari, e da cid possa dedursi che Ia mede-
shua fosse citta Ubera , come opinarono col suddetto Freelich il •
Geltzio, U Gesnero e 1'Arduino (Goltz., Thet. antiq^ lit. K. - Gesner.,
Numitm. reg. Mactd., tab. S8-, num. 91. - Arduin., Numm. dnHq.
popul. et urb.}, o se veraraente si debba attribuire aUa citta di Cime
neU'EoIide, come piacque aU' Eckel (Doctr. nmmm. teter., part I,
T«L I, art. ItaL eum intul., e voL II, art. Aeolit), non pud dirsi
cosi risolutamente definito , ehe non ammetta tuttavia ulteriori di-
scnssionL F« bensi errore, e gravissimo dei suddetti Cossn e Ste-
fanini (oper. ciL), il crederla moneta punica, per quindi aUribnire
colla scorta deUa medesima la fondazione di CagUari ai Cartaginesi ;
imperocche un monumenlo punico con epigrafe greca e un vero
paradosso archeotogico ; ed ollre a ci6, se la medagUa si giudicava
appartenere a Cagliari come a cilta civium romanorum, quale
cbiamolla Plinio (Hitt. natur., 111, 13, edit. taurin. 1831), devea
losto riconoscersi di tempi mollo posleriori , non esscndo forse |>tu
ghes che sorgono frequcnti sugii altipiani c su i colli sardiC),
sono ancor esse costruzioni fenicie, o di lempi c duomini
ch'ebbero comuni coi Fenici gli usi e la religione. E lc
tanle fenicie forme di riti , di deita, di allegorie, di sacrifizi,
di arti, di leggi e di costumanze espresse negl'idoli e negli
effigiati metalli , che ora il caso, ora la dotta curiositk degli
archeologi discoverse fra i solcbi aperti e sotto le vergini
glebe rotle dal fendere assiduo del vomere sardo ( 3 ), sono
simboli ed avanzi sincroni dell' antichissimo culto orientale
inlrodotto in Sardegna nella lunga dimora fattavi da fenici
abitatori.
Discendente dai Fenici, o frammista per lo meno a fenici
awenturieri, fu eziandio la colonia libica condotta da Sakdo,
il quale cambio alfisola 1'antico nome, e le diede dal pro-
prio 1'altro piu stabile e piu divulgato di Sardkgna. Si e gia
veduto il monnmento ( 3 ) col quale cotesto eroe, fenicio egli
stesso di nascenza o di origine , volle perpetuare la memoria
della sua impresa, e il lido d'Africa dond'era parlito, e U
paese d'Europa da lui toccato nel viaggio, e la parte della
terra sarda primamente occupata , e il nome del luogo dov'ei
fermossi, ed in cui scrisse il ricordo della sua navigazione.
Di questa colonia di Africani popolatori scrisslero concorde-
mente gli autori greci e latini (*); e la venerazione tributata
al suo illustre condottiere dalle generazioni sarde dei secoli
posteriori e un argomento irrefragabile della realta della sua
esistenza e della sua venuta. II culto tradizionale degli an-
tichi insubtni verso cotesto autocrate o dominatore del toro
paese c altestato dalFara o dal delubro innalzatogli nella
eosta occidentale dell'isola (Sardopatoris fanum), di cui ci
Iasci6 ricordo il geografo Tolomeo (*), dalla di lui statua in
bronzo che Pausania vide nel tempio di Delfo ( 6 ) , e dairas-
sociazione onorevole che la Sardegna romana nei tempi
della sua triste servitu fece del nome e deH'effigie di Sardo-
padre col nome del fortunato ascendenle di Ottaviano Au-
gusto ('). Altro argomento deirarrivo e della mansione di
antica deU'eta di Mario e di SiUa, owero di Cesare o di Augusto,
la cittadinanza romana accordata a Cagliari dai superbi coaquista-
tori del mondo.
(1) Ved. sopra, pag. 94, coL 9, nola 9, ed i Inoghi ed autori ivi
citati, ai qoali si possono aggiungere la NoHce tur let Nuraghet
de la Sardaigne di M. Petit-Radel, e le Ottervationi relaUve fattovi
dai dotti antiquarii francesi Choiseul-Gouffior, LechevaUer, Felix-
Beaujonr e Fauvel , in varie Memorie inserte negU Atli deWAcca-
demia d' iserizioni e belle-lettere di Parigi.
(9) Sngl' idoli sardo - fenicii pnd essere consnltato con frutto
1'opuscolo del Mttntors, intitolato Sendtchreiben iiber emige tardiche
idole, che fa seguito alla sua Storia della reHgione dei Carlagineti.
(3) Ved. sopra pag. 94, col. 1», nota 1.
(4) Silio itaUco, Punieor., XII, v. 359 e segg. - Pausan. , Phocic.,
X. - Cicer. , Prdgm. orat. pro M. Scauro , tom. VIII , pag. 409. -
Solino, Polyhut., X.-Martian. Capell., Denupt. philotog., Vl.-Isidor.,
Orig., XIV, 6, pag. 195. Vedansi i tesU relativi a pag. 94, coL l;
pag. 97, col. 1 e 8; pag. 98, col. 1.
(5) II sito preciso del tempio o defT altare eretto a Sardo padre
dagli anticbissimi abitatori deUa Sardegna non e stato tuttavia de-
tenninato con certezza. Tokmeo nel testo della sua Geographia
(lib. III, cap. III, pag. 76, edit Amstelod. 1618, in-fel.) lo coUoca
tra Osea e Napoli: Otaea civitat. Sardopatorit ieron (i. e. fanum).
NeapoHt etc Ma nella Tavela corrispondente ( Buropae , VII ) lo
nota piu verso il snd delVisota in quel capo opromontorio che oggi
appellasi della Fratca ; perloche il Cluverio sospettd ( Sardm.
antiq., VII) che Toiomeo avesse scritto origmalmenlo Sardopatorit
acron (i. e. promontorium). Perd il Mercatore (Gerardo) neHesue
Annotarioni, il Berty, o tutti generatmente i tradnttori di Tolomeo
scrissero Sardopatorit fanum , ne a nessuno cudde in pensiero dl
convertire 1'tcron in acron.
(6) Ved. sopra pag. 37 , col. 1«.
(1) M. Azio Balbo ohe fu protoro di Sardegna nel WI di Roma
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PRIMA.
33
detta colonia africana petrebbesi ricavare dai uomi tl JHrtok
noposti a dx»e dette isole adiacenti, e ad uao degli antiehi
porti della Sardegna mentovati da Tolomeo e da Phaio (0;
ed eiiandio dat predtcato Bisswtis o Libusonis dau» aUan-
tiehiseima cittk di Torres (*)•, perciocche se bod putasi con
Egti era cognato di C- Giuho Ceaare « avo materno di Ottaviau».
Aagusto , come si ha da Svetonio : decedens ( C. Octavius pater )
Macedonia mortem obUt repentinam, superititibus liberi», Octavia
mawre, quam tx Jncharia, et Oetavia minore, item Avgutto, quot
ex Atia tuUrat Atia M. Atio Balbo et Julia, sorore C. Caetaris ,
genita est (C. Svetonii, Octavius , num. 4). Sono noto agli eruditi
raccogtitori deHe antichita romane le raedaglie coniate dai Sardi m
di lui onore. Le medesime hanno effigiata nel diritto una testa di
aspetto giovanile , col capo sormontato da nove cresle o piunie ,
collo scettro da un lato , e coBa leggenda SARDVS PATER allin-
torno ; e nel roves«io'an'attra testa imberbe colla teggenda M. ATIVS
BALBVS PR. II gabinetto della biUioteca del re di Francia possiede
tre diversi tipi di queste medaglie. II Gronovio ne pubblicd due
nel suo Tesoro delle antichita greche (Thesaur. graecar. antiq., tom I),
ed una il MoreUi nel Tetor» numitmatico ( Thetaur. N«mwm. Ma-
rellian. , tom. I ). Da questo monumento si raccoglie che i Sardi
ricevettero molti benefizi dalla pretura di M. Azio Balbo , poiche
ne vollero perpetuare la memoria in un modo cesi durevole. La
loro gratUudine verso cotesto governante non potea essere ne pin
efficacemente ne piu onorevolmente espressa. II Sardus-Pater , o
Sardipater' dei Sardi equivateva al Martpiter e al Liberpiter dei
Bomani, e rappresentava I'oso generale dei popoli antichi di ve-
aerare col nome di padre i primiUvi loro fondatori. Quale adunque
potea rendersi dai Sardi gloria maggiore a M. Azio Balbo di quella
che risultava daU'assoeiarlo aUa gloria ed al nome delfantichissimo
autore della loro esistenza sociale? U suddetto Gronovio e Filippo
Della-Torre (apud Graev. thesaur. antiq. roman., tora. VIII, parl. IV)
tolsero occasione dalla illustrazione di questa medaglia per con-
htare 1' opinione del Bochart ( Geogr. tacr. , part. II , lib. I, 31 ) ,
che pretese derivato il nome di Sardegna dall'ebraico Saad (pedata
nmana) anziche da Sardo padre, mnovendolo forse a tal conghiettura
le denomuttzioni di Sandaliotin e i'Iehnuta datole dai Greei (Arist.,
De mirabil. auteult. , pag. 1159. - Stephan. , Epitom. - Martian. ,
Ub. VI, cap. De Sardinia, pag. 307. - Ptan., HitL natmr., III, 13,
edit. taurin., 1831. - Solin., Polyhist., X, p. 18.-Sil. Ital. Punieor.,
XII, v. 357, 358), le quali procedevano dalla sua figora rassomi-
gliante all' orma di un piede nmano ( humanae tpeciem piantae
sinuosa figurat intula ec. Clandian., Df bello gildon. - Sil. Itai., loc.
cit- Isidoros, Origin., XIII, 6). Ma se 1'etimologia immaginata dal
Bochart era in tal rispetto assai stentata , fu pero incivile , e forse
anche superfiua la confutazione fattane da qnei dotU archeologi ,
poicbe le testimonianze di ogni genere che si haqno suUa esistenaa
di Sardo padre e suU'appellazione di Sardegna derivata dal di lui
nome, sono tante e cosi solenni, che non puossene ragionevolmente
muovere dubbiezza veruna.
(1) Nella descrizione del lato meridionale deU'isoIa lasciataci dal
snddetto Tolomeo si legge: ttioea portus , Hercclis pohtis, Nora
civitat etc. E poco appresso : intulae vero circa Sardiniam sunt ,
Phintoni intula, Jlva intula, Nymphaea intula, Hbrcclis insula etc.
( Geograph., lib. 111, cap. III, pag. 76 e 77, edit. Amstelod., 1618,
in-fol ). Plinio non fa menzione del porto ; ma a voee di una sola
ricorda due isole denominate di Ereole: habet (Sardinia) et o
Gorditano promontorio duat vuulai, quae vocantur Hebcclis {Hist.
natur., III, 13, edit. cit. ). L'Ardnino (in not. ad Plin.) «crive di
qneste doe isole : sunt geminae : maior Asikaba , tive Zavar a : minor ,
Isola riANA dicitur.
(%) Celeberrmi »n ea ( i. e. Sardinia ) populorum , Ilientet, Saiari,
Corti. Oppidorum XVlll; Sulcitani, falentini, Ifeapolitani, Bosentet,
Calaritani civium romanorum , et Worentet. Colonia autcm una ,
quae vocatur ad Tcnam Libtsonis ( Plin. , Hiet. natur. , III , 13 ,
edit. taur. praed. ). La stessa denominazione , con piccola differenza,
te diede il geografo Tolomeo nel secondo secolo dell' era volgare ,
notandola , dopo le citta settentrionali di Giuliola e di Tibula in
qoesto modo ; TotRis Bissonis civitat ( Geograph., lib. III, cap. III,
p. 76, edit. praedict. ). Nell'istesso secolo vedesi ricordata neU7«w«-
rario di Antonino col solo nome di Torret ( ad Turrem ). E nel
secolo V lo storico Vittore di Vita o Uticense ( Victor fitentit )
ne' suoi IU>ri De persecutione Vandaliea (lib. IV , 693) rammenta
tra i vescovi sardi intervennti al concUio di Cartagine , e maltrat-
taU da CJnnerico, un Felice de Turribut. Sulla fondazione di qaesta
citta scrisse il Fara le seguenti parole : Turrium civitat a
Vetulonicit Turrenit , primis Sardiniae aceolit , turritis aedibus
( ut creditur ) condita , et propterea Turhicm civitat , Tdbrita el
Torbena urbt fait dicta. Thutei enim urbet lurritit aedibut condere
solebani — Deinde augutta civitat ab Hercule facta , Tcrris Li-
certezza aflfennare cae i Sacdi piiouttvi coaoscessero ie m-
preue maravigtiose di <|«ei taoli eroi cbe l'antkbitk cousacro
cotla denominazioBe Ui Ercoli, cingesdo^i deWaoreola ja,vo-
loaa dftlle mMologicha divinita, p»5 tnUavia essere accettala,
cotne nna deile iaduzioni pxobabili dei tempi e dei fatti
eroicj della Sardegna, cbe o gli stessi africani coloni, o i
ttatwati der ivati da essi abbiano voluto perpetuare colle no-
BMaaAoni lecali la meBw ia di queU'Ercole libico, dal quale
procedeva il generoso sangue e l esistenza di Sardo-Papre,
Ma non credo necessario ricerrere a siffatte conghietture,
qaaado esistono le testimouianze positive del tatlo, e le le-
'stiraoaianae sono di tal natura e cosl numerose, da com-
provare il falto medesimo con tutta la certezza deUe isto-
riche verita.
Soggetto. piuUosto di noa lievi dubbiezze e di gravissime
HKiagini preseatano le tante colonie grecbe cbe diconsi
ginnte in Sardepa per pooolarla e dirozzarla. lraperocche,
sebbeoe sia fuori di dubbio che i greci navigatori fin da
tenpj remotissimi abbiano visitato i lidi sardi , e che allettati,
dalla feracita del soolo e dalla ricchezza del mare che lo
oircouda, sianvisi fermati per (arvi dimora ( 3 ), non puossi
bvso.ms , teste Plinio el Ptolomaeo , cognomen est adsequuta
Deducla postea ad eam colonia Romanorum , ut inquit Plinius ,
Onuphtiut et Sigoniut, fuit multis et amplittimit aedificHs exomata
ek. (Chorngroph., II, 55, edit. taurin., 1885). La sentenza del Fara
fu reguila senz'aItro esame d;il Vico (Hist. gen. de Sard., II, 2),
il quale anzi la disonestd , aggiungendovi del sno, rhe i Tirreni o
Vituloni furono inviati a Sardegna da Osiride rc d'ltaba. Tanto
basto perche nel secolo XVII armeggiassero sopra questo punto di
etrnsca origine gli scrittori sardi, invasi dallo spirito pazzo e con-
vnlso del municipalisimo. 1 Sassaresi difesoro, come raeglio potevano
1'nntichissima fondazione della loro madre patria ; la combatteroiio
i Cagliarilani ed i fautori di Cagli.ari, tra i quali il Vidal scrissele
piu strane cose del mondo , chiamando la sua citta prediletta
CuruUm Vetuloniam , e dicendola , per maggior lode di antichita ,
fondata, senza pin ne meno, dai Veienti: iamnunc Calarim procul
dubio Sardiani ProtopoUm Veii condidert (Annal. Sard. , 1 , 37).
Qeale giudizio debba farsi di coteste esagerazioni , o meglio dicasi
di tali visioni Vicane e Vidaliane, lascierd che altri il dica. Main
nn secolo come il nostro , pieno di lumi e di moderazione , nel
qnale i presenti possono rammentare le ire municipali degK avi tero
senza pericolo di offendere la concordia e lo spirito di unita na-
zionale cbe tutti informa qnanti sono i francbi ingegni c generosi
petti sardi, non siavi chi accusi deUe riferite stranezze il maggiore,
il piu modesto, e forse anche il piu assennato dei nostri annalisti,
quasi egli sia stato cagione di essersi dai sardi scrittori che lo se-
gnirono abusate si pazzamente ie storiche disquisiiioni. Imperciocche
il Fara , se tolgasi quella soa vana fede ncUa significazione di
LibysonU, che troppo facilmente interpretd per citta augutta di
Ercole ( Libysoson enim civitatcm Herculit auguttam signifieat , I.
cit. ) , si appose drittamente al vero , o al piu probabite almeno ,
ascrivendo ai Tirreni la prima fendazione di Torres, e dippiu diede
prova non dubbia di non ordinario criterio, rattenendosi dall'affer-
marlo positivamente. Le parole ut creditur, colle quali egli manifesto
la propria opinione, dimostrano ad evidenza, che sebbene la suddetta
fondazione etrusca potesse essergli persnasa , e daU' occupazione
dei lidi settentrionali della Sardegna fatta prima di ogniWro dai
Tirreni, i quali al dir di Strabone (Geograph., Iib. V)$irono i
primitivi abitatori delrisola , e daila maniera invariabile usata da
quel rinomato popolo nell' ediflcare le citta , cingendole di salde
mura (Liv., I, 44), e forse anche dalfistesso nome di Torret,
tuttavia, ne tali argomenti di critica istorica, ne il giudizio proprio
tanto prevalevano in lui , da accertare come positivo un fatto di
cosi alta e tenebrosa antichita. E di taie sua rattenntezza, anziche
dargli biasimo, e ufiizio di civilta letteraria e di patria riconosccnza
rendergli ltberalissimi il merito e la lode.
(3) La conoscenza che i Greci antichi ebbero deUa Sardegna si
deduce dagli stessi nomi che le imposero , e che derivarono dalla
sua figura geografica. Platone (In Timaeo, de rer. creat.) la chiamd
Sandaliotiun , ab effigie toleae, come spiega Plinio (Hitt. natur. ,
III , 13, edit. praed.); e AristotUe discepolo di Platone, 1'appello
Ichncsa, a vettigii, ut videtur, humani timilitudine ( De mirabilib.
auscultat., pag. 1159, edit. Paris. , ann. 1639). II suddetto Plinio
soggiunge che Myrsilut (Sardiniam) adpeltavit Ichm sam a simi-
9
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34
DISSERTAZIONE
lutlavia niegare che i racconti relalivi a lali navigazioni ed
alle varie imprese dei condottieri che le diressero trovansi
implicati fra tante favole, e riporlati a cos\ alta antichila,
che somministrano motivi sufficienli a diffidarne. Sa ognuno
le iinzioni e le poetiche allegorie spacciale come vere dai
greci narratori , e come costoro, anzi tutla la greca nazione ,
genus in gloriam srnrn effusissimum , quale fu appellata da
Plinio (O, siasi voluta arrogare il vanto di aver dato origine
a tutti i popoli deU'antica lerra conosciula W. Divulgatis-
sima fra gli eruditi e questa greca vanita; e Strabone scri&e
assai giustamente, che i greci scrittori, dopo aver ripieni
di tradizioni favolose i patrii annali, confusero co' racconti
mitologici le slorie degli stranieri , popolando di eroi e di
semidei lllalia, 1'Africa e 1'Asia, come tanti ne aveano gia
immaginati per la loro terra Iragica e moslruosa ( 3 ). Non
pertanto sarebbe spinta ollre i confini del giusto la diffidenza
che volesse percio rigettare come mendaci tutte le greche
narrazioni , ne farebbe uffizio di critico imparziale chi , per
causa degli accessorii e delle parti travisate o ingigantile
col maraviglioso, pretendesse doversi niegare risolulamente
il tutto. Molte verila si ascondono spesso sollo il velame
della favola e della poesia, e se difficile c scernere le une
dalle altre, non dee per6 riputarsi impossibile, quando
larduila della fatica non sia scoraggiata dalla sistematica
persuasione di un infelice risultamento.
Applicando questi piincipii alla sloria primordiale di Sar-
degna, io non so comc si possa disconoscere molla parledi
fatli veri frammezzo alle finzioni di cui ridonilano le ricor-
danze delle colonie pervenutevi dalla Grecia. Quella di Ari-
steo, che al dir di Pausania W fu la piu antica, sembra
litudine vestigii ( loc. cit. ); c lo slesso ripete Pabbreviatore di
Stefano Bizantino: voeabatur Ichnusa quia adsimilis erat humano
vesligio. Marziano Capella ricorda ambidue i nomi siccome proce-
denti da un medesimo fonte : Sardinia esl adpellala Sandaliotes
(al. Sandaliotis) et Ichnusa: quod utrumque vestigii formam signat
(De nupt. philolog. , lib. VI); e Solino si riferisce in tal rispetto
alPautorita dei Dialoghi di Plalone e di Crisippo; Sardmiam apud
Timaeum Sandalioten(81. Sandaliotin) legimus, Ichnusam apudCrisip-
pum (Polyhist., X). Dei suddelti due nomi queilo d'Iehnusa sembra
essere stato piu in uso fra i Greci, come lo attesta Silio Italico con
quei notissimi versi :
Inde Ichnusa prius Graiis memorata colonis ( Punic., XII, 358);
e dopo di lui Pausania: nomen Sardiniae priscis temporibus quodnam
fuerit apud incolas, compertum non habeo: qui illuc e Graecis com-
mercii causa adnavigarunt, Icbnusam, quod formam habeat insula
humani vestigii , adpellarunt ( /n Phoc, X ) ; le quali parole furono
poi fedelmenle ricopiate da Isidoro nelle sue Origini : Sardmia
ante commerdum a navigantibus Graecurum Ichnusa appellala esl
(Origin. XIV, 6, pag. 195, edit. praed. ). Ma poiche per Parrivo
della colonia libica condotta da Sardo, Pisola, perduti gli antichi,
ottenne il piu moderno nome di Sardegna , i Greci P appellarono
nella loro lingua Sardo e Sardon , dal ohe derivo Paltro vocabolo
di SardM e Sardonii dato ai suoi abitanti. Questa greca denomina-
zione di data piu recente trapasso talvolta nella stessa lingua del
Lazio, come ne fanno prova i tanto famigerati oracoli sibillini , nei
quali, dopo la minaccia fatta ai peccatori del mortale riso sardonico,
Sardonicum risum ridebitis horrida quando ,
Quam dico , terrensque Dei vos opprimel ira ,
si leggc il segueute terribile vaticinio della intiera distruzionc dclla
misera Sardegna :
Sardo , nunc gravis , in cineres conversa jacebis
Insula; jam nec eris decados cum venerit aevum;
Nautaque te nusquam cxistentem quaeret in undis ,
Aleionesque tuum flebunt lacrymabile funus.
La Bign., Biblioth. PP., II 7.
(I) Hist. natur., III, 6, edit. Uur. praed. '
(3) Dionys. , I, 73. - Athen. , X, 1. - Hecat. , Fragm. ap. Demetr.
de elocut., c. 13. - Tucydid. 1. 3, 39.
(3) Strab. , Geogr., IX.
(4) In Phoc, X. Vcd. sopr. , pag. 24, col. 2.
certamente la piu favolosa ; e le nozze di Apollo colla rapila
Cirene, dalle quali egli nacque W; le stagioni custodi della
sua infanzia, che lo nutrirono di ambrosia e di nettare ( 6 );
la violenza ch'ei far volle a Euridice si lungamente lamcn-
tata da Orfeo ( 7 ) ; la sua sparizione daU'Emo e lassunzione
al zodiaco ( 8 ) ; e tanti altri portenti co' quali !a greca fan-
tasia sublimo la di lui vita, appartengono piii facilmente a
un essere immaginario cbe a una persona reale, la quale
abbia vissuto e conversato cogli uomini. Ma se riflellasi al
linguaggio poelico usato primamente dai Greci per traman-
dare alla posterita i falti degni di ricordanza, e alla inflnita
variela di allegorie da essi adoperate per significare le
azioni degli uomini straordinarii, chc nella barbarie dei se-
coli furono autori di utili ritrovati o di civili insegnamenti ,
si comprendera facilmente chc Aristeo, coroe fu inventore
della pastorizia rcgolata dall' arte ( 9 ), cosl dovette sommini-
strare ai poeti-narratori delle prime cta larga materia di
racconti simbolici e figurali, dai quali quindi derivarono Je
tradizioni favolose tramandaleci dagli anlichi scriltori. Ne
diversamente si dee giudicare dei viaggi da lui intrapresi
dopo la mortc miseranda dcl suo figlio Atteone, poiche di
questi, e di quello specialmente ch'ci fece in Sardegna, si
ha dislinto ricoido nei raccoglitori delle memorie dei tempi
eroici ( 10 ); e benche l'eta cui si riferiscono sia molto supe-
riore aH'altra in cui ebbero principio le regolari navigazioni
dei Greci ("), non si puo tullavia conlendere che in quella
ancora, quantunque assai rozza e selvaggia, alcuni uomint
(5) Diod. Sic. , lib. IV. - Juslin. , lib. Xlll, 17. - Cicerone uella
Verrina X lo disse Gglio di Bacco; ma poi tornd alla tradizione
comune, dandogli Apolline per padre: Aristaeus, qui olivae dicitur
inventor, Apollinis filius (De nalur. Deor., III, 18),
(6) Pindar., od. IX , Pyth.
(7) Hygin. , Fab. 164. - Virg. , Georg. IV , 457 e segg.
(8) ApoIIon., lib. IV. Argon. -Sallust., ap. Serv., in lib. I. Georg.,
v. 14. - Serv., in lib. IV Georg., v. 283 e 317.
(9) A lui infalli si attribuisce P onorc di aver per il primo inse-
gnato agli uomini P arte di rappigliare il latte e di farne cacto ;
quella di coltivare gli ulivi e di far Polio: e quella di educarc le
api e di trarne il miele e la cera. Ved. Diod. Sicul. , loc. cit.
- Cicer. , loc. cit. - Non. in lib. XV. - Dionisiac. - Ovid. , Fastor. ,
1 , 363. - Virg., Georg., IV, 317. Scholiasl. Apollon. in lib. U Argon.,
V. 502.
(10) Ved. Apollod., lib. 111, c. IV e V.-1'ausau., lib. X, c. XVII.
-Igin. , Fab. 180 e 247.
(11) La piu antica di tali navigazioni , per consenso quasi comune
degli erudili , fu quella degli Argonauti , che cadde nelPanno 3870
O. C. ( 1360 av. G. C. ). La flotta di Minosse ricordata da Tucidide
( lib. 1 ) appartiene a quella istessa eta ; ma, secondo la teslimonianza
del suddetto istorico , era cssa composta di piccoli legni , e non
avanzossi oltre lo isole del mare Egeo. Efforo presso Slrabone
( Geograph., lib. VI) fissa la venuta dei Greci in Sicilia, dopo una
generazione dalP eccidio di Troia. E gli stessi Focesi , peritissimi
nella nautica, e primi fra i Greci a intraprendero lunghi viaggi
verso P ltalia , la Spagna e la Gallia , come ne fa fede Erodoto
( lib. 1) , non istabilirono la loro colonia in Marsiglia cho sei secoli
dopo la mentovata epoca troiana. Confrontando colle anzidelte na-
vigazioni quella di Aristeo, che fu geuero e coetaneo di Cadmo, si
avrebbe ccrtamente P anteriorita di due secoli sul famoso viaggio
delVArgo-nave. Ma tutto le diflicolta derivanti dalla suppulazione
dei tempi relativi alPesercizio della nautica presso i Greci, se pos-
sono a buon diritto essere opposte come insolvibili quando trattisi
di navigazioni regolari e determinate , che si vogliano far risalire
ad un'antichila troppo remota, perdono la loro forza allorche si
discorre delle navigazioni indeterminate e fortunose delle prime
eta umane, alle quali diedero occasione ora il caso, ora la sventura,
quasi sempre Pardire e la necessita. Se dunque non vi e nessuno
che non veda doversi collocare nel novero di queste ultime la na-
vigazione di Aristeo ed altre somiglianti dei secoli eroici , nc la
anteriorita sua ai lcmpi troiani , nc allro argomento veruno di tal
sorta puo conchiudcrc contro la di lui vonula in Sardegna colanto
cclebrata dai srcci e dai lalini scrittori.
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PHIHA.
greci, o spinti dalla curiosita, o costretti dalta sventura,
abbandonasaero il patrio soolo, e posUsi in balla delle onde,
cercassero coh ineerto viaggio estranei paesi e lidi novelli.
Non cosl anticbt, raa non meoo straordinarii sono i fatU
attrrbuiU a Jolao, nipote ecompagao di Ercole neUe sue
celebrale faticbe; ne vi e chi non sappia il carro di Alcide
da lui goidato nel oombattimento di Lerna, la vittoria di
Erimanto coi egli ebbe parte, gli Eractidi ctf ei rilrasse in
Atene, la gioventu ridonatagti da Ebe negti anni suoi gia
senili, la pugna con Euristeo sulle ardue rupi dello Scirooe,
i templi e le are dedicategti neUa Skitia, neila Beozia e
netta Focide, e gb oneri quasi divini renduti dai Tebant
alle soe oeneri smTavita tomba di Anfitriene (*). Ma siffatti
favoleggiamenli , se sono, com'ei pare, respressioBa figurata
deUeroismo del figlio d* lficle , non possono pregiudrcare
alla verita cbe si asconde solto il velame delle finzioni strane,
ne perche i Greci alla grandezza del reale aggiunsero la
soblimita del maraviglioso, debbesi per luoo rigettar 1'altro,
qoasi entrambi siano invenzioni di parto iodividuo e sogni
di sole poeUche fantasie. Di Jolao allronde e dei Tetpitidi
con lui venuU in Sardegna sono tante e cosi solenni le ta-
sUmoniaoze, ehe non se ne puo ragiooevolmeote dubitare.
Ne parlaoo, come si e gia veduto (*), Diodoro, Strabone e
Paosania, e dietro la scorta dei medesimi SiUo Italico e
Solino ( 3 ); anzi il primo di delti scrittori racconta minuta-
mente le imprese fatte nelfisola da qoesto greco eroe, i
luoghi ameoi e campeslri dalui occupati, le citta, i templi r
i ginnasii e gli atiri preclari monumenti cbegH vi eresseW,
(1) Ved. Euripid., Heracl, IV, 849 et seq. - Pindar. , p. IX, 137.
- Apollodor. , II , 4. - Ovid. , Metamorph. , IX , 1. - Diodor. Sknl ,
Biblioth. tiistor., lib. IV e V. - Pausan., lib. I, V, IX e X.
(9) Ved. sopr. pag. 93, col. 3, et in not.; pag. 33, col. 9; pag.
94, 95, col. -1 et in not
(3) Ved. sopr. pag. 97, coL 9; pag. 98, col. 9.
(4) Diodor., Biblioth. hist. IV, 14; V 8. Vedansi i testi relativi
dello storico sieiliano gia riportatr in questo stesso volume (pag. 93 ,'
col. 9, et in not). Una diflerenza perd assai notabile si osserva,
in questa parte tra la narrazione di Diodoro e quella di Pausania.
Dice 11 primo che Iolaxu , accerrito ex Sicilia Daedalo, fece erigere
gli anzidetti monnmenti , i quali percib dal nome delP architetto
furono chiamati dedatei (lib. IV, 14): il secondo invece riferisce
I'opinione di alcuni che faceano risalire Gno ai tempi di Aristeo
1'arrivo di Dedalo in Sardegna: tunt qui putent eodem tempore
Daedalum Cretenrium arma metuentem in Sardiniam aufugitte , et
coloniac ac domicilii consortem ArUtaeo fuitte (In Phocic., X). E
sebbene egli combatta subito uha lale opinione coll* argomento va-
lidissimo, che Dedalb coetane6 di Edipo non pote essere socio df
Aristeo contemporaneo di Cadmo, jtuttavia ue gli attribuisce parte
veruna nelle opere di Jolao , ne lo. fa autore di vcrun edifizio ncl-
1'isola. Dal ehe si deduce avere il citato Pausania creduta favotosa
Panridetta venuta di Dedalo, u con ottimo giudizio essere stato da
lui rigettato come bugiardo uo episodio che potea nuocere alla
credibilita del racconto principale. Siflatti scrupoli. non rattennero
ia tempi assai posteriori la penna del Vidal dallo scorrere a briglia
sciolta per questi spaeiosi c^nipi dell' immaginazione , poiche egli,
non contento di asserire come certa la presenza di Dedalo in
Sardegna ai tcrapi di Aristco, o di ascrivergti la costruzione di ec-
eelse mbli architettoniche nol campidano di Cagllari, appellato da
loi con antonomasia di tulto suo conio Campania, caiaritana, ereo
di botlo un altro Jolao, primogenito del suddetlo Aristeo, adulte-
randb fcercid un testo di Solino ( Polyhist., X ) il quale non sognd,
non che scritto abbia giammai di tal figliuolanza, ed a questo at-
tribul Pampliazione delj'antica Cagliari , che fu quindi chiamata
dai di iui nome. citla di Jole o Jolba, e a CaUcarpo di lui fratello
lafondazionc di .Maba-Cai ago.ms (palria di cosl scempiato scrittore^
che',convcrsc'.latinamente in un ^ellissimo Calicynit, mentre,aU'altro
ioLAO 'fignuolo d' Ificlo lascio ia gloria delle cosirozioni nwdcich*
e della generazione dei popoli jolenri. Ne qui fermandosi la di lui
strayolta, fanlasia, trovo nella parola Jole una inversione dclPebraico
Ehi\ Deui mens); ed ccco dagliaq, io,consa ( pevole ancora di
35
e il nome di Jolei rimasto per lunga successione di tempi
ai campi ch'ei divise frai suoi seguaci, e agli uomini liberi
e beliicosi generati da queUa gagliarda progenie di Ercole
lebano ( 5 ). Questa istessa esistenza del nome Jolaice duro
inalterata smo al seqoio di Paosania, ed egli la riferisce
come cosa induhitata ( 6 ), e recita iuoltre i oomi delle citta
sarde edificate dai Tespiadi e dagli Ateniesi ( 7 ), e gti onori
rammenta obe i Sardi Jolemi tributavano ancora atta me-
moria di queirillustre condotUero ( 8) - Taote e si varie ri-
membranze.di uomioi, di faUi e di vocaboli. seprayvissute
al teoebroso tramooto dei tempi eroici, conservate daila
tradizione dei popoli , e qoindi raccolte nel cominciare del-
l'eta storica, non posaono io verun modo essere la conse-
guenza dimmaginarie narrazioni; e se i rivolgimenti seoolari,
1'amore dei Greci pel maraviglioso, e la stessa giganiesca
barbarie deUe azioni che si celebravaoo, ne travisarono la
fisooomia primiUva ed origioale, cio non impedisce che alla
sostanza dei racconli si presti quella fede, la qoale ad altri
fatU di somigliante o poco diversa natura si suole dai sa-
pienti comunemente concedere. UguaU argomeoti oon si
possooo certamente addurre per le> ailre colonie di greca o
di diversa origine rammentale dagli anticbi scrittori. Pero
se lolgansi quelle inventate a proprio talento dall' imposlore
Anhio di Viterbo ( 9 ), e la troiaoa^ cbe fuprobabilmenle una
poeUca tradizione del favoloso viaggio di Enea in Ilalia ( t0 ),
tanta sua onoranza , diventar subito per aatorita Vidajiana la pre-
diletta citla di Dio: civitat Dei mei (Vidal, Annal. Sard., parte I,
pag. 46, 47, 48, 51 e 53 et alib. pass.).
(5) Loc. cit Anche Strabene lascib scritto: (tcm eadem haec loca
( in Sardinia ) contmenter populantw montani , qui Diagebrenbeb
vocantur , olim Jolaenses dicti. Fertur enim Jolaus eo adduxisse
; quotdam filiorum Herculis etc. ( Geograph. lib. V ).
(6) Atque hac etiam mea aetate in Sardinia loca manent , quae
Jolaea vocantur: ab eorumque incolis honores Jolao hdbentur
(In Phoc., X). E Solino, che fiori nello stesso secolo di Pausania,
dice apertaniente : Jolenses ab eo (cioe da Jolao) dicti (Polyhitt., III).
(7) ffi ( i. e. Thetpientet ) Olbiam condiderunt : privatim vero
Athenieniei Gobvllen; vel tervato alicuiut de atticis tribubut nomine,
vel quod unut declatrit ductoribus Gbilldb fuerit (Pausan., loc. cit).
Ificlet Jolaum credt , qui Sardiniam ingrettus ... Olbiak et alia
graeca oppida exirumt ( Solin. , loc cit. ). E tuttavia , a fronte di
si chiare teslimonianze , il Fara , tratto in errore dalle favole
Anniane, suppose un' aitra citta di Olbia fondata da Galata figlio
di Olhio re de' Celti , e questa colloco nella parto settenlrionale
dell isola, menlre alPaltra menzionata dai suddetti Pausania e Solino
(loc. cit), da Cicorone (Rpist. ad Quint. fratr,, II, 3, 6 e 8), da
Tolomeo (Geograph,, III, 7), da Antonino (Itiner.) e da Claudiano
(De bell. Gildon.) assegnd il sito probabile nella parte meridionale
1 (Fara, De reb, sard. , I, 108, 109, edi(. taur. praed. ). La citla di
Ogbillb o Gobille fondata dai Greci seguaci di Jolao sospettb il
Cluverio cbe possa essere la. Gwrulit vetus che vedesi annotata dal
' SMddetto Tolomeo (loo, cit. ) fra le citta mediterranee di Sardegna
( Cluver. , Sard. antiq. , VII ).
(8) Ved. la nota 6 preced. e gli altri testi riferiti per intiero aUa
pag. 35, col. l. a , not t.
(9) Ved. sppra pag. 99, col. 1*.
(10) Sebbene Pausania racconti ehe alcuni dei Troiani seampati
con Enea dalla Uiaca rovina, acli tempestatibus in Sabdinum ,
Graecit, qui ante inibi consederant, permisti sant (IPhoc., X ; ved.
sopr. , pag. 95 , col. 9 a ) , e Silio Italico lo ripeta con quei versi ,
Affluxere etiam , et sedes potuere coaetas
Ditperti petago, pott eruta Pergama, Teucri. ,
Punicor., XII, 361-63.
soggiungendo inoltre che Amsicora, capo dei Sardi-pelliti , si van-
tava discendente dai detti Troiani, .
.... ortum Iliapa iactant ab origine nomen,
In bella Hampsaqobas Tyriot rcnofafa vocarat.
lbid. v. 344-45;
e sebbene Pomponio Mela e Plinio parlino dei popoli Uieri dt Sar-
degna come esistenti alla loro eta (De.tit. orb., II, 7. ,- Hitt.
nalur., III, 13. Ved. sopr. pag. .38, col, !• e 3».), t«ttavia io
dubito assai delP arrivo di questa colonia . treiana ai lidi sardj,
10
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36
DISSEB.TAZIONE
nou e alieno dalla storiea credibilita che alcune vi venissero
doltreroare (0,ed altre non fossero veramente colonie nuove,
sibbene propagine delle anticbe , le quali o dal caraltere e
dagli usi proprii , ovvero dai luogbi da esse abhati prendes-
sero posterionnente la derivazione ed il nome (*). Non me-
ritando dunque le medesime, anzi non potendo sopportare,
a causa della passeggera menzione fattane dagli stessi scrit-
tori, un' indagine frultuosa e separata, e forza concbiudere
che le colonie tirrene, le femcie, le greche, e le Ubiche, delle
quali si e finora ragionato , sono le sole il di cui arrivo e
mansione in Sardegna pu6 essere con certezza affermato e
sostenuto.
Ma di queste colonie, che io chiamerb capitali per di-
stinguerle dalle altre di minor nome o di dubbia esistenza,
quale prima e qual dopo arrivo all' isola per cercarvi stabi-
limento di nuove sedi? Ecco la questione piu ardua che si
appresenta ai dotti investigatori delle cose antiche nel periodo
primitivo della sarda istoria; ed ecco il mare in cui naufra-
garono alcuni scrittori nazionali per aver voluto precisare
con ordinata successione di epoehe cronologiche un fatto di
cosl alta e tenebrosa antichita. Non e mio intendimento di
aggirarmi con soverchia fidanza in tale intricato labirinto
delle patrie origini; eppercio, nel rispondere a unadomanda
che fu gia causa di strane illusioni e di molti errori, dir&
brevemente la dubitosa opinion mia, lasciando che altri piu
di me istrutto o piu fortunato rischiari con nuova luce un
argomento che rimane tuttavia sepollo nella profonda oscu-
rita dei secoli. Comincierb pertanto dall' osservare che tutti
generalmente gli autori greci e lalini fanno anteriore al nome
di Sardegna, derivato da Sardo figliuolo di Maceride, 1'altro
Don tanto per 1'errore in coi possono essere cadoti gli anzidetti
scrittori, distinguendo gVlliesi dai Iolaesi, poiche v'e chi sostiene
doversi tale distinzione osservare (ved. sopr. pag. 98, col. l a , not. 3),
quanto pel consenso piu autorevole degli eruditi , cbe rigettano co-
munemento qual fola di romanzi il viaggio di Enea in Italia, ap-
poggiandosi , tra le altre, alle due positive tostimonianze di Omero
(Iliad., XX) e di Strabone (Geogr., XIII), dalle quali si raccoglie
che il figliuolo di Anchise non uscl dalta Frigia , che riedificd la
citta di Troia , e che dopo avervi regnato per piu anni , lascid la
corona a' suoi discendenti.
(1) E tra queste si possono annoverare le colonie siculesi e cor-
sieane, delle quali parlano Pausania, Tolomeo e Plinio {Phocid., X.-
Geograph., III, 3, pag. "76 e 77. - Hist. natur., 111, 13). In quanto
ai primi , che furono indigeni del Lazio, secondo 1'autorita di Var-
rone (IV, 10), e di Dionigi di Alicarnasso (I, 9 e 11), bastera por
mente alla infelicita delle loro guerre cogli Cmbri, e alla necessita
cbe quindi gli spinse ad abbandonare 1' antica e a cercare una
nuova patria nella Trinacria gia occupata dai Sicani (Dionis. Halic,
I, 16 e 33), per argomentare molto probabile l'arrivo di una por-
zione di quesli esuli illustri alle spiagge non lontane della Sar-
degna. Ed in quanto ai secondi, la vicinanza della Corsica, e le
guerre intestine delle quali parla il suddetto Pausania (loc. cit.
Ved. sopr. pag. 95, col. 9* ) persuadono facihnente che essi abbiano
cercato nuove sedi nella parte piu settenlrionale dell' isola , dove
appunto assieme ai Tibulaxii sono collocati dal mentovato geografo
Tolomeo.
(3) Tali sono, a mio giudizio, i Tarati, i Sossinati, gli Aconiti
e i Balari rammentati da Strabone (Geograph., lib. V), i Locrensi
ricordati da Solino (Polyhist., X), i Coracensi, i Carinsi, i Soleitani,
i Lucidoneti, gli Esaronensi, i Cornensi, gli Echilensi, i Ruacensi,
i Celsitani, i Corpicensi, gli Seapitani, i Neapoliti e i Valentini
annotati da Tolomeo ( Geogr., III, 3), e i Bosensi e i Norensi dei
quali parla Pliuio ( Hist. natur. , III , 13 ). Alcuni infatti di questi
nomi sembrano derivati dalle citta antiche di Sardegna, come
Cohnis, Neapolis, Bosa e Noba, altri dalle regioni cbe qoei po-
polatori occupavano, come Cobacodes e Solci , ed allri dai costumi
selvaggi delle stesse genti obe li portavano, quali furono senza
dukbio i Balari, cosi chiamati secondo il citato Pausania (Phoc, X),
perche, abbandonate le sarde pianure, e rotta ogni comunicazione
co'Cartaginesi, montium iugis oecupatis, seorsum consederunt
d'IcHNiiSA dato all' isola dai Greci navigalori: qui illuc e
Graecis, dice Pausania , cemmercii causa adnavigarnnl, Ich-
nvsam, quod formam habeat ituula humani vestigii, adpel-
larunt. . . Sarvvs vero coUmiam th Ichnvsam deducendam
suscepit, unde, mutatopriore vocabulo, de eius nomine adpel-
lata esl {Phoc, X). E Silio Italico:
Inde Ichnvsa prius Graiis memorata cokmis.
Mox Lybici Sardvs generoso sanguine fidens
Mereulis, ex se se mutavit notnina terrae.
Punicor., XII, 358 e seg. ( 3 ).
Siffatta anteriorila di nome prova indubitalamente 1'anteriorita
degli uomtni che lo imposero ; e se quando i Greci appella-
vano 1'isola col vocabolo figurativo d'kBm>sA non esisteva
ancora l altro patronimico di Sardegna , vede ognuno assai
cbiaramente che larrrvo delle colonie africane o libico-fenicie
dovette essere posteriore a quello delle colonie greche.
Ne mi si opponga col Gluverio che Sardo fu il piu antico
occupatore dell'isola, che il nome di Sardegna quindi venuto
alla terra deve percib riputarsi primario, e che 1'altro di
Ichnusa non fu giammai nome suo proprio, s\ solamenle
usato dai Greci,,e fra i Greci nel patrio loro linguaggio,
come, a modo di esempio, anche la Sicilia fu da essi gre-
camente appellata Trinacria ( 4 ). Imperciocche tutto il fonda-
mento dell'argomentazione Cluveriana consiste nel gia.alle-
gato testo di Pausania( 5 ), il quale dopo aver riferilo 1'ante-
riore denominazione dell'isola introdolta dai greci mercatori,
e Ia posteriore derivata da Sardo, noverb ordinatamente le
colonie pervenutevi , e fra queste assegno il quinto luogo a
quella degli Iliesi scampati colla fuga al miserando eccidio
di Troia. E siccome da tal racconto verrebbe ad inferirsi che
il nome greco di Ichnusa precedesse di tre secoli almeno
1'arrivo della suddetta colonia iliaca , tolse da cio quel dotto
geografo il principale motivo a dubitarne, sembrandogli
strano assai, che, tanto tempo innanzi all'epoca troiana,
uomini greci, o partilisi dalla Grecia, navigassero ardita-
mente fino alle spiaggie sarde per sola causa di mercatura.
Ma s'egli avesse rifletluto, che quella mano di profughi
troiani spinti dalle tempeste a ricovrarsi in Sardegna e forse
una delle tante tradizioni poeticbe accolle come vere dal
greco viaggiatore, o che, anche vera essendo, fu mal col-
locata da Pausania dopo la colonia di Sardo libico, non a-
vrebbe sulla base di un fatto o immaginario nella sostanza,
o erroneo nella crooologia, impugnato un altro fatto d' in-
contestabile realita. E che tale sia la precedenza del nome
icnusiaco al nome sardo, ne il Cluverio lo niega, ne vi e chi
possa dubitarne, atteslandolo positivamente gli scrittori tutti
sovra riferiti, alcuni dei quali furono coelanei, ed altri e-
ziandio di molta eta anteriori allo stesso Pausania. Stabilita
adunque come inconcussa la priorita dei Greci sugli Africani
nella conoscenza e nella occupazione della Sardegna, occorre
ulteriormenle investigare, se i primi ne siano slati i piu
anlichi popolatori. A me pare cbe no, perche i Greci, se-
condo l'autorita dei piu assenoati cronologi, non si arri-
(3) Vedansi piu sopra in questo stesso Volume pag. 33, col. 3«,
not 3, gli altri tesli di Platone, di Aristbtile, di Plinio, di Stefano
Bizantino, di Marziano Capella, di Solino e di Isidoro, relativi tutii
alla primitiva denominazione di Ichnlsa e di Sandaliothih che '}
Greci diedero alla Sardegna.
(4) Cluver., Sard. antiq., V. '
(5) Phocid., X. L'ho riportato per intiero alle pagine 34' e 35,
col 1* e 3* del presente volume.
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PRIMA.
37
schiarono a lungbi viaggi sul mare, cbe molti anni dopo la
distruzione di Troia (*), e te navigazioni loro verso 1'occi-
dente del Mediterraneo furono posteriori a quell'epoca me-
morabile. Efforo infalti riferisce a tal tempo U primo approdo
di grecbe navi alla Sicilia, perohe prima di quell'eta erano
quei mari infestati dai corsari lirreni , e tanta era la ferocia
dei barbari abitatori delCisola, che ninno ardiva avvicinarvisi
per negoziare ('). Ora non si potendo supporre che i navi-
gatori greci tentassero i lidi sardi prima dei siciliani, anzi
essendo piu consentaneo airinfanzia della loro nautica, che
toccassero avanti le piu opportune e piu vicine spiaggie
della Sicilia, ogni ragione persuade che la venuta di greche
colonie alla Sardegna, dopo quelle condolte nei tempi eroici
da Aristeo e da Jolao ( 3 ), non pote precedere la predetta
epoca Iroiana. Ma prima che il valore greco e l'ira di Achille
rovinassero il regno e la fortuna di Priamo , i Fenici e gli
Etruschi solcavano liberamente il mare' italico, e 1'ionio, e
1'egeo. Sono piene le istorie dei ricordi antichissimi di tali
navigaziooi , e si e gia veduto quanta fosse fin dai tempi
eroici 1'eccellenza dl quei due popoli nell' arte nautica W.
Omero, che raccolse nesuoi poemi le tradizioni anteriori e
coetanee al ratlo di Elena ed alla lega achea, chiama i Fe-
nici potenli in «awW, e da Fenici mercatori dice trasportato
il famoso cralere d'argento (lavoro dei Sidonii) da lui de-
scrilto nell' Iliade ( 6 ). Le navi etrusche corseggiavano da eta
piu remota sul mar tirreno C), e poco appresso ai tempi
troiani dominavano 1'Adrialico e il mare siciliano ( 8 ). Serabra
dunqne assai probabile, che le spiaggie sarde, cosl ampie
e cosl centrali nel seno del Mediterraneo, fossero prima
visitate dai navigatori etroschi e fenicii , e cbe le colonie di
queste due nazioni cotanto celebri per 1' industria e pel com-
mercio, abbiano precedulo tulte le allre nell' occuparle. Un
lnogo notevolissimo di Strabone conferma in risguardo ai
Tirreni la probabilita di siffatte induzioni. Riferendo egli
1'origine e la discendenza dei Jolensi di Sardegna, chiamati
al suo tempo Diagebrensi, 1'ascrive, secondo la tradizione
greca, a Jolao, e quindi soggiunge, che questo eroe co'suoi
Tespiadi convisse cogli Etruschi, naturali abitatori dell'isola:
iwn eadem haec loca (in Sardinia) contmenter populantur
montani, qui Diagebrewses vocantur, olim Jolaewses
dicti: fertur enim Jolaus eo adduxisse quosdam filiorum
Herculis, et inter barbaros, qui erant Etrusci (al. leg.
erant autem Thirreni), eius insulae cultores habitassei 9 ). Da
tale testimonianza del geografo greco si deduce evidente-
(1) Thocyd., lib. I, 8, 13. 16 e 33. - Huet, Histoire du commerce
et de la naoigat. de» anciene, pag. 43. Come ognuno pud facilmente
comprendere , io qtii intendo parlare delie navigazioni greche, )e
quaii han»o fondamento eerto nelPistoria, non gia di quelle che
precedettero l'eta positiva dei fatti nmani, poiche le medeshnc , d
«otto at tutto favolose, o traviate dal Vero per re tante flnzioni mi-
totogtehe aggidntevi dai poeti, oppnre debbono considerarsi quali
prhni teotati vi deH'arte di navigare , che cbme non ebbero nei ri-
cordi «torici veruna particolare menzione , c6sl non meritano di
estere-olassafe tra ie navigazioni regolari della greca nazione. Sn
di che vedasi la nota 11, pag. 34, col. 3" di questo voWnie.
(8) Strahene, Geograph., lib. VI, pag. 176. ; - ; Ved. sopr: pag. 34,
cel »*y npi H, * ' ."' ■
- (3) Ved. la nota lt, pag. 34 del presente volrnne.
.(4)'!VedV topr. pag/ i9"e sefc. ' •"
(6) Oiwea, XV. •
wm. - . >
(7) vod. sopr. pag. 3&> col i* e seg.
<S). Strabene s Gtogr., loc; ciL, e Hb. V, pag. 148, 153-55, 16fr6t,
170-73; ■ ■■! •■ -
(9) Geoftttph , V. -
mente, che i Tirreni abilavano la Sardegna da un' eta supe-
riore alle notizie poaitive della storia, poiche se Jolao, che
fu un nomo straordinario dei secoli eroici , ve li trovo gik
stabiliti ed in istato di barbarie , ne consegue di necessita
che la occupazione fattane da essi debbasi riportare ai tempi
piu remoti delle umane migrazioni. Si noti altronde il modo
diverso con cui Slrabone racconta l'un fatto e 1'altro: di
Jolao e dei figli di Ercole da lui condotli, non confidandosi
intieramente alle narrazioni greche, si contenta di riportare
la volgare tradizione, che fossero venuti in Sardegna (fertur
enm Iolaus eo adduxisse quosdam filiorum Herculis); ma
della esistenza degli Etruscki ne parla come di cosa posiliva,
e 1'afferma risolutamente ( . . . . eius insulae cultores . . . erant
Etrusci): quindi ecco un altro argomento per dimostrare
che i Tirreni non solamente pervennero all'isola assai prima
dei Greci, ma vi pervennero eziandio da tempi cosl lontani,
che possono essere a buon diritto chiamati i suoi veri abo-
rigeni. Forse taluno vorra di preferenza concedere cotesla
autoctonia ai Fenici, i quali furono cosl famosi neH'anticbita
per le loro ardile navigazioni; ne io sono per niegare, che,
per 1'estensione e per 1'importanza dei loro viaggi marittimi,
abbiano essi superato gli Etruschi. Ma in fatto di queslioni
cronologiche sullo stabilimento delle colonie antiche, la
probabilita dei giodizi riposa piu facilmente neilo stato re-
lativo di un paese rispetto all'altro, che nelle considerazioni
generali ed assolute della maggiore o minore potenza delle
nazioni. Perche se questa porge i mezzi , quello piu spesso
offre coi mezzi 1'occasione ed ii motivo di Irasmigrare; e
nelle primordiali occupazioni delle terre straniere, allorcbe
i tempi umani esordivano, non tanto dee riguardarsi ii potere
quanto la facilita e la causa che pu6 aver indolto un popolo
qualunque ad occuparle. Queste due condizioni appunto
convengono piu specialmente agli Elruschi che ai Fenici,
poicbe la maggior vicinanza delle toscane alle sarde spiaggie,
1' interposizione frequente di altre terre dall'uno all'altro lido,
il dominio del Mediterraneo s\ lungamente avuto dai Tirreni,
la feracita e 1'ampiezza della Sardegna , la sua felicissima
geografica giaoitura, e le altre non meno gravi ragioni piu
avanti esposte, allorcbesi parl5 di quelVanticbissimo popolo
italiano ( 10 ), concorrevano tutte insieme ad offerireai primi,
anzicfae> ai secondi, 1'anteriore possedimento delTisola. E
quantuhqne i Fenici nella stessa eth della dominazione lir-
rena nel mare toscano fossero pur essi assai potenti, tuttavia
n^ aveano ancora oltropassato lo stretto di Gades ( u ), ne
aveano fondalo le colonie insulari italiane , delle quali parla
Diodoro Siculp C 2 ); sicche nel concorso delle due nazioni,
egualmente grandi ed egualmente istrutle nelle cose marit-
thne, I'una pero piu vicina e 1'altra piu Iontana dal sardo
suolo, non pu6 1'opinione esitare gran pezza a pronunziarsi
per quella , che alla parita o alla poca differenza dei mezzi
accoppiava il vantaggio speciale delFopportuna propinquita.
Fu la medesima, considerazione che indusse il Cluverio ad
accordare 11' primato del tempo alle colonie africane ( 13 ),
(10) Ved. sopr. pag. 39 e seg.
(1 Strabone, Geogr., lib. III.
(13) Bibliifth, hist, V, 15.
(13) Ex Africa primos poit terrarum mundationem immigrasse
cuttores , duce quodam Sardo , o quo insulae pariter atque incoli*
nomen impositum, haud equidem negaverim : quando Africa ei (i. e.
Sardiniae) omnium continentium est proxima. Clover., Sard. antiq.,
V, pag. 10, edit. taurin., ann. 1785.
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38
DISSEftTAZIONE
benche vi ostassero dallun canto le pretensioni grecbe, e
dallaltro la modernita delle libiche navigazioni. Coroe adan-
que una taie anteriorita potrassi contendere agii Etruscbi , i
quali ed erano alla Sardegna vioinissimi, ed aveano coffm-
dustria, col commercio e colle armi oceupato i lidi quasi
tutti dltalia, e dominavano sovranamente eolle navi loro
dal mar toscano aUadriatico? Troppo evidente a me sembra
la conclosione della precedenza etrusca derivante da siffalti
principii, ne vedo come possa competervi la nazione fenicia,
se a modo di conciliazione non si voglia supporre, che men-
tre i Tirreni occupavano dal settentrione i lidi sardi, arrivas-
sero dal lato opposlo gli arditi navigatori di Sidone e di
Tiro ad oocupare i lidi meridionali.
II.
PEMODO CARTAGINESE.
Ma e ormai tempo di purgare il discorso dalla caligine
dei secoU eroici, e di volgerlo ah"eta positiva, prendendo le
mosse dalla pnnica dominazione, che fu il primo servaggio
straniero imposto dai fati alle sorti miserevoli deli'anlica
Sardegna (*). Quando questa dominazione abbia avuto in-
cominciamento non si pu6 con certezza definire. Appiano
Alessandrino la dice posleriore di poco intervallo alla fon-
dazione di Cartagine (*); ma Diodoro di Sicilia ( 3 ) e Pausa-
nia W la fissano generalmente nei tempi piu fortunati della
potenza cartaginese. Laulorita di questi due ullimi scrittori
sembra essere la piu vera, perche ne si hanno monumenti
per farla risalire ad una maggiore antichita, ne quei pochi
che esistono si possono riferire ad un'epoca anteriore al
secoudo secolo di Roma. La memoria intatti lasciataci da
Erodoto sulla battaglia navale del mare sardmio ( 5 ), bencbe
sia la piii antica, e sembri accennare all' occupazione dei
lidi sardi per parte dei Cartaginesi, appartiene certamente
o. c. N ;»«:*' a Q^Da eta (*); e a tempi meno lontani si riferiscono i ri-
oordi trasmessici da Giustino abbreviatore di Trogo Pompeo.
Narraado egli la pestilenza da cui fu attitta Cartagine, e
1'empio sacrifizio delle viltime umane che essa adotto per
rimedio, oonfidandosi di placare col sangoe lirata dtvintla,
prorompe sdegnosamcnte in queste parbfc : itaque adterm
tanto scekre mminibus, quum in Sicilia dim feliciter dmicas*
(1) Annotero quind'innanzi la cronologia dei fatti e dei monumenti
ehe riferisco, segnando a margine gli anai avanti G. C (A. C. N.),
e dalla fondazione di Roraa ( U. C. ) che vi corrispondono. Debbo
pero avvertire, che nella supputazione degli anni romani ho seguito
l*era Catoniana.
(9) Pottea in brevi tempore, condita Carthagine, occuparunt (Car-t
thaginienses) Siciliam et Sabdiniam et alias aliquas insulas maris,
emittentet colonias nsque ab Iberiam. Hist. roman., lib. libyc.
(3) Ubertate frugmm usgve adeo celebris evasit (Sardinia), Mt Car-
thaginienses , opibus postmodum aucti, multa potiundae eivs desi-
derio certamma susceperint. - Biblioth. hist., V, 13.
(4) At Carthaginientet, quum essent rebu* mariUmit praepoUentes,
omnes e Sunmi , praeler Jlie/uet et Corsos , ejecentnt : tum iilpt
quo minut poluerint in potestatem redigere , praerupti ac muniti
montes obstiterunt. Condiderunt tunc in ea insula et carthaginienses
urbes Cabamm et Sixchos. Phocic., X. , , _•, , r , ■
(5) Ved. sopr. pag. 21, col. 2', noL 1.
(6) L'altra memoria conservataci dallo stesso Erodoto {Hist., I,
pag. 37) riguardo al passaggio in Sardegna„«onsigliato agli Jooii
da Oiante di Priene ( Ved. sopr. pag. 22, col. 1», noL \) dee pro-
babilmcntc riferirsi al 540 avanU G. C. , poiche il fatt» ivi ranunen-
tato fu contemporaneo all' invasione della Jonia operata da Arpago
o Arpagonc gcnerale di Ciro.
sent, translato tn Sardwum bello, amissa majori etcercitus
parte, gravi praelio victi smt: propler quod dncem sutm
Macheum, cujus auspiciis et SiciHae partem domuerant, et
adversus Afros magnas res gesserant, cum parle exercitus,
quae superfuerat, exutare jusserunl ( 7 ). E poco appresso,
riferita la ribellione ed il supplizio di Macheo, e 1'imperio
della repubblica afJBdalo a Magone, raoconta la nuova guerra
mossa ai Sardi dalle armi cartagtnesi , la gloriosa morte in-
contrata da Asdrubale nelle sarde baltaglie, e l'esercito
quindi capitanatoda Amilcare, cui sovraslava un egual fato
nei sanguinosi combattimenti della Skrilia: his dudbus (fla-
sdrubale et Hamilcare) Sardiniae beUum Ulalum tn
Sardinia quoque Basdrubal graviter vulneratus, imperio
Bamilcari fratri tradito, interiit: cujus mortem tum buctus
civilalis , tum dictaturae undecim et trwmphi quatuor insignem
fecere f8 ). Ora essendo accaduta nei tempi di Ciro la spedi- u. c."»^?'
zione di Macheo W, e in quelli di Dario 1'altra di Asdrubale
e di Amiloare ( 10 ), egli e fuor di dubbio che l'un fatto e
1'altro forono anteriori di cinque secoti all'era volgare. Nel
furore di queste lotte tra Sardi e Cartagineei 1'isola fu di-
sertata della gran copia di fruttifere piaole che la arricchi-
vano, e bandita fu quella barbara legge che vtetava ai trm-
vagliali isolani di sementare i nativi campi, e di rivestire
d'alberi novelli la benigna terra cne nutricavali ("). Impe-
rocche, se tanta immanita fu vera, non pu6 attribuirsi cbe
alla punica rabbia, insofierente delle sofferte sconfitte, bra-
mosa di vendicarsi , ed inabile a soggiogare altrimenti un
popolo bellicoso, cbe, cacciato dai piani all' erte balze dei
monli, difendeva sulle rupi alpestri e nelle inacceaw foreste
il sacro palladio della patria liberta (<•). Ma la coraggiosa
(*J) Historiar., XVIII, 7.
(8) Hittoriar., XIX, 1.
(9) Si ha su di cid la testhnonianza di Orosio, il quale ripete colle
stesse parole di Giustino le imprese e la morte di Hacheo, e qvindi
soggiunge : haec temporibus Cyri, Pertarum regit, getta sunt {Hist.,
IV, 6).
(10) Ne fa fede GSustino medesimo (loc. cit), peiche alla battaglia
in cui peri Asdrubale, e alla nuova guerra quindi suscitatasi in Si-
cilia fa contemporanea la legazione di Oario ai Cartaginesi , ricer-
candoli di aiuto per 1'invasione della Grecia ch'egli avea in animo
di esegnire: dum haec aguntur, legati a Dario, Psrsarmm rege,
Carthaginem venerunt . . . petentes auxilia advertus Graeciam , cui
illaturus bellum Darius erat.
(U) Nune vero haudquaqunm (Sardinia) huiutmodi viget rerum
copia et fertilitate, pottquam a Carthagittensibus fuU occupata, cum
ipsi veteres iltos omnes colonot partim ejecerint, partim trucidarint;
poenamque deincept mortis addiderint cuicumque implantarit quid-
piam quale antea, praeterquam quod ipsa tellus sponte produxerit.
(Aristot., De mirab. auscult., c. LXXXVll). Anteriore aquesta legge
fu la proposta che Aristagora fece ai Jonii di slahilirsi in Sardegna,
e la profferta del perfido Lstieo, che miUaatavasi di rendere 1'isola
tributaria a Dario re dei Persiani (flerodpt V, 173, 17». e 17«.
Ved. sopr., pag. 22, col. l* e 2 a ). Cio s\ argomenta dall'eta stossa
della sollevazione ionica, la quale accadde negli anni estremi.del
sesto secolo pxima dell'era volgare (dal 604 al 601. - Polyaeo. ,
Strateg. , 1 , 24) , e dal riflesso aucora che non sarebbesi da qaei
due Greci designata la sard.a terra quale opportnno rifugio: agli
esuli di Mileto, e qoale yanlaggiesa conquista aU'impero persiano,
se fosse slatq gia disertaU delle suefrutUfere piante daUa harbarie
cartaginese^, .,
(12) Pare questa la spiegazione piu naturale di un fatto, cbe aitri-
menti inteso avrebbe Taspetto della favola. Come infalU potrebbnei
credere che i Cartaginesi, popol» indnstrioso. e oomraercianto, ,tro-
vandosi nel pacifico possesso della Sardegna, avesse volul» distrug-
gere in un punto , non solamente le piante che ri esistovaoo , ma
perfino le speranze ed i germi deUe sue produzioni futare? Vimte-
resse proprio, la gloria cui aspiravano, e gli stessi ■Mtivi^vuliUta
e di guadagno dai quali forono sospinti ai lidi sardj, vi si opponc-
vano direttamente ; ne poteano essi deliberatamenle disertare om
lerra che intendevano rilenere, e che poi difesero- a prexao di tanto
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PRIMA.
rcsistenza dei Sardi non fu polenle , dopo tanti conflitli , a
salvar Tisola dall' ingiasta invasione degU stranieri; e se
gli. llieii e i Balar i st raantdnnero per lungo tempo iudomati
e miuacciosi inei seni dirupathe selvaggi delte <barbariche
montagneO, ci6 non imped) che i Cartaginesi occupassero
le spiaggie.e i porti, i pingui cxrmpi, le -feconde valli e gli
altri luogbi piu facili deirambita terra, e si rendessero in.
tal modo padroni quasi assoluli detla Sardegna (?). Una so~
sangue contro la soverchianle fortuna romana. Quindi <tee conchiu-
dersi che la legge rammentala da AristotHe, o non fu'vera, o fu
da lui confusa col falto istcsso della estirpazione dcgli alberi e
delle impedite sementi,che nel primo impeto degli assalti pud es-
sere stato commesso dai primi invasori,sia peratterrire gfisolani,
che per penetrare nei nascondigli selvosi, nei quali i piu forti si
riducevano per difendere la liberta e la vita.
(1) Della lunga indipendenza di questi alpigiani sardi parlano
concordemente gti antichi scrittori. Diodoro scrive : Carthaginienses,
quamvis in summo potentiae suae vigore insulam hanc ( i. e. Sar-
diniam ) occupaverint , priscos tamen eius possessores ad servitutem
redigere nequiverunt. Ncmque Joleai ad montana confugerunt , el
habitaculis sub terra structis multos pecorum greges aluere ....
Ac tametsi Carthaginenses magnis saepe copiis in eos moverint,
locorum tamen difficultas , et inexplicabiles specuum tubterraneorum
meatus a servitute tutos hotce praestitere. Tandem quum etiam Ro-
mani, rerum potentes, saepius marte illos tentarent, nulla tamen
vi bellica,ob eatdem causas, subigere potuerunt (Biblioth. hist.,\).
Lo slesso leggesi in Pausania riguardo agl7ftro e ai Balari. Dei
primi dice: Troiani, quum in montanam itisulae regionem confu-
gissent, ibiquc se rupium confractibus et valli jicti munilionibus
tutati essent, lliensium nomen adhvc retinent .... Curthagincnses ,
quum essent rebus maritimis pracpollentes, omnes e Sardinia, praeter
Ilienses et Corsos, ejecerunt. Nam illos quominus poluerint in pote-
statem redigere , praerupti ac muniti montes obstiterunt ; e dei se-
condi : orta aulem super praeda (sardoa) dissensione , Afri et Hispani
ira accensi, quum a Cathaginensibus defecissent, et ipsi, montium
jugis occupatis, seorsum consederunt. Eos patria sxta Ungua Ralaros
Corsi adpellarunt; quod eodem vocabulo exules vocant. (Phocic.,\).
Strabone poi non solamente conferma il gia delto da Diodoro e da
Pausania riguardo alla vita selvaggia dei Balari e di atlri abitauli
delle montagne sarde, ma riferisce inoltre il modo col quale i Ro-
roani cercavano di ridurli a soggezione : Quatuor sunt (in Sardinia)
montanae gentes : Tabates , Sossinates , Balabi , Aconites in spe-
cubus degentes; et quamquam agrum habent sementi aptum , tamen
negligenter eum colunt , et aliorum opera diripiunt, partim in ipsa
insula, partim navibus in opposita continente .... Romanorum au-
tem duces qui eo mittuntur, alias eos prohibent , alias negligunt ;
quando quidem non videtur ex usu esse exercitum peipctuo in locis
morbosis alere. Restat ergo tum per calliditatem rei gerundac locus :
observant quidpe id tempus , quo barbari de more post praedam
coactam aliquot dies feslos ducunt : ac tum per insidias eos adorli,
multos in potestatem redigunt. (Geograph , lib. V). Questi barbari ,
al dire dello stesso geografo (loc. cit., pag. 136), portavano pelli di
muflone sul petto, ed usavano targa e pugnale; ma secondo la
narrazione di Ninfodoro , veslivano pelli di capre , si d'estate che
d'inverno : Sabdiniam pecudum optimam esse parentem Nymphodo-
rus scribit ; caprasque procreare , quarum pellibu* pro vesiimentis
indigenae utanlw; tamque mirifica vi esse, ut hyberno tempore
ealefaciant , aestivo refrigerent ; simulque in iis ipsis pellibus cubiti
magnitudine pilos nasci, atque ei qui iis indutus fuerit, si commo-
dum videatur, quum est frigida tempestas, pilos ad corpus convertit,
ut ab iis calescat; quum autem est aestas, invertit, ne calore vexe-
tur ( Aelian., De animalium nat, XVI , 34 ). II Blochart opina che
gVItiesi, i Corsi e- i Balari fossero un popolo solo , montanesco,
abitatore di bosehi e ferino ( Chanaan. , lib. I , p. 63S ) ; ne forse
andd lungi dal vero, poiche sebbene in origine fossero diversi,
pare tuttavia che in progresso, per somiglianza di vita e di costumi,
diventassero una stessa gente, individuata soltanto dalla differenza
dei nomi primitivi.
(2) Fu allora probabilmente che i Cartaginesi ampliarono e for-
lificarono la citta di Cagliari gia fondata dai Fenici, e che posero
mano alT edificazione di Solci nella parte meridionale dell' isola.
Per riguardo alta prima mi riferisco al gia detto piu avanti (pag. 3i,
col. 2», noL 7); ed in rispetto alla seconda, che vedesi menzionata
da Strabone (Geogr. V), da Plinio (Hist. natur., III, 13), da Tolomeo
(Geogr., III, 3, tab..7), da Pomponio Mela (De sit. orb., II, 7),
da Irzio (De bello afric.) e da parecchi altri antichi scrittori , oltre
la testimonianza di Pausania, che la dice edificala dai Cartaginesi
( Phocic., X ) , si ha quella di Claudiano, che la chiama colonia di
leune lestimonianza del domiuio loro gia radicatovi dal terzo
secalo della fondaaiond di Rotta ci fu trasmessa da Poli-
b*M> @) del prima trattate concbiuao tra i Gartagiiiesi «d ,v v. c. %t : '
Romani. Quel diUgeJite atorico lo «opi6 fedelmente daite
lavole capitoline W , *d e il aalo degli antichi scrittori , che
C6 lo abbia conservato (*). Convenivano le due repubbliche
in questi accordi :
I. Ataicitia Ronums et Roinandrum sociis cum Carthagi-
niensibus el Carthagimemiwm socUs his legibus et conditionibus
esto.
II. Ne navigmto Romani Romanorumve socii ultra Pul-
chrunhProinonloriw ( 6 ); exira quatQ. si tempestatis aut ho~
stium vi fuerint contpulsi.
lU.Si quis vi dctatus fnerit^ emendiaut ac&piendi quicquam,
praeler necessaria reficiendis navilms et sacris (aciendis ; jus
ei ne esto. , v - , ....„'.
IV. Intra diemquinium, quinavem applicuerint , abeunto;
qui ad iner.caiwram vwefint * H vecligal nullum pendunlo , extra
quam ad praeconis aut scribae mercedem. ■ •
V. Quicquid hisce praesenlibus fueril venftlum, publica^
fide venditori debelor, quod quidem i» Africa aut Sardinia
fuerit venditum.
VI. Si qnis Romanorum in eam Siciliae parlem venerit,
quae imperio Carthaginiensium parel, jus aequum in omnibus
Romani oblinenlo ete. ete. ("\
i rocudemJo piu avanli uello stesso secolo, e poi nel
seguente, si ha il ricordo delle veltovaglie( 8 ) e dei soldati W, n. c c. , '»7*- 7 36l*"*
che i Carlaginesi trassero dall' isola per la guerra siciliana ;
Cartagine ( Pars adit antiqua duclos Carthagine Sulchos. l)e bello
Gildon. ), e 1'altra dell' abbreviatore di Stefano Bizantino, il quale
serive : Solci , urbs in Sardinia , a Carthaginensibus condita.
(3) Hist., III, 52.
(4) Era scritto neU'antichissima lingua del Lazio, eppercid lo stesso
Polibio protesla di aver durato molta falica a tradurlo esattamente
nella lingua greca. Egli non dice 1'occasione in cui il trattato fu
conchiuso, ne se furono i Romani o i Cartaginesi che lo proposero.
Pero siccome vi appose la data del primo conselato di Roma (foe-
dus ictum est eonsulatu lunii Bruti et Marci Horatii, primorum
post reges exactos consulum . . . annis priusquam Xerses in Graeeiam
trajiceret duodetriginta), che corrisponde al 245 VJ. C, ossia al 507
A. C. N., si pud congbietturare che i Romani, alPoggetto di raffer-
mare la nascente loro liberta, abbiano ricercato 1'alleanza dei Car-
taginesi, iquali erano gia stabiHti nel paese latino, e possedevano,
oltre la Sardegna, una parte eziandio della Sicilia, come si ricava
dalle condizioni del trattato medesimo.
(5) Casaubono pretende dippiu che tutti gli altri antichi scrittori
pervenuti fino a noi lo abbiano assolutamente ignorato (Synops.
chronol. hist. Polyb., tom. II, p. 1587, ediL Amstelod.). Ma si vedra
piu sotto, che Tito Livio, benche non parli espressamente di questo
primo trattato , lo suppone tuttavia come gia esistito , e ne conta
inoltre un terzo che non e menzionato da Polibio (Liv., Hist., IX, 43).
(6) 11 Capo-bello, situato al nord, e precisamente in prospetto
delT antica Cartagine ( Polyb. , loc. cit. ) fu probabilmente imposto
come terroine alla navigazione dei Romani per la gelosia che i
Cartaginesi aveano di lasciar conoscere ai primi il largo tratto di
paese cireondato dalle sirti , che per cagione della sua fertilita essi
chiamavano emporia.
(7) Ometto di riportare gli ultimi tre capitoli del trattato, perche
sono relativi al paese latino dipendente dai Roroani, e non hanno
nulla di comune co' fatti della Sardegna.
(8) Cumque ( Hamilcar ) totam ab occasu partem ( llimerae ) ila
circumvallasset , commeatu naves onerarias evacuat; et quicquid
harum ett reliquum ad annonam , coeterasque venales , ex Africa
et Sabdinia convehendum emittit (Diodor. , Biblioth. hist., XI, 20,
pag. 243 , edit. H. Steph. ). Questo fatto dee riferirsi al 478
avanti G. C.
(9) Summut Athenit praelor quum esset Philocles (3S2 ant. Chr.
nat. ), Carthaginienses, sero tandem a clade syraeusana viribus re-
coUectit, cum paucis quidem kmgis navibus trajecerunt ; sed oopias
ex Africa et Sabdinia contraxerant ; barbaris praeterea ex Italia
adjunctis (Diodor., op. cit., lib XIV, c. XCV11.
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DISSERTAZIONE
o.c.V 79 ' qaiadi la memovia della sollevazione (lerSardicontro t punici
domkialori, e s poeo talervatto la. doloros» certezza, del lor*
viokmlo rttomo all'a»ttca obbedienzaC 1 ). Quwtaaervitu diirb
malterata §do al 407 di Roma, giaecbe in lal anno la su-
perba Cartagine fermo eelia sua futura rrvate un nuovo ac-
d.c."^ 5 ' COTdo politicoW, che proibiva ai ttomani di Begoziare e di
stanziare in Sardegna:
I. AmicUia Rmmis et Rmanorum soeOs etm populo Car-
Ihaginiensi, TyrUi et VHeembm eormqne socHs, kis legibus
esto.
II. Romani ultra Pulchrom - Prommtorium , Marsiam et
Tarsemn ( a ) praedas ne facimto, ad mercaturam ne eunto:
urbem nullam condunto.
IIL Si in Lath urbem aliquam Carlhagmenses coeperint,
quae sub dititm Romanorttm non erit, pecmiam et captwos
ipsi habento ; urbem reddmto etc. ( 4 ).
(1) Cid aeeadde io oepasione di flaa terriWle pestilenza che ri-
dusse agli estremi la citta di Cartagine, come lo racconta Diodoro
Sicolo: Carthaginienses cum exercitu in Italiam transgrcssi Hippo-
nienribus utbem suam , unde exeiusi fuerant , restituunt ; omnes
praeterea exules, mdeeutnque ad tese eongregatos, singulari sludio
excipiunt atque fovent. Accidit vero aliquanto post, ut pestilentia
Carthaginem invaderet : quae quum identidem magis magisaue in-
gravesceret, magna Carthaginiensium ttrages facta est, adeo quidem,
ut perieulum euet , ne imperium amittereni. Afri enim prae con-
temptu illorum deficiunt, et Sahdi, jam opportunam sibi datam oc-
casionem rati, excussis imperii habenis, conspirant, et vim Cartha-
giniensibus inferunt .... Quin et ealamitas a diis immissa, Cartha-
gini incubuit: perturbationes enim ac terrores, tumultusque panici
ex improviso urbem corripuerunt , et plurimi , armis correptis , ac
si hostes urbem invasissent, ex aedibus procurrerunt , et inter se
veluti cum hoste congressi, alios interemerunt, alios sauciarunL Ad
postremum, numine sacrificiis placato, gravissimis exempti malis,
statim et Afros debellarunt , et insulam ( Sardiniae ) ditioni suae
iterum subjecere. Diodor., oper. cit. lib. XV. Qaeste cose accadevano
sotto la pretura di Nicone nel 379 avanti G. C.
(2) E riportato da Polibio ( Histor. , 111 , 34 ) senza indicazione
d'anno. Perd Livio suppli al silenzio dello storico greco, e sappiamo
da lui che il trattato fu couchiuso a richiesta dei Cartaginesi sollo
il consolato di Marco Valerio e di Marco Popilio Lena , che cor-
risponde appunto al 407 U. C. , ossia al 345 avanti l'era volgare :
eodem anno . . . cum Carthaginiensibus legatis Romae foedus ictum ,
fttum aniciHam et societatem petentes venissent ( Tit Liv., Histor. ,
VII, 37, edit. taurin. , 1835). Casaubuono ignord certamenle questo
passo Liviano , poiche dice conchiusa quest' aJIeaoza tra i Romani
e i Cartaginesi nel 403 dell'era Catoniana sotto 1'arcontato di Aris-
todemo (Synops. chronolog. in Polyb., tom. 11, p. 1587), fondandoai
nella sola autorita di Orosio (lib. 111 , 7) , la quale fu pur seguita
dal dotto Bernardo di Aldrete nelle sue Antichita spagnuole ( An-
tigued. de Bspan. , lib. II , cap. IV, pag. 944 ). Diodoro di Sicilia
feoe ancor egli menzione di qnesto medesimo trattato (BibHoth.
kist., XVI, 69), ma svppone che sia stato il primo intervenoto tra
Cartagine e Roma. ( Ved. pura Heyn. , Opusc. Acad. , tom. III ,
pag. 6«-66).
(3) Nelfanteriere convenzione i Romani si erano obbligati di non
estender» le loro navigarioni oltre il Capo-bello (Ved. sopra pag. 39,
col. 3*, not. 6 ) : in questa seconda si assoggettarono ad nn' altra
restrizione commerciale , promettendo di non ispingere il corso
delle loro uvi Gno a MarsUt e a Tarseio, ch'erano due anticbissime
citta renicie situate presao lo stretto di Gades. Cio prova da nn
canto che i Carlaginesi aveano progredito assai nel commercio e
neUa fondaxione dello loro cwlonie, e dalTaltro eanto che i Romani
erano gia abbastanza csercitati nelle cose marittime per poter per-
correre un cosi lungo spazio di aure flno alie colonae d Ercole.
(4) Quesfarticolo e i duo seguenti (IV e V), che ho trascorso per
brevita, sono relativi alle incursioni che i Cartaginesi focessero nel
paese latino. U trattato distmgue le citta indipendenti da quelle
ch' erano soggette a Roma o alieate dai Roaaaai. Per rignardo alle
prime, le prede erano dkfaiarate di buema presa; ma in rispetto
alle seconde, i Cartaginesi poteano bensl ritener le prede , erano
perd proibiti di trasportarle o deporle nei porti dipendenti dalla
repubbiica Epmaaa ; e dippiu eram tenoti a restituire le citta oc-
cupate dai predatori. La qnal cendizione sembra essere stata ap-
posta dai Romani per prsteggere gli ArdeoM, gti AnxeaU, e gli
altri abitanti tlelle cilta roarittime del Lazio, oo'quati la ropubMica
VI. In Sjrdihia et Afrita netpu negatiantar ftasqmai*
Momanorum, neqwe urbm cousUto; wsqm eo appeHMo , u«
cosmntatus aceipiendi gratia, vet moss rvfkieudi sitbmpestas
detulerit.
VII. Inira dies quinque eweedito tu Sidlia , ubi Carihagi-
nienses imperaverint : item Carthagine omnia Romaitos facito;
vendito quae citst ticebil; idemRomae Cartkaginiensijus esioi 3 ).
Un fatto non pertanto posteriore di qualtro lustri alia
suddetta alieanza fa sospettare, che i Sardi teotassero di o.c. "'is. 17 '
levarsi dal coUo 1'odiattsaiuo giogo punico; perciocche Giu-
stino racconta aver essi inchinato con solenne legazione il
grande Alessandro, mentre queH eroe, eonquislato V Egilto
e concuicata I' india, indirizzava i passi vittoriosi a Babitonia:
ab ultimis litoribus oceani Babyloniam revertenti (Alexandro)
nuntiantur legaliones Carthaginiensiun coeterorumqus Afrieao
civitatum, sed el Bispaniarum, Siciliae, GaUiae, Sardiwiae,
nonnullas quoque ex Italia, ejus adventum Babyloniae opperiri.
Adeo universum terrarwn orbem nominis ejus terror invaserat,
ut cunctae gentes veluli destinato sibi regi adularenlur ( 6 ).
Lo stesso e riferito da Orosio: Indum ingressus, Babukma
celeriter rediit (Alexander), ubi eum exterritarum totius orbis
provinciarum legati opperiebantur , hoc est Carlhagmensiun,
et totius Africae civitalum, sed et Bispanorum, GeUorum,
Siciliae, Sardiniaeque, etc. ( 7 ). E Diodoro di Sicilia,
benche non parli espressamente della Sardegna, sembra
tuttavia includerla in qnest' atto di omaggio, che le nazioni
occidenlali tributarono al glorioso conquistatore d'0rienle ( 8 ).
La simultanea presenza di legati sardi e di legati cartagi-
nesi, partitisi da sl lontane regioni per venerare ii Macedone
vittorioso che empiva del proprio nome la terra, se non e
prova di assoluta indipendenza della nazione che i primi
rappresentavano, percbe vi osta il precedente monumento
politico deU'alleanza cartaginese e romana, h certamente un
indizio della costahza colla quale la sarda nazione cercava
sempre di sottrarsi al servaggio africano. Conciossiache i
cieli non consentendo ch'ella comparisse al cospetto degli
altri popoli col carattere della nazionalila che erale tollo dai
dominatori stranieri, qual altra causa poteva indurla a pro-
strarsi alFeroe di Arbelia, fuorche la speranza di trovare in
lui o un polente vendicatore dei mali che soffriva , od un
rettore piu generoso de'suoi sfortunati deslini? Per6 se
quesla fu veramente la sua, ella fu certo speranza vana,
era stretta da vincoli di alleanza e di pace, come si ricava dal primo
trattato del 507 (ant. C.) teste riferito.
(5) Dai riferiti due articoii (VI e Vll) e dagli articoli V e VI del
traltato precedente si ba una prova indubitata , che i Cartagincsi
al tempo di questi accordi possedevano con pieno dominio la Sar-
degna, poiche ne dispouevano al pari dell'Africa, come di proviacia
propria e dipendente dal loro imperio. La osservazione e di Po-
libio, e piacemi riportare le sue slesse parole: Carthaginem vero,
et ad coetera Africae loca, quae cis promontorium ( Pulchri ) erant,
item in Sardiniam atque Sicilian, ubi Carthaginenses imperabant,
navigare mercimonii gratia licebat; dataque iis a Carthaginensibue
de servando iure publiea fides erat. Ferum in hoc qtddem foedere
Carthaginenses videntur de Sabdinia atqme Afnca, ut de propriu
provinciis sermonem faeere ; de Sicitia autem ionge secus; addum
enim-in eam Sidliae partem -, ubi Cartkagittenset imperent (Poiyb.,
Hittor., 111, 33).
(6) Justin., Hittor., XII, 13.
(7) Hitt., III, 16.
(8) Dice infatti ehe euncti qui mare usque ad coivmnas Herculis
accoUbant inviarono i loro lepati ad Alessandro ( RiMirth. hist. ,
XVII, 113).
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PRIMA.
4t
poicbo xu) laoto soprav viase Aleasandro che poteese sosteperla,.
ne i «jwcesflori di lui, ioteuti apartirsljl sue wtsto impero,
pensar poteaao alla remota Sardegna, non: ricercata ne ten-
tata daHe stesse armi macedonicbe , atlorebfe nel colmo
della potenta ua eol vplere guidavate alle battaglie e alle
vitforie i l \ l/isola ihfaiti cbntinub ancwto.per luago tempo
ad obbedir* a Cal ta^infe; a iovvehii*» di fhrtaenta iielle di
uia^^" 5 ' W ipertinaci guerre collaSioiba :W, e a segbire •passiva-'
mente rievpoiitici accordi le boose o b) ree sorti dell'ambi-
ziesa sua domioatricie ( 3 ): ' ;,
Mai JntantO i neL ratnaoi coasigli maturavano gli ascosi
genai di. qnetrrjMiidia: ohe' trasse Cartaginef a lurighi e"
sangBtaosi !oombattime&ti , 6 il «ecolo procedeva innanii
ve7Bb!q»eU'«pbca meinorabile utoui la Sardegna, peroossa
e laoertftaJ ad un tempo, dadue naaaoni rivali; dovei final-i
mehtt crirVart, ilitapo solid >ntapero delfarpr* vatoroeac.
LsMrial reprossa gotosia^dj Romd pe> la'ipr«gredieiHte>forA
timu piaeka oommsto A mantiestarii allorche Pirro scenfisBa
peesso Hkactea il odnsole. « te legiuni .lalitte ( 4 X Impercioc-A
cfifeia ^fagone^ il quate ofleriva aJkt repobbiica iJ . aomerosb
navHiacaitagmese.ancoratp nel porto d'Ostia, pereombatlere
pm faodmente il re di Epiie Vemrto. •a> taeseotarsi con ptl*
tejrmeV&vk >nette «roerete yftali* W, roando il eenato >lew
g»£ ae^^i^.v'diee^lei•^ , : >•• iOnlksse po^aCartagide ;
dend v >t«a ipArtito prestaoaeMe colla sua flotta sjxiducesBe,
e la^e .Cawtagide sapesset», Rotaa eseere usacotte> armi
proprie , neb' coile altrol, \ far : Ja. guenu e debeJlare , « neA
mici <Wi to iqeal risposta, se.diwastrt. da 'u». canto la
rara costaazsJelei padrfinegfimmineoO rjericoliideJlapaJria,
\ • '■'■•■■ '■ •' ' f :■'.'■,'■>') ■', ' ' ....').'■. :' :'. i \ \; ;■;; i
'{i)' Mdceiohik (fti < Enrdpd fauftm'4ominati tmt , cri Adtia Vtqw
ai flHmm /#A1im, q*l/te protnu tmffnft qifatda^ tiUi requ»^t,jf<\rt,
Po$tea t debeUatis Pertis, Jsiae qvoque principalum habuerunt, Sed
tamen ii quoquc , etti complurium Uruni dlqUe 'licbrulh* dtihiini
rini viti, auufnam tame* orbit partehn.intaoUmsrehqmer^nu kam
de Sieilia, Sabdima et Africa ne contendere quidem coeperunt (Po-
lyb., Hitt., I).
(9) Rex Agathoclet cattra in Lybiam trantpor(are,,nflvilivpqMe. fuis \
frvmenti ^Sardinia e^porttitionem Poen.it iptwcJ^derp . pUUur. \
Diod. Sicul., Bibliotk. hitt, lib. XXI (ann. U. C. 447). ' ..t 1
A$)..Qf* Carthqgiptntibvt fodem atmojpedut fe^o r^atfrm .- |
Hitt. , IX, 43. Di quesfe terzf >raM»t»» phe,(« conchki$o n^, 44^f
di B,o«a (3#5 av. G, „C. )> <# cfae riguardo al(a Sar^egna c;Qnlepeva
prababiltDepte Ie #te,«ae.,poo«li^«sni <dei 4v» pr^ecedei^ ^ noix e v ^ta^a ■
fatta da Polibio wenxwae veruua, ,Para an*i,,qhe ajli lo abbja to-
tatmeate, jgnmato, noiche ^of^^Ilo. deAirtp^jjH.i^^^^.^fl.) I
che f* A seoondo ( ved- sopr. pag,,40, cqt v l 1 «. 3 a ), wpprja, immediator
weute (Wwt, III, S5) 1'altro iptefvenntyfra Jle djae ^ep,ubaj|cbe. !
Umpo di P«ro, il qujiVo iu eertanjen^e. il ^^.quar.te^cBj^H-at^ fra.^ar- |
taginesi, e i Roaaui. Diodoro Siculo acrave e^eneamente (fiifolioth,- ■
hitt., XVJ, 69.) «be q»est , aHieaBaa\.del;447 .( U,.,Cy,)ifnA'la.prima sli- i
polata tra Cartagiue e Roma; « il ■> Dqdiwetlp neWa Gronologja, di
DMBigi AiicawajBO copfqndft (catt» «aconda deir.anoe 407. gj^
jmentorala,. • . . ( - .:•,.•! ',:>..: -,; ,, ; , . -;i ; ,■; „ .,. j
. ■(<%) jQpiim t #«toit9«WVlii9r&*r U- ^<Ffpri,.«n^:r^t.,i^m., j
.1, 1«. - Jtutrop,, Breviar* hiti. tom* Jt^, ,*<t, t?.^ ti Di«nj«. Haliqaro,, ;
BaxerpU, pag, 709. r ^paaT,!,, fe/n. ft, «ijet seqq,-, |
edit. Basil., ann. 1557. ,! -. .j j;, ■, _,-,;•-; • . _. w v j
■(fi) tnter.eaOfitgoi dnm^thaginimmm, <in wvMiMm- R<m«*orum .
mn. t-vtnm, .vigmti novtfcu* ; titoqm* ,,,matum-, ■ a4ft\t.: , -j , petfe t*fM*¥
Cattkaaimemiet adfirmam i,qu«d,:b,elium in- Hqlia ^ fettegri^^ge
paterentm., Qb qwnt catuttm m»*um u.t t ,quaniqm c&txno hiaitfi
oppmgnarentvr, exUtmit <wMw;M!M»tor rfratiae «wa^^hr-
ihtgmtnmbvt acfa», fumliaqm vemma. - Juatw^ flif)ier., xviH. e.
(0) .. . H-.E» *eUo , quHrad^m #i*r»*««»i lCHf^^/W*- ;
nientet C. ac XXX navium clastem in praesidium JfonumiA Q/stiam >
mltro mm nisimmt , matui plaeuit, bgutat- aa~ l duAem> eamnm. >*•« , 1
V*t Hce*ettt„ popuium RomanumibeKa tutpipef* so<itttie^am e ifvo
mHitt gtrert pMtet .{ promde dmttm Cm tkwmm.. rmhtf ^m- r
Valer. 'Max., fatf„menwr h Ul, 10,, , j- t < . ,■,',-■.
fu daU'altro non menp audace e ^perba, e preouncib fin
d'allora le famose riyaliUt e gli sdegni cae doveano dividere
per,sempre le due nazioni. Ne aspegnere questo mal seme
di futnre discordie bast^» la rinnovazione degli anticbi patli.
qnindi segiu> fra, le dqe repubbliche C), poicbe il desiderio A.a k. ^.
di dominar solr in ; ltolia rendea i> Romani intolleranti dcl
punico ingrapdjroento; o mentr'essi proferivano in pubblico
paroje, di amicizia e di pace, spiayano in secreto le qcca-
siDni d';infrangere Jadata fede, e di, opprimere colla forza
Uodiata Ipro.rivale. fi divuteajto dairistoria I' ingiusto pre-
testp della difesa dp?j Mamer*ini ( 8 ),, cbq'diede origiue all^ * c - N -? 6 4-
pnma guorra, punicai .Jri questa lotta di ventiquattro aunj,
m put Rcpai^^tagine, avide ugualuiente d'impero, m 7
spro alja prova tu|to ci6 che ppt?ano suggerh-e Tarte, il
vaJore „e rardimenjo, la Sardegna t soffri alternatiyamente i
danw' dfti; yinli e 1)? ire dei ;vipc|tpi;i. L. Cornelio Scipione,
debetlate per teraa e per mare le armi puniche -®X 0 fatte J ^^f' 9,
ad^jmone cbe pon>V»!Uella.ba.lfaglia Je fupebrionoranze Cio),
recavasi in mano e disertava la cittk d'01bia (»); e atterriti
,(?) # tocietatem eum Pyrrho populut romanvt\ aut tarthaginiensit
'"W** foederit legihit uterque , ut ri qfeptfriut ditionein hottit
tnvaterU, mvicem dbi ferre opem licta^ ytry ppus auxilio habucrint.
Navet a.Carthaginiensibus praebenlor, et dd iter et ad prqelium tti*
pendia tuit utrigue danto. farthaginientet eiiam mari, s\ opus fuerit,
auxiliantor ; socios navalet nemo invitot navibus exire cogiio. JPolyb.,
Hitt., III,; 36. In qneste trs(ttato (conehiuso ne) 277 ,avantL |'cra vol-
gaye) furooo, coine V/ede»|, rinnovati ipa,tti dei tre precedenfi; e
Pplibio. percio contentpesi di riportare k| poche condiBioni ehe vi
si leggono aggiunte. Riferiace, ppi Jo stessp istorico le forme pubr
bliche ceUe quali.queste e le «uitecedenti alleanze furone seienne.-
raenfe ginrate, secondo gli usi delle due nazioni; e soggiungel
che, al suo tempo consecvavansj aneora nel tempie di Gjove Capir
tolino, nel tesorp custodito dagli edilj , ,le lamino in bronzo . sulle
qoali erano scriUe Je suddette com^enzioni poliliche. U p^ anticf
dei sardi annalisti afferma colCaulorila di Zonara , clie i Romani
ed i Cartaginesi siano stati mossi a conch|ndere questo quarto trat-
talo dal timore che Pirro recasse ad eflfetto il desiderio d'invadere
la Sicilia e la Sardegna .(Ved. Fara, be reb. eard., l, U8); ma io
non trovo negli antiqhi sorittori racmoria veruna di questp divisa-
jmeptp del re epjrola ip riguardo alla seconda di dette isole; e
quindi opinp che al yero ; passaggio di Pirro in Sicilia riferito da
.jW»p)fi da fii"s,»ino (XVIll, 2), da Appiano A.lessandriup
(/n Setect. Fulv. Urtin., pag. 1217, edit. Amst.) e da l>l,utareo frVit.
Pyrr-, |We> 396) siasi aggiunto pe^r induzipne., ch'cgli,aye$9e ancora
in animo di occnpare Sard^egna. ., ..„ . . %
'. (8) jfqlyb., /f«« v ;iib. I^ cap. II, VII, VUl, X..- Dipdor. Sic,
BtyW^Mttr, Ex&rft,$\^\* XXUl, pag. ^14 - Flor,.,, Epitom.
f;W*-jitVh,-,IIv?aR, II A Liv.j Epitp^ ct supplem. v \\l, „1.0, 22.
^^(•j.iPar^v^Kj^ et.Lucio Cornelio Scipwne
ffl^lflM a }\LfqMno^^ pro Sardis
;^ffW^, < ^ M ^ , W :*Wf^» f r *4y* pr^efixerunt , gui a Scipione
MWlfpv^fw» /WfV^t^W^^f? ipte.c^is^titrimii hpttibut, te im-
.iR^)uie t .i6iatift itfafa^.ai, (Oraf^,;<V f '8V: ( ; . . "•
..itilU)-^» (^rn^ut t cfif^ pri^ bello, cum Olbiam oppidum
SQepUtet;, pro qu^ifortfttime dimicans Hanno dux Carlhaginiensium
.pp#ideral_ t .ff(^s«Y'^^« s ^q^a««|i9 tuff^ampto funere, exlulil , nec
dubitavit hostis exequMt .fnte^eelebtw^^ .tum demvm victoriam apud
^fyos et apud ^mninet, minimum invidiae. hqbituram crcdcns , cum
.plurimum hwnanitalit, hpbuitseL, Valcr,. J^ax,, Dict. factov. memor.,
4,, .8- iJ.lnma.nU.i e Ja generosita ,di. Scipioife, n,er dare splcndida se-
pqttura alie apoglje niprtali di Annone. e oucb,e rajnmenlala da Silto
Italico in quella parte del suo poema in cui descriyc i,,trionfl dei
IVomani sopra i Cartag|nesi,,cbe il grande K Ajonibatc vide dipinti
n^|poi;Uci Ji>LUernp:, , ,, , '- '. ■■ ■
Cernit et extrcmot defuncti civis honqrfs. ' , ... "
••m. v.i • , , v ^m^Hm f*!&ratM fanercu Poeni, . ,
,»«>Tv.f.-v.«- t 88|doe «^cfor fftra , ...... Vft . , ,. ., . ,.,, v .
-i!>i..n -t,:i . ; .,j • ;,.,-,.,} :> ^»H'c«r r , vi,,.67q.e seg. ,. .
„yed. pur^s Epitom^et t tuffllem..fy,j XV«, 29. , ^
. iu Cl.t),Z*ieio. fyrtuilio: Sctpione ,, guum. ^.^jjWo. tubur bana csset
-Sopv!^ r<*man\ pro<(ineia , terpettfc laiiut, bellp ( P, u! ) Sardinian)
wnexamgue Corrifqtn\t*;qntil. Oljjiae ib%, hifijkriae urbis cxcidio
ine^& 4ertyt ,,afyoguf omni terra, mqn, Poenfis repurgavit , 'ut
iam rictoriae nihil nit\i Afr,iea, ijm rcstajlvt.^ ( Flor. , Epitovfi. t rer.
raman.,, lib. $\, cap, ■11,,^, 15, e 16. - Epit rt tupptcm Liv., loc. ci».
tl
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13
DISSERTAZIONE
A.C. N. »51.
U. C. 4*5.
poi in molti altri scontri or colla forza , or colle insidie i
a.c. w. »m. nemici , trionfava solennemente dei Sardi e dei Carlaginesi ( J ).
U. C. 494.
Lo stesso onore del trionfo accordavasi un anno dopo al
console Caio Sulpicio (*), il qaale avea felicemente combat-
tuto contro il vecchio Annibale, che 1'avverso destino faceva
quindi morire in Solci dai suoi soldati medesimi barbara-
menle crocifisso ( 3 ). E quanttinque le sarde e le puniche
uc 495 15 '" ^ 03 ^ 1 " 6 ' g u 'date da un altro Annone, insorgessero poco
stante nell'isola contro i romani vincitori W, ci6 luttavia
ne fece migliore , ne condusse a salvezza la vacillante for-
tuna cartaginese. II famoso Atlilio Regolo prostravala nel-
uc 561 1 anno seguente con memorabile sconfitta W ; e prezzo della
vittoria cbfedea tra le altre condizioni la cessi6ne della Sar-
degna ( 6 ). Ricusarono i Cartaginesi di abbandonarla , e
inaspritt della superba rlsposla del cbhsole romano, che
ammonivali a sapervincere 0 a saper ubbidireftmemfam,
aut vincentibus obtemperandum esse (7)j, elesseto di conti^-
nuare la guerra, anziebe a patti cotarito duri e vergognosi
(1) C. JquiKo Floro, L. Scipione Coss. (A. U. 493), Scipio Cor-
sicam et Sardiniam vastavit, multa mUlia inde captivorum abduxit;
triumphum egit. Eutrop., Brev. hUt. roman., II, 30. Di questo trionfb
leggesi eziandio nei supplementi liviani: Triumphavit (Scipio) de
Poenis et Sardinia et Corsica ante diem Vidus martias, quum ma-
gnam ex insulis istis praedam et multa millia captivorum adduxisset.
I fasti capitolini ivi citati indfcano inoltre Pannd del trionfo, che
fu it 494 di Roma: L. CorneHus L: F. Cn. N. Scipio, C. JquiHus
M. F. C. N. Florus; L> Cornelius L. F. Cn. N. Scipio consut dc
Poenis et Sardinia et Corsica anno CCCCXClV, V id. mdrt. (Ve&
pure il Pighio , Fasti magistrat. romahor. apud Graev., Thes. rom.
antiq., vol. XI ,' col. 887-38). Quali poi fossero le insidie colle qtiali
Scipione, dopo Fespngnazione d'Olbia, occupb Varie altre citta sarde,
pnb vedersi negli Slratagemmi militari di Frontino (lib. III, 9, 10,
edit. Venet., 1574 5n-4°) citati dal Frelnsemio (Epist. etsupplem. Livi,
xvii, 3i). ■ ■ ' :
(2) Censuram hoc anno (495 U. C. ) C. DuiHus gessit, Janique
templum apud forum Olitorium slruxit. triumphi dehinc duo spe-
ctati : prior C. Aquilii Flori proconsule de Pbeneis' a. d. IVnonds
octobris; alter C. SulpicH consuli* db' Poeni* <ft gardis a: d. Itl.
nonas. - Epitom. et supptem. Liv., XVII , 37.' )l tribnfo di Sorpicio
e inscritto nei Fasti colle seguenti parole; C. Sulpicius Q'. F. Q.N.
Patercvlus Cos. de Poenis et Sardeis an. CDXCP III non. oct. (Ved.
Pigb., loc. cit.). ' '
(3) Hannibal ..... cum classe (carlhaginiensi) »t quibusdam ctdris
triremium ducibus in Sardiniam mittitur': Hic , paucis post diebus;
a Romanis in quodam portu inchtsus , classem fere omnem amisit :
ipse per hostium manus dUapsus , mox'a Cdrthaginiensibus , qui
evaserant, captus et crucifixus ' oceiditur. 'Romahi, utpote qiii iam
petago dominari coeperant, omni studio Sardiniara invasere (Poryb.,
Hist. , lib. I). Polibio non dice qual fosse if portb delta Sardegna
in oui Annibale fu rinchinso dai Romani : ma si ha da Zonark
(Histor., iib. VIII) che fu il porto di SOlci. ll Treinsemio, se^uendo
la di lui autorita, dice: Hannibal, desperato teneri portum posse,
in oppidum Sutchos se contuierat : ubi seditione orta comprehensus
a Carthaginensibus , qui eodem ex pugna confugerant , quod etus
temeritatem et stulHHam cladis suae causam fuisse dtcerent, crucique
affixus periit. (Bpitom. et supplem., loco cit.). "
(4) Sed haec victoria (C. Sulpicii) Romdnis paullo post detrinienti
nonnullius caussa fuit : quum enim sublato classis punicde metu ih
vastatione agrorum comtemptius et securius versartntur; improviso
Poenorum Sardorumque incursu , Hannone quodam duce , fusi suht
(Epitom. et supplem. Liv., loc."cit). .'
(5) Flor., Epitom. rer. rom., lib. II ; cap. Il, S§ 17^ 18, "19, 30"e
21. - Eutrop., Breviar. hist. rom., II, 31. - Epitom. eisupplem. IAt>.,
XVIII, 17, 18, 19' e 30. 1 1 " * 1
(6) Sicilia et Sardinia tota cederent , R6mdnis captivos gratis red-
derent, suos pecunia redimerent, belli sumptus bmnes restituerent ,
praeterea vecUgal annUum 'pendereHi: Queste furono le prime condi-
zioni proposte da Regoib; 'e pof ■ aggiunse' queste altre noh meno
intollerabili : eosdetn cutH populo tomano hostes amicosque habetent:
he navibus longis praeterqudm una uterentur: Romanos autem, quo-
tiescumque significatum esset, triremibus instructit quinqudgihUi
iuvarent ( Dion. Cass., in excerpt. Fvfo. Urs., h. 8, pag. 37*-T7. -
Zonar., Histor., tom. II, pag. 59, edit. Basil.).
(7) Zonar., loc. Cit. - Epitom. et supplem. Liv., XVIII, 21.
A.C M. »4o-3S
U. C 5i»-5i4.
comprar la pace ( 8 ). Ma la gnerra torn6 ad essi nuovamente a.c. v. ^».
fatale. Lutazio Catulo riporto sulle navi loro una completa
viltoria ( 9 ). La flotta punica lacera e sconquassata ingombro
col suo naufragio il mare sardo e il siciliano ( 1Q ) ; e tanto fu
il danno, che la fiera Cartagine, spenta quasi al tutto sulle
onde C 1 ), perde colla Sicilta Ie altre isole poste tra la Sicilia
e Tltalia, e tntta sopporto nei patti che le furono imposti
Favarizia e 1'insolenza dei vincitori ( 12 X La Sardegna che a.ci». »\».
rimaneva ancora sotto il dominio cartaginese era quindi af-
flitta dai soldali mercenarii ( 13 ). Sollevatisi costoro, come-in
Africa, traevano a morte Rostare e Anoone; e i Cartaginesi
tntti dimoranti nelfisola spietatamente uccidevano. Mai voi-
lisi poi: contro i Sardi, e in mal punto provocandone Ia pa-
zienza e lo sdegno, furono da essi cacoiati in fuga, e abban-
donando la terra che aveano conlaminato co' delittiie col
sangue, andarono qua e Ik dispersi a rioovrarsi in Italia.
Per idem tempm, dice Polibio ( l4 \ conducti miHtes, qui SnM-
diniam cuslodiebant , Matkonem ac Spendium imUati, Car-
thaginienses omnes qui in msula erant invadunt, Sostarem
duoem, ac reliquos qui cum eo erant, m arcem adduotos, paullo
post obtruncant .... Misso, denique tn Sardihiam cum>
exercitu Hannone duce, conduoH milites una cum veteranis
tn eum esel&mplo conspirarunt , ieinde magnis eum affliyentes
cruciatibus, crucifiaerunt. Poslea reliquos Carthaginienses qui
erant in insula cunctos ocddentnt, omnesque dehinc atces et
locai occupantes , eisque dominantes , seditione aUer ipsos ;
Sarbini.IeQue incolas orta, in ItaUam ewpulsi sunt :, .
Hune in modum SArdinia Carthaginiensibus rebellavit.
Sorgente dimhovt mali rarono a Cartagine o«les*i,6tranieri
domati in Africa e sterminati da Sardegna. L'isola, piu non
avendo ctu la. reggesse, sollevpssi a pensieri d jndipendenza ;
e i mercenarii, bramosi di ritornarvi , ne da se soH poteadole,
iuvitaropo i Romani ad occuparla ( 15 ). Gratissima fu lapro-
posta, oe mai piu dolce alle romane orecchie suono 1'invito
- >'! , \n> ... . •
(8) Polyo.,' Hist., I, 31.
• r <9) Flor. , EpU. rer. roman. , II, 4. - Entrbp. , Brev. Mst. rom. ,
II, 37. •''' - • ' ■''
(tO) Itaqut momento temporis laceratae hostium '( i. e. CaHhagi-
niensium) rates , totum ihter Siciliam Sardiniamqne pelagus nau L
fragkcfsuo operuerunt. Flor., Iv6. bit., j'36: • " •
(1 1) Tdnfa dehique fuit ilta vittorta, ut de excidendis hosthm moe-
niius J 'non quaereretur. Supervacuwin tUum est in arcem murosque
saevire, quuni iam in mari etset deletd Carthdgo. Flor., loc. cit., J 37.
(13) Le condiziofli della pace furono le segoenti : Cnrihaginienses
Sieilia et omnibur insulis , ; quae inter ItaHam tt SicUiam silnt, de-
■cedunto : uiriut fopuli sqcii ab vtroque populo tuti sunto : neuter
fn aUerum populi ditione quidquam imperato, neve pubHce aedificato
but niiKtem c&MtUcito : atterius pOpuK socios neutH in amicitiam
yecipiunto. 1 Cdrthaginienses ut intra dcctm annos duo mitlia et du-
cehta talenta conferrent, mille sine ihora dJarent. Captwos sine pntio
'Rdmanis Cehrthaginiehses reddenni (Polyb., Htst, fll, 37). Ved. pwe
lo stesso Polibio, lib. I , cap. LXII. - Cornel. Nepot., in Hatmlcar., I.
-Valer. Maxim., II, 8, 3. - Appian. Alex., Fragm. apu4 Fntv. Drs. f
Select. de legat., num. 18, pag. 365. i- Eutrop., BreHar. hist. rom.,
II, 27. - Orbs., IV, 11. -'Awrel. Vfct. N De tnr. <M.» cap. XLI. - Zonar:,
Hist., tom. II, pag. 64-65, edit. praed. >
(13) La guerra ebntrb>i> wMati mercenarii ribellatis* a Cartagine
ebbe' prmcipio appena termmbt hv prima goerra pnnica (tt3 V. C).
Polibio dice «spressamehte che dur^ tre anni e quattro naesi aU'in-
circa X Hist., lib. I , bap. ult: )>; Tit» Uvto la fa durare ctnqne anni
{Histbr., XXI, 3); e Diodbro di SkJiHa (Fragm., lib. XXV, ap. Hoesoef.,
pag. 169) quattr» anni-e qnattfo mesi. Mb per qoanto si riferisce
aUa Sardegna, bbrt fu piu langtl det tempo assegnato da Polibio.
(14) Hist.; 88.
<15) II TOtard ne^suoiCofhwUaHi su Polibio (tom: II, p.44 e 45,
edit. Amstelbd. ) pretende che Uistorico greco sia cadvto ta una
grande contraddizione nel raocontare qaesto invitofetto aiRomani.
• Se e vero , egli dice , che i soldati stranierf forono cacciati da
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*
PRIM A.
di usurpare i dominii altrui. Avida d"ingrandimento, e
sespettosa delle anni che i Cartaginesi apprestavano per
ridurre i Sardi all'antica obbedienza 0), Roma Tu sollecita
a cogliere un'occasione che favoriva opportunamente i suoi
ambiziosi disegni. Non la pace recente, ne la giurata fede
la rattennero ; ma l'una. e lallra violando , e ad enlrambe
preponendo 1'uiilita propria , uso un tratto inescusabile di
perfldia politica per ispogliare la sua rivale di una posses-
sione gia da gran tempo invidiata (»). Mandb pertanto dicen-
dole, si kslenesse dagti arraamenti, o si avesse novella
guerra. Spaventala dairimprovvisa minaccia, oppressa dai
sofferti disastri, e inabile ad affrontare 1'ingiusta procella
che 1'antica sua alleata le appareccbiava , Cartagine cede
fremendo alla sovrastante necessila. E poicbe non la ragione,
ma 1'ambiziosa voglia di possedere h Sardegna avea spinto
i c. 5.5. 31 ' ' ^ oman ' a colanta enormita, sforzata da estremo caso, spo-
gliossi ancora di questa indocile terra, e con mille dugento
talenti 'di soprassoma la posc in mano ai suoi fortunati av-
versarii ; funesto pegno di future contese e di terribili guer-
reggiamenti (3). Cosi, dopo tre secoli di travagliosa domi-
nazione , la relutlante ne ancor pacata Sardegna scioglieasi
dall' africana per passare all' obbedienza della latina re-
pubblica.
• Sardegna, sccondo afferma Polibio, comc mai lo stcsso scrittore
• narra in appresso che gli stranicri deU'isola vennero volontaria-
• mente ad oflrirla at Romani? Dunque quei soldati stanziavano
• ancora in Sardegna , e non erano slati tuttavia discacciali dai
• naturali del paese. » Ma Y argomento di quelT ingegnoso com-
mentatore e fondato in una traduzione infedele di Polibio fatta dal
P. ThuiUier. QueU' istorko non ha mai detto che i soldati merce-
narii di Cartagine siano andati spontaneamente a Roma per offrire
ai Homani la Sardegna , ma precisamente che i soldati slranieri
rifugiati presso i Romani invitarono quesli ultimi a tentar 1' isola
colle armi. E sebbene soggiunga che i Carlagiuesi allestivane una
flotta per veleggiare a Sardegna, e punire i ribelli , egli non parla
in quel luogo dei soldati stranicri , che piu non vi erano , ma dei
soli Sardi, iquali,dopo la espolsionc dei primi,si erano sollevali,
e tentavano scuotere il giogo della repubbuca (ved. Polib., loc. ciL).
Ed ecco la contraddizione che il Folard chiama epouvantable , et
a peine eoncevable. •
(1) Uno dei pretesti allegati dai Romani per coonestare Tingiusta
guerra minacciata ai Cartaginesi furono appunto gli armamenti,
che quesli nltimi facevano contro la Sardcgna : bellumque Poenis
decretum, ni armti , quae in speciem adversus rebelles suos, re au-
lem vera eontra Romanos sumpsissent , abstinerenlur ( Epitom. et
supplem. Liv., XX, 6). Prima di questo ne avevano messo m campo
un allro, che appariva piu ragionevole, perciocch6 s'iraputava a
Cartagine di aver fatto prigionieri quei mercatanti d'ltalia, cb'erano
stati colti dalle sue navi di guerra, mentre trasportavano viveri e
munizioni ( forum rerum venalium ) ai di lei nemici , di ritenerne
ancora un gran numero strelli in catene, e molli altri averne spo-
gliali ed nccisi : negotiatores spoHabatis (cosi accusavala Calone),
et ut scelus lateret , mergebatis in mare ( ved. Appian. Alex. , De
bellis Punicis, pag. 7. - De bell. Hispan., pag. 437). Ma siccome
questo motivo era mal fondato (Polyb., Hist., 111, 28), e i Carta-
ginesi altronde, per togliere alla loro rivale ogni appicco, restitui-
rono subito in liberta i cattivi , che tuttavia ritenevano ( Epitom.
et supplem. Liv , loc. cit.); percio, messi da uu canto tutti i rispetli.
e guidata dalla sola ambizione, Roma denunzid la guerra a Carta-
gine per obbligarla alla cessione della Sardegna.
(3) Polibio medesimo , encomiatore assai diligente delle glorie
romane , non ha potuto disconoscere (aie verita , e accusa Roma
dingiuslizia ; e dice, che la violenta cessione della Sardegna fatta
dai Cartaginesi fu poi la vera causa della seconda guerra punica
(Hist., 111, 10 e 38. - Ved. pure Epitom. et supplem. Liv., XX, 4).
(3) Brevi ma onerosi furono i patti di questa cessione , ed eccq
come Polibio li riporta in poche parole : decederent Carthaginienses
e Sabdinia, et mille alia ac ducenta talenta conferrent (Polyb., Hist.,
111, 97 ). Un' egual somma era stata promessa tre anni prima dagli
stessi Cartaginesi nel trattato di cessione della Sicilia (ved. sopr.
pag. 41, col. 3 a , not. 12). E skcome nei preliminari della pace , se-
gnali da Amilcare Barca edal consolo Lutazio (Polyb., Hisl, 1,63),
43
III.
PERIODO ROMANO.
Proceflosi e pieni di molte stragi furono i primi anni
della romana dominazione. I Sardi, intolleranti del Duovo
giogo come stati lo erano detTantico, ribellarono freqoente-
mente, bramosi di vendicarsi in liberta. Ma i loro sforzi,
quantnnqoe ripetuti e generosi, non conseguirono giammai
un fine cotanlo giusto e desiderato. I Cartagine^i, solleciti
ad incitarli, ma impotenti a sostenerli nelle rivolte, cedel-
tero il campo alla prepotente fortuna di Roma (•*); e Roma,
opprimendoli colle armi , li ridusse finalmente ad un intiero
servaggio. Le memorie di queste prirae telte tra i Sardi ed
i Roraani occupano lo spazio di quattro lustri, ed io le andr6
qui appresso raccogliendo come trovansi registrate negli
scriltori e nei monumenti della romana istoria. Eutropio ci
lascio il ricordo dcl trionfo- della Sardegna menato da Tito *.c. n. 135.
Manlio Torquato, e della pace quindi seguila in tutto 1'orbe
romano ( 5 ) : T. Mmlio Torqmto , C. AUilio Bulbo Coss. •
erasi parlat» espressamente di talenti di Eubea, si deduce da cid,
che i Roraani, non contenti di aver spogliato ia loro rivale di
un'isoiacosi importante, come la Sardegna, la costrinsero eziandio
a sborsare nel coniesto 1'iHgenie somma di 8,400,000 sesteni, giac-
che ogni talento euboice valeva sette mila sesterzi di moheta ales-
sandrina (ved. Appian. Alexand., Fragm. ap. Fulv. Lrs., Select. de
iegat., num. 18, pag. 355).
(4) Dappoiche i Romani necisero in carcere M. Claudio Glicia,
autere d?una pace vergegnosa stipnlata coi Corsi nel 337 avanti l era
volgare (515 U. C), questi ultimi ripigliarono le armi, e si attesta-
rono co'Sardi per resistere aU'esercito guidato contro loro da
C. Lieinio Varo. I Sardi erano stati a cio indotti dalle segrete pro-
uiesse de; Cartaginesi (Zonar., Hist., tom. II, pag, 6C. - Oros., IV,
13) ; i quali poro, appena udirono i preparalivi che si facevano in
Roma per rinnovare la gnerra , inviarono i loro legati al senalo ,
ed impetrarono ia pace: Carthtfginienses tum bcllum rcparare tcn-
tabant, Sauhnienses, qui ex conditione pacis Romanis parere de-
bebant, ad rebellandum impeUenles. Venit tamen legatio Carthagi-
niensium Romam , et pacem impetravit ( Eutrop. , Bre\ . hitt. Rom.,
III, 9). SHfatta legarionft trovasi piu minulamente riferita da Dione
Cassio (tn ejccerpt. 1'ales., pag. 693 e seg.), il quale narra, che la
priraa voita i Cartaginesi non ottennero dai Romani alcuna favore-
vole risposta ; ma che poi , arendo essi inviato dieci dei principali
loro cittadini, ut impctrata semel pace ° frui lictrtt , il giovine An-
none , ch' era uno dei legati , parlo cosi liberamente e intrepida-
mente, che ridusse i Romani ad essere pMmansneti, e ad aocor-
dare la paceaddimandata. Le parole di Annone, secondoqueU'istorico,
ftirono le seguenti: Atqui m vobi* stdet denegore pacem, Romani,
qnam non in unum aut alterum annum, sed perpetmtm « vobis emi-
mut, pretium eku Siciliam et Sardiniam reddite .- ne prwatis qvidem
contraclibus viri boni eit, emptione rescissa, recipere mereem, non
restituere pecuniam.
(5) Al trionfo di T. Manlio Torquato, che fn celebrato ante diem
textum idus Martias dell'anno di Roma 518 (Fast Capit., ad d. ann.),
il Freinshemio nei suoi supplementi a Tito Livio fa precedere la
spedizione di T. Sempronio Gracco nel 615 U. C. (837 A. C. N.),
e riferisce a tal (empo 1'origine delPingiurioso proverbio, che vol-
garmente credesi applicato agli schiavi sardi: ex Liguria deinde
(Gracchus) transmisit in Sabdiniam et Corsicam , magna inde capti-
vorum multitudine reportata, locum proverbio dedit , quo Sabdi vb>
nalbs 4iicuntur in fastidiosa rerum vilium copia (Supplem. Liv. ,
X, 3). Ma l'autorita di Sinnio Capitone (ap. Fest., I. XVII, de verbor.
signific), che e la sola su cui egli si fonda, va soggetta a doe no-
tabilissimi errori storici. E il priroo , che T. Sempronio Gracco ,
socio di PubUo Valerio Faltone ncl consolato , abbia trionfato dei
Sardi ; e il secondo (e consiegue dal precedente), che da tale trionfo,
e dalla moltitudine dci prigionieri condotti da Sardcgna a Roma ,
sia nato il proverbio Sardi venales. I Fasti Capitolini e gli antichi
scrittori del Lazio non fanno menzione veruna di questo sopposto
trionfo del 515; e pare verameute assai improbabile, che nelFanno
medesimo in cui i Cartaginesi cedettero la Sardegna ai Romani
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44
DISSERTAZIONE
(A. U. 517) de Sardis triumphatum est, el pace omnibus
locis facla, Romani nullum bellum habuerunt; quod his post
Romam conditam semel tantum Nunta Pompilio regnante
con un solenne trattato politico (ved. sop., pag. 43, col. t"), abbiano
i secondi avuto il lempo ed i motivi di muover guerra ad un'isola,
che allora appcna incominciava ad esser» sotto- la loro potesta. Le
ribellioni dei Sardi contro i Romani furono tutte posteriori a quel-
1'anno. La piu anlica b collocata da Eutropio tra i consolati di
L. Cornelio Lenlulo con Fulvio Flacco (515), e di T. Manlio Tor-
quato con C. Atilio Bulbo (517); e questa essendo stata un semplire
tcnlalivo di sommossa, anziche una ribellione formale, fu soffocata
scn7.'armi nello stesso suo nasccre, col solo uffizio dci legati car-
taginesi, cbe impetrarono la pace (Eulrop., Brcv. hist. Rom., III, 2. -
Ved. sopr., pag. 43, col. 2 a , not. 4). L'allra, che segul appresso,
nacque dopo la guerra conlro i Liguri, come si raccoglie dal sud-
detto Eutropio (loc. cit.) e dalla stessa Epitome Liviana (lib. XX);
e fu apponto per comprimere quesl' ultima che il senato decreto
la spedizione di T. Manlio Torquato. E chiaro adunque che non
si poteva mcnar trionfo di ribellioni e di nemici, che tultavia non
esistevano ; e per conseguenza e assai manifesto, che Sinnio Capi-
tone confuse T. Sempronio Gracco , console nel 515 in compagnia
di P. Valcrio Faltone , con Tiberio Sempronio Gracco ch' ebbe il
consolato nel 575 , e che due anni dopo Irionfd solennementc in
Campidoglio delle vittorie da lui ottenute sopra i Sardi. La stessa
osservazione leggesi nell'anonimo commentatore di Festo: at Sin-
nius Capito ait, Tiberium Gracchum consulem, collegam P. Valerii
Faltonis, Sabdiniam Corsicamque subegisse, nec praedae quidquam
aliud quam mancipia caplum , qvorum viiissima multitudo fuerit.
Quod tamen non admittunt Fasti. Nam consules, qui hic referuntur,
fuerunt anno DXV, is vero, qui trwmphavit de Sardis, anno DLXXVII
(Aucl. not. in Fest., v. Sardi rcnales). Recaquindi meraviglia, che
il Freinshemio , uomo per altro dottissimo , non abbia avverlito
qucsferrore, e che poi, nel riferire il vero trionfo celebrato da Ti-
berio Sempronio Gracco nel 577 di Roma, abbia datata dal mede-
simo 1' origine del -proverbio Sardi venales , cui egli stesso aveva
gia dato un' esistenza anteriore di sessantadue anni , derivandolo
dai Sardi condotti cattivi a Roma nelFanno 515: Ti. Sempronius
Gracchus, qui per biennium Sabdiniam oblinueral , tradita Ser. Cor-
nelib Sullae praetori provincia , reversus Romam , triumphavit de
Sabdis (A. U. 577). Tantam captivorum multitudinem ex ea insula
illum abduxuse ferunt, ut tonga eorum venditione res in proverbium
venerit , et Sabdi venales "pro rebus rilibus vulgari ioco celebrati
fuerint (Supplem. ad lib. XLI, 95 Liv.). La conlraddizione di questo
passo colPallro gia riferito piu sopra e cosi manifesta, che non ho
polulo rattenermi dal notarla , tanto piu che il Freinshemio nel
supplire quclle due lacunc applico ai Sardi , colla presunta aulorita
di Livio, un motto ingiurioso, cbe quolP istorico non ha forso pro-
ferito giammai, che certaraente non consta essersi da lui scritto a
vituperio della sarda nazione, e che manca in se stessodi giustizia
e di veriia. Basterebbe invero , per dimostrare la falsita di quel
proverbio, 1'aver provato, che Sinnio Capitone lo fece derivare da
un trionfo che npn ha mai esistito , qual si e quello di Ti. Sem-
pronio Gracco da lui supposto nel 515 di Roma; ma siccorac po-
trebbesi replicate , cbe dall' avere quell' autore , comunque solo ed
oscnro, equivocalo per la somiglianza dei nomi , scambiando il sud-
detto consolo collaltro Ti. Sempronio Gracco, che trionfo dei Sardi
nel 577, non pud ne deve inferirsi che abbia cziandio errato nella
verita sostanziale del proverbio; percio dimoslrero altrimenti la
falsa applicazione cbe ne fu fatta ai Sardi. Plutarco dice chiara-
mente che un tal provcrbio nacque ai tempi di Romolo , dopo la
vittoria otlenula sopra i Vejenti. Ecco le sue parole: Triumphavit
autcm de his (i. e. Veiis) Romulus idib. oclobris (V. C. 36). Cum-
que magnam captivorum rim abduxissct, fuil in illis Veiorumdux,
qui vir provecta iam aetate cum esset, rcm imprudenter visus ac
praeter aetatem impe.rile gessisse: quare el his temporibus cum vi-
ctimas parta vicloria immolant , sencm purpura indutum per forum
in Capitolium ducunl , bullamque ad'collum appcndunt, indicium
atque insigne pueriliae. Pracco Sardiunos vcnales pronuntiat. He-
Uusci enim Sardianorum coloni csse dicuntur. VeH autem intra
Hetruriae fines continentur ( in Romul. vit. , § 55 , Lapo florentino
interpr., pag. 68 , 69, cdit. Lugdun. , 15C0). La stessa origine ci 6
indicata da Fcsto, il quale scrive: Sardi venales, alius alio nequior;
ex hoc natum proverbium, quod ludis capitolinis, qui fiunt a ricinis
pfaetextatis, auctio Veientum ficri soleat , in qua novissimus quisque
producitur a praecone senex cum toga praetextata, bullaquc aurea,
quo eultu reges Etruriae utunlur, qui Sardi appellantur, quia Etrusca
gens cst orla Sardibus rx Lydia : Tyrrhenus enim inde profectus,
cum magna nianu eorum occupavit eam partem Italiae , quae nunc
rocatur Elruria (Feslo, I. XVII, l>r vrrb signific, pag. 131,
contigerat (0. La narrazione di Eulropio h confermala dai
Fasti capitoliniW, i quali segnano eziandio nei due anni a.c.^i3j
seguenti ( 51 9 e 520 U. C. ) i trionfi ottenuti sopra
i Sardi dai consoli Spurio Carvilio e Marco Pomponio
132). A siffatte testimonianze si pud aggiungere 1'argomento derivante
dal silenzio di Eutropio e di Floro, specialmente se voglia riflettersi
che il secondo dei detti scrittori tocc»con asprissime parole il sog-
getto degli schiavi sardi condotti a Roma da T. Sempronio Gracco
nel 577 (lib. 11, cap. VI, $ 35); e sombra assai naturale, cbe dopo
aver egli delto dei Sardi ribelli ch'erano gens contumax vilisque
tnorti, ne domabili altrimenti, fuorche patrii soli desiderio , non
avrebbe tralascialo di appellarli col trito proverbio di Sardi venali ,
se ad cssi vcramente il medesimo si apparteneva. So bene , che
taluni mi opporranno 1'aulorita di S. Aurelio Vittore, il quale dice :
Tiberius Scmpronius Gracchus altero consulatu Sardiniam domuit ,
tantumque caplivorum adduxit, ut longa venditione res in prvver-
bium veniret , Sardi venales ( De viris ill., cap. VII ) , e 1'altra di
Cicerone che scrisse phi acerbamente : habes Sardos venales; alium
alio nequiorem ( Epist. ad famil. , VII , 24 ). Bla io non credo che
1'autore delle Vite degli uomini itlustri di Roma possa prevalere a
Plutarco , scriltore molto piu antico , ne che a Cicerone , nemico
acerrimo dei Sardi , debbasi prestare maggior fede che a Festo o
a Plularco insieme ; poiche Vittore pu6 aver ripetuto, senza molto
esame , un proverbio volgare che riusciva di facile applicazione ai
vinti e di titoio dr maggior lode al vincitore ch' egli encomiava ; e
Tullio, nella foga sua di mordere c di sviUaneggiare, pud benissimo
aver convertito a biasimo dei Sardi un motto che per la somiglianza
dci vocaboli , siccome dava occasione ad equivocare , cosi a lui
sommiuislrava opportunita di vilipendere i suoi avversarii ; e sa
ognuno che in tal rispetto la procace lingua ciceroniana pecc6 scm-
pre di esorbitanza. Plutarco altrondc, che visse duecenlo e piu anni
dopo Ciceronc , parla di qucl proverbio per scienza propria , e af-
ferma cspressamente che anche a'snoi tempi durava il coslume di
condurre al campidoglio un vccchio schiavo di nazione etrusca ve-
stilo di porpora, e di gridar 1'asta dei Sardiani venali : Et his tem-
poribus, cum victimas parla victoria immolant, senem purpura in-
dutum pcr forum in Capitolium ducunt , bullamque ad collum ap-
pendunt praeeo Sardianos venales pronuntiat. Pare adunqne
iudubitato che il riferito proverbio appartenesse in originc agli
Etruschi , e che poi fosse applicato ai Sardi , o per errore , come
pu6 dirsi di Sinnio Capitone e di S. Aurelio Vittore, o per istudiala
malignita , come non dubito affermare di Ciceronc. Cli argomcnti
poi addotti dal Cronovio (IV, De pcc. vct., cap. X ) pcr provaro il'
contrario, comunque- siano dotti ed ingognosi, non possono distrug-
gere 1'esistenza del fatto atlcstato da Plutarco e da Feslo, c quindi
nemracno 1'anleriorita del provcrbio in discorso alla vittoria otte-
nuta sopra i Sardi da T. Sempronio Gracco nel 577 di Roma. E
deve* percid conchiudcrsi, chc lo stcsso proverbio, sebbcne appli-
cato. ai Sardi dalla mordacita di Tullio, fu pcr6 realmente originato
dagli schiavi etruschi, ed ai medesimi csclusivamente appropriato
dall' insolenle superbia dci vincitcri romani.
^l) Brev. hist. rom. , 111, 3. Dopo questo trionfo di T. Manlio
Torquato la Sardcgna divent6 suddita, c fu dichiarala provincia del
popolq romano. Si ha su di cio la testimonianza di Vclleio Patercolo
e del giureconsulto Pomponio. Scrive il primo : Sardinia inter pri-
mum et secundum bellum punicum , ductu T. Manlii cos. , cerlum
recepit impcrii iugum ( Histor. rom. , 11 ,• 38). E il secondo : Capta
Sardinia, mox Sicilia, itcm Hispania, deinde IVarbonensi provincia,
lolidem praetores, quot provinciae in ditioncm vcncrant, Crcali sunl
(leg. II, digesL De orig. iur., § 32). Ma siccomo i Sardi non quie-
tavano, e quanto maggiore era la stragc chc i Bomani ne farevano,
tanto piu ferocemente essi insorgevano contro i loro opprcssori ,
percio sembra probabilc che la spedizione del prctore alfisola sia
stata differita a tcmpi mcno pericolosi ed intranquilli. U Fara (De
reb. sard., I , pag. 120) ed il Freinshemio (Suppl. ad lib. XX Liv.,
33), appoggiandosi aU'autorila di Solino (Polyhistor., XI), dicono
che M. Valerio fu il primo pretore di Sardegna nel 526 di Roma.
Lo stesso affcrmano il Pancirolo ed il Panvinio, nei quali si legge :
Vtraque (i. e. Sardinia el Corsica) ab uno praetore regebatur. Pri-
mus Maximus Valerius utramquc administravit. (Notit. dignit. oc-
cident. imp.) : utrasque insulas (Sardiniam el Corsicam) unus semper
rcxit practor, quorum primus fuit Marcus Valerius (De imp. rom.
tit. prov. Sard.). Ma il Vidal (/n appar. ad Annal. sard., 1,80,81),
fondandosi in un errore del suddelto Pancirolo (loc. cit.), prelendo
che 1'onore di quella prima pretura debba attribuirsi a C. Flaminio
il quale nel suddetto anno 526 fu prctoro della Sicilia.
(2) T. Manlius T. F. T. JV. Torqualus Cos. de Sardois VI idus
mart., ann. DXVIll (Fasl., Triumph. - Pigh. apud Gracv., Thesaur.
roman. anliq., vol. XI, rol. 227-28).
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PRIMA.
45
Malo ('). Provocate dalle sedizioni clie i Cartaginesi fomen-
tavano con secreti messaggi, c che la morte di Publio Cor-
nelio e di gran parte dc' suoi soldati avea renduto pih gravi
* e piu pericolose (*), queste consolari vittoric, se ristorarono
per alcun tempo la fortuna delle armi latine, non furono
per6 baslanti a spegnere neirisola il fuoco sempre vivo
della ribellione. 1 Rbmani ne fecero a Cartagine aspre e mi-
naecevoli doglianze ( 3 ), ne contenti alle parole, spedirono
jc » »3.-30. nel 524 i consoli M. Emilio Lepido e M. Publicio Malleolo,
e nel 522 inviarono un'altra volta il consolo M. Pomponio
Mato per comprimere la baldanza dei Sardi sempre irrequieli
e ricalcitranli. Lepido e Malleolo non fecero alcuna fazione
onorata, e ristrettisi a predare le soslanze degrisolani, se
le videro poco slante ritolte dai Corsi ardimenlosi e feroci.
E Pomponio, benche a guisa d'indomite belve dosse coi
veltri la caccia ai (ieri abitatori delle sarde montagne, di-
sperato di poterli domare altrimenti , non riuscl lutlavia a
ridurli all' obbedienza della repubblica ( 4 ). Annidatasi in
balze asprissime e dirupate , la sarda liberta scaldb i petti
generosi degl7fcst, dei Balari, dei Taratr, degli Aconili;
tVi^U*' S° ss * nat *, dei Jolesi e dei robusti Pelliti;, e mentre Va-
lerio ed Attilio (526 a 528 U. C), confidenti nel nome e
nell aulorild di Roma, ogni altra parte dell'isola romana-
mente reggevano ( 5 ), ardeva in quei sublimi e selvaggi re-
cessi il sacro fuoco della patria indipendenza, e prcparava
novelli e famosi avvenimcnli che doveano immortalare
reroismo benche infelice dei nostri padri.
(1) Dalle tavole capitolinc citate dal Freinshemio (Smpplem. ad
lib. XX Liv. , 14, 17) si ricava cbe il trionfo del eoosolo Carvilio
ebbe luogo a. d. kalendas aprilts , e I' altro di Pomponio idibut
martiit degli anni sovra indicati. Lo slesso si legge nei Fatti pub-
blicati dal Pighio , nei qoali quei due trionfl trovansi inscrilti in
questo modo : Sp. Carvilius Sp. F. C. N. Maximus cot. de Sardeis
ann. DXIX, K. aprilit. M. Pomponiut M. F. M. N. Malho cot. d»
Sardeis ann. DXX, idib. mart. (apod Graev. , Thes. rom. antiq. ,
vol. XI, col. 997, 928). La viltoria di roroponio dovette essere molto
importante per la paciOcazione, almeno temporaria, della Sardegna,
giaccbe i'onore delle trionfali non si vede d'allora in poi accordato
a verun allro per le guerre sarde lino al 577 di Roma. Quindi non
pare irragionevole 1'opinione del gia citato Pancirolo, il quale dice
che la Sardegna fu fatta prima populi romani provincia a M. Pom-
ponio anno urbit 591 ( Nolit. Occident. impcr.). Anche il Micali la
soppone ridotta stabilmente alla condizione di provmcia nelPanno
593 (Varroo.), sotto il consolato di M. Pomponio Mato e C. Papirio
Haso ( Ultalia avanti il dominio de' Romani , part. II , cap. XI\>
(3) At Romani , bello dilato , Sardos dicto non audicntcs adorti
vicerunt ; qui deinde a Carthaginicntibut clam ad rebelHonem tn-
cilati tunt. In Sardiniam P. Cornelium aedilem miserunt (Romani).
Sardos nil modicum animis agitantes, Carvilius ingenti praelio tu-
begit. Cornelius enim et mulli militet morbo perierant (Zonar. ,
Annal., lib. VIII).
(3) Quum horum motuum cauta penet Carthagmientet ette dice-
retur, qui barbaros (i. e. Sardos) ad defectionem secretit nuntiis
allicerent , legati mitsi suht Carthaginem cum asperit mandatit quo
ttipendium exigerent , atque insuiis ad Romanos pertinenlibus abs-
tineri iuberent , belli minit additit , ni imperata fecittent ( SuppL ,
ad Ub. XX Liv., 16, ex Zonar., I. cit.).
(4) Zonar., Annal., tom. II, lib. cit.
(5) II primo nella qualita di pretore , e il secondo col carattere
e colPaotorila di console. Anno tequente (536 U. C.) . . . . prae-
torum duplicatut ett numerut ; quaternosque creari visum, ut essent
qui in Siciliam, Sabdiniahqdb provincias cum imperio mitterentur:
ex hit M. Valeriut Sabdiniah, attributamque huic Corticam, C. Fla-
miniut Siciliam torliti tunt (Supptem. ad lib. XX Liv., 33 ; e\ Solin.,
Polyhist. , cap. XI ; et Polyb. , Hist. , II , 92 ). Jnterea L. AemiHut
Q. F. Cn. N. - Papus. C. Atiliut M. F. M. N. consulet Sabdiniam
et Ariminum cum vicina Gallia provinciat obtinuere. Sabdi animo
gravali perpetuam romani praetorit praetentiamque , fatccsque non
ante contpectos, itcrum tumulluati fuerant. Sed hos C. Atilius consui
haud magnn negotio coercuit ( Supplem. J.iv. , praed. , lib. cit. ,
cap. XXXVI. Ex Zonar. et Polyb., II, 23 c 95).
ln tale stato di frequente insorgere e di violenlo obbedire,
ne tranquillo era Timperio, ne pacifica la sommessione. E
se dal governo consolare di Regolo fino alla prelura di Aulo
Cornelio Mammula (528 al 535) ( 6 ), vi fu nelHsola qual- A.CN. »14-117
, .. . «• C 5*1-535.
cue apparenza di quietamento , nemmeno questo fu stabil*
e conlinuato, giacche Polibio racconta C) che il navilio ro-
mano cacci6 dai mari sardi la flotla punica enlrata a padro-
neggiarli, e narrasi da Livio cbe la Sardegna consegno ostaggi
al consolo Cn. Servilio, allorche, speculate all'intorno le
acque sarde e corsicane, ei s'indirizz6 con centoventi navi a.c. n. ». 7 .
alla volta dell Africa ( fi ). Dal che si vede che i Carlaginesi
non aveauo abbandonalo al tutto il pensiero di ricuperare
una terra in cui aveano si lungamente dominato, e che i
Romani diflidavano sempre dcll'obbedienza di un popolo
cosl facilmente proclive a sorgere ,ih armi per difendere la
propria indipendenza. Ne vani erano i sospetti , o mal fon-
dati i timori, poicbe dall un canlo 1'odio contro Roma in-
spirato al grande Annibale dalla voce e daU'autorita paterna,
e dall'ingrata memoria della Sardegna perduta ( 9 ), avea gia
prodotlo la ruina di Sagunto e la rotta di Trebbia, e dal-
1'allro i sempre insorgenti conflitti co'Sardi indomili e va-
lorosi provocavano con impeto disordinato le armi sl varia-
mente cimentate della repubblica ( ,0 ). I prodigi altronde che frVs^' 7-
in quel lempo diceansi accaduti nell'isola (•>), il prcssante
mossaggio clie Aulo Cornelio Mammula spediva a Roroa,
significando al senato il grave pericolo in cui egli trovavasi
per la mancanza degli stipendi e del frumento dovuto ai c"»' 6 '
soldatiC 2 ), e lo spavento da cui la repubblica fu compresa
«
((>) Fra il governo di C. Atilio Kegolo e 1'altro di A. Cornelio
Mammula esiste nella serie dei pretori romani inviali a Sardegna
una lacuna di sei anni. Imperriocche dal 528 di Roma , in cui il
suddelto Atilio fu spedito all' isola con poteri consolari ( Supplem.
Liv. , XV, 36 ), sino al 536 , in cui Mammula e per la prima volta
nominato da Livio (XXIII, 21) pro-pretore di Sardegna (locche vool
dire ch' era pretore fin dall' anno precedente ) , non si trova nelle
storie Liviane , ne in veruno degli anlichi scrittori , registrato il
nome di altri governanti spediti dalla repubblica. II Fara opina ,
cbe in questo intervallo la Sardegna sia stata dichiarata provincia
consolare (De reb. Sard., I, 191). E pare veramcnle, che se nol fu
di dritto e con decreto del senato, lo fosse. almeno di fatto ; poiche
tanto puo arguirsi dalle rivolte che annualmente succedevano nel-
1'isola, e dalla necessita che quindi puo aver consigliato i Romani
ad aflidare temporariamcnle ai corisoli il reggimento delle cose
sarde.
(7) Hitt., III, pag. 96.
(8) Cn. Serviliut Geminut consul cum classe centum viginti navium,
circumvectus Sabdiniae et Corsicae oram, et obtidibut utrinque ac-
ceptit, in Africam transmisit ( Liv. XXII, 31 ).
(9) Fama etiam eit , Annibalem annorum ferme novem, pueriliter
blandientem patri Hamilcari , ut duceretur in Hispaniam , quum ,
perfecto africo bello, exercitum eo traiecturus sacrijicaret, altaribut
admotum , tactis sacrit iureiurando adactum , se , quum primum
possct , hostem forc populo romano. Angebant ingetitis spiritut virum,
Sicilia Sakdiniaqcb amistae: nam et Siciliam nimit eeleri despera-
tione rerum concessam , et Sabdiniah inter motum Afrieae fraude
Romanorum , stipendio etiam intuper imposito, interceptam (Liv. XXI,
1 ). E questa fraudolenta occupazione della Sardegna dice Polibio
( lib. III, sup. cit. ) essere stata appunto la cagione principale detla
seconda guerra punica.
(10) Sabdos Cortotque et Ittrot atque lUyriot taeettitse magii ,
quam exercuisse, romana arma ( Liv., XXI, 16).
(11) Sono riferiti da Livio in qucsto modo: In Sabdinia autcmin
muro circumeunti vigilia* equiti tcipionem , quem manu tenuerat ,
arsiste , et litora crebrit ignibus fulsisse , et scuta duo sanguiue
sudatse, et milites quosdam ictos fulminibut , et tolit orbem minui
vitum (XXII, 1).
(19) Per idem fere temput (536 U. C), titerae cx Sicilia Sabdi-
niaqce Romam allatae. Qoelle di Sicilia lelte in senato portavano
tra le altre cose: Militi et navalibut tociit neque stipcndium, neque
frutnentum ad diem dari; nequc unde detur , esse. E quellc di Sar-
dcgna rocitavano presso a poco 1'istesso : eademque ferme de stipendio
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DISSERTAZIONE
dopd la strage di Canne , turbarono siflattamenle i romani
consigli , cbe ogni cora deHa Sardegna fu abbandonaftt al
ptfetore; e dai pretore, a cosi estreme angustie ridotto, sa-
rebbesi perduta per sempre , se la genef osita delle citta socie
prontamenle nol soccorreva (*).
o.Vfe" 5 ' * ^ardi inlJHrt0 non lasciarono trascorrere oziosamente
un' occasione cos\ proptzta ai loro perseveranfr disegni. Ina-
* nimiti daila debolezza del romano esercito cbe stanziava
neirisola, dalla partenza di MammuJa, cbc aveali acerba-
mente governati neiraono precedente, e dalle persuasioni
di Ampsicora, principe dei Pellili, che soprastava a tutti per
autorita e per ricchezze, inviarono clandestini legati a Car-
tagine , invitandofa a proteggere colla sua autorita 1- immi-
■ente loro defezione ( a ). La speranza non mai dismessa di
riacqoistare la ferace Sardegia rawivossi improvvisamente
a tale annunzio negli animi cartaginesi ; e alla speranza con-
seguiva forse 1'effetto, se la forluna secondava con prosperi
eventi 1'ardofe delle pvniche deliberazioni. Ma roentre
Asdrubale il calvo, sospinto daffa violenza delta tempesta
alle isole Baleari, era impedito per alcun tempo di afferrare
eolla poderosa sna flotta le spiaggie sarde, Roma, avvertita
da A. Cornelio dello stato delle cose insulari , prowedeva
mltecitamente al sovrastante pericolo, e levata una legione
di cinqne mila fanti e quattrocenlo cavalli , ne aftldava il
comando a T. Manlio Torquato, quel desso, ch' essendo
eonsolo, avea quattro lustri innanzi trionfato della Sardegna.
La serie di questi fatti e largamente raccontata da Livio,
ne sara fuor di proposito riportare le sue stesse parole, per
conoscere 1'importanza degli avvcnimenti che si preparavano:
Interim (ann. U. C. 537) , Sardiniae recipiendae
(Carlhaginiensibus) repenlina spes adfulsil. - Parmm ibi
exercittm romanvtn esse: veterem praetorem inde, A. Come-
lium, provinciae perilum decedere, novum expectari. Ad hoc,
fesso» iam animos Sardorum esse diulurnitate imperii, et
frumentoque ab A. Cornelio Mammula propraetore ex Sardinu
ieripta ( Liv. , XXXHl , 91 ). Da quesfo luogo si ricava , che A.
Cornelio Mammula governava la Sardegna nel 536 di Roma in virtu
delPautorita pretoria prorogatagli dal senato , e percid e appellato
propretore. Della sua pretura delVanno precedente si ha nn indizio
nel ragionamentp tenoto in senato in quell' istesso anno dal tribuno
M. Metilio , il quale credeva inutili duos praetoret Sicilia atque
Sardinia occupatot (Liv., XXII, 25). E di questi due pretori uno
certameote fa Mammula, sebbene non siavi nominato.
(1) Retponsum utritque (i. e. Octacilio et Mammalae) non ette ,
unde milleretur (stipendium i. e. et frumentum); iuttique iptielat-
tibut atque exerciUbui tuit eontulerent ... Cornelio in Sardinia
cwitatet tociae benigne coniulerunt (Liv., XXIII, 21 ). Valerio Mas-
simo osscrva opportunamente, che in talTrangente non mancd pel
senato che la Sardegna si sottraesse dal dominio deUa repobblica.
Propter eandem cladem ( i. e. cannensem ) Senatut Octacilio , qui
Siciliam , et Cornelio Mammutae , qui SardiniaM propraetoribut
obtinebant , qucrentibut , quod neque iHpendium neque frumcntum
clatsibut eorum et exercitibut tocii praeberent; affirmantibu» etiam,
nc habete quidem eot , unde id praettare pottent ; retcripsit, aerarium
longinquit expentit non tvflieere: proinde, quo paeto tantae inopiae
tuccurrendum ettet, ipsi vidcreiit. Hit literit quid aliud quam imperii
tui gubernacula e manibus abiecit? Siciliamque cl Sahdinmm, beni-
gnittimat urbit nottrae nutrkes , gradut et ttabilimenta bellorum ,
tam multo tudore el tanguine in iut ac potestatem redattas, paucit
terbit, te sciliccl neeettilate iubente, dimisit (JHctor. factor. memorab.,
VII, 6, $!)•
(2) Queste eose accadevano nel 537 di Roma (A. C. N. 215), e
dimostrano ad evidenza, che la Sardegna non erasi tuttavia quietata
intieramente nelFobbedienza verso i Homani. Con qual verita adunque
II tribuno della plebe M. Metilio, perorando liberamente in senato
contro Fabio Massimo , pote asserire , soli due anni innanzi , duoi
praetorei SieUia alque Sardinia occupatot , quorum neutra hoc
tempore provincia praetore egeat? (l.iv., Ilitt., XXII, 25).
proarnto iis anno acerbe atfne avare imperatum: gravi tributo
et collatione miqua frumenti pressos ( 3 ) , nihil deesse atiad
quam auctorem, ad quem de/icerent. - Haec eUmdestina le-
gatio per principes misset erat; maxime eam tem molimte
Hampsicora ( 4 ), qui lum auctoritate atque opHnts hnge
primus erat. Bis nuntiis prope uno tempofefurbatierectique^),
Magonem cum classe sua copiisqne in Eispankm mittunt: tn
S.iRDiitiAM Hasdrubalem deligunt ducem ; et tantum ferme
copiarum, quanlum Magoni, decernmt . . . Per idem temptts
(ann. U. C. 537) Romae quum A. CorneHus Mammula, ex
Sardinia provincia decedens relulisset, qui status rerum in
insukt essel, bellum ac defectionem omnes spectare; Q. Mu-
cium qui successisset sibi ( 6 ), gravitate coeli P) aqttarumque
advenientem exceptum non tom in periculosum, quam longum,
morbum implicitum, diu ad belli vim sustinendmt inutilem
fore , exercitumque ibi «( satis firmum pacata* provinciae
praesidio esse, ita parum betto, quod motvm iri videretur :
decreverunt Patres, ut Q. Fukius Flaccus quinque millia pe-
ditum, quadringentos equites scriberet , eamque legionem primo
quoque tempore in Sardiniam traiiciendam cwaret, mitte-
retque cum mperio, quem ipsi viderelur, qui rem gereret,
quoad Mucius convaluisset. Ad eam rem missus esl T. Manlius
Torqualus, qui bis consul censorque fuerat, subegeralque in
consulatu Sardos. Sub idem fere tempus et a Carthagine in
Sardiniam classis missa, duce Hasdrubale, cui Calvo co-
gnomen erat, foeda tempestale vexata, ad Batiares insulas
deiicitur : ibique (adeo. non armamenta modo, sed etiam alvei
navium quassati erant ) subductae naves dum reficiuntur, ali-
quantum temporis triverunt ( 8 ).
(3) Poco innanzi ( lib. XXIII. 21 ) lo stesso Livio aveva detto, che
ie eitta sarde, amiehe dei Romani, avevano di buon grado sommi-
nistrato a Mammula il frumento necessario all'esercito: Cornelio in
Sabdinia ewitatet toeiae benigne contulerunU Ma da quanlo sog-
giungo in questo luogo appare chiaramento , ehe quella benignita
fu simolata, e che tale aemminislranza fu sforzata ed iuiqoa; locche
pure si deduce dal testo di Valerio Massimo riporlato nelk nota
precedente.
(4) In alcuni codici mss. di Livio leggesi Uarbicoba; ma i mi-
gliori hanno Hampsicoba e Ampsicoba. Silio italico ( Punicor. ,
XII, 345) scrive Hampsagoras, come si vcdra piu solto. II nome
di questo eroe sardo sembra d'origine punica. Infatti osserva il
Gronovio, che presso Plauto {Paen. V, sc. V, v. 920-23) una donna
cahaginese e chiamata Ampsigdra; e pcrcio sospella che ambidue
i nomi siano derivati da Ampsaga, fiume d'Africa. Ma il Bellennann,
citato dal Bothe ( ad loc. cit. Plaut ) , legge piu corrcttamente
AMPSAOURA,daU'ebraico Eeem ftach gurah,che significa mater agnum
( iilium ) amans.
(5) Allude 1'istorico alle notizie, che nel terapo wtesso pervennero
a Cartagine dei rovesci soflerti in Ispagna dalle arnri puniche , e
dei moti di Sardegna favorevoli alfantica sua dominazione in quel-
l'isola. Quindi dice* ottimamente , chc, riccvute tali novellc, gli
animi vi furono prope uno tempore turbati ereclxqu*. Quanta poi
fosse 1'importanza che i Carlaginesi mettevano nel poter ricuperare
il perduto imperio sulle terre e soi mari sardi, si ricava dali'esscrsi
decretato pcr Asdrubale un esercito qnasi uguale a quello ch'era
stato affldato a Magone per combattero in Ispagna, il quale conslava
di dodici mila fanti, mille cinquecento cavalli e venli elefanti, ollre
a mille talenti d'argento per le spese della guerra (Liv., XXI II, 32).
(6) Eragli succeduto per le sorti tratte in Boma negTidi di marzo
del 537 (U. C), e addimandavasi Quinto Muzio Scevola: Circumacto
lertio anno punici belli , Ti. Sempronius consul idibus marliis ma-
gittralum iniil . . . Ap. Claudius Pulcher Skiliam, Q. Mucius Scaevola
Sardiniah tortiti tunt (Liv. , XXIII , 30). Ambidue questi pretori
partirono immediatamente per le loro provincie, come lo narra poco
dopo lo stesso Livio: Praetoret in Sicitiam ac Sardiniam profecli
(lib. cit. , cap. XXXII).
■ (7) Anche dclta Sicilia si legge iu Livio: Temporc autumni et
locit nalura gravibus . . . intoleranda vis acstus ( lib. XXV , 26 ).
(8) Liv. , Histor. , XXIII ,-32, 34.
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PRIMA.
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T. Manlio, avendo prevenuto 1'arrivo di Asdrubale ai lidi
sardi, ristorb sollecitamente le afflitte cose della repubblica.
Ridusse prima il navilio alla sicura spiaggia di Gagliari ; e
poi, armata la ciurma, e fattala sbarcare co' soldali arruo-
lati da Fulvio, unl le sue alle genti di Mucio, colle quali si
trovb avere sotto i suoi ordini ventidue mila fanti, e mille
duecento cavalli. Gon questo poderoso esercito si condusse
senza dimora a fronte degli alloggiamenti nemici. Ampsicpra
trovavasi in quel momento assente dal campp, e percorreva
le provincie dei PelUli, raccoglieodo uomini ed armi per
rinforzare le proprie scbiere. II di lui Oglio Josto W, cui
era interinalmente affidato II comando supremo dell' armata
sarda., immemore dei consigli paterni, e bollente per gio-
ventu, spinse audacemente fuori delle trinciere i suoi sol-
dati , e nulla calcolando la superiorita delle forze romane ,
aceetlb con impetuoso coraggio iipeguale battaglia. Feroce
fu lo scontro, ma non fu lungamente incerto 1'esito della
pugna. Le iegioni condotte da Manlio, prevalenti pel numero
e per la lunga esperienza degli. or<lini militari, posero in
piena rotta Pesercito sardo, e 1'obbligarono ad abbandonare
il campo, lasciandovi iremiia uccisi, ed.ottocento prigioui,
I superstiti a tanta strage, dopo avere inotilmente tentato
di rannodarsi per resistere all'impeto fortunato dei vincitori,
ripararoBO alla citlk.<di Gobnus ^),ie rapcoziatisi uii' aUra
Volta. insieme, srjstarpno dalle armi , aspottando gli aiutidel-
1'armata cartaginese. Ques^U infatli non tardb ,ad arrivare
ed a oongiungersi colie veccbie e colle nuove truppe rag-
grariellate da Aaipsicotu. Ilvecchio ed animoso Pelljia, im-
paziente d'indugi, e bramoso di pronta vendeita, si spinse,
allora con celere marcia alla volta di Cagliari, ctii Marilio
erasi ridotlo dqpp 1'arrivo della fl6,Ua,punica; e^devast^ndo
col ferro e col faoco i loogbi Urttigia ocoupati dai fiomani ,
appatecchib con Tieta feroeia 11 fortc braccio e le armi ge-'
aerosc per liberara la patria dall' oppressione slraniera.
Manliro, Vedoto il guastbdato dai Sardi alle terre tutle -der
soci di Roma, e il pericplo dei suoi soldali, rincblusi dal-
1'angusto recinto di veccnie mura, uscl testamente in cam-
pagna, e raggiufttb reSefcitb neriiico capitanatd da. Asdru-
oale e da Ampsicoju, lo provocb, dopo breve indugio, a
decisiva giornata. Si comtatte da prima alla sfilata, e con
varia fortuna : ma ppi affrorilalesi le schiere in ofdinata
baUaglia , pagnossi ferooepienie per quattr f ore ca' vessilli
spiegati. II ialdre dei' griprieri , fbdio dei Sartii contrd i
Romani, e dei Romaipi poutro j. Cai , |aginesi,, rendfetle peral^
eiin tempd fttrttuante ed>Mn€erta ^ vrttoria. Ma finalmente
quest'ultiina, dichiai bssi % fay^ delle aquiic latine. j| Sardf
fnrono i prinii a cedere, quindi, i Gartaginesi. AJla rotta
segrii \i fiiga,' atia fuga la strage. Dodici ! mila cdmbatteritr
ftronp passati„a t fi). di spada^ IremOa e piu con yentiset^
vegsilli vennerb iri maao det vmcitore, Asdrobaley doce
supre'm& detr esercito cjirta^inesef , Magone corigipnib pe|
sangue Barcino al grande An*ibaje, e Annone, autpWie con-»
fortatore della sarda rHbeffioritf 1 ,' Caddero vhi iri pbtere' dei
'.,>.,••..• , i ■ i ■•;>. ■: • i ' . i ; •;
■ . 1 ■ '. '»«•,« i i.A,. !i. ■ !•• ' :;■
(ly^Afmt.eitff., nomm «JWVRSv Cosi Uyw, JHist,, XiXlU , 40.
t„11* 8U>> ^lico lo cbi«MP9 Os^p;[/VoJ«j( pufckra viro „»ec tali
4tgwp<*renU;, Uostto «ro< ec. Pftnicpr,,, ,XII ,, v. , ^46-47,).
.• (8),Er* situajU presso al yillaggip oggi ijislrntto dj ,1>ittinijbi al
aad-ovfst.detla Sardegna, ed era 1'antica <?apital«S dei SafAi PeUiti\
aec^Bdq.lJautoritA di Livio (y. infra pag. 48, col. in nol^). jDalla
medesima derivarono il loro npnjei popoli Cornensi, ricordati 4a
Tolomeo ( Geograph. , III , 3).
Romani. Per si nobili ostaggi fu assai chiara e memorabile
la k>ro vittoria. Piu cbiara perb la fecero il giovinetto Josto
che peri pugnando gloriosamenle sul campo della battaglia ,
e 1'eroico Ahpsicora, cbe, scampato alla strage con pocbi
cavalli, come udl 1'estremo caso del figlio, e vide perduta
per sempre la patria liberta, aspettalo il silenzio della notte,
8'immcrse di propria mano il pugnale nel petlo anelante ed
intemerato , anteponendo la morte al dolore della sventura
e aU'obbrobrio della scbiavitu. II resto dei vinti riparb nuo-
vamente a Cornus, la quale in pochi dl si arrese assieme
alle altre citta, che aveano segulto le parti dei sollevati.
Manlio, usando duramente la vittoria , tassb 1'una e le altre
di danaro e di frumenlo, e ricevetteda tutte gli ostaggi che
guarenlisserp la futura loro obbedienza. Quindi, ricondolto
1'esercito a Cagliari, e impostolo sul navilio, salpb trion-
fanle alla volta di Roma, dove giunto con prospero viaggio,
annunzib ai padri la Sardegna debellata, consegnb il danaro
ai questori, il frumento agli edili, e gli scbiavi al prelore
Q. Fuivio. Tito Livio, uso a trascorrere rapidamente, e tal-
volta con inlollerabiie disdegno , le irifehci vicende della
rihellante Sardegna, riferisce luttavia con qualche estensione
le parlicolarita delle accennate sommesse e battaglie. La sua
narrazione merita percib di essere riprodotta, sia perche
sparge una ^ran luce sopra un periodo importantissimo
della sarda istoria, sia perchb nel lungo corso della romana
dominazione Ampsicora e Josto sono. i soij che abbiano.
psato virilmente di vendicare in liberta il loro paese natale.
El in SardinIa ^(egli scriye ) res per T. Manliwn praeto^
rem administrari ,coeptae , quae omissae erant, postqmatn>
Q. Mucius praefor gtavi morbo est implicitus. Manlius ,Ha-
vibus longis ad C^RALts subductis , navalibusque sociis arr
tnalis, ut terra rem gereret, et a praetore exercitu aecepto,'
dub et viginti millia peditum , mille el ducentos equiles con- ,
fecit. Cum his equUum peditutnque copiis profectus m agrttm-
hostium, haudprocul ab Hampsicorae caslris castra pd-
suit: HjMPSicoRA tum forte prpfeetus erqt in Pellitos,
Sardqs (3), ad iuventulem armandam, qua copias augerel. '
■_. (3) L*aggianto , Pelliti , dato da Livio ai Satfdi de' suoi tempi,
deriv6 dalla pellicpia o. mastruca , ch'essi vestivano per difendersi
dal freddo e datla iiftiepaperie delle siagieoi. Percio Cicerone gli.
appello promiscaamonte pkliti e, ma$tr*c#ti, oome si ricava da do^
luogbi ,deBe. sue oraarioMi In qaella iofaUi per M. Scauro dice :;
Haec qxeam <u effugtre .non. pqtotittet, contenie* t/men et postuiabU, '.
uft M. iAerniliuf, cvm suQ.dignitale omni, cwn patris memoria, eusn
avi gloria, sordidissimae , levissixaaq,.vanissimais gmti ; ac\ ptapt-
dicam, Pklutis tetfibut (i, ,e. Sardis ) condowtur. , { Fragm. orat.
pro Scaur. ex Ascon. Pedipn* comment, pag, 48^;. ediL iaur. 1837);
e nell'altra delle proyincie opT)»olari scrive in qaesto modo: Res in
S^rdinia. cum Mastbogatis, tatrunculit una c«hor(s,awtiliaria.geJta
{Qrat. de provinc. coutularib., VI , edit, taur, praed. ). Ma l'va» dl-
yestir. pelli, sia di;Gere- c,ba di aniaiaJi domesticii non fu partieolar*-
esclusivo. dei SardL Luqr^ezio 4' attrUniiacei , ge*etaiaienta a tutti,
gli uominj primitjvi iDe-jer. nal. , |it> ( V,, *.M%i 1O0O); Omero!
ai.rustici de|t'e^a i«soica'( Odyss. , m..M\) , A»d«to (IV, JA9u>v
edit FrancpfurL, 1694), ed ApaUanio Kodiaao,(^fln., IV. tanfi),
alle donne ed erpine di Libia (ved. pur. Aeliap,,, ,De wwnl, v
XIV, 1C); Properiio agli antichi.Romani (Ub. IV, ejeg.1, v. lii^ttjj)
Qiovenaie ai Marsi, agli Ernici e.»i Vestmi ( Satyr. ,XJV, ;,w I8fi .) ;'?
yarrone ai Getuli (De re rugt., U, cap. : II):}. 'Cfitm ieJfe, Gjntfw
VL, f»), e Tacito (De tnorib. Germm., XVII) ai QermaiMf Cja»diiww\
{De biU. Get., v. 481) ai Geli , cne . percj&sona cuiama|i da Ovidi«
quando irsuti, quandp pe Uiti ; S. Paolino ai.Daci {,ad Meet.,X.$A%>,
de Dacit ) ; Giustino agl) Soiti ( Origin. , \l, 6 ); il gkjrocousuVte.
Ulpiano agli antichi Sarmati ( leg. 95. 'iPiajasjf» De aur. et argpnU.
legat.); e Virgilip a tui,li i popolp seUentsi«nali i( ISeorg., III,
Quindi leggesi in : fie^lc>: Pelfibus antiqui iiiduebantur, Ob idft nayff.
nupla in peUt lanaffl solct contidert,, ... Hercuici.ob id quoque.peilti»,
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48
DISSERTAZIONE
Filius enu , nomine Htosrus, castris praeerat : is , adole-
scentia ferax , temere praeHo hdto fusus fugatusque. Ad Uria
millia Sardorum eo praelio caesa, octingenti ferme vivi
capti. Alius exercilus primo per agros silvasque fuga pa-
latus ; dein , quo ducem fugisse fama erat , ad urbem no-
mine Corhvm , caput eius regionis , confugit. Debellatumque
eo praelio in SarDinia esset ni classis punica cum duce
Hasdrubale , quae tempestate deiecla ad Baliares erat y in
tempore ad spetn rebeUandi advenisset. Manlius, post fatnam
appulsae punicae classis , Carales se recepit : ea occasio
habere fingUur, ut homines eultus antiqvi admoneantur (Drverb.
signif. , IX ot XIV ). Tuttavia la mastruca sarda , o per la sua
barbariea rozzezza , o per la singolarita della sua forma, fu ricordata
spesso dagll anlichi scrittori coroe una specialila nasionale. Cioerone
la metVe nel novero delle cose piu spregevoli ; poiche, magniflcando
la continenza del suddetto Scauro , incalza i suoi avversarii con
qoesta interrogazione: quem purpura regalis non commovit , eum
( L e. ScaUrum ) Sardorum masthoca tentavit ? ( Fragm. orat. pro
Scaur. ex Isid. , Orig. XIX , 83 ). Le quali parole commentando
Quintiliano dfsse opportunamente: Masthicam , quod Sardum tst '■','
illudens Oieero de industria dixit ( IBstit. , Orat. 1 , 6 , es rocens.
Spalding.). Anche St Girolamo (Lib. adver. Lueifer.) lascid scritto;
Defendebat non sine causa Christum mortuum esse, nec ob Sardorum
tantum masthucam Dei FUium descendisse. E negli atti di S. FeHce
marlire (op. PauL Macar.) si legge: Quid Huie , quaeso , obfuU
seni . . vilis habitus et mastbuca Sardorum? Se la mastruca sia un
ritrovamcnto dei Sardi, ovvero un'imitazione d'abito straniero, hon
si puo con oertezza definire. Varrone, dicendela comone ai Getuli
ed ai Greci , sembra escludere la sua originalita insulare. Ecco lo
pafole di quel dqttissimo romano: Ut fructum ovis ,e lanaadvesti-
mentum , sic capra pitos ministrat ad usum nauticam et ad beltica
tormenta , tt fabrilia vasa. Neque non quaeddm xationei harvm
pellibus sunt vestitae , ut in Getulia et in Sabdinia .^cuius usum
apud antiquos quoque Grdecos fuisse apparet (De R. R., Yl, 11, ex
recem. Schneider). Strabone pe*$ edEliano, cne> la descrivano
senza nominarla , ammettono iraplicitameofe la sua indigenezza.
Hac in insula (i. q. Sardinia) ,,dfee il prim6 , nascuntur arietes,
quf prb lana piium caprmum procreant,'qvot musmones vocilant :
eorum se Sardi pellibut. thoracis modo muniunt ; ptlta utuntur , et
pugione (Geograph., lib, V, pag. 156 },• II se.condo poi (come s^ e
gla veduto sopra, pag. 39, col. 1', in hot.) scrive : Sardinmm pecudum
optwtam esse pareutm ffymphodorvs tcribU; edprasque procreare,
quarum pellibus prq vettimentit indigenae vtattfiir, tumqtte mififica\
vi eise, ut hibernq tempore calefaciant, aestivo rcfrigerent: simulgue
WiiJ' 4p*is peikbus' cubUi ntagnitudine pitos innasct ^dtque^ei tiui
Us indutus fuerit, si cammadumvideatvr, qitvm sst frigida Umpettas,
pilos dd corpus convertit, ut ab iis calescat: quum autem est aestas,
invertit , ne calore vexetur ( De animal. nat. , XVI , 34 ). Isidoro ,
per qnanto io «appta , e il sole che ne abbia Vofnto ddterminare la
provenienza^ dedacendota dalla Gcrmaoia ! MA9*firoA est vtistis ger-
immiea tx pelticulii ftranm, de qua< CitWbpro>Svauro ec {Origin,
XIX, 33:). >*a sebbone sia vero ebe l'uso delle pelliitfcle fosse comano
presso gii aotichi Germani , e dh' eSs? Ib abMano conservato per
lungbisshno «empo, eoww si ricava da qnei barbari versi di Doitni-
zone, ehe canto le mastruche donate nel seeek> XII dairhnperelore
Arrig» H dopo un sontaoso eonvito:
• Rex sibl' mabtbccas p6si escam' maxime pulchra» 1 ,v
DoHOvil, fiortM pariter quoque pelHciones '•"'■>'
'•'• : 1 • ' ' (ln'vit. Mathm., libi l, XII, v. 37 e : 88){
tattavia da «»o «ob cfeve ne pud dedhrsf, che -tal foggia di vesfire
sta «riginalmeBte d'inv«fttiohe oermanica. Perche I* uso medesimo
s» tr*va preno Btblt^attwnationi , como ho poco innanzi accenhato,
«iqhindi (per 4*ewtlta^di: fatto) se l'opinion* d*Isidoro fosse Verft^
I» maktruca poti*obbe' eziandio essere appcllata \ niarsictt ,• getica ,
sarmutica , gittUM<c icttintri&kale. Tot-nebo mfatti rhnarcd la sd-
miglianza'della niastmm. sarda coile pelliccie aristecratiche de'soot
tehipi: Mastbwc» nestis trat 9ardor*mt petlibus,ut v. gr. mAstblca»
appelldre- possumuf lup&rias hibernas , quibui 'apud no» nobilitas
iHMtur (sM*rS(trtor., XX, d).'E il MUratori, illustrahdo i saddettl
versi dl DohhizotM ',' ' dhJe : ■Mstboca , vestis' genus ew pelfibus
ftrdrum ^quo ueptentridnati» uttmtor , et olfa Saboi u(e6atitur ,
ttsu 'Vutli&y Pwdentfo, M&or*. Bubsas Epitontator MStus Doniidnis
ett''arf>itratits: 9vtXxeioXt«iHfra memorati fortasse fuerunt augnsHui
eterumdem *estium genus ( Ret. ital. toripf., tom. V, pag. 386,'edit.
Mediol. , 1794). Kunan» adesso a sapersi qaal fosse verame^htei la
MASTBiWi; se la PHLtllceu (sard. peddista , bestepeddi) ovVero il
couEtTO (sard. eoiletu, coltettu) attualmente in uso fra i Sardi ?
Bella prhna soglidno vestiiv» i montanari , e generalmente i pastoVi
HttiPsicoRdE data Poeno se iungendi. Hasdrubai, copiis
in te&am expositis, et classe remissa Carthagvnem , duce
HampSicOr a, Od sociorum popUli rotnani agrum populan-
dum profechks, Carales perventurus erat, ni Manlius obvio
exeroitu ab effusa eum populalione eontinuisset. Priiaocastra
casfrie modko intervallo sunt obiecta , deinde procursaliones
leviaqve cerlamina vario eventu inita : pastretyo descensum
i% aciem signisque collatis , iusto praeUo per quatuor horas
pugnatum. Diu pugnam andpitem Poeni, Sardis facile vinei
assueiis, feceruiit : poslremo el ipsi, quuttt omtna cwoa, strage
della parte meridionale ed oepidentaje deu'isob; de* secondo gli
abitanti delle piannre , e speciahnente i contadini delle provincie
meridionati. A me pare, che non possa esservi dabbio snHa prtnv
renza da darsi alla pelliccia, oon esclhsione del coxLBTtq. E a cosi
opinare mi moovono , non tanto 1' autorith degli scrittori nazionali
e forestieri, cbe si accordano a riconoscere nella pblliccia (peddizxd)'
1'antica mastkoca sarda (Fara , Corograph. Sard., Hk. 1 , pag. 50. '
- Vico, Hut, qen. de Sardena, part. |, c»p. 3* $ 4?. ',Vj)W, Ankal.,
sard., pari I, pag. 87. -Mameli, Cart. de Log., cap. XLV, not. 83,
pag. 60. -Cetti, Stor. nat. di Sard., tbm. I, pag.' 61 e seg.; e nel-
I'append. ,,pag. 46. -Mada», JnOeh. tard., dlBsert.il, cap. icvil,
p. 133 e seg.- Mimaut, Histoire ie Sard., tom. U, pag. 679, ediz.
di Parigi del 1895. - La-Marmora , ^oyag. en Sardaigne , lib. III ,
cap. IV, pag. 909 e seg., edK. di Parigi 1896 ), quanto le reottate
testinwnianze <lei sopraddetti.autori latini. Imperocche «ssi tuUi, da
Varrone sino ad Isidoro ( eccettuato Strabone, che parla di un abito
militare, ossia della pelle del muftone foggiata a guisa di corazza),
scriVond «hiaranoente, che l antico Veslkneato dei Sardi H dircttMi
peUi, speciaimente caprine , e quindj di pelli a Iqngo pelo , senza
conciatura, o riduzione delle medesime a semplice cuoio. Ed Elianq
fra gK altri h cosl preciso nel descrrrerlo , e nel riferire il modo
tenntp dai 8ardi mlllusarne, «he :lh antiotte e |e moderne pelliccie
deU'jsola \^i yedono in quello aot\ che indicate , disegnate quasi e
dipinte. Reca quindi meraviglia , che il Gemelli abbia citato questo
istessq^laogo di Blhtne, cosl mahrfestaatmte cootwrio aiido as^
suntq , per , pr;«va^e Che il oojLLBTT* e I' ideptica mastblxa degji
anjtichi (Rifior. di Sardegna , yol. 4 , p. 315 in not) , e che abbia
dippiu contbrto 11 sensh ' di aicnni Versi di PlauW , per dare nna
quaiche appareaza di vero all' erroneita dcOla wia dpinione. jntito-
duce queU'aptico oomico (in Poenul.,, act, V, sc, V , vers. (165 e
seg.; ex recens. F. H. Bothe ) il soldato Antemonidc a ragionare con
Annohe cartagmese, e rimproverahdogli la eua moUecza, o»pSi
veramente la sua idcLinaziqne alla vaga Venere,;gU da tra gtt aUrj
l'epiteto di mastboga : ,. ,,
. . . . Ligula , i tn matam criicem !
Tune hie atMtor audes etst , kalkx eiri, : , i u.
'Aut^ contrecfare , quom maret hpmines , amant^ .
Deglupta maena , tarapis , semicinctium ,
'• MaStrcga , halagorus , hwfna ) tum ■duteth plenior ,:
: , , AUt ulpicique quum Rtmmi r^tvdaet . 7 , .;, .:• >. (; /
EgU e ben chiaro, cbe Plautq volle mordere cqn questa seguenza
di parole e"di cspressioni volgari uri ubnio feffeminatb e llbidihoso,
ne io ved* come ci possa eolrarhiii ^tof^ immaginato dalGemdUi,
U qualq, aanmessa i ezian^iq comp, giu»{a jsiffatta in^erpretaziane, ,
sarebbe piu proprio delle lanute.e veltose, che delle pelli tohdute
e eonciate. Chi e poi che non sappia, cho farfe di'coh(!iar le pelll
w .asaai posterlore alftto bttorfe nel ldj? sflBtQ.hM#alq>(h> tuMi i
popoli barbarici ? B ji pelliti di Liv.io, ,e i mastrucpti Iqtruneuli di
Cicerone non eraho forse le trinu setVaggie e mohtahesche deUa
Sardtgnia, le quali ostavano colPindomita loro fiereiwiall^ propotenti
armi romane ? J3 si ,vorra creder,», c\$e cqtasti Safldi, pas^r^ pqmadi
e agresti, a vece delle pelli dejle iqro greggie, o dello Gere uccise
in cacciaj Vestissero corsafetti e giubboni o tlanridi dl cudib , ?e
qoaJi suppohgono .quietezza ,di/vjtai( artp, indnstrra e4 avviiniento
a civilta ? §i osservi inoltre, chq ,il. qita^to, Liyio^ qhiap^a la citla, di
CobNus capilale dei Sardi pelliti (alius exercitus . ..ad urbeni nomine
CdtaNUM, daput Hus reo^» (PenH^m^rc^Um>C(^*s* : (HU^
XXJM, 40). Ora, sj«cqmela, detta, ci^ti $i6te^ aella;Parte^cci(}pnr
tale deU' isola , e neUa regione oggi appeUata di Montinverro , in
cui sorgono gU altissimi monti Menomeni rammentati dal Fara (Corogr.
sard. , lib. II , pag. 71 ) .'btuttera' 'volgere Hr sguardq alhV peUieeia
ttsata ancdr oggi dagli abitanti oM queUa regidne servaggfa e nmn-
tuosa ( fra i quali notero p. e. quelli <li Cuglieri , di Scane te dt ft
Lussorio), per 1 rawisare tosto Itt queUa'veste, di origine seeoUre,
1'antiea mastruca sarda cdtanto vilipesa da Tullio/ e 1 nei se-
condi la progenie generosa dei Sardi pellili , dhe '(raTOgliarofto
eon ammirabile eosUnza H valor» 1 e la forluna dei Romani conqul-
statori. •'
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»
I'JU
ac fuga Sardoruw repleia essent, fusi : ceterum terga dantes,
drcuuducto comu, quo pepulerai Sat\dos , inclusit Romanus.
Caedes inde magis quam puana fuit: dmieeim miUia koslium
caesa Sardorum simul Paenorumque , ferme tria miUia et
sepiingenti capii, et signa miUtaria septem et vigtnti.
Ante omnia claram et mmorabUem pugnam fecit Has-
drubal imperator capius, el Hanno, ,et Mago, mbiles cartha-
ginienses : Mago ex geute Barcina , propiaqua cognatione
HanmbaU iunctus ; Ilanno auctor rebeUioms Sardis , belUque '
eius haud dubie concitor. Nec Sardorum duces minus nobUem
eam pugmm cladibus suis fecerunt : nam et filius Hampsi-
corae Uiostus aaiececidit ; et Hampsicqra , cum pauck •
equitibus fugiens,, ut super Q$\cLa& res necem quoque fiiu au-
divit, nocle, ne cjiius interventns cqepta impediret, mortem
sibi conscivit. Ceteris urbs Cornus eadem, quae ante, fugae ,
receptacukm fuil. Quam Manlius, victore exercitu aggressus,
intra paucos dies recepil. Deinde aliae quoque civitates, quae
ad Hampsicoram Poenasque defeeerant, obsidibus datis,
dediderunt sese. Qnibus sUpendio frumentoque imperato , pro
euiusque , aut viribus, aul delicto, Carales exercitum reduxit.
Ibi navibus longis deductis , impositoque, quem seeum <xd- '
vexerat , miGte, Romam navigat, SardixiaMque perdo-
mitam nuntiat patribus : et stipendium quaestoribus, frummhm
aediKbus, captivosque Fulvio praetori tradidil 0).
\on o dissimUc nella sostaoza il racconto di Silio Italico, ■
il quale aggiunge alia »arrazione Liviaoa il comfcaUimeHto
di Ennio con Josto, e rende piii gloriosa la costui niorte,
dicendolo ucciso da quellaDlico padre della latioa poesia.
i versi co' quali egli descrive la battaglia tra i Sardi «d i
llomani, sono forse dei miglioridel suo poema, oe gravera
gli studiosi delie patrie letlere cbe io ii riporti per inliero :
Interea assuetis senior Torquatus in armis ,
Sardoas patrio quatiebat ndlite terras.
Namque , ortum Iliaca iaclans «b origine nomen,
In bella Hampsagoris Tyrios renqvata vocarat.
Proles pulchra viro, nec taK digna parente,
Hosrus eral : cuius fretus fulgente iuveuta ,
Ipse asper paci, cntdos sine viribus amos,
Barbarici sttidio rittts, hfbvebat t'rt armis.
Isque ubi Torqualuiq raplim properaia ferenlem
Sigm videt , pugneteque tmidas accetulere deXtras ,
Fraude (oci nota lalebrosa per avia saltus
Evolal , ,et i provi&a fugae compendia carpm ,
Virgulta tegihtr valle ac frondentibtts utnbris.
Insula, fluclisono ciratmvaUata profundo,
Castigatur aquis, eompretsaque gurgite terrm •
Enormes cohibet nudae sub tinagine pUintae.
Inde Ichnusa prius GraUs mmorata dtlonis ,
Mox, Lybici, Sardus, generoso ganguine'Jidens
Uerculis, ex sesc mutavit nuniina terrae, , . ; ,' , ,
Affluxere etiant, et sedes> posuert coadas ■■
Dispersi pelago, post ehita Pergania, Tettcri.
(I) Liv., Uist., XXIH, 40-41'. Eutropid rifcrifccc compendiosamcntc
i fatti narrati da Livio. Ecco le iuti parole: Romani ...in Sabdimam
T. Manlium Torquatum procontulcm (ire ftisSernnt). Nam ctiam ta
sollicitata ab Hamibale RomaAos dhcruJrat 'Pugnabattir tk
Saidinia eontra Sakuos etafterum Hasdrubdlcm caftkaginicniem. Is
a T. Manlin procbnsuie, qtd dd SakdImam missus fucrat; vfctu cst
captus, nccisa cxtm co XII milHa, caplt millc quingcnti,"ci a Romants
Sahdinia subacta. Manlins' Hctnv captko.r ct Hasdrubalcih Itomam
rcportavit (Brniar. hisl. Rom., 111, f2,''rV:
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Nec parvum decus , advectp cum classc paterna
Agmine Thespiadum, terris, Iojuae , dedisii.
Fama est, cum laceris Aclaeon flebfo membris
Supplicium lueret speclatqe m fante Dianae ,
Jttonitm ,novitqte mak fugisse parentem
Per freta Aristaeum , et Sardoos isse recessuss
Cyrenem monstrasse ferunt nova liktm matrem.
Serpentum teUus.pura, ac viduata penenis ; s <
Sed tristis codo, et omUa vitiata palude. ,.i ,
Qua videt Itatiom, saxaso lorrida dorso ., ,
Exercet scopulis lale freta , pallidaqu,e mtm
Arva coquit nmium, Canera /«w^ifew
Cetera prapensae Cereris nutrita favore, , ., • v
Hoc habitu terrae nemorosa jper invia crebro
Torquahm ehdens hostk, Sidoniq pugme , „
Tela fixspectabat, sociosque laborjs Hiberps.
Qui postquam appulsis anitnos auxere carinis ,
Haud mqra, protumpit latebris; adversaque lai«
Agminq itthorrescwt , longumque cqire videtur,
Et conferre gradum. Media intervaUa patenlis .
Corrynunt campi properatis eminus hastis :
Donec ad expertos enses, fidissma tekt,., , ,<\
; : Pervenlum. Dira inde lues, caeduntque, cadmtque, - (
AUernique animas saevo in mucrone relinquunt, ...
Non equidem innumeras caedes tolque harrida facla ,
Sperarim tanlo digne pro nomine rerum • ' : , . ,
Pandere, nec diclis belktntum aequqre calorem.
Sed vqs, Calliqpe, nostro donpte laborii ., ...
Nota parum magni longo tradqntur.Vt aevo , . , ; .
Facta viri, et meritvmvati sacremus Jionorem,
Ennius , antiqua Messapi ab origine, regis ,
Miscebat primas acies , latiaeque •superbiim
Vitis adornabat dextram decus.: hispida teltus
Miserunt Calabri; Budiae genuere vetuslqe:
Nunc Rudiae solo memorqbile nomen ahmno ; W. • ,
(3) 11 Madao volle provare cb'Ennio elibe i suoi natali in Sardcgna
( Sard. antich., dissert I , cap. LXXXI, in not; disiieft. !I cap. CXV),
Ma le ragioni da lai add*Ue sono piii ingegnope cbe cencl^denti,
ne valgonq a distruggere 1' autorita dcrivante dallc tcstimpD,ianze
degliantichi scrittori, i quali aflermano positivameDte che la Calabria
fu la patria di queU'anticbissimo poeta latino. ( Ved. Tafuri presso
il Calogera, Opusc. scient. e filolog., lom. IV). E per non arrecarlc
in mezfco ttitte bastcrti por mente' al sopraeitato verso ,di' SfRo
llalico: Miserunt Calabri) Riidiae genucre vetustae; e &U'espre«siono
di Cicerone, chc chiamd Ennio nUtium homtniem (Vrat. pro Arthia,
tX), por rimancrne conviiito. QueUo di che non pu6 dabitarsl e ,
che il suddetto pocta mflitavd sotto le insegne ronwne , allorcfrt
T. Manlio Torquato sconiissc i Sardi c 1 Cartaginesi capitamiti da
ampsicoba e da Asdrubale. Se Josto sia stato veratnente uceiso da
lui neUa battaglia ,' o se eid sia una semplice fmrione poetioa del
cantore dclla guerra punfca , 16 non bso «ffernarlo ,'ne wtegatlo:
Certo o perd, chc, dopo qttel famoso conflirtov Ennio soggiorne in
Sard^egria, dovo fu trovato da Catone, mctrtre andbwi preter* nel
584 ( t). ' C. ). Quivi cgli apprcse da loi la Ungua gr»ea , e eoHivd
con lui le greche lottere; perlocche , fattoselo amico, lo condusse
con seco a Roma , e gli dond Una casa ncl mdnte AVentino. Marcus
Porcius Cato, dice S. Aure»iO'VIttbfe (De l rffr. illtUtr. , XLVII), t»
praetura Sardiniam subcgit, ubi ab Eiirtio graecis literis inslitutus.
E Cornelio Nipotc: Praetbr (Cato) provittciam oJttfcutt Sabdiniam :
ex qua, quaestor superiore tempore ex Africa decedens, Q.Ennium
poetam deduxerat; quod'non minoHs aestfmamus quam quemlibct
amplissimum Sabdikiewsem triumphum ( Hb. II , tn vit. M. Porc.
Cat., I). Percid lo stesso Cafiode presso M. Tullio appella Ennio suo
familiare, e gli tribula frcquentii cncomii , lddandolo specialmente
dclla coslanza con cui sopporid W vecchieiza e' la poverta ( Dc
seneelute, IV, V, XX). E tt suddelto Cicerone ricorda, che fu ascritto
fra i cittadini romani, cho fu caro spccialmcntc a Scipionc Africano,
c chc credevasi scpolto" nclla stcssa tomba familiare (H qnoll' oroc
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DISSKHTVZIONK
A.C. W. »14.
V. C. 538.
Is prima in pugna fvales ul Thracius olim,
Infeslam bello quateret cum Cyzicus Argo,
Spicula deposito Rhodopeia pectine torsit )
Spectandum sese non parva strage virorum
Feceral, et dextrae gliscebat caedibus ardor.
Advolat, aeternum sperans fore, pelleret Hostus
Si tantam iabem , ac perlibrat viribus hastam.
Risit nube sedens vani conamina coepti,
Et telum procul in venlos dimisit Apollo.
Ac superhis: Nimium, iuvenis, nimiumque superbi
Sperata hausisli. Saeer hic, ac magna sororum
Aonidum curaest, et dignus Apolline vates.
Hk canet ittustri primns betla Itala versu,
AttoUetque duces coelo; resonare docebil
Hic Laliis HeUcona modis, nec cedel honore
Ascraeo famate seni. Sic Phoebus, et Hosto
UUrix per geminum transcurrit tempus arundo,
Vertuntur iuvenis casu perculsa per agros
Agmina, el effusae pariter dant terga catervae.
Tum pater, audita nati nece, turbidus irae,
Barbaricum*atque immane gemens, transfigit anhclum
Peclus, et ad manes urget vestigia nati (*).
Conchiusa felicemente per terra dal pretore T. Manlio
la guerra sarda, il pretore T. Otacilio le diede per niare
1'uUimo compimento. Imperciocche, avendo egli intrapreso
)a flotta punica, mentre dalla Sardegna si restituiva in
Africa, Taffronto incontanente con vigoroso abordaggio, e
costretle alla resa sette navi, fug6 e divise le rimanenti, le
quali poi per sopravvenuta tempesta furono variamente rotte
e sperperate. Per idem tempus (ann. U. C. 537) T. OlaciUus
praetor, quinquaginta navium ab Lilybaeo classe in Africam
transvectus, depopulatusque agrum carthaginiensem , quum
Sardiitum inde peteret, quo fama erat Hasdrubalem a Ba-
liaribus nuper traiecisse, classi Africam repetenti occurrit,
levique certamine in atto commisso, septem inde naves cum
sociis navalibus coepit : celeras metus haud secus, quam tem-
peslas, passim disiecit ( 2 ).
Caduli allora i Sardi da ogni speranza di aiuto per parte
dei Cartaginesi, e conoscendosi impotenti, dopo le sofferle
( Orat. pro Areh. , loc cit. ). Siflatta credenza non pare aliena dal
vero , poicbdr Plinio ne accerta , che prior Africanus Q. Ennii
staluam sepulcr» suo imponi iussit, clarumque illud nomen , immo
vero spolium ex tertia orbi* parte raptum, in cinere supremo cum
poetae tituio Ugi {HUL nat., VII, 31); e lo stesso aflerma Valerio
Massim», dicendo: Superior Africanus Ennii poetae e/figicm in
monumentis Carnetiae gentis collocari voluit, quod ingenio eius
oprra sua illustrata iudicaret. ( Diet. factor. memor. , lib. VIII ,
«ap. XIV , $ 1 ). Di questo monumente sepolcrale fanno ricordo
L»vio ( XXXVIII, 53 j XLV, 38), Strabone (V, 4, pag. 943) e Splino
{PoluhUt., cap. I, pag. 11)} e U poeta Lebrun, traducendo in versi
il concotto del snddetto Valerio Massimo (loc. cil.), cantd ejegan-
temente:
Sur les ruines de Palmyre
Le temps a promeni sa faux;
JUais 1'univers encore admire
Les Pindares et les Saphos. .
Frappe dt cette gloire immense , ( .
Le fameux vainqueur de. Jfumance, ■ . .,
Par tant de palmes ennobli, ,
youlut qu'en sa tombe honoree
/>'Enniis Vimage sacree
Le preservdt contre 1'oubli.
Lib., VI, od ult., slr. 3.
A.C. N. i, 4 .
c. c as-i-;
A.C. N. ao6.
U. C. 5 4 (i.
A. C N. 209.
O. C. 5«J.
A.C. N. io.>. 3.
O. C 5;--'fy-
(1) Sil. Ual., Punieor., XII, vers. 343 usq. ad
(») Liv., Hist., XXIII, 41.
vers. 419.
sconfille, a ricuperare la bramata indipendenza, si adalta-
rono per necessita al dominio dei vincitori. Scorsero infatti ,
dopo la morte di Ampsicoba e di Josto , sette lustri intieri
senza che 1' isola si risentisse ; e gli annali romani , ripor-
tando quasi sempre i nomi det soli pretori che in qnel
tempo non breve quietatamente la governarono ( 3 ), sone un
testimonio irrefragabile della sua paziente passivita. Povero
percio di av.venimenli h un tal periodo della sarda istoria;
n& lo scambio della nuova colie vecchie legioni ( 4 ), ne Fin-
carico dato a Scipione di tutelare i lidi sardi dalle incursioni
cartaginesi ( 5 ), nh le prede falte al punico navilio nelle pre-
ture di Gneo Ottavio e di P. Cornelio Lentulo ( 6 ), nh il
maggior tempo del suo consolalo perduto da T. Claudio nel
porto di Cagliari O, ne Tabbondanza straordinaria delle u. c. 5iJ."
(3) Vcdasi piu sotto la serie dei pretori di Sardegna , durante il
dominio della repubblka romana.
(4) Erano due le legioni , che dal 538 ( D. C. ) stanziavano nel-
1'isola: duodeviginti legionibus beltum geri placuit: binas consules
sibi sumere: binis Galliam, Siciliamque ac Sabdiniam obtineri (Liv.,
XXIV, 11). Esse vi rimasero stabilmente per otto anni , sotto il
comando di Q. Mucio Scevola, di L. Cornelio Lentulo , di P. Manlio
Vulsone, di C. Aurunculeio e di A. Ostilio (ved. Liv. , XXIV, 44;
XXV, 3; XXVI, 1, 28; XXVII, t, 98, 36); ma pOi nella pretura
di Ti. Claudio Asello (546 U. C) furono richiamate a Roma, e
surrogale da una sola legione : Ex Sabdinia vetus exercitus , cui
A. Hpstilius praefuerat , deportatus : novam legionem , quam Ti.
Claudius traiiceret secum, consules conscrxpserunt (Liv., XXVIII, 10).
(5) Snl finire delT estate del 543 di Roma la flotta cartagjnese
guidata da Amilcare devastd le terre litorane d'OU>ia e di Cagliari :
Exlremo aestatis huius classis punica navium quadraginta , cum
praefeoto Hamilcare in ■ Sardiniam transiecta , Otbiensem primo ,
dein, postquam ibi P. Manlius Vulso praetor eum exercitu apparuit,
circumacta inde ad alterum insulae latus , Caralitanum agrum
vastavit , e t cum praeda omnis generis in Afrxcam rediit ( Liv. ,
XXVII , 6 ). Fatto accorto da questa sorpresa , e vociferandosi nel-
1' anno seguente una nuova invasione punica nell' isola , il senato
ordino a P. Scipione, che spedisse a Sardegna cinquanta delle sue
navi per rinforzare le due legioni che la presidiavano: Praetor
(C. Aurunculeius ) Sardlmam provinciam cum duabus legionibus
obtinuerat: additae ei ad praesidium provinciae quinquaginta naves,
quas P. Scipxo ex Hispania misissset . . . Scipio ex octoginta navibus,
quas aut secum ex Jtalia adductas aut captas Carthagine habebat ,
quinquaginta in Sabdiniam transmittere iussus , quia fama erat ,
magnum navalem apparatum eo anno Carthagine esse; ducentis
navibus omnem oram Italiae Siciliaeque ac Sardiniab impleturos
(Liv., XXVII, 92). Gli stessi timori pare che determinassero nel 548
il suddetto scnalo alla destinazione d'una fiottiglia per la difesa dei
mari sardi: Et Cn. Octavio (imperatum), ut, quum Sardiniam le-
gionemque TL Claudio tradidisset, ipse navibus Umgis quadraginta
maritimam oram, quxbus finibus senatus censuisset , tutaretur (Liv.,
XXIX, 13).
(6) Le suddette prede furono fatte nel 547 e nel 549 di Roma.
Delle prime dice Livio (XXVIII, 46): Eisdem diebus naves onerarias
Poenorum ad octoginla circa Sardiniam ab Cn. Oclavio, qui provinciae
praeeral, captas, Coelius frumento misso ad Hannibalem commeatuque
onustas . . . tradU. E delle seconde : Mago . . . simul sperans leniorem
in navigatione, quam in via iactatxonem vulneris . . ■ impositis eopixs
in naves profectus, vixdum superata Sabdinia, ex vulnere moritur:
naves quoque aliquot Poenorum difiectae in alto a classe romana ,
quae eirca Sardiniam erat, capiuntur ( Liv., XXX , 19 ).
(7) Populonios inde quum pervenisset (Claudius) , stetissetque ibi ,
dum reliquum tempeitaUs exsaeviret , Ilvam insulam , et ab Ilva
Corsicam, a Corsic* in Sardtniam traiecit (A. U. 550).- Ibi superantem
Insanos montes , multo ct saevior et infestioribus locu tempestat
adorta disiecit classem . . . Multae quassatae armamentUque spohatae
naves; quaedam fractae : ita vexata ac lacerata classU Cabales
tenuit. Ubi dum subductae. reficiuntur naves , hiems oppressit; cir-
cumaclumque anni lcmpus, et, nullo prorogante imperium, privatus
Ti. Claudiu* classem Romam reducit (Liv., XXX , 39). I monti Insani
qui rammentati da Livio sorgonp altissimi nella parte piu setten-
trionale della Sardegna. Floro ne fa ricordo nella sua Epitome
istorica: Mihil illi (i. e. Sardiniae) gentium fcrilas , Insanorumque
immanitas montium profuere ( H , 6 , 35 ). Sono cziandio nominati
da Claudiano, che descrivendo il nord delTisola dice
qua respicU arcton
Immilu, scopulosa, procax, subituque sonora
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1'HIMA.
4 ,c.y io 4 ->o3- biade sarde, che cetmarono i granai di Roma, e soccorsero
101.
cx 5tM 9 -5o. ai bisogni romani nelle ardenti spiaggie dell Afiica (*), ne le
».c.n.. 9 -9»-»9. doppie decime di frumento imposle agTisolani ( 3 ), ne le am-
pie toghe e le succinte tuniche inviate dalla vessata Sardegna
a. c n. 204. per fornire di vefltimenta resercito latino (*), sono falti di
V. C. Slfi. r
tale importanza , che possano nobilmente iUustrarlo nella
1 c. sW 9 *' mem0 " a degl» Qomini ( 4 ). La sola pretura di Catone il vee-
chio e la buona ed onoravole ricordanta rimasta ai Sardi in
queffoscuro seguila di anni oziosamente consunti nella ro<-
mana obbedieoza; poicbe tale £u il senno. cen cui egli am-
ministro la provincia, e tanta k modesua^coHa quale governb
se stesso, che mai per lo innanzi erasi vedulo nelfisola un
esempio piu lumiaesoidt pubbjica ginstizia e di privala vir^n.
Provinciam nactus Sabdinijm, dice di lui Plotarco W,
eutn qniante ipmm fverant prueiofes labernacnlu pubticis,
Fluelibus; Insanot infamal navita montet.
De belt. Gildon.
E Silio llalico li accenna, senza nominarli, con questi versi
Qua videt Ilaliam , saroso torrida dorso
i ■ Etcercet seopuht late freta ec.
Punicor. XII, 378-73.
(1) Di-questa straordiuaria abbondanza del grano sardo si banno .
in Livio le scguenli testimonianze. Nel 548 ( U. C. ) Cn. Octaviut
propraetor ex Sabdinia ab Ti. Claudio Praetore, cuius ea provincia
erat , ingentem vim frumenti advexit , horreaque non tolum , quae
iam facta erant , repleta , sed nova aedifieata ( Liv. , XXIX , 36 >
NelTanno scguente, per induciarum tempus et ex Sabdinia ab
Lentulo praetore eentum onerariae navet, cum commeatu, et viginti
rostratarum praesidio , et ab hoste, et ab Umptttatibut mari tuto ,
tn Africam transmiserunt ( Liv. , XXX , 24 ). E nel 660 ( U. C. )
commeatut ex Sicilia Sabdini aqie tantam vilitatem annonae e/fecerunt,
ut pro vtctura frumentum mercator nautit relinqueret (Liv., XXX, 38).
(2) Nel periodo di tempo, di cui si parla , cioe dal 537 al 571 di
Roma, le doppie decime del frumento forono imposte ai Sardi per
tre volle consecutive , due cioe nel 561 e 662, essendo pretore L.
Oppio Salinatore, ed una nel 663 sotto la pretura di Q. Fabio Pittore :
Eidem praetori ( M. Aemilio Lepido ) mandatum , ut duai decuma*
frumenti (in Sicilia) exigeret; id ad mare comportandum devehen-
dumque in Graeciam curaret. Jdcm L. Oppio de alterit decumit
exigendis in Sabdinia imperatum: ceterum non in Graeciam , ted
Romam, id frumentum portari plaeere ( Liv. , XXXVI, 2). Siciliae
Sabdiniaeoue binae eo anno (562 U. C.) decumae frumenti imperatae:
Siculum omne frumentum in Aetoliam ad cxercilum portari iussvm:
ex Sabdinia , part Romam , part in Aetoliam , eodem quo Siculum
(Liv., XXXVII, 2). Siciliat legio una et clatsit; quae in eaprovincia
erat, decreta, et ut duas decumat frumenti novut praetor imperaret
Siculis; earum alteram in Aiiam, alteram in Aetoliam mitteret.
Idem ab Sabdis exigi , atque ad eotdem exercitui id frumentum ,
ad quot Siculum, deportari iuttum (Liv. , XXXVU ,60). Si vedra
pero a suo luogo, che la stessa duplicazione delle decime frumen-
tarie fu imposta ai Sardi nel 576 e nel 581 di Roma, e che Cesare,
vincitore di Pompeo, costrinse i Solcitani nelPanno 706 (U. C.) a
corrispondere 1'otlava, a vece deila decima parte, dei loro ricolti,
cie che prova essere stala la Sardegna una delie provincie decumane
sino all'estinzione deila romana repubblica.
(3) Cio accadde nel 548 di Roma sotto la pretura di Ti. Claudio
Pierone, come si ha da Livio : 1'estimenta exercitui (romano) deerant:
id mandalum Octavio, ut cumpraetore ageret, ti guid ex ea provincia
(Sardiniae) comparari ac miltipottcl: ea quoque haud itgniter curata
rei. Mille ducentae togae, brevi spatio, et duodecim mUlia tunicarum
miua ( Liv. , XXIX , 36).
(4) Ai suddetti fatti si possono aggiungere i seguenti: 1." la con-
dizione imposta da Scipione ai Cartaginesi di aiiontanarsi dalle isole
tutte poste tra l'Itaha e l'A frica (fn*u/« omnibut, quae mter Italiam
et Africam tunt, decedant (Liv., XXX, 16), allorche nei 649 (U. C.)
essi lo richiedevano delta pace ; 3.° le agitazioni manifestatesi in
Sardegna nello stesso anno 549 , dopo gli atti di ostilita commessi
dalle navi puniche contro la flotta romana, durante il tempo della
tregua (Polyb., lib. XV, cap. I e seg. - Excerpt. yalet., pag. 291);
3.° la perpetua rinuncia alla riconquista dell'isola promessa da An-
nibale nell'anno seguenle ( 550 U. C ) , in occasione della famosa
conferenza da lui avuta col suddetto Scipione ( Liv. , XXX , 30. -
l'oiyb. , iib. XV , cap. 5 et seq.).
(5) In vit. Caton. Maior. ex interpret. Xilandri, tom. 1, pag. 618,
cdit. Fraucof. MDCVl (iu-8°).
leetis, stragulisque , ac magna servcrum el amicofum fatnilia
usi essent, gravesque coenarum sumptus et apparalus fecissent,
incredibile ipse frvgalUatis discrimen exhibuit. Neque enim
nullas requisivil publicas impensas, sed circum urbes ipse sine
bigis ambulavit, uno comitante apparitore, vestem ei et vas
ad sacrifida peragenda portante (6). Tanttm in his, rebus
facUitatis atque simplicitatis subditis ostendens: iustUiae ri-
gore et mandatis prq imperio rectis atque firmis eam maje-
stalem, gravitatemque prae se tulit, ut mnquam Hiis roma-
num imperium neque terribilius fueril, neque charius. Ma la
pretura di Catone, benche illuslrata dall' innocente sua vita,
dalla rigidezza dei rfiupi costumi, e dall amore delle greche
lettere da lui nodrito , nella dimeslichezza con Ennio O, fu
di assai corta durata, e cosi scarsa di pubblici avvenimenti,
che Livio stesso uso, brevissime le parole nel racoontarli:
Item ex Sicitia Sahdjsiaque magni commeatus et vesti-
mmta exercitui missa. Siciliam M. Marcelhs, Sardinuju
M. Porcius Cato obtinebat , saactus et innocens , asperior
tamen in fenore coercendo habi^ : . fugatique ex insula feue-
ratores, et sumplus, quos in cultum praetorum socii facere
sotiti erant, circumcisi aut sublati ( 8 ). Suecedettero a Catone
quindici altri pretori, e la quiete pubblica della Sardegna, a.c. n. j97 *i
prooedente dalla sua sforzata cattivHa, trascorse inosservata
dall' eloquenle islorico di Roma, il quale perci6 limitossi a
registrare t nomi dei governanti, il numero dei soldali cui
comandavano, e le tasse che straordinariamente imponevansi
ai provinciali miseri e depauperati W.
(6) Di questa continenza catoniana scrisse Valerio Massimo: Age^
ti quit hoc seculo vir illustris pellibus haedinis pro stragulis utatur,
tribusque servis comitatut Hispaniam regat, et quingentorum atsium
sumplu provinciam petat, eodem cibo, eodemque vino, quo nautae,
uti iontenttu tit , nonne mittrabUis existimetur ? Atqui itta patien-
tissime Cato toleravit , quia iltum grata frugalitatis consuetudo , tn
hoc genere vitae cum summa dulcedine continebat (Dict. facU memor.,
Lib. IV, cap. III, S 11)- Kelie quali parole sono da notare le vesti
di pelle di capretto usate da Catone , almeno per la somigliama
della specie colle antiche mastruche sarde.
. (7) Ved. sop. pag. 49, col. 2 a , noL 2. E questo amore di Catone
per le -iettere greche e rammentato eziandio Ual suddetto Valerio
Massimo (oper. ciL, lib. VIII, cap. VII,, $ 1): Idem (Cato) graevu
literii erudiri concupwit: quam lero, inde aestimemut, quod etiam
latntat paene iam senex didicU.
(8) Liv. , XXXII ,27.
(9) Dei pretori succeduti a Catone dal 564 al 571 di Roma non
oceorre notare i nomi, poiche si vedranno descritti nella gia men-
tovata terie dei pretori di Sardegna. E delle tasse straordinarje di
frtnnento imposte ai Sardi negii anni 561-62-63 (U. C.) si e gia
parlato piu sopra, col. l a , nota 2. Rimane dunque a dirsi sol-
tanto aicuna cosa delle truppe che Roma invio alTisola neU'ao-
cennato periodo di tempo. Si e gia veduto (sop., pag. 50 , col, 2*,
not. 4) che nel 646 furono ridotte a una sola legione. Sembra cbe
d'allora in poi non siasene accresciuto il numero, giacche nei 548
fu comandato a Gneo Ottavio di rassegnare Sardiniam legionemque
a T. Claudio (Liv., XXIX, 13), nel 551 legio una M. Fqbio inSar-
dimiam, quam P. Lentului pro praetore habuitiet, decernitur (Liv.,
XXX, 41), e nelTanno seguente fu ordinato al propretore M. Valerio
FaHone, ut tn Sardiniam traiieeret, atque de extrcUu, qui Uri eitet,
quinque millia lodum nominit latini, qui eorum minime multa
ttipendia haberet, legeret (Liv., XXXI, 8). Questa legione vi ebbe
probabilmente le stanze per otto anni consecutivi , trovandosi in
Livio , che nel 553 fu ordinato di assegnarsi deUe terre miiitibut ,
qui in Sardinia stxpendia per muitot annot fecistenl (XXXII, 1), e
che a Catone medesimo (anno U. C. 654) fu dato 1'incarico di ar-
ruolare tre mila fanti e dugento cavaUi , et quum in provinciam
(i. e. Sardmiam) venitset, veteret dimUterel pedilet equUeique (XXXII,
8 ). Dal che si puo inferire, che, eccettuati i casi di sommossa, di
aperte ribeUioni e di guerra , il costume della repubblica fu di
mantenere in Sardegna una sola legione , la quale componevasi
ordinariamonte di cinque mila e dugento fanti, e di trecento cavalli
(Liv. , XL , 1 , 18, 36, et alib. pass.). A questa forza stanzialc ag-
giungevansi in caso di bisogno lc lcgioni forntate dai soci del nome
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mSSKKTAZlONB
A. aN. .i.. per ^ ne j egsendo p rc t 0 re M. Pinario Posca, rinac-
quero nelle sarde montagne gli anliehi spiriti di ribellione.
Autori dei primi moli furono gli alpini ed armigeri lliesi;
quegl' Iliesi medesimi cbe un mezzo secolo innanzi aveano
defatigato latlivita feroce di M. Pomponio Mato (*). Abita-
tori di balze, di burroni, e d'inaccesse foreste, e percib
sempre indomiti e coraggiosi, ne pativano che la liberta
loro fosse circoscritta entro dirupi cotanto angusti e sel-
vaggi, ne la servitu della patria nei rimanenti luoghi del-
1'isol» pazientemente toUeravano (*). Levalisi quindi colle
armi contro i romani dominatori , e concitando alle armi i
popoli fratelli, diedero principio ad una nxrova guerra che
fu causa di molto sangue e di crudeli ferite. Compressi , ma
non debellati dalle legioni latine C 3 ) , insorsero nuovamente,
u: c c. , *5■ 7 4 , . ,, ' do P° due anni (4) » soHo ,a P re,ura di T - Ebuzio Caro, e
attestatisi c&Balari, popoli non meno di loro belltcosi e
fleri, invasero la provincia sottoposta aiRoroani, devasla-
rono i campi e le terre tutle messe a coltura, e posero in
grave cimenlo Fesercito stanziale della repubblica, che il
dominante contagio rendeva inabile ad opporsi ed aresistere.
Ebuzio mando lettere a Roma, significando ai padri 1'im-
portanza della sommossa; elo stesso fecero i Sardi, inviando
legati espressi, che riferissero al senalo il pericolo delle
cose presenti, e di pronlo e valido aiuto, per le cilta almeno,
lo richiedessero. Eodem tempore et in Sardima magnum
tumullum esse, literis T. AebutH praeloris cognitum est, quas
filius eius ad senatum attulerat. Ilienses, adjtmclis Balaro-
r um auxiliis, pacatam provinciam invaserant, nec eis invalido
exercitu, et magna parte pestilenlia absumpto, resisli poterat.
Eadem el Sardorum legati nuntiabant orantes, ut urbibussal*
tem (iam enim agros deploratos esse) opem senalus ferret.
Haec legatio, lotumque quod ad Sardihiam pertinebat, ad
novos tnagistralus reieclum est ( 5 ). II timore cagionato da tali
latino, le quali constavano quasi seropre di sette miia e cinquecento
fanti, e di quattrocento cavalli (Liv., loc. cit et alib. pass.). Perd
le legioni socie inviate a Sardegna si vedono composte quando di
cinqne mila fanti , qnando di soli tre mila , e di dugento cavatli ,
talvolta di trecento cavalli , e di sei mila fanti , tale altra di fanti
otto mila e di cavalli trecento (Liv., XXXI, 8; XXXII, 8; XL, 19;
XLI , 9 ) , giammai del suddetto giusto numero di 7,500 fanti e di
400 cavalli.
(1) Ved. sopr. pag. 45 , col. 1 , not. 1 e 4.
(3) II Zonara {HUt, tom. II), parlandodi questa e delle ribellioni
degli anni seguenti, dice: Sardi perpetuam romani praetorU prae-
sentiam aegre ferentes, teditionem moverunt, ted denuo tubaeti sunt.
(3) Le dette legioni erano comandate dallo stesso pretore H. Pinario
Posca, il quale ricevette dal proconsole Cn. Bebio i soldati che
mancavano per completar quella dei soci latini. Pestilentiac tanta
ris erat ( in urbe ) , ut , quum propter defectionem Corsorum , bel-
tumque ab Iliensibcs eoncitatum in Sabdinu , octo millia peditum
ex sociu latini nominU scribi placuUset et trecentos equites , quos
M. Pinarius praetor secum in Sabdiniam traiiceret, tantum hominum
demortuum esse, tantum ubique aegrorum consules nuntiaverint , ut
is numerus effici militum non potuerit. Quod deerat militum, sumere
a Cn. Baebio proconsule, qui PUU hibernabat, iussus praetor, atque
inde Sabdiniah traUcere ( Liv. , XL , 19 ). Con questo esercito M.
Pinario debelld i Corsi ( ann. U. C. 571 ) , e qnindi , passato in
Sardegna, guerreggid contro gl'Iliesi. In Corsica pugnatum est cum
Cortit. Ad duo millia eorum M. Pinarius praetor in acie occidit ec . . .
Inde in Sabdiniam exercitus ductus, et cum Iliensibus , gente ne
nunc quidem omni parte pacata, secunda praelia facta (Liv., XL, 34).
Dov* h da notare 1' espressione , gente ne nunc quidem omni partc
pacata, la qnale dimostra che anche ai tempi di Livio i popoli Iliesi
di Sardegna non erano intieramente domati.
(4) A Pinario succedettero nella pretura sarda C. Menio nel 573
(Liv., XL, 35) e C. Valerio Levino nel 573 di Roma (Liv., XL, 44).
Solto il governo di questi duo pretori la Sardegna scrobro quietare
alqnanto dalla sommossa degli anni precedenti.
(5) Liv., Hut., XLl, 6.
avvisi, e la grandezza della guerra cbe preparavasi deler-
minarono il senato a dichiarar 1' isola provincia consolare.
Eppercio nei comizi, sebbene le sorti la concedessero al
nuoro pretore L. Mummio, ne fu commesso il governo al
consolo T. Sempronio Gracco (°). Un esereito di ventidoemila & c. %V ''
e quattrocento fanti , e tli milte e dugento cavalli , can dieci
navi a cinque palchi, fu tosto decretato dai padri,. e messo
a disposizione di Sempronio C). 11 quale, suppiicati colle
ostie maggiori li Deiimmortali, e presi coi sacrifizi gli au-
gurii deirafiidatagli impresa (*), trasferissi sollecitamenie a
Sardegna. La celerita con cui egli si condusse in faceia ai
ribelli, la lungaesperienzadellebattaglie, e gli ordini bene
agguerriti delle sue squadre gli diedero facilmente in mano
pronta e compiuta la vittoria. GVIliesi e i Baktri affrontarono
coraggiosamente la zuffa: ma il valore dovetle cedere alla
disciplina. Sforzati, percossi e fugati dalle legioni consolari,
lasciarono sul campo dodici mila uccisi. E sulle glebe ba-
gnate di tanto sangue arse poi 1'orrenda stipa delle armt
loro, che il forlunato vincitore sagro con barbaro culto a
Vulcano ( 9 ). Breve assai, dopo questo conflitto, fu il riposo
del consolo e delfesercito nelle stanze invemali ( 10 ), percioc-
che, essendosi al primo prorogato 1'impero per instanza
fattane in senato dallo stesso M. Popilio nuovo prelore del-
1'isola ( n ), le rinnovale ostilita dei Sardi 1'obbligarono a o.c.sjA 7 '*
uscire prontamente in campagna. Frequenti e sanguinosi
furono gli scontri da lui avuti cogVisolani, ma da tutti uscl
vittorioso ; e. dopo aver ucciso nelle varie zuffe altri quindici
mila ribelli, assoggettati i supersliti alla dizione della repub-
blica, tassate le cilta tributarie di doppia preslanza, le de-
cumane di frumento ("), e ricevuti dai vinti dugento trenla
(0) Comitia deinde habita ...L. Mummio Sabdinia (evenit); srd
ea propter belli magnitudinem provincia consularU facta: Gracchus
eam sortitur . . . Idibus Martiu , quo die Semproniut . . . consulatum
( iniit ) mentio de Sabdima . . . ( eiusque ) hoslibut fuit , qui ( in ea
provincia ) bellum concivUsent. Pottera die legati Sardorum , qui
ad novot magUtratus dilati erant ... in senatum ( veniunt ) ( Liv. ,
HUt., XLl, 8).
(7) Provinciae deinde quae in bello erant, Sabdinia atque Ittria
decretae. In Sabdiniam duae legionet tcribi iuttae, quina millia in
singulas et duceni peditet, treceni equitet ; et duodecim millia peditum
sociorum ac latini nominU, et sexcenli equites, et decem quinqueremes
naves, si deducere ex navalibut tellet (Liv., XLI, 9). Quindi il numero
dei soldati accordati a Sempronio per la guerra contro gl' Ilieti fu
uguale a quello con cui T. Manlio Torquato debelld nel 537 i Sardi
Pellili (Ved. sop., pag. 47, col. l* e 3*).
(8) ... Consules maioret hostias immolarunt, et diem unum circa
omnia pulvinaria supplicatio fuit. SacrificiU rite perfectU, provmcia*
sortitisunt: Claudio Istria,Sempronio Sabdinia obvenit (Liv.,Ioc.cit).
(9) Et ab altero consule Ti Semproni» in Sahdima prospere res
gestae. Exercilum in agrum Sardorum Iliensium induxit. Balabobum
magna auxilia Iliensibcs venerant. Cum utrague gente signu collatu
conflixit. Fusi, fugatique hostes, castrUque exsuti: duodecim millia
armatorum caesa. Postero die arma lecta coniici in acervum iussit
consul, sacrumque id Vulcano eremavit (Liv. , XLI, 13).
(10) yictoremexercituminhibemasociarum urbium(T. Sempronius)
reduxit ( Liv. , loc. cit. ).
(11) Duo (praetores) deprecati sunt, ne in provincias irent (anno
U. C. 576): M. Popilius in Sabdiniam. « Gracchum eam provinciam
pacare, et T. Aebutium praetorem adiutorem ab senatu datum esse.
Interrumpi tenorem rerum , in quibus peragendU continuatio ipsa
efhcacUsima estet, minime convenire. Inter tradiHonem imperii no- .
vitatemque successoris , quae noscendis prius , quam agendis, rebus
imbucnda sit , saepe bene gerendae rei occasiones intercidere •.
Probata Popilii excusatio est (Liv., XLI, 16).
(13) La citla diCagliari specialmente, o perche avesse favoritola
sollevazione, o perche potesse piu facilmente sopportare le straor-
dinarie gravezze imposte dal vincitore, fu da Ti. Sempronio seve-
ramente multatn, come lo altesta Floro: Sabdiniam Gracchus arripuit.
JVihit illi gcntium feritas , Insanobumqub ( nam sic vocantur ) im-
manitas montium profuere. Saevitum in urbes, urbemque urbium
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ostaggi , spedi a Roma le liete novelle, implorando dai padri,
che del favore accordato dai cieli alle armi latine si rendes-
sero le debite grazie agli Dei, e che a lui concedessero di
dipartirsi dall'isola coH'esercito viUorioso. Alla prima delle
domande acconsenti il senato, ordinando pubblicue preghiere
e il sacrificio di quaranta vittime delie maggiorj ; non per6
alla seconda, poiche il limpre di nuove sommosse per parte
dei Sardi consigliollo a prorogare per un altr' anno il co-
roando dell' eseicito al coasolo vincitore, e di ritenerlo ia
Sardegna per comprimervi la feroce baldanza degrisolankf).
Egli di fatto vi rimase per tullo quellauno ( 576 U. C.) col
nome e coll'autorita di procoBsolo, ne pote fino al 577
(U. C.) trasferirsi a Roma per ricevervi l'onore del trioBfo
*.r.K. .-5. ch'eragli stato decreiato ( s ). Ma il trioufo era poco per ce-
lebrare un cosi splendido avvenimento, se all'atto solenne
e superbo di salire coronato di alloro in Campidoglio non
aggiungevasi un mouumento piii stabile , che n' eternasse
per cosl dire la memoria. E qoesto apponto volle Semprouio
che si serbasse nel tempio della dea Matuta, afliggendovi
una tavola volata a Giove, la quale rappresentava i simu-
lacri delle vinte battaglie e la forma delVisoIa debellata, e
con brevi ma orgogliose paroie indicava il nuraero dei ae-
mici uccisi o tratti in ischiavitu, i tributi restituiti alVerario,
S". c. s-i 74 " ' a salve 214 deH'esercito, e la fortuua conquistalrice della
romana repubblica. Eodem tempore (A. U. 578) tabula m
aedem Matris Malutae ( 3 ), cum indice hac posita est: « T, Sem-
Cabalim, ut gens contumax, vilUque tnorti, saltem desiderio patrii
soli domaretur {Epit. rer. Rom. , lib. II , cap. VI , § 35 ). Nel qual
testo , se sono sufflcientemente indicati gl* Ilieti e i Balari oolle
paroie nihil illi gtntium feritas, insanorumque immanitas montium
profuere , pare eziandio che si accenni agli schiavi condolti da
Sardegna a Roma con quelle allre ut gens contumax, vilisque tnorti,
saltem dtsidtrio patrH soli domaretur. Come poi Floro potesse
chiamare vile un popolo , che combatieva per la propria liberta
contro una potente repubblica , e che vinto tante volte , ne per
stragi , ne per morli ristavasi , e insorgeva tuttavia piu fiero per
redimersi dalla schiavitu , non si pud altrimenti spiegare , fuorche
rammenlando essere stala quasi sempre barbara usanza degli op-
pressori 1'insultare maldicendo alla infelice virtu degli oppressi.
(1) Et Ti. Sempronius eodem tempore multis secundis praeliis Sabdos
perdomuit : quindecim millia hostium sunt coesa. Omnes Sabdobum
populi, qui defecerant, in ditionem redacti: stipendiariis veteribus
dupUx vectigal imperatum exactumque; ceteri frumentum eontulerunt.
Pacata provincia, obsidibusque ex tota insula ducentu triginta
acceplis, legati Romam, qui ea nuntiarent, missi, quique ab senatu
peterent , ut ob eas res ductu auspicioque Ti. SempronU prospere
gestas , diu immortalibus hanos haberetur , ipsiqu* decedenti de
provincia exercitum secum deportare liceret. Senatus , tn aede Apol-
UnU Ugatorum verbU auditU, supplicationem in biduum decrevU,
et quadraginta maioribus hostiU eomsuUs sacrificare iussit, TL Sem-
pronium proconsulem exercitumque eo anno tn provincia manere
(Liv., XLI, 17).
(2) Di questo trionfo scrive il Freinshemio nei Supplemenli liviani:
Ti. Sempronius Gracchus, qui per bUnnium Sardiniam obtinuerat,
tradita Ser. Cornelio Sullae praetori provincia , reversus Romam
triumphavit de Sardis. Tantam captivorum multitudinem ex ea
insula illum abduxUse ferunt , ut longa eorum venditione res tn
proverbium venerit, et Sardi venales pro rebus tilibus vulgari ioco
ceUbrati fuerint (Liv., Supplem., XLI, 31). La narrazione Freinse-
miana e confermata da S. Aurelio Vitlore ( Dc vir. ill. , cap. LVll),
e dai Fasli Capitolini, nei quali leggesi: Ti. Sempronius P. F. Ti.
N. Gracchus an. DLXXHX. Pro. Cos. de Sardeis (ap. Graev., Thes.
rom. antiq., vol. XI, col. 931 ). E perd da osservare, che il Pigbio
assegna a tal trionfo il 578 di Roma, che e 1'anno notato da Livio
pel dono deUa tavola votiva deposta da Gracco nel tempio della
dea Matuta (ved. infr.), mentre ii suddetto Frciushemio lo riferisce
al 577 (U. C.), fondandosi sulla slessa aulorita dei Fasti Capitolini.
E deve altresi avverlirsi , che quauto dicesi in detlo Supplemento
Liviano a riguardo dei Sardi venali e uu'crronea applicazione di un
piu antico proverbio, come ho gia dimoslrato nella not 5, pag. 43
di questo istesso volume.
(3) Questo tempio era situato nel Foro Boario, e deve dislinguersi
p ronii Gracchi consulis imperio auspicioque legio exercitusque
populi romani Sardwiam subegit. /n ea prdvincia hostium
caesa aut capla supra ocloginta millia. RepuhUca feUoissime
gesta, atque liberalis vectigalibus restitutis , exercitum sahmm
atque mcolumem pleni&smum praeda domum reportavit. Iterum
triumphans in urbem Romam rediit. Cujus rei ergo hanc ta-
bulam domm lovi dedit ». Sarbiniae insulae forma erat,
atque m ea simulaora pugnarum pkta ( 4 ).
Le preture di Sulla, di Serrano, diCicereio, e degli altri
successori di Tiberio Sempronio Gracco ( 5 ) non furono no-
tevoli per fatto veruno di grave importanza che meriti di
essere specialmente rieordato ( 6 ) ; e soltanto nel lungo pe-
riodo di nove lustri occorre altra volta nelle sarde memorie
il nome onorevole dello stesso Tiberio, il quale, consultati o.
nell' isola i libri sacri , scriveva al collegio degli auguri le
proprie dubitazioni sulla validita dei comizi da lui presie-
duti nel 589 di Roma , e religiosamente pregavali di rico-
noscere, se il difetto degli auspizi, la medesimezza del ta-
bernacolo, il trapassato pomerio, e gli altri casi da lui ri-
fenti avessero viziato 1'elezione dei nuovi consoli C). Ma la
dall' altro di Gionone Jtfatuta o Mentueia , ch* esisteva nel Foro
Olitorio. Lo aveva edificalo Servio Tullio assieme al templo della
Fortuna Prospera, ed ogni anno vi si celebravano feste solenni con
molte cerimonie (ved. Miutoli, Rqman.anliq., dissert. V, secrion. II.
- Fauni, De antiq. urb. Romae, lib. III , cap. VI e VIII, ap. Sal-
lengre; Tfov. thesaur. rotnan. antiq., tom. I, col. 190-91 e 952-55).
(4) Liv. , XLI , 28.
(5) Sergio Cornelio Sulla succedette a T. Sempronio Gracco nel
577 di Roma, e fu eletto nei comizi deH'anno precedente. Governd
la Sardegna per un biennio , perche il nuovo pretore M. Atilio
Serrano fu mandato a guerreggiare in Corsica , e nel 579 ( U. C. )
rassegnd il comando della provincia a Caio Cicereio : Praetorum
Cornelius Sulla Sabdiniam obtinuU (576 U. C.) . . . M. Atilio praetori
provineia Sardinia obvenerat ( U. C. 577 ) , sed cum legiane nova ,
qvam consules conscripserant , quinque millibus pedUum , trecentis
equitibus, in Corsicam iussus est transire. Dum U ibi bellum gerereti
Cornelio prorogatum imperium, uti obtineret Sabdiniam . . . Praetores
inde facti N. Fabius BuUo, M. MaUenus, C. Cicereius ec. (U. C. 578) . . .
Ad hoc milU et quingenti pediUs romani cum centum equitibus scribi
iussi (579 U. C); cum quibus praetor , cui Sabdinia obtiguset, in
Corsicam transgrcssus bellum gereret ; interim M. Atilius , vetm
praetor, provinciam obUneret Sabdimam. Praetores deinde provinciat
sortiti sunt, A. Alilius Serranus urbanam ...C. Cicereius Sardiniam
ec. ... Praetor Cicereius in Corsica signu collatis pugnavit . . . . Ex
Corsica subacta ( 779 U. C. ). Cicereius in Sardiniam transmUit
(Liv., XLI, 18, 91, 98; XLIl, 1, 7). Gli altri governanti succeduli
a Cicereio dal 580 al 625 di Roma si vedranno a suo luogo nella
SerU dei pretori di Sardegna.
(6) Si possono tuttavia eccettuare le doppie decime di frumento
imposte all'isola nel 581 (U. C.) sotto la pretura di L. Furio Filo,
perche addhnostrano la gravezza dei triboti, dai quali la Sardegn»
continuava ad essere oppressa. Ecco come ne parla Livio: Com-
meatus classi tegionibusque ut exSUilia Sardiniaqub subveherentur ,
praetoribus qui eas provincias sortiti estent , mandari placuit , ttt
alteras decumas Siculu Sardisqde imperarent, atque id frumentum
ad exercitum in Macedoniam portaretur. SUUiam C. Caninius Rebilus
est sortUus, L. Furius Philus Sardiniam rtc. ( XLU, 31).
(7) La consultazione degli auguri fatta per lettere da T. Sem-
pronio Graceo dee riferirsi al 590 (U. C), poiche le sue dobbiezze
versavano sull'elezione dei nuovi consoli seguita nei comizi deU'anno
precedente. I censoli eletti erano Publio CorneHo Scipione, e Caio
Marcio Figulo: ma siccome la loro elezione fu riconosciuta viziosa,
abdicarono al consolato, e gli furono sostituiti Publio Cornelio
Lentulo, e Gneo Domizio Enobarbo ( Fast. CapitoL ex Pigbio, ap.
Graev. Thesaur. roman. antiq., vol. XI, col. 903 e 904). Cicerone
racconta in varii luoghi questo fatto ( De naL Deor. , II , 4. - De
divinit., II, 35. - EpUt. ad Q. Fratr. , II, 9), e ne fanno eziandio
menzione Plutarco (tn MarcelL , c. VII , edit Lugdon. 1560) , e
Valerio Massimo ( DUt. factor. metnor. , I , cap. I , $ 3) , dai quali
si ricava , che le lettere di T. Gracco furono ex provincia mUsat.
Ora, dichiarando Cicerone medesiroo (dict. Ep. ad Q. fratr.) che
questa provincia ro la Sardegpa, si raccoglie da cio, che quet vecchio
consolare , gia vincitore dei Sardi , trovavasi altra volta presente
nell isola nelCanno 162 av. G. C. Quale poi sia stato il motivo che
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v. C. (>>(•
religiosa inquieludinc di Gracco non apparticnc agli avve-
nimenti pubblici di Sardegna, ne pu6 supplirne la dcplora-
bile deflcienza nell' inlervallo frapposto tra quell'augurale
consultazione e il 626 di Roma. Nel qual anno solamente
ricomincia la storia dei fatti insulari colle vittorie riportate
sopra i Sardi dal consolo L. Aurelio Oreste (O, e colla que-
stura di Caio Gracco, figlio del gia detlo Sempronio, il
quale, sc fu inferiorc al padre nelle virtu guerriere, lo
eguaglio per6, e forse anche superollo nelle virtit civili.
Memorabile negli annali di Sardegna e la questura di Caio (*)
per la giustizia delle pubbliche, e per la temperanza delle
sne azioni private. Riverito ed amato daglMsolani, ottenne
egli solo dalle citta sarde ci6 che 1'autorila del consolo non
avea poloto conseguire; e quando la sospettosa invidia del
senato, riflutati i soccorsi del re di Libia, gli prorogava,
dopo un biennio, 1'incarico di questore, onde allontauarlo
dalle tumultuose contenzioni del foro, il suo improvviso
rilorno a Roma ( 3 ), e leloquenza con cui peror6 la propria
causa , gli catlivarono il favore della moltitudine, e lo fe-
cero trionfare dei suoi nemici. Plutarco nella Vita dei due
Gracchi riferisce piu ampiamente queste notizie; cd Aulio
Gellio ci ha conservato un tratto originale deH'aringa pro-
nunziata in tale occasione daCaio alla presenza del popolo,
dalla quale si fa cuiaro il tcmperalo e giusto modo di am-
ministrare da lui tenuto in Sardegna. lo riporterb per intiero
le stesse parole dei sopraddetti scrittori , acci6 nel racconto
di tanti mali che afflissero miseramente la sarda lerra non
sia scordala la generosita dei pochi e rari uomini, che po-
tcndo non la offesero, e volendo la rispettarono. Forle evenit,
dice Plutarco, ut quaeslor (C. GracchusJ in Sardiniam
cum Oresle consule navigaret. Id enim munus Caio forte im-
petmm inimicis eius gratum fuit, sibi vero non ingratum,
utpole qui nosset non inferiorem se bello esse quam in foro.
Praeterea adhucrostra suggeslutnque perhorrens, nec plebi
amicisque rogantibus denegare suam operam volens, omnino
profectionem illam libenter suscepit — Cum vero in Sardi-
niam venisset, ibi omnifariam virtutem ostendens, audacia
quidem in hostes, iustitia in subditos, benevolentia et obser-
vantia erga consulem caeteram iuventutem, temperanlia au-
tem et induslria etiam seniores anteibat. Vehementi atque
peslifera hyeme exercitum opprimente, cum consul a civitatibus
1'indusse a trasferirvisi nuovamente, non si trova accennato da veruao
degli anticbi sorittori. Puossi pero conghietturare, che per la morte
improvvisa del suo collega M. Juvenzio Talna, awenuta in Corsica
(Val. Max. , lib. IX, cap. XU, $ 3), sia egli partito da Roma per
domare quei ribelli isolani , e quindi da Corsica sia passato
in Sardegna per comprimervi qualche moto sedizioso, giacche i
Sardi non quietarono mai intieramente , durante il dominio'della
repubblica romana.
(1) Lucio Aurelio Oreste fu designato consote con M. Emilio
Lepido nel 695 (D. C), e trasferissi nelfanno seguente a Sardegna
per combattervi i Sardi ribellanti ( Sardo* rebeliantet ) ( Epitom.
Liv. , LX. - Diodor. , Excerpt. ap. VaUt. ). Mancano i monumenti
storici di qnesfaltra guerra sarda, ma pare che sia stata assai Innga
e sangainosa, poiche nei Fatti Capitolini il trionfo di Oreste leggesi
annotato dopo un quinquennio dalfaffidatagli impresa : L. AVRELIVS.
L. P. L. N. ORESTES. PRO. COS. EX. SARDINIA. VI. IDVS. DEC.
AN. DCXXXI. (Ex Phig. ap. Graev. , Thtt.rom. atUiq., vol. XI,
eol. 431-3*). '
(9) Valerio Massimo serabra accennare alla suddetta questnra,
laddove, parlando dei figliuoli di Tiberio Gracco, dice: Tret tanium-
modo filiot Graeeko fuitte , e quibut unum in Sardinia ttipendia
merentem (Dict. factor. memor., lib. IX, cap. VII, S 2).
(3) Caiut Gracchut, pettilenUm Sabdiniam quaetlor tortitu», non
renienU tuccettore, tua tponle decettit ( Sex. Anr. Victor. , De vir.
illuitr., I.XV).
-vcstem mililibus peterel , el illae missis ad senalum legalis, se
a praestatione vestium excusarent, nec aUunde vestiendi exer-
citum facultas consuli permitteretur , magnoque ob eam rem
miHtes afficerentur incommodo, adiens civitates, Caius effecit,
vt ipsae sponte sua vestem exercitui donarent. Ea Romae
nuntiata cum popularis gratiae viderentur, imtio senatum
turbarunt , et prius quidem ew Lybia venientes JUicipsae legati
ingrate accepti fuerant a senatu, quod dicerent Micipsam C.
Gracchi gratia frumenlum in Sardiitiam misisse. Ut igitur
Gracchum diutius in Sardihia dttinerent, %t milittous suc-
cessores mitterentur , atque Orestes contul in Sardihia re-
maneret, decretaverunt ut sic Caius quoque remanere compet-
leretur. Sed ilte, re inteUecta, statim ob iram e Sardinia
navigavit, Romaeque ex improviso conspectus, nan sohun
inimicis, verum etiam amicis reprehensionis causam adversus
se praestitit, quod contra maiorum exempla quaestor ante
consulem e provincia decessisset. Atlamen cum de ea re apud
censores accusaretur, oratione habita sic mentes omnium mu-
tavit, ut magis iniurias passum iudicarent. Duodecim se annos
mililasse ostendit, cttm lex caeleris decetn in necessitatibus
definiat. Quaesturam per triennium gessisse, cum lex finito
amo reditum quaeslori permillat. Se unum plenos loculos pe-
cuniarttm extulisse, vacuos reportasse, cum alii potato quod
extulerant vino, plenas auro atque argento amphoras repor-
tamt ( 4 ). Ed Aulo Gellio: C. Gracchus, cum ex Sardikia
rediit, orationem ad populum tn concione habuit. Ea verba
haec sunt: « Versalus sum, inquit, in provincia, quomodo ex
» usu vestro exislimabam esse, non quomodo ambitioni meae
» conducere arbilrabar. Nulla apud me fuitpopina, neqve
» pueri eximia facie slabant; sed in convivio liberi vestri
» modestius erant quam apud principia » . Post deinde haec
dicit: « Ita versatus sum in provincia, ut nemo posset vere
» dicere assem aut eo plus in muneribus me accepisse; aut
» mea opera quempiam sumtum fecisse. Riennium ( 5 ) fui in
» provincia; si ulla meretrix domum meam introivit, aut
» cuiusquam servulus propler me sollicilalus est , omnium
» nationumpostremissimum nequissimumque existimatote. Cum
» o servis eorum tam caste me habuerim, inde poleritis con-
» siderare, quomodo me putetis cum liberis vestris vixisse » .
Atque ibi ex intervaUo. « Itaque, inquit, Quirites, cum Ro-
»> mam profectus sum sonas, quas plenas argenti extuli, eas
» ex provincia inanes reluli. A Ki vini amphoras , quas plenas
» tulerunl, eas argenlo repletas domum reporlaverunt » ( 6 ).
Acosi nobili ricordanze la storiafa succedere il trionfoC)
(4) Plutarch., Vit. Tib. et C. Gracc, c. XXXVI.XXXVIl e XXXVIII.
Leonard. Aretin. interpret., pag. 719-20, edit. Lugdun. 1560, in-8°.
(5) Plutarco invece. come si e gia veduto , fa dire a Caio : u ...
quaesturam per triennium gestisse. Ma io antepongo alla sua 1'auto-
rita di Gellio, non solo per essere piu antica, ma eziandio pcrche
fondata nel frammento originale deU'aringa di Gracco.
(6) Ifoct. atlic. , lib. XV , cap. XH.
(7) Leggesi in Eutropio: C. Caecilio MeUllo et Cn. Carbone Cott.
( V. C. 639 ) duo MeUlli fratres eodem die , alUrum ex Saroinia ,
alUrum ex Thracia triumphum egerunt (Breviar. histor. rom., IV,
55 ). E nei Fatti trionfali: M. CAECILIVS. Q. F. Q. N. METELLVS.
PRO. COS. EX. SARDINIA. ANN. DCXL. ( Ex Pighio ap. Graev. ,
Thetaur. roman. antiq., vol. XI, col. 933 e 934). Inoitre Velleio
Patercolo scrive : Circa eadem tempora M. (alii leg. II , i. e. duo) ,
Melelli fratret uno die triumphaverunt ec. ( Hitt. rom. , U , 8 ).
Siccome per6 lo stesso istorico aveva scritto poco innanzi nel capo
mcdesimo : Subinde Porcio Marcioque Cott. deducta colonia, Narbo
Martiut , perrid sembra ch* egli abbia voluto riferire all* iinno di
quel consolato (634 U. C.) il trionfo dci due Metelli. Per conciliare
questa contraddizione di Velleio colla narrazione di Eutropio e col-
Pautorita dei Fatti Capitolini, noterd col Burmanno (in recent. Vell.
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PRWA.
<55
A.C.N. llJ. lo3.
I. C. 639-49.
di Metello e la pretura fl) di Albucio. Se il primo fu come
gli allri che lo precedettero il prezzo di molto sangue, e
di molte mortiW, fu la seconda un latrocinio solenue, di
cui pass6 infame ai posleri la memoria. Perche Tilo Albucio
accoppi6 alla vanita la ingordigta; e mentre per leggieri
conflitti chiedea superbamente le pubbliche supplicazioni, e
incedeva quasi trionfante neirisola ( 3 ), poneva pur mano con
insolente arroganza nelle sostanze dei provinciali, e abu-
sando dell'autorita pretoria estorquiva con arti nefarie il
danaio altrui. Lo accusarono i Sardi di concussione, e pe-
ror6 Ia causa loro Giulio Cesare Strabone, oratore non vee-
menle, ma assai festivo, secondo 1'autorita di Tullio W, al
Pater.), cbela suddetta introdvzione al cap. VIII dellib. II, Subinde,
Poreio Marcioque Cosi. ec, vi fu probabilmente intrusa, e trasportata
dal capo XV del lib. I, dove leggisi: Narbo autem Marciut in Gallia,
Porcio Marcioque Coss. abhinc atmos eirciter CLIII deducta co-
lonia «*(,
(1) THo Alboeio (non pero T. Ebuzio, come opina 1'Orsino, coila
scorta di aicuni codici) apparteneva aH'ordine eqaestre, e fa pretore
di Sardegna nel 649 di Roraa. Andd giovinetto in Atene per ap-
prendervi le tettere 1 grcche , nelle qnali diventd assai perito , e fu
seguace della fllosofla di Epicnro. II soo amore per il grecismo
fu da lui spinto a tal eccesso, cbe riputavasi piu greco che romano;
per lo che il poeta Lucilio riporto nelle sue satire lo scherzo di
Scevola , cbe lo salutava grecamente , come si ha da Cicerone :
doctus etiam Graecis T. Albucius, vel potiutpaene Graecus . . . Fuit
autem Athenit adoleteent; perfectut Epieureut evaterat ( In Brut. ,
XXXIV ). Ret vero bonat, verbii eleetit, graviterque ornateque dietas,
quit non legat? Niti qui te plane Graeeum dicit velit: ut a Seae-
vola eet praetore salutatus Athenis Albuciut. Quem quidem iocum
cum multa vtnustate , et omni taie idem Lucitius : apud quem
praeclare Scaevola:
Graedum te, Albuei, quam Romanum, atque Sabmum,
Municipem Ponti, Tritanni, centurionum,
Praeclarorum hominum, ac primorum, tigniferumque ,
Maluiiti dici. Graeee ergo ego praetor Atheni»,
14 quod maluitti, te, quum ad me accedi, taluto.
De Finib. , 1 , 3.
Altrove lo stosso Cioerone parla di questo Albucio , e rammenl»
I' accusa di concussione da lui intentata contro Q. Macio Scevola
< Brut. , XXVI , De orator. , II , 70 ) , e biasima I» sua maniera di
aerivere dislegata- e scomposta (Orator., 44. - De orator., III, 43),
sehbene non gli niegbi il meritotdella doltrina. 11 medesimo gindizio
ne. ra fatto.da H. Terenzio Varrone, il qoale scriveva: AlbuUui ,
homo , ut tritu , apprime dottm , cuiut Luciliano ekaraetere tunt
tibeUi eo. (De R. R. , m, *).. .
(3) Perche Tonorevdel trtonf» non accordavesi fherehe a coloro
che provassero di aver ucciso in nna sola battegHaciaque mila
nemici: Lege eautum esb , ne qui» triumpharet, niti qui qutnqu*
miltia hoitium um ade aatcidistet (Valer. Max., DUt.fact. memor^
Kb. II, cap. VIII,. $ 1> f t ->.. i
(3) Cuius amiei ( u e. Gabinii) . . . hac c*nsulationa uUmtmr, ttiam
T,- Aibucio suppUcationem & unc ordi*em dentgoMe. Qmd ett prmum
diirimil*. R»t tn SasheviAj cunt mastrucatit latruncuUs a propraetore
una cohorte auxiUaria geitm .. . Dmnde Albucius , quod a senatu
petebat , ipie ribi m Samhma antea decreverat. Conttabat enim
Graecum hominem etc leutm , m t tpta proyrincia quati triumpkastti
Itaque hanc eiut temeritmtemi itmotut mpplicatxone denegata notavit
(Cicer., De provinc. eontwk, VI). Dalle «raali parole si rioava, cbe
Albncio , nomo tano o-tdi iefgievo .gindizio, aveva domandate
soteimi pragkiere per le nukmi di pooo momento da Ini sostenote
ht Sardegna coatro le «cerrecie dei pelliti (cum mattrucatit latnm*
ctittt), ehe intauto acconl**a a- se Slesso nelfisola qoasi gli ooori
del trionf» , e ■ ohe , poi ,. otmtro: 1» sva aspettaaione , il eenato gH
denego -le addhnandato s«pph«U>«ai.
(4) Fettivitats igitur^ et> facetUiy.4nquam, C. JuHus, L. /Uiut , «J
tmperioribur et atquakSm sen. omnibms praettitit , oratorque fuit
m ut i me iUt quidem .vtkantcmyisem' nemo unquam urbanitate , nemo
lepvre , . nemo tuavitate ««mditior K Cioer., In BruU, XLVIII). Ancbe
Veileio Fateraoio ( Mitt. rom*n> v II V 9) annovera il suddetto C.
6hdio Ceaare Strabone tra gh\ oratori pin distinti delfantiea Rem».
E Svetonie scrive, che C. Ghdio Cesare genus eloquentiae dumtaxat,
ado ietcent adhuc , Strabonii Cmetarit tecutus videtwr; euiui etiam
etc oraMaue , quae mscrOHiur *a» Sabms , ad verbum nonnulla
traeutmUi m d/winaUonem tuum (m Cmtar., . LV ). DeU'otazione da
loi recilata contro Aibncio e4 a ftnrore dei Sardi, oltre airallegata
testimonianu di Svetonio, si ha qnetta del gi« citato Cieerone , il
quale poi si volle aggiungere G. Pompeo, che sotto lo stesso
Albucio avea esercitato in Sardegna 1'uffizio di questore ( 8 ).
Ma in quel pubblico giudizio, se trionf6 la giusta causa
degli accusanti , non fu al delitlo proporzionata la pena ;
perciocche 1'esiglio di Tito da Roma non restitui la pecunia
ai Sardi depredati , e fu anzi causa di pessimo esempiO ai
venturi , che Finiquo prelore baldoriasse colla sarda pecunia,
ritraendosi a molle ed oziosa vita in Atene ( 6 ). E veramenle
i suceessori di Albucio (sebbene ignoriamo quali essi fos-
sero, perche una lacuna di venti e piu anni ingombra colle
sue tenebre silenziose i ricordi insulari di quell'eta) pare
che non siano stati piu di lui temperanti, o meno avari,
leggendost in Dione, che Lucullo, avendo ottenuta in sorte
la Sardegna (685 U. C), si tir6 addietro, ricusando una
tale pretura, perchfe v'erano molti, che nelle provincie
agivano perversamente in tutte le cose: L. autm Lucullus
wbam quidem prmtwa defunclus est: sed ctm postea in
quale, parlando altrove della gloria che si puo trarre dalle pubbliche
accusazioni, adduce 1'esempio di Giulio Strabone: ut . . . (fecit )pro
Sardit in T. Albucium Juliut (De ojfic, II, 14). Vedi pure la nota
seguente.
(5) Perd il senato non permise che Pompeo ( cioe Cn. Strabone
padro di Pompeo il Grande) sostenesse le parti di accusatore, per
non sanzionare coll'autorita del giudizio lo scandalo di questa lotta
del questore contro il pretore. Itaque neque L. Philoni in C. Servilium
nominis deferendi potestas est data, neque M. Aurelio Scauro in L.
Flaccum, neque Cn. Pompeio in T. Albucium : quorum nemo propter
indignitatem repudiatut est: sed ne libido violandae necessiludinit
auctoritate iudicum comprobaretur. Atque ilte Cn. Pompeius ila cum
Julio contendit, ut tu (Caecilie) mecum. Quaestor enim Albucii fuerat,
ut tu Verrit. Julius hoc tecum auctoritatit ad accutandum afferebat,
quod, ut hoc tempore not ab Siculit, sic tum ille ab Sardis rogatus,
ad causam aecesserat (Cicer., Divin. in Caecil., XIX). Ma forse non
era questo il vero , o per lo meno il solo motivo di tal divielo
( Ved. la not. seg. )
(6) La condanna di T. Albucio , e a di lui csiglio in Atene sono
rammentati in due luoghi di Cicerone. Leggesi nel primo : Albucius,
quum in Sardinia triumphasset , Romae damnatus est ( Oral. in L.
Pison., XXXVIII); 6 nel secondO: Quid T. Alhucius? Nonne animo
aequistimo Atheriis exsul philosophabatur? Cui tamen illud ipsiim
non accidisset , si in re publica quiescens Epicuri legibus paruisset
( Tuscul. , V , 37 ). Quale poi fosse la costanza di anirao di questo
pretore fllosofo , dopo avere spogliato la provincia da lui ammini-
strata , non si pud facilmente deOnire. Egli b vero, che Tollio tentd
ita altre scritture di farlo comparire men reo, scrivendo di lui e di
Un altro suo somigliante : damnalus est T. Albucius et C. Megaboccut
ex Sardikia , nonnullit etiam laudantibus Sardis ( Orat. pro M.
Seaur., XL, pag. 467-68, edit. praed.); ma non si deve prestar fede
al suo asscrto , perche vi osta in primo luogo la stessa condanna
ripbrtata da Albucio , e quindi la prevenzione sfavorevole con cui
egli parlava dei Sardi, allorche difendendo Scauro disse per occa-
Sione qhetle poche parole in discolpa di Albucio. Occorre qui una
osservazione da non pretermettersi per riguardo alla storia di
Sardegna.' 11 Megabocco , di cui parla Cicerone nel citato luogo ,
ftt egli pretore o qnestore dell isola? In qual tempo vi dimord; e
quale pu'6 essere stata la parte di governo da lui avuta nelle cose
insalari? Messuno dei Sardi scrittori ne ha fatto parola, e tutti anzi
trascorsero senza nomlnarlo. Eppure II testo Tnlliano non lascta
lntig« a dubitare , che dopo Albucio , o insleme con Albucio , fu
condahnato anche Mrgabocco per rammihistrazione tenuta in Sar-
dtJgna. Dnnque fra i concussori deHe sarde sostanze si deve eziandio
annoverare quesfaltro, che finora fu dimenticato o sconoscinlo. Ma
chi fh egH mai qnesto Mbgabocco? Cid notf poossi agevolmente
indovinare. Tntlavia sospetto che fosse lo stesso Pompeo (Strabone),
il quale esercitd sotto Albucio la questufa sarda; e che Cicerone
10 abbta chiamato Megabocco , come cosi appelld altrove U di lui
flgUb (Epist. ad Attic., II, 7), o perche veramente egfi fosse in tal
guisa soprannomato , o per indicarlo precisamente , senza recifare
11 suo proprio nome, affine di non dffendere la vanita e la potehza
del gran Pompeo. Se qnesta mia conghiettura fbsse vera, si verrebbe
piu facilmente a comprendere, che il motivo per cui il sehato hon
permise a Pompeo d' insorgere in quatita di accusatorO contro T.'
Albuccio (vedi la not. preced.), non fii il solo timore di violarele
convenienze pubbHche, come aflerma M. TuUio, ma ben anchc la
compartecipazione di entjambi.in nno stesso delitto.
niSSEUT.UIONK
A. f.
I'. c.
V Sj-7«.
A. C
V. C.
N. 67-6i
'»8 j-91.
SdRMNiAM praelor ut iret sorle obtmuisset, detreclavil,
negoliwnque aversatus est hac de causa, quod plerique m
provinciis perperam omnia agerent ('). Ne i pocbi falti acca-
duti in Sardegna oeitrc lustri anteriori al rifiuto di Lucullo
poteroflo compeosarla della iniquita dei suoi governanli,
perobe i danni cagioBalivi dalla pretoriaaa avarizia furono
aggravali dalla guerra civile accesavi dallc lazioni repub-
blicaae : e si videro nel sardo suoio combattere con arnvi
fratricide Lucio Filippo fautore e tegato di Silla contro
Quiolo Antouio prctore doll' isoia e seguace deile parti
Maiiane (670 V, C), il con«olo . flf. Emilie Lepido coatro
C Valerio HTiario (674), Perperna contro i Sillanj, e iu
questi cttladjai couflittj morire AntooV) svi pampo;, 0 Lcpido
spjrar lanima conlrislata pel dolore deiradulterio della sua
mogiie Apuleja W. .
La guerra piratiea, ,fe|ic«wente concbiusa da Poropeo,
libero poi la Sardegna ( 68.5..U. *C.) dalle incursioni depre-
dalrici dei corsali di Cilicia ( 3 ) ; e la prelura di Azio Balbo
(691 U. C.) la ristori) jn pafte dei mali cbe per tanti anni
avea dolorpsamenle soflerti ( 4 ). Nello stesso correr dj tempi
alcuni dei Sardi che avoano militato setlo le insegne latine,
furooo onorati della rpmana cittadinanza ( 5 ); il suddetlo Pom-
(1) Dion. Cass., Hist. rom.', lib. XXXVI", pag. 54, edit. Lugdun. 1559,
iu-8*, Xylandro iriterpr.
(2) L. Philipput lcgatus Sullae Sabdiniam , Q. Anlonio praetore
puUo et oeciso, occupavil ( Epit., Ub. LXXXVI , Liv. ). M. Aemiliut
Lepidus quum acta Sullae tcntarel rescindere , bellum excilavit; et
a Q. Catulo collega Italia pulsus est, et in Sabdiwa, frustra bcllurn
molitus, periit (Epit., lib. XC, Liv.). II sommario della narrazioue
Liviana c confermato pei fatti di Lepido dall' autorita di Floro , il
qualo scrive : sed iam Mulvium ponlem collcmque Janiculum Lutatius
C.atulus Cnaeusque Pompeius , Sulldnae dominationis duces atque
signiferi , alio exercitu inscderant. A quibus primo statim impctu
relro pulsus (Lepidus), Kostisquc a senatu iudicalus, incruenta fuga
in Etruriam , inde Sabdiniah recessit: ibique morbo et poenilentia
intcriit (Epitom. rer. roman., lib. III, c. XXIII, $ 6 e7). E Sallustio
ci couservo lo due orazioni recitato da M. Emiljo Lepido contro Silla
per la rivocazione degli atli dclla di lui dittatura, c da L. Filippo
contro Lepido , mentre quesfultimo si disponeva a marciare contro
Roma (ved. Sallust. , Historiar. fragm. , pag. 351 c 359, edit.
Taur. 1827 ). In quanto poi all'aduItcrio o allo tresche aiuorose di
Apulcja si ha la tcslimonianza di Plotarco ( invit. Pomp., pag. 627),
e dice Plinio , che fu pcrcid ripudiala dal marito , il qqalo poco
slante ebbe a peBtirsene ed a mbrirne di dolore: M. Lepidus
Apuleiac usoris caritatc post repudium obiit ( Hist. naf., VII, 36,
edit. pracd. ). E dippiii lo stesso rlinio, ripetendo altrove lo stesso
Eatlo , racconta il modo cou cui fu abbruciato il corpo di Lepido ,
dappoicho la violcnza dclle liaramo lo fe cadere dal rogo: Quum
ante non multo M. Lepidus mbilissimae stirpis , quem. divorlii
anxktate diximus mortuum,flammae vi e rogo eiectus,recondi propter
ardorem non potuisset , iuxta sarmetflis aliis nudus crcmalus est
(Ibid., VII, 54. Vedi pure Appian. Alex., De bcll. civ., 1, 105 o 107;
e Freipshem., Supplem. Ifv., I,XXX1, 4; XC, 16, 17, 18).
(3) Ved. Eutrop. Rreviar, h%st rom., VI, 13; e Plutarch., in vit,
Pomp. A propositp di tal gucrra Cicerpne lascio scritto: Qtips cnim
unquam, aut obevndi negotii,, aut conseguendi quaestus studio, tam
/tVevf tempprt tot loca adjre , iantpt cursus cpnficere potuit , quftrn
celtriler Cn. Pompeio duce , belH ( pMfci ).impet»u .mvigaiit?,'(fiti
nondum tcmpettivo ad navigandum mari Siciliqm adfft, Afrjca^
exploravit; inde Sabdiniam cum claste venit, atque haecjria firu-
menlaria tubsidia reipuhlicat firmitsimis ( praes}diis classib^squc
munivil (Orai pro teg. Manil., XII .., , . ; . ,
(4) l)i questo pretore, che. fu.a^w roalerno di Ottaviano A^gusto,
si 6 gia parlato nella not. 7, cpl. 2 a „pag. 32 del prcsepte volume^
(5) Si ha su di cid la irre^agabil({ leslinioniaiiza ,di Cicorpnq , i(
quale scrivcva nel 697 <|i fy&ijjia: ,mm 4 st\pendiarias ,ex kfripa ,
Sicilia, Sabpuua, celer^ pro^c)is .multQs Cf.vitate dtmafof.vidmu#
( Orat. pro L. C. Balbo , IX ). Eftli vcramcntp non no assegna il
tempo preciso ; ma dovendosi <li npccssita crcdere anterjore al sud-
detto anno 697 , paro assai probabilc , che un tal favore sja stala
impartito ( speciaJUoc^c. spt^» la prctuxa di Az^) Balbe.) a colwo
dei Sardi che avevano s^guitp coltc aijn| le parid-dclja repupuUca,
conlio i tcntativi di Lepidp e di Peipfuna. Tutta,YoJla , o jf\i\f\a. c
A. C. N. .Vi-ji,
V. C. Vi-V7-
pco, piesente c liverilo uoll isola (09 6 U. C), vi mercava v.kl^'
il frumenlo, nece^sario pcr la tumulhwsa plebe dei Quiriti ( 6 );
Quinto Tullio Cicerone dimorava in Olbia ( 7 ), non avverso
ue inviso alla nazione cbe il di lui eloqoenle fratello, senza
averne giamroai ricevuto danno od iogiuria, aereraeate vi-
tuperava; il nuovo pretore Appio ClaudioW esercitava senza
dopo la protura di Balbo, la cittadinanza di Roma fu accordataad
alcnni Sardi benemcviti. Caio Valerio Triario , vincitoro di Lcpido
in Sardegna ( 674 U. C. ) , hi feoe don»ro a Vaterio , di cui poi il
di lui flglio Publio Valerio Triario si . servi come lesle Bell' accusa
coiitro M. Scauro ; o n gran Pompcd , prcvalendosi dclLi podesla
accordatagli daUa legge GeUia e CornoHa (Cicor., pro Balbo, XIV)
la diede a Gneo Domisio Sineaio , e ai Deliconi (696 U. C), cow
si ha dallo stesso Cicerone (Orat.pro Scauro, XXX, XLIII, pag. 458
o 469, edit. praedict. ).
(6) Pjqtarph., Apopkth. 8om. - Cicer,, pro D. S., X. - Epitt. ad
AMc., IV, 1; Ad Q. fr. y 11 , 1 ; A4 divert., 1, 9. Ua quesUuUima
lettera si ricava che Pompeo parU per Sardegna nelfaprile del 696
( V. C. ) poiche Gicerone, dopo aver scritto a Lentulo : quin etiam
Marcellino el Philippo consulibus\(d\ct. ann.) nonis aprilis tnifti ett
temtus asstnsut , ut de agro CampO.no , frequenti scnatu , idtbvs
tnaiit referretur; soggiunge poco appresso: hoc tenatutconsuUo itt
meam sententiam facto , Pompeius , quum mihi otteniittet te ette
offtnsum , in Sardiniam ct in Afrieam profectus esl, eoque itinerc
Lucam ai Caesarem venit; e qaindi subito: quem (i. e. Quintum
fratrem ) quum in Sardinia Pompeius paucis pott diebus , quum
Luea ditcesserat, convenisset tUt. ; sicche Pompco trovavasi nell'isola
sul Rnire dei detto raesc. Vedasi pure Dion., Hist. rom., XXXIX,
pag. 150, cdit. praed., e Plor., Epitom. rer. rom., 111, 6.
(7) La citta d' Olbia era situala nella patte settentrionalo di
Sardegna, o precisamcnto nel sito in coi oggi sorge il Villaggio <U
Tebbanuova. Aveva un porto capacissimo , cbJahiato Otiriano da
Tolomoo ( Geograph. , III, 3, tab. 7), la di cni imboccatnra * al
prescnte assai difficile , perche sul finir del secolo XIII fu ingombrata
artatamente dai Gcnovcsi , dopo la famosa battaglia deHa Metoria.
Sulla fpndazione di quest' antichissima cilta ho riportatft altreve lc
testimonianze degli antichi scrittori ( vcd. sopr. «•!. 2 0 , not. 7, p. 35),
ai quali si possono aggitmgere il Giornande (De regnor. tuctcss.),
ed il Zonara (Hist. tom. 11). Datle dt lei rovine ebbe poi Tesbtciiza
la citta di Facbina o Falsania , che fu per lungo tempo la sedc
di un vescnyb, e giocque alla sua volta, pcr dar luogo al suddetto
viUaggio di TebbanuoVa ( ved. Fara, Corogr. sard., II , 90 , 91.
- La Martiniire , Grand dictionn. gdogr. - Ferrer. , Learie. geogr. ).
Quintp Tnllio Cicerone dimoto itt OUjia poco piu di un anno, poiche
v'era,gia nelPaprilO dcl 696 di Roma (Cicer., Epitt ai dinrs., i;
9; ved. not. preced. ), e vi si trovava ancora sut fiaire di ghigno
del 697 (Ctoer., Epist. ad Q. fratr., Xl, 1, 8). Egli vi resieoette in
qualita di iegato di Pompeo , coi era stato coromesso dal senat»
1'importante incarico di approvvigionare.Phnnona romana (Cicer.v
Orot. pro Scattro , XXXIX, pag; 467); e a questo tuogo gli furono
indirizzate da Mareo Tuilio di lui fratello le otto prime tertere, <>he
leggonsi nel iibrp scoondo dclfe «ue cpistole ad Ouintum fralrem
(Ex recent- Christ. Godafr., Schfttz). fietlo medeshne quel grande
oratore usd di qualche temperanza verso la Sardegna, perche non
erano anoora nate le cagioni che lo inimioarono ai Sardi. Tuttavolta,
segnendo la mtturale sua incUnazione, non tralascio di bczeicarla,
«ra in un modo, ora neUaltro. Cosi nolla lettera seeonda (lib. II
asdd. ) pigUando pccasione dalllncario» datogli dal fratello di riscuo-
tere certe somme da Lentulo c da Seato, e di pagsrle a Pomponio
Attico, dice ehe fisola habet prbfeeto quidiam appotititm adrecor-
dathncm praeteritae memoriae% « snbito soggiunge-. Nam » v< illt
Gracchut augur, posteaquam in islam provintiam venil, recordatus
est} quid sibi , in campo Marti» cowUia *onsut*m habenti, conlra
autpma aeoidittct: tie tit mUti Viderit th Sxbmnia de fitrma Mi-
nmeiana , et de nomimibus Potnponianis in otiit vtcogitatte. K ncHn
lerza ( eod. Ub. ) scrivo quelle Unto , diyulgat* pwaUi in riguardo
alla. intempcrio del cielo raardi}:.,cMifo, «m frater t utvakas;et
quamquam esl hiemt, tamen SAMHttiAtt itkim esse.eagites. Gho poi
Qujnto TuHip fosso acce.tto ai ,Sardl si deduco da doo luoghi deilo
Stosse Mareo JuMo; In uno » J*ggn: Sed quotdam venisse tamen
Ottia dieebant, qui te (i. e.'.Qnintuin tratrem) uniee laitdarmt ,
ptvrimigv* in prmnaia ficri dicerent ( .Epitt.-ad Quint. fratr. r 11 t
0, n. 5>i 0 nell'altro: ffon sum \aut tdnt inhumanut , aul tart
atienut « i>ABnift, praestrtim quum ftiater tntue nupcr ab hit deces*
teril, quum rei frumentatiae Q*. Pomptii^ missu praefuitett; qui.et
iptc itlit pra tua fiil* et humanUate eontuluit, et eis vicistim percarus
et iucundus fuit ( unt(, prn Scauroi, XXXIX, p. 467, cdit. praed.).
(8) La .ptolurn di A»|ii«ni atJocrtata dal presente pasao di Plutarco:
W« CdW, (iajlfae wbus optimti iispositix, in Cisaipina hicmavit,
Hlic ,net>, Mtwnut^Qppte oiki M »; ■Sfdietiam. tiaritsmai el amplistimac
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PRIMA, 57
o.a** 6 ", inftffl)i»;e senza lode il comando insulare (6Q6 Li. C); q
per la solila antica vicenda delle buone colie ree sorU a il di
Uii sucoessore M- EmHio Scauro 0) con ingeoti estorsioni
frumentarie e con altri non meno gravi delilti conculcava a
Sifc^ 5 *' 800 »al«»to gli oomini e le terre sarde (ann. 698 U. C).
E noodiroeno qoell' insolente depredatore, reduce a Roma
dalla spogliata provincia, pel venerato nome del padre, per
V invocata memoria della sua prodiga edilita, per le Ugrime,
da lui versate, e per.le molte preghiere de' snoi amici e
congionti , partivasi assollodal giudizio iutentatogU da Xriario.
a nome dei Sardi, difeso e lodato da Cioeroae, ohe la di,
lui tarpe causa piu turpemente patrocinava, mordendo con
acerba ironia i morti e i viventi , e con ogni sorta di oon-
tumelie insnltando i provinciali queruU e dolorosi (*).
auctoritatit viri eomplure* ad eum Lucam pervenerunt , Pompeiut ,
Crasnu, «t SiKwwAjK pbajstob Antm , et Nepot HUptmiOe procotitu l
etc. (In vit. Caoiar., XXI). Si e gia vedulo piu sopra ( pag. 56,
col. 3* , not. 5 ), che questo congresso di persone cbiare ed auto-
revoli, trasferitesl a Lucca per bre oooraiua a Cesare, ebbe luogo
neli'aprile del 696 ( U. C. ); locche pure si ricava da altri luoghi
dello stesso Plutarco ( /n vit. Pomp. , LI. In vil. Crass. , XIV. /n
vit. Caton. min. , XLI ), da Svetonio (Jul. , XXIV), e da Appiano
Alessandrino (De ML civ., II , 17). Ounque e chiaro , cheil pretore
di Sardegna di quellanno fu Appio Claudio. La sua dimora nell'isola
non partorl alcnn fatto d'importanza , ne si ritrova nella storia un
solo ricordo, che faccia conoscere il modo coo cui egli comportossi
m tale offioio. Quiodt noit pare alieoo dal vero, ch'egli lo abbia
esercitato seaca infamia e senca lode.
(t) Marce Bmilio Scauro, figlio dj altro patrizio deUe slesso.nome,
che fo principe del senato (Cicer., De Orat., II, 49. Pro Fonteio,
VH, 13. - Piin., Uitt. nat., 14, 54-SaUust. in Jugurth., XV , 35.
- Valer. Max. , Uk IV , cap. IV, o. ti ) , era figliastro di SulJa e
genero di Scevola, la dj eui teraa figua, per neme Mucia, ripudiala
dat gron fiompeo , egli si toJse per megJie ( Aseon. Ped. , Argum.
orat. pro Scmr. ). U di lui avo materoo L. Metelle fn iliustre per
le vittorie ripertete sopra i Oalmati; ma Tavo • il proavo patorai
fureao, secoado la testimoniatuta di Ascqhq ( loq. .«it, ) , humUe*
•tewe ohseuri. Toitevolta egli noo dice qoeH essi foasese, ne aveodosi
su di cio Altr'autorita, io conghietturo, ebe J'aw. suo pateroe fesse
q«e) M. EmUie Scenro che nuUto in Sardegna soito il oeoseio L.
AareUa Oreste (886 B. C), eeme si racooglie daU'autore delle Fiie
iituttri: Mareut Armiiiut Seaetnu , noWt*, pauper: nem pater anu r
ftamvu patriciut, ok paupertatem earbMmriutn neaoHum exercwii.
tpte . . .ptrimo.in Hispania comiculum mtruit : jtio Qreste in S^aninu
ttipendia feeit ( De vir. itl. , cap. LXXII )..Soaune fo eoile nel 6S4
di Roma, e gti spettacoli do tui datt ai popolo superarono in ce-
lebritA tutti gli altri; perlocche, oon sotamente consurao le ricchezze
IsMiauigli dai padre , e le attro ampKaanne redate dalla suamadre
Moselta, ma eootrasse eziandio motti debili (ved. Cicer., Orof. pra
Sea*., LIV. - Min., sYuia nat., XXXIV, lf; XXXVI, i, 34. - Ammiao.
MopcelL, XXII, 8». - Valer. Max, 11, 4). Cceato pretpr«*.della Sar^
«egua nei 88* <ii Hona , efcbe piu eur» di ristorare ia pcepria fbrtuuay
dOpredaudo i Sards, cne dL maateaere incoutaaunato il propriaaome.
, -(») I pSrtieolari delHaccusa, del igiadizfo • de«T assoluzioue di
m. Seauret, qoattsi ricavano dai Frammenti d*il'orasione vd i Ckerea»,
dafie Note di Aeooaie Fediauo e da attri antieoi aoteri , sooe i
seguent». Nel 89> ri«gno del 690 (U. C> egli trasferisei a RAma per
)a petizkme dei consotato , e m tale oceasione oro a fnrere>«U C.
Catene gia tetbun» deUa pteee, ch* ra assoHo nett deUfjatmedtote
■aese di lugiio. %re giorfti dope ( 8 luglio > fu aocusato egli ssesso
41 ooneoeaiooe -da P. Valerio Triario, giovtae- di soasto. sogesjoo, i)
<ra«ie sosteneva la «joerela dei Sardi. Puolie •» figfio.diiqneiqaioi
Valerio Trierio, cfce aveva combattuto m Sardegna dentnt» ikconaolo
VL Bnritio L«pWo>(674 4J. C.)v e-ali'ao«uea dainumlentata Bescri*-
sero L. Mario Ugoe di Locio e i frateifi Q. e M. f aeunkx U pretor»
M. Catone, cui si apparteneva quel giooazio, accordo agU odcusOtori
il temiae di 30 gtorni per ioeuirire exmtro l accasato tniSaodegpa
ed ro Co rs iea; ma essi Ooo vi «s nseareno. oer timora che Scaoro
negl'immiaenti cemizt bMgliasse intante U eqnsolato r prevsJeodoai
del danaro estorto ai Serdi. Ns> in cio non sf apaonevaoje at voro,
perche i cempetitori atta soprema diguita eranoikqcwUansio Mes-
tata, Scaaro, ftomiaie e Menunio,i quaUsi adeperovano a«eoseguiria
sia coUoro, ehe cotifavore det petenti (Cieer., BpjM. ad.AH., IV,
*&>16, 19, 18. - Ad Q. Fratr., ll.ilfc, 16> IU, t, 3, », .8); e L.
bemizio Bnebarbe, e App. Ciaodio Pulero, attuaU ceoseU^ ooveno
ia sesjroto la raaoa con vergagnoM meroato aU'ambit«<4ei ceoteo-
Sorgeva iivtanlo il setlimo secolo di Roma, e nascevajiQ,
insieme le gare civiji di Cesare e dtPompeo, che voHe^i
poi ad aperta guerra divisero per qnattro anni i desideru e,
, denti (Cicer., loc. cit., e ad divert. Epitt, , I, 9). Percio Triario,
rinunciando all' inquisizione , comparve alla scadenza det termine,
e prodnsse la testimonianza di certo valerio , che U di lui padre
aveva beneficato coUonore delja cittadinanza romana (ved. sopra
pag. 56 , col. l a e 8*, not 5). Con quesfarte egli consegui la dilazione
det giudizio definitivo, il quale ebbe tuogo nel 3 settembre di detto
anuo 699 (U. C). Due erano i delitti apposti a Scauro, Ja concus-
sione della provincia , e 1' uccisione di Bostare nativo di Nora.
La prima pare che sia caduta di preferenza sulle decime di frumento
che risola pagava annuatmente alla repubbUca, giacche Cicerone
neUa difesa di detto Scauro dice: ett enim unum maximum totiut
Sardiniae frumentarium erimen , de quo Triariui omnei Sardos
interrogavit (pag. 453> E se vuplsi prestar fede, a Mariiano CapeUa,
( il quale forse avea consultato 1' ovazione inUera d| Cicerone. per
Scauro ), la suddelta concussione fu estesa ingordissimameole ajle
esazioni <U decime triplipate, ossia al trenta per cento dei ricolli,
aardi: uvulUplex ex pluribut guaeitionibus causa consistit, ut repe-
tundarum. omne* Verrinae, etpro Scauro de Bostabis ne ce, de Aaiwis,
uxore et decimis tribus exquiritur (De nupUphiloL, \). La secqijda,
noa si sa da qual causa procedesse, ma si pue sospeUare cue Scauro,
ue fosse autore , per impedire che Bostare andasse a Roma onde
accusarlo delle sue concussioni. Cosi almenq vociferavasi dal sardo
Aoi , ospile di Triario ; eppercio Severiaoo scrive :■ Bostabew,
quemdam Norensem, fugientem e Sardinia Scauri advenlum, Scaurif
iutsu fuiite interfectum, (Reth. , cap. de dispon. cruj».). Grayato, da,
tali accuse, tenaeva Scauro di so^combere nel giudizio. La proterione
di Pooapeo, in cui egli confidava, era piu apparente che realc,
porche Porapeo erasi recato a ingiuria che, Scauro avesse impalmato
Mucia, dappoicbe era stata da lui ripudiata. Ed oltre a ci6 tp sjlesso
Scauro diffidava della inlegrila di M. Catone per l'aujioizia. della,
di lui sorella Servilia con Plaminia madre di Triario, e pon T,r.iario.
medesimo (Ascon., in Scaur.). Ma, piu di qoesti motivi, tormeulava
U di lui animo la coscienza del proprio d.eUUo,. teggeodosi iu Va T
lerio Massimo che la sua difesa fu cosi disperala ed infelice, ut cutn
accutator diceret , lege tibi centum atque viginti hominibus denun-
ctore teitimonium licere, teque non recutare quo mimt absolvereiur,,
ti totidem nominaitet, quibus in provincia nihil abstulistet, tam bona
conditione uti non potuerit (Dict. factor. memor., lib. VIII, cap. 1,
n. 10). Tuttavia nou maocarouo a Scauco molU difensori, ohe furono
P. Ciodio Pulcro, M. MarceUo, M. Calidio, M. T. Cicerone, M. Messala
e Q. Orteosio. Cicerone sopra gU ailri sostenue con molto impegno
|a difesa del reo, Dai FrammenU dell' orazione da lui recitata iu
tate oecasiooe si ricava cb'egli cercd anzitutto di combattere 1'accusa
4eU' uccisione di Bostabo , e quindi 1'altra della coocussione fru-
mentaria. Per conseguire il primo scopo suppose che Abi avesse.
avuio Lupga consuetudiue di adulterio colla madre di Bostabk , e
che, recatosi con lei a Roma, avesse fatto uccidere da uu liberto
la propria moghe, vecchia deforme e gelosa, la quale perd aveagii
apportato ricca dote, £acendo quiudi correr vocechesi fosse strasi;.
gflata colte proprie saani per tedio dellavita: ein rispettoaBosTABE
suppose ancora che la costui morte fosse stata procurala dalla
propria di lui madre, intoUerante che le sue iibidmi fossero ingrate,
ai figUo^ traeudo di cid argomeoto dal di lei posteriore Daatrimouio>
coo Abi , e dal vario rumore ch' erane corso oell' isola (QuinUL ,
Inttit., orat. IV, 1; V, 13; VII, 3). Festivo in questa parte. e,
condjtq di aroarissima ironia e il discorso di Cicerone ; e se non
valse ad aonullare faccusa che Triario faceva a Scauro, di essersi
cioe Aai fuggito da Sardegna, perche non votle dargli o il fruraenlo
• la mogbe che ei adjdimandava (Quum dare nollct Aais, clam cx
Sardjnia e*t fugere coaotut. Priscian. , lib. VI, pag. 689), dee pere,
aver avuto motta forza per volgere al ridicplo il fatto di quella doppia
' uccisione. Ip quanlo poi al delitto di concussione apposto ai suo
cUe,nte , M. Tullio trasse gli argomenti deUa difesa: 1° dal genere
e dai tempo delfaccusa, ehe disse intentata ad arte per escludere,
Seaoro dai. consolato; nel qual luogo usd di un'ingegposa finzione
per far oonoseere le secrete mene di Appio Claudio , e oppose a
Triario di aver prerogato- iaaliziosameqte U giudizio cojla presep -,
tasnyne di un solo teste { tu cpntperendinasti eum, tette prpducto,
pag. 457 )| 3° dalla qualitadei testimonii, che erauo appunto i Saidi
coutro i ouaU percid egli scagiia un monte d'ingiurie, cbiaxoandoJi
peliiti ( pag. 483 ) , Africani ( pag. 449 , 451 ), e Libifo-Femcii (a
Pawt* adm&to AfroruM generc non deduCti in Sardiniam ,
atque, ibi constituti, ted amandati et repudiati coloni, pag. 469);
tassandoli 4> tanto criminosa vanita, ut libertatem a servitMte nulla
re.oftl ,i otri menti^ndi licentia dutinguendam putent pag. 466-67);
e appoocnjdogli ad, onta , anziche a lode , «be xerooa delle citta
savde si fosse volontariamente fatta sobiava dj Boma (Quae etl enim
praeter Sardiniam provincia, quae nullam habeat amicam populo
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niSSERTAZIOIVF.
le speranze dei popoli soggetti alla romana repubblica. La
Sardegna, posta ancor essa nel bivio di obbedire alVuno o
aU'altro dei due contendenti, non stette in forse a seguire
le parti del piu fortunato. M. Cotta, che in quel tempo la
governava, non avea 1'animo abbaslanza gagliardo per op-
porsi a Cesare che voleva occuparla, ne forzc sufficientiper
resistere ai Sardi che volevano attribuirgliela. Sopraffatto
dal timore , e dalle minaccie dei cittadini di Cagliari , si ap-
prese al vergognoso parlito di abbandonare il suo seggio,
e di fuggirsi in Africa. E mentre i Pompejani speravano an-
cora ch' egli potesse ritener 1' isola sottoTantica obbe-
romano ac Hberam civitatem? pag. 470); nella quale sbrigliata
veemenza di maledire fa bensi 1'oratore qualche onorevole eccezione
(ignoscet Cn. Domnus Sincaius vir ornaHssimus, hospes et familiarU
meut; ignoscent Delicohbs ignoscent alii viri boni ex Sardinia,
credo enim esse quosdam , pag. 469 ) , ma !a stessa lode dei pochi
volge a biasimo delTintiera nazione ( aliqui , suis moribut et huma-
nitate , stirpis ipsius et gentis vitia vicerunt , pag. 470); sicche il
mal animo suo contro i Sardi si manifesta ad ogni parola, e sembra
ch'egli abbia tolto occasione da questa difesa per isfogare la propria
bile contro un popolo inoffensivo , la di cui sola colpa era quella
dl aver tratto in giudizio un pretore che lo avea iniquaraente go-
vernato; 3° dalla persona stessa diScauro, lodandone la continenza
e la poVerta: Quem purpura regalis non commovit, eum Sardorum
mastruca tentavit ? ( pag. 479 ) . . . Domus tibi deerat ? At habebas.
Pecunia tuperabat? At egebas. lncurristi amens in columnas , tn
alienos insanus insanisti. Depretsam, caecam, iacentem domumpluris,
quam te , et quam fortunas tuas aettimasti (pag. 481. - Ved. pur,
Quintil., Inst. orat., IX, 1, 4); 4° Finalmente dal medesimo delitto
frumentario, ch'egti dice supposto (nullam multitudinis in Sardinia
querelam , nullum in Seauro odium populi, pag. 457), opponendo
a Triario di non essersi trasferito sovra il loogo per conoscere il
vero , come aveva fatto egli stesso per la causa dei Siciliani e dei
Reatini (pag. 455-56-57), e di essersi contentato delle semplici re-
lazioni e della testimonianza del soio Valerio, alla quale toglieva
la fede lo stesso consenso degli altri Sardi che 1'avevano sottoscritta :
Etenim fidem primum ipsa tollit consensio , quae patefacta est com-
promisso Sardorum et coniuratione recitata (pag. 466-68). La pe-
rorazione che quindi conseguita e tutta ricavata dalle lodi degli
ascendenti di Scauro, e specialmente del sno padre Emilio , gia
principe del senato, e della famiglia Metella. Ma la perorazione pia
efflcace fu quella che fecero gli amici e i congiunti delfaccusato ,
e 1'accusato medesimo. Imperorche ra egli lodato, sl a voce che
in iscritto , da L. Pisone , L. Volcazio , Q. Metello Nepote , M.
Perpenna , L. Filippo, M. Cicerone, Q. Ortensio, P. Servilio Isaurico,
Gn. Pompeo , uomini consolari ; e il suo fratello uterino Fausto
Cornellio Sulla , il suo nipote M. Glabrione , Pnolo e P. Lentulo
figtiuoli det flamine Lentulo Negro, L. Emilio Boca, C. Memraio,
C. Aronio Limo, T. Pedoceo, C. Catone, M. Olena Scortiano, e 1»
stesso Scauro , gettatisi amilmente ginocchioni al cospetto dei giudici
e della commossa moltitudine , con voci supptichevoli e con molte
lagrime implorarono 1'assoluzione. La quale dallo sqoittinio risaltd
quasi piena e concorde, perche dei settanta votanti (cioe 99 sena-
tori , 53 cavalieri e 35 tribnni delTerario) , soli otto (4 senatori,
9 cavalieri e 9 tribuni ) condannarono Scauro , e gli altri tutti lo
chiarirono innocente.' It Severo Catone , che in quel giorno me-
morabile presiedctte al giudizio, nulla inductus tuniea, sed tantum-
modo praetexta amictus ( Valer. Maxim. , 111 , 6 ), perche correva
Testate, e tn forum quoque sie defenderat , iusque dicebat; idque
repererat ex vetere consuetudine, secundum quam et Romuli ac Tatii
iHhtuae in Capitolio , et in rottris Camilli fuerunt , togatae sine
tunicis (Ascon. Ped. ad orat. Scaur.), costretto dalla plebe imperila
e tumaltuante, tlovette poi provocare il giudizio di calunnia conrro
gti aceusatori di Scauro. E sebbene Triarionon sopportasse vernna
grave senfenza, ne riporlarono pero due contrarie ambi i Pacuvii,
e tre Lucio Mario, colpevoli di aver soscritto contro un uomo, coi
la fortttna, Ia nascenza illustre ed I meriti altrui ovevano procurtrto
ringinstfzia e lo scandalo del perdono (M. quoque Aemilius Scaurus,
repetundarum reus . . . propler vetuttistimam nobilitatem et recentem
memoriam patris, absolutus est. Valer. Maxim., VIII, 1). Lo stesso
Scauro, appena fu liberato dalCaccosa di concussione mossagli dai
Sardi , ebbe a sostenere 1'altra di broglio intentatagli dal suddetto
Triario o da L. Cesare , e ra parimenti difeso da Cicerone. Ma di
qoesta seconda orazione Talliana non ci e rimasto frammento veruno
(ved., oltr. i luog. sovr. clt. , Valer. Maxim. , V, 8. - Cicer. , D«
offic, I, 99 e 90; in Brpt. XXIX; Orat. pr» Murr., VII; Orat. pto
Fonteio , VII : Epixt. ad Lentul., 1,9). 1
A. C. H. 47.
b.c.-«s
dienzaC 1 ), viarrivava con una legione 0- Valerio (703 U. C), t.c.iU?'
ohe trevandola senza pretore, e senza difesa, rassoggettava
al comando e alla fortana di CesareW. A Quinto Valerio suc-
cedeva nella sarda pretura Sesto Peduceio (704 U. C), e o.c^i*''
nelFanno medesimo alcune navi rostrate erano spedite da *
Brindisi per tutelare i lidi sardi dalle incursioni nemicbe.
Caesar, cum dies mdecim dictaturam egisset, eaque abdieata
consulem sese novum designasset Praetores inHispaniam
M. Lepidum, in Siciliam Aulum Albimm, in Sardihiam
Sextum Peduceium ( 3 ), et in Galliam Decimum Brutum misit,
navibusque tutelaribus ab urbe Brundusio destinatis
Sardiniae insulam mumvit ( 4 ). Ma sia che queste ultime
foesero insufficienti al bisogno, o che la necessita degli eventi
)e richiamasse poi ad altre spiaggie, nel cominciare delTanno
seguente (705 U. C.) le citta littorane di Sardegna, e tulfal-
1' intorno la sua costa marittima era travagliata grandemente
dai Pompejani , i quali raccozzatisi in Africa sotto il comando
di Catone e di Scipione, e unitisi a Varo e Juba chc vi eser-
citavano la signoria, aveano intrapreso in comune la guerra,
e preparatc nella terraferma le cose a cio necessarie, infe-
stavano colla flotta i mari sardi, e via conducevano dai porti
stessi le navi, predandole delle armi e del ferro, di cui essi
principalmente abbisognavano ( 5 ).
(1) Cicerone infatti scrivendo ad Attico nel 14 maggio del 704
(U. C), diceva, utinam, quod aiunt, Cotta Sardmiam tentat! (lib. X,
ep. XVI ). Ma Cotta I' avea gia abbandonata , ed eravi m sua vece
il legato di Cesare.
(9) II fatto e riferito brevemente da Floro e da Dione. Dice il
primo: Pulto fugatoque Pomptio , (Caesar) maluit priut ortmare
provincias , quam iptum tequi. SicUiam et Sardiniam, annonae pi-
gnora , per legatot habet ( Epitom. r er. roman. , Lib. IV , eap. II ,
nom. 99 ). E il secondo : Praelerea Caesar Sardiniam Siciliamque
insulas , excedentibus praefectis earum, absque pugna oeeuparit (Hist.
rom., lib. XLI, pag. 239, edit. praed.). Ma Cesare istesso lo raoconta
piu largamente ne'suoi Comentarii: MittU (Caesar) tn Sardiniam
cum legione una VaUrium legatum. . . Sardiniam obtinebat M. Cotta. . .
Caralitani, simul ad se yaUrium mitti audierunt, nondum profeeto
ex ltalia, sua spante ex oppido Cottam eiieiunL Ille perterritut, quoi
omnem provineiam consentire inUlligeret , ex Sardinia tn Africam
profugit . . . Nactut vacuam ab imperio Sardiniam VaUrias , cum
exereUu eo pervenit (De bello ctc., I, 30, 31). Il poeta Lucano intese
accennare a questi fatti, allorche scrisse:
Bellaque sardoat etiam sparguntur tn orat ;
PhartaL, III , 64;
sebbene non siavi stata guerra , ma semplice preparativo di armi
per il caso in coi Cotta non avesse abbandonato di piano ia Sar-
degna. Onpo la occopazione delFisola , Cesare mandd a Pompeo L.
Vibnllo Rufo , invitandolo alla pace ; e fra i motivi che gli pose
avanti per indurveio , eravi pure la perdita del sardo dominio : Sati»
esse magna utrinque incommoda aceepta. ■ . ut reliquos tasus timerenL
Illum ( i. e. Pompeiom ) Italia expulsum, amusa Sieilia tt Sardinia,
duabusque HUpaniit, et cohortibus iti Italia atque Hispama ctVtum
romanorum centum atque triginta; te (i. e. Caesarem) morte Cu-
rionit et detrimento afncani exercitus tanto , msUtumque dedilione
ad Corcyram. Promde sibi ac reipublUae parcerent: quantum tn btlto
fortuna posset, iam ipsi ineommodU suU satU essenU Uac unum esse
Umpus de pace agendi etc. (Caesar., De belL tciv.j 111, 10). N&
Cesare s'iagannava nel oredere molto dannosa alla oausa pompeiana
la perdita. della Sardegna , poicbe gli stessi consiglieri di Pompeo
volevano eh'egli evitasse ■ dt affrontarsi oon Cesare in Tessaglia , •
che restituendosi con celere viaggio in Halia, riconquistasae coUe
altre qaestaimportanteprovmciaoceidenLaledellaromanarepubbiicB.
(Vid. Plotarch., tn vit. Pomp.).
(3) Di questo Sesto Peduceio parla Cicerone, sorivendo ad Attico
(lib. X, epist I), e ne loda grandemeute il senno , rassomigliandolo
ra cid al padre, del quale ricorda 1'autorita e la memoria.
(4) Appian. Alex. , De bell. civ., lib. II, edit Amsteled.
(5) Coeterum AfrUa ne prioribus quuUm temporibut Caesar amioa
usus, secundum Curionis mteritum,plane eam hostikm habuit: qvipp*
et Varus , Jubaque rerum ibi potUbantur : et Cato , Scipioque ctm '
iU qui ipsos stquebantur, eodem confugerdnt: communicatoque inter
se bello, non eonHnentemmodo terram ad id aeeommodanerant, te4
SUitiam fpuvque Sardiniamque elasse infeitabasU, naves abducebant,
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RRtHA,
59
Le ftnove, viMwie ripertete dftCesare qel 0ft»tineo^,a64-
D.c 7 N oi, 46 - (?Ofi U. £.) pwaro 4ermi»», a siffalte optiliia; e ila
S»rcle§Mt«h^ .avefa eootnbuito «i Mm emtpiipe^ deUa
guemirumMica, uwiatdoti «ttti tf noHHOi, <K navi e di
vetlovaglieO), aeeolse poi nel suo seuo il fortunato vincitore
di Tapso, mentre da Ltica Uasferivasi aRoma per ricevervi
gli onori destinatigli dal senato, e per esercitarvi colla po-
tenza delle armi la mal dissimulata tiiannide della sua de-
cennale dittatura W. 1 Solcitani »<* di altro rei, cbe di
aver somminislrato viveri e soldali a L Nasidio legato di
Poropeo, furono in tale occasione multali di cenlomila se-
sterzi, pagarono, a vece della decina, l otlava parte dei
loro rooiti, e videro il glorioso eroe di Farsaglia dtstrarre
con mani violente le private soslanze di alcuni cittadini, e
poco stante dipartirsi dallisola lasciandovi questa sola in-
grata memoria del suo bieussiroo soggiorno ( 3 ).
ila ct arina et fcrium (guo majrime indigcbanl) indc parabunt
(Dion. C.ass., Hist. rnm., lih. M.lf 1 , pag. 595, rdit. praed.V
(1) Quesli aititi erano stali riihiesti da Cesare istesso con mcssaggi
fiirmentum, .timut ati/ur littcras legisscnt , mitlenda curarrnt ( Hirt ,
De belt. afric. , VIII). La conliarielii ilei venli e tlella slagione uu
impcdi il pronto arrivp in Africa, coiue si lia dal citalo istorico:
Quarr caesariani gravi annnna sunl conflictati, idrn, quod nondum
nequc ab Sicilia, neque ab Sardinia f«inmral«< subpoi tatu.< erat,
ueque per anni tempus in muri rlazscs sinc pcriculo raguri pol"rani
(lib. cit. ,.241. Ma Diono dico. esprcssauiente. fhe.vi arrjvarono,
quamvis tarde, mullaque pcricuta a tcmpcstutibus ar hoiHbut passi
[Hut. rom., XLUl, pag- 300, edit. praed. ).
(2) Plularco scmbru acieniiaie all'approdo d.i Cusare in Sardegua
prima che discendesse in Africa per governarvi la guerra: Dcducitur
Caesarcm classe in Sardiniain Mese, cum occiduutn cJasse ingressus
Oceanuiii, perque Allanlicum pclagut ad betligirundum liansportuus
rxcrcitum, adna\igurc cocj.it (t« vjL Carsar., 71 ); e forse il Fara
ebbe riguardo alla di lui aulorila, allorche sirisse: C.uesar, qui e.v
SarOinia ai/ai/ium , cnmmealumque habuil , in Afrieam profectus
eos (i. e. poropciauos) vicit, el inde in Sardiuiam rrversus, insulam
lustravit rt composuit ( Dc reb. Sard., libr. I, pag 131 , cdit. pracd.).
Ma lo slorico della gnerra sfi icana parla solKmcnte dclta venuUi di
Ceysara aU'i6ola, dppo le sue yittorie soyra. i pojnpeiaui , e del
tragitto ch'ei fece da Utica a Ronia ( ved. la nota seguente ) : e lo
. stesso dico Dione colle seguenti parole: Caesar, hU,cottfectis rebus (i. e.
beUo africano), dimxnuque a se confestm aetate. confeelu pilitibui. . .
rcbutque » Africa quam poluil brevUiimo temporis spatio conslilulis t
qd Sardiniam usque tota classe provcctus; inde' copiit in Hispaniam
adversus Pumprium cum C. Didio missis, ipse Romam peliii, ammo.
cut» ob rerum gnitarum tflemtprein , tum wmnihH «Jwur* pb «tna-
tusconsulta de se facta elato (Hist. rom., XLIH, pag. 300). Vedasi
pure lo stesso storico al libro citato, pag. 3IC. Mcutre Cesare na-
rigava coila Oat^a vertoi U Sardegaa, e forso tnentre vi era gia
arrivato, Cicerono scriveva da Roma al suo amico Varrone: Non-
nulli dubitant, an per Sardiniaro (Caesar) veniat. Illud enim adhuc
praedium svum non vvpemH: mc uiluw habtl deltrius, ted tamen
.&» cmtemnH (£pi*t. ad diw, IX., " )• Nel quale lu#go e da
potare, ooi> seJo il mal asimo di Cicerone verso la Sardegna, di
cni si e %'tk detto abbsttaqza, ma eziaudio la finezza con cui egli
morde la potenaa di Cesare, cbiamaade 1'isola tua pesieuione %
quasi focser» di sua privat» spettanaa le provincia trawsmaripe del
popolo romano.
(3) Hii rebu» <§esH» ( i. e< bejlo africano cpnfeek) ) idibuf jun.
Uticae clastem ( Caesar) evmceuaii, et ppit dwm Urtium Carales in
Sardiniam pervenit. ibi Sufcitanos, qutjd AoMdium liutquc- claitem
receperant, capiuqu* wverarU, U£ eenUes «w((a(; et pro decumis
atlavat pmdere iubet, benaque, pemeorum vendti, et ante diem 11 1
Ital. quinetU. newet conteendit: et a Caralibaa secuntlum terram
prweetm*, duedetrieesuno dit.y co qu«4 Umpettatibui in portubut
eoMbebalur, ad urbem RomamtDenit \ Hirt. , De beU. afrie., XCVIII).
Qaindi 1'itinerawo di> Cesare fn il seguente. Net 13 gwgno del 706
di Homa (706 Varronian. ) egU feee vela da Utica; nel 17 dello
stoeao meae arriv6 a Caguari; e nel 99 givgne- dell'anao medesimo
parUi da Oagiiari per aeroa, dove awivo dopo veateUo giorni di
tempestoso viaggio. La soa fennata neU' isola fu donque di soli
undici giorni. Le saddette «Ute oorrtspondooo , secoudo 1' Usserio ,
al 14, 18 e 29 aprile, e secondo il Guischard, al 6, 10 e 21 maggio
deU'anno «iuUano protettico.
II WiBooio tra^cej-so dopo la di U|i pailenia fu vacuo per
la Sardfigaia dirpttbblici av^enime«jti ^ 4 ). ; B*a, essa rtcopparve
(4) In mancanza di fatti storici ricorderd brevemente i fatti parti-
colari dei dne sardi Fahea e Tigellio , che appartengono a questa
eta. Di eptrambi parld Cicerone in akune detle sue lettere, dalte
quati s) ricava che, essi goderano del Xavore e deila benivoglienza
di Cesare,- Tmbi*jo era nippte- di Faws^, e 1'upo- e i ; altra erano
liberti di Brnaogeae, di eai percip. pprtavanp, U npme. Non si.sa
in quat tempo precisamente andassero da Sardegiia a Roma: pare
perd certw cbe Fambi vi fesse gia molto innanri cbe Cesare vi ri
ceetititis$e, dopo axer visHata 1'isola. knperocehe M, TaUio, scri-
vendo a M. Fabio Gallo nei primi di settembre del 706 (U. &.}>)<>
caiama tuo fitmiHare (erat enim (Pbameas) mihi saue familiarii,
Efist. ad divert., VII , 24,), le che spppone una luaga cpnsuetud(iiie (
o per lo meno «na dimestichezia auteriere al ritorno di Cesare a
Roraa, ch era segoMp up, splo masp e |»paj giprni avaflti (38
lugtio 706);.p sc,rivencV) sotlp ta ste?sa fab M (pi, 49 ),
ricorda i buoni ftffiii promessigli, da F4uv«4, aUorcbe ( 688 U. C )
domaudava pen sp it cpnsplato: Hrat «mmh, (Phameas), simeminitU,
in contulatu* petipione, per tei. mihi pollicitut, ti quid opui esiet.
Kbto» *a»ea: qualehe v»te*esse, a disept*ne c«' figUuoU di G#eo
ftttaviu, P prpg» Cioprppe. 4i pafaTpcinargti fa. caus^ ^gU a«ee>td
Vincarico; m* vemitp il giorao deUa, di*pusswn*, ; pajroqinit jnvecp
la causa.di Pablio Spstio , cgi; er^ debilore della rivpcazipne del suo
esigUor Tanjto basto percjbe Famba si risentisse, e si dplesse ajia-
mente col suddelto Fabio Gallo della preferenza data da TuUip alb
causa di Sesti* Ma forse in cid non avea ragione , giacche 1'oratore
aveagli prpuerlo la sua assistppza in (vualutujne «Uro giornp, dap-
pokhe )a peceesiti lo slrjngeva a palrociuare nel gia assegnato la
causa. del swo liberatorc: Pbameae causam reccperam, ipsius quidem
causa Is ad me venU, dixilque, ittdicem sibi dare operam cm-
e&tuieie, eo ipto die, qmo dt> P.. Se&tio in eautUium iri necesse crat.
Respffndi nuilo modo me faca e potte; quem vellet aiium diem ti
mmpsiiset, ifus ei nqn defuturum {Epist. ad divert., VIL, 24). Le
stessissHne parolo sono ripetpte nella citata lettera ad Attico, peUa
quale inollre Cicorone fa conpscere phe ayea acoettato la eausu dj
Fahea eontra puero* Octavios Cu. filiot iwn libentcr. Rerd, se
Cicerone non aveva il torto, pecco certa,mente qel mpdo di giusti-
licarsi. Percbe non conlento dt raccentare U fatto comeera acqadutp
( se tale fu verameole qual ogli lo dice ), prese a viUpendere con
tale occasiooe un suo antico familiape, U di lui nipote Tkellio,
e coo essi Ja nazione cui apparteuevauo. Scrive infatti: Otim,quuni
regnare exitiimabamur , npn tam a& ullis , iquam hpc tempore observor
a familiaristimu Caetari» onmibui, praeter istum (i.e. Tigellium).
Id ego in lucris pauo non ferre Iwminem pestilentiorem patria sua,
cumq/ue addicbum iam dudum Caivi lAcinii Hipponacteo praeconifk
( epist, XXIV eit. ). E poco appresso: Ille autem ( L e. Pbamaeas )
qui tciret, se nepolem bcllun Ubicincm habere, el sat bonum can-
tvrem ,, ducessii a me,. ut mihi videbatur, iratior. Uabci Sardot
vcnqles, alium alio nequiorem. Cognotti meam eausam , et istiui
Saiacouii iniquitatcm ( Uiid. ). AUrove ancora dice; Ita tum ille
( i. e. Phamaeas ) dUcettU iratut. Puto me.Ubi narrasst. Non la~
boravi «cilicet, nec hominit, tUuni iniutUttimam iracundiam miki
curandam putavi . . . ett bellum aliquem libenter oduse; et quetnad-
modum non omnibut dormire , ita non omnibut servixe. Etsi mehercule,
ut tu inteUigit, magis mihi Uti (Sardi) serviunl, s% observare tervirc
ett ( Epitt. ad AUic. , XdH , 49 ). . TuMavia . Cmerone , p penobe non
fosse al tutto innocente verso Famea, come spspettavalp lp stesso
suo amico Fabio, (Habuit tuum negotium GaUut, ut tcribU. Ait
Ulum, me animi canscientiu, quod Pha«baeam destUuis&em, de.it
sutpicari. - Bpitt- cit. ad AU. ), o. perche temesse il risentimento
del di lui nipote, che poteva nuocergli coUa sua entratura pressp
Cesare, mentre da un canto lanciava siffatte con,tpmelie contro
persone che non lo aveano pffeso, raccomandavasi daU'altro calda-
mente a Gallo e ad Attico, accio lo rappatumassero con.Ti6Bi.Lio,
e gli facessero conoscere, se per avventura egli avesse eziandio
qualche rancore ceqtro il figliuolo del suo (rateUp Quiuto, poiche
premevagli assai cbe la sorle nascpute di quel gioyiuetto nen fosse
sturbata ne'suoi principu dalla malevoglienza di quel favorito liberto:
Amorit quidem toi, scrivpva a Fabip (b>c. cit. ) quoquo me verto ,
vetiigia: vel proxime de Tweliip. Seuti enim ex UUens tuit, valde
te laboratte. E piu apertamento, scrivendoad Altico: De Tipellio,
ti quid novi: qui quidem, ut mihi Gqllut Fabiut ifiripeU, accusa-
tionem tntendit mihi quamdam imquutimam, me 1'uameab defuisse,
quum eiut eautam recepUsem. . . Quare Ubi hactenut mando, de illo
nottro ( i. e. Quinti fiUo ), si quid poteris exquirat; de me ne quid
laboret (XIII, 49). Kgli e verp cbp con qpeste ultime.parole Tullio
voleva far credere ad Attico pbe per sp stesso nulla tempva o curavasi
di Ti6Ellio, lo cbe purpripete in un allra lettera dello stesso mese
ed anno ( mtror te nihildum cum Tipeluo , vel ul hoc ipsum, quantum
accepcrit: prorsus aveo tcire, nec tamen flocci facio.-Eput. ad AUic.,
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DISSERTAZIONE
U)8to nel roondo politico sotto il triamvirato di Ottaviano, di
Antonio e di Lepido (709 U. C), nel qnale le toccb di
obbedire al primo e piu fortunato di quei tre ambiziosi con-
XUI, 50); roa poi mcalzando scmpre il bisogno, e tormentandolo
1'incertezza, terminava per dire chiarainente allo stesso Attico, cfae
sfava molto irrequieto neiranhno per non sapere ancora quali fossero
snlTaflare in discorso i pensieri e le inclinazioni di Tigbixio:
Tigbllicm totum mihi, et qvidem quam primum : nam pendeo animi
(Epist. ad Attic., XIII, 51 ). Non fu perd Cioerone il solo nemico
del nipote di Famba. Anche Orazio diraostroglisi avverso, sia cfoe
invidiasse il favore, di cni egli, dopo la morte di Cesare, godeva
nella casa di Ottaviano, sia che si risentisse della liberta con cui
quel liberto avea censurato i suoi versi. In una infatti delle sne
sallre lo mette nel novero di coloro che lo biasimavano per aver
giudicato sfavorevolmente delle poesie di Lucilio:
Mcn' moveat cimex Pantilius? aut erveiet, quod
Vellicet absentem Demetrivs? avt quod ineptus
Fannius Hbbmogbnis laedat conviva Tigelli?
Lib. I, sat X, v. 78 e seg.
E per tal motivo non lascia mai trascorrere roccasione di motteg-
giarlo, ora chiamandolo il bello ed azzimato Ermogenb, ignaro al
tutto dei buoni antori della commedia antica ( quos neque pvleher
Hbbmogenes unquam legit; sat. X cit, vv. 17 e 18), ora Ggurandolo
cbme un poeta da trivie, ehe spacciasse pe'portici e per le bolteghe
il proprio sapere :
Nulla taberna meos habeat, neque pila, Ubellot,
Quaeis manus insudet vulgi, Hkbmogbhisqhe Tigelli,
Sat IV, lib. I, w. 71 e 79,
ed ora mandandolo a guaire sulle scranne delle sue Salmaci ascol-
tatriei (teque Tigblli, Discipularum inter iubeo plorare cathedras,
sat X , lib. I, w. 90 e 91 ). Non pertanto lo stesso Orazio confessa
in alcuni Inoghi di detle sne satire, che Tigellio fu musico e cantore
eccellente, nel che si arcorda con Cicerone, il quale, come si e
gia veduto, lo chiama bellum tibicinem ... et sat bonum eantorem.
Cosi nella satira III, lib. I, vv. 139-30 si legge:
Vt, quamvis tacet Uebmogenes, cantor tamen atque
Optimus est modulator.
E nella satira IX, lib. I, vv. 54 e »5 fa dire alPimportuno raillan-
tatore che incontrollo nella via sacra, esser egli s) buon cantoro
da farne disperare lo stesso Hermogene (. ..invideat quod ctllF.R-
mogenes , ego canto). Sebbene poi il Venosino, bezzicando coII'ar-
guzia de'suoi sali la vita e i costomi di Tigbllio, Io dipinga qual
uomo strano e discorde a se stesso, tuttavia non pud disconoscere
che fosse eziandio di acuto ingegno, di schietto carattere e di
benigna natura, e soprattutto che fosse assai generoso e liberale.
CA6 si ricava dai due luoghi medesimi, nei quali egli parld d'
proposito di Tigellio e de'suoi vizi ; ed io li riporto qui per intiero,
accio il discreto lettore , sceverando la veritJ dall'esag erazione della
satira, possa portarne quel giudizio che sembreragli piu giusto e
piu temperato. Nella satira II del libro I il poeta suppone che
Tigellio fosse gih morto, e quindi, meltendo a confronto la sua
liberalita colla grettezza di tali avari, che temeado il norae di
sciuponi, avriano U coraggio di niegare aU'amico ignudo e famelico
un cencio e un tozzo, prende a dire che
Ambubaiarum collegia, pharmacopolae ,
Mendici, mimae, balatrones, hoc genus omne
Maestum ae sollicitvm est cantoris morte Tigelli:
Quippe benignus erat.
E nella satira III del libro I , ricordando il modo tenuto dallo stesso
Tigbllio , sia nel vivere che nell'iroprowisare i suoi versi, ne fa
<{uesta festevole dipintnra:
Omnibus hoc vitium est cantoribus , inter amicos
Ut nunquam inducant animum cantare rogati;
Iniussi nunquam desistant. Sardls habebat
Iile Tigellius hoc. Caesar, qui eogere posset,
Si peteret per amicitiom patris atque suam, non
Quicquam profkeret: si colHbuisset, ab ovo
Usque ad mala citaret, Io Bacche! modo summa
Voce, modo hac, resonat quae chordis quatuor ima.
Nil aequale homini fuit illi. Saepe velut qui,
Currebat, fugiens hostem, persaepe velut qui
Junonis saera ferret; habebat saepe ducentos,
Saepe deeem servos; modo reges atque tetrarchas,
Omnia magna loquens; modo, Sit mihi mensa tripes ct
Coneha salis pvri, et toga quae defendere frigus,
Quamvis erassa, queat. Deeies eentena dedisses
ffuic parco, paucis contento: quinqve diebvs
Nil erat tn loevlit. Noctes vigilabat ad ipsum
Mane; diem totum stertebat. Nil fuit vnqvam
Sie impar sibi.
giuratori. I patti deU accordo, con cui i isoia fu cedula al
nipote «d erede di Cesare, «ouo riferiti da Appiano Met+
sandrino: Caesar cmsulatum m reliquam anni partem P.
Veniidio cedat. Tres «tri reipubkcae constiluendae per qwn-
quennium sinl <*), emmque magistrattm Lepidus cum Ankmio
ac Caesars conmlari poiestate gerant ; iidemque confestm m
istud quinquetmium magislratus urbanos detignmt: m his
neque semtus auctoritate, neque populi iussu sit opus; pro-
vmcias ssotsim Lepidus Hispaniam omnem cum Nariionemsi
GaUia; caetera Galliarum cUra et ulira Aipes Antenrn;
Africam vtwmque, Sardiiuam acSieiHarn Caesar ohlinetU&h
Ne diverso e il racconlo lacciatone da Dione, i\ quale ne
riferisce minulamente il luoflo e le eircostanze: Cangnssi
mmi aulem (Antonius, ( acsar et Lepidus) ad colloquium in
itmila r/uadam ejtts fluvii, qui praeler Hononiam labitur , cum
aequo numero militum, nemine praeterea praese
ab iis quos seeum eo adduxerant digressi, postquam
allerum exenssisset, ne quam sub ala siccam portaret, sum-
missa quaedam rocc collocuti sunt, quorum summa erat, de
dominalionc sibi confirmanda, ac inimicis delendis, coniuratio.
i\c vero palam leium summum ad paucos se omnem leduccic
veUe viderentur.... ita intev eos contenit, ut publice quidem
ipsi tres constituendis adtninislrandisque rebus praeficerentur,
idque non in perpetuum, sed in quinquennium privatim
autem, neve viderentur omnes provincias sibi ipsis arrogare
veUe, Caesari Africa utraque, Sirdinia, et Sicilia, Lepido
Hispania omnis, ac GaUia Narbonensis, Anlonio reliqua omnis
Gallia quae cis ac trans Alpcs iacet, trfbuereturW. Ottaviano
fu sollecito ad occupare con due legioni l allribuitagti pro-
vincia ( 4 ), ma Sesto Pompeo, figlio del grande di questo
nome, chc possedca la Sicilia, e comandava ad una flotta
poderosa ( 5 ) , non fu meno pronto a ritorgliela colla fbcza
prepondcrante di quattro legioni guidate da Mena o Meno-
doro libcrto suo (°): sicche, dopo la baltaglia di Filippi,
quando Cesare e Antonio si divisero nuovamente il comando
esclndendone Lepido (710 U. C.) , furono solamente tratte
in sorte la Spagna, la Numidia, la Gallia e 1'Africa, percbe
Sesto riteneva per ancbe la Sardegna e la Sicilia ; quod
Sardimam, Siciliamque Sextus adhuc tenebat ( 7 ). Per6
Cesare essendosi offerto a far la guerra conlro Seslo Pom-
peo ( 8 ), riconquist6 per mczzo di Elcno suo liberlo il potere
che avea perduto nell' isola ( 9 ); e poi nella pace di Brindisi
(1) Da una iscrizione riportata dal Grutero (pag. 998, n. I), in
cui, dopo i nomi dei triumviri, leggesi; EX A. D. V. K. DEC. AD
PR. K. IAN. SEXT. , ( cioe ex ante diem qvintvm halend. decemb.
adprimum kalend. januar. sextas, come interpreta riTsserio, Annal.,
pag. 498 , edit. Genev. ) , si rileva che il quinquennio del triumvirato
ebbe principk» nel 97 novembre del 709; e cbe doveva dorare flno
al 1° gennaio del 715 di Roma.
(9) De bell. ek>., lib. IV, pag. 953, edit. Amstelod.
(3) Histor. Rom., XLVI , pag. 441, edit. praed.
(4) Appian. Alex. , De bell. civ. , lib. V.
(5) Dion. Cass., Histor. Rom., lib. XLVII, pag. 451.
(6) Pompeivs perlibenter Menodorum cum valida classe, et quatuor
legionibus misit in Sardioiam, quae tum erat Caesaris; ubi duas
legiones in suas partes pertraxit, attonitas metv eonivrationis eius
cum Antonio. ( Appian. Alex. , lib. cit. ).
(7) Dion. Cass. , Hist. Rom., lib. XLVIII, pag. 480 - Anche in
Floro si legge: Sublatis percussoribvs Caesaris, supererat PompeU
domvs. Alter iuvenum in Hispania occiderat, alter fvga evaserat:
contractisqve infelicis belli reliqviis, quvm insvper ergastula armasset,
Siciliam Sardiniamque habtbat (Epit. rer. rom., IV, 8).
(8) Dion. Cass. , ibid. - Appian. Alex. De bell. civ. , lib. V ,
pag. 1196, 1197.
(9) Appian. Alex., De bell. civ., V, 144. Di questa ricuperazione
A.C.
c.c.
N. 4*.
•/IO.
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peima.
6i
&«* oro Anluaio (712 U. C.) ettoane speeiabneole aelU
nuova divisione deirimpero, colla Dalmazia e la SpagBa, la
GaUia eziandio e la Sardegna: tum Caetari Sardima tt
Dahnatia, Bispaniaque et GaUia.... adtcriptae stH?/0).UdM
l acoevdo dei due triumviri, Pompeo esromwealVaNitto Mena
di ricuperargft #1 perduto dommio, e d* infeslare con una
porzione deHarmata navale qneMo dei suoi nemici. Cdstui
travaglie prima in pareoefai taogbt rEtruna, e poinavigando
nei mari sardi, discese neUMaola, e venne a couflitto con
M. Lurio, cbe la reggeva a noroe diCesareJFu perdenle
nel primo incontro; ma rrvoltatosi dMmprovviso- contro i
cesariaui che soonsigliatameale 1'inseguivano, riparo la vit-
toria, e costrinse Lurio alla fuga. Lisoia tutta « arrese
aliora spontaneamente al vincitore, e Cagliari, ehe volle
resistere, fu proutamente espegnata (742 U. C). Lastuto
Mena profilto di questa occasione per cattivarsi la>benevo-
glieuzadi Cesare, poichefrai prigionieri che egli-mand6 via
liberi senza prezzo di riscatto, eravi anche il suddetto Eleno
moito caro a Ottaviano, presso ir quale preparavasi in tal
modo uno scampo , qualora nei fuluri ed incerli casi della
guerra civile »e abbisognasse : Pompeius oertior fachu
de eorum (i. e. Caesaris et Antonii) pactione, in Siciliam
reversus, Menae liberto suo, quemplurimi faciebajt, imperavit,
ut cum classis parte circumvectus kostium ditionem infestaret.
Menas, Betruria kaud leviter vexata in Sardiniam
navigavit, ibique cim M. Lurio insulae praefecto eonfligens ,
primo pulsus est; deinde inopinato conversus in hoslem in-
considerate insequentem, victoriam recuperavit, insulamque
Lurio cedenteoccupavit, deditionecaetera, Aradin ( 8 ) aulem
( quo ex pugna complures confugerant ) expugnatione. Captivos
cum alios, tum Belenum Caesaris liberlum, eique maxime
charum sine pretio redemptionis dimisit, beneficium hoc multo
ante apud Caesarem deponens, et perfugium sibi, si res.ila
ferret , apud eum praeparans ( 3 ).
La perdita della Sardegna fatta dai cesariani, e le scor-
rerie colle quali la flotta di Pompeo infestb la costa marittima
d'Italia, produssero in Roma la carestia, c quindi i tumulti
popolari ( 4 ). Questi audarono siffattamente crescendo, che
costrinsero Cesare ed Antonio a trattar di pace con Sesto ( 5 ).
t.c.-lj! 9 ' E la pace fu fiualmente conchiusa (713 U. C.) ncl capo
Miseno, in virtu della qnale dovea 1'isola per un quinquennio
obbedire a Pompeo. Tandem, dice Appiano (*), instigantibus
Mucia matre, luliaque uxore, rursum hi tres (i. e. Caesar,
Antonius et Pompeius ) convenerunt in veterem quemdam ag-
gerem mari cinclum, undique colhcaiis circa eum in statione
navibus cum satellitio , ubi his conditionibus transactum est.
della Sardegna lascid ricordo lo stesso Ottaviano in quelta parte
del suo testamento che ci fu conservato dalle Tavole Ancxrane ,
netle qnali si legge: Siciliam et Sardiniam oeeupatat bello tervili
reciperavi (apud Chishull. , Antiq. asiaL, edit Lond., 1758).
(1) Dion. Cass., Hist. Rom., lib. XLVIII, pag. 500. - Ved. pnre
Plutarch., tn Anton., pag. 939.
(2) Deve leggersi Cabalin.
(3) Dion. Cass., Hut. rom., Hb. XLVHI, pag. SOl e 563.
(4) Dion. Cass. , lib. cit E lo confenna Orosio colle segnenti
parole: Converrus in latrocmia (Pompeius), omnem oram Italiae
eaedibus rapinitgue vastaviL Sicilia praerepta , commeatibus impeditis,
Romam fame affeeit (Histor., lib. VI).
(5) Henodoro perd consigliava Sesto a non acceUarla, e scriveagli
da Sardegna: Gerendum bellum, aut certe ostenlandum esse , donec
fame prematur Italia; nam altero tnodo victoriam, altero condiliones
sallem aequiores sperari posse (Appian. Alex. , De bell. eiv., lib. V,
pag- 711).
(6) Dc btll. civ., lib. V, pag. 1139 e scg.
Vt pace terra mariqut reddUa , nagaiiationex m&quam impe-
Hreniur. Potnpeius «x omnihus Italiae iocis pratsidia deduceret,
ntc amphus fugiatos reciperel, neve naves suas tn littoribus
Itatine-. siare permiiteret: imperaret Sardiniae, SiciUae,<
Corsicaeque et caeteris, quas tunc habebal, insulis, tot annis in
quol Antonio, Caesariqtie prorogatum fuerit Qnperium: milte-
retque liomano populo frumentum jam dudum debitum, quin et ' ' '•!
Peloponnesum, ultra diclas insttlas acciperel: absens consulalum
per quetnlibet amicorvm gereret, et ascriberelur in ponlifictim
collegium. Ilis Pompeio concessis , reditus paleret nobilibus
exttlibus, exceptis conjuratis , damnalis judicio publico , pro-
fiujis bona erecta ad assem resliluerentur, exceplis mobilibus.
Proscriptis vero qttarta pars. Utque iis, qui sub Pompeio mi-
lituruiit, scrvis qttident libertas esset praemium; ingemis vero,
posl peracta stipendia persolverenlur eadem praemia, quae
veteranis Caesaris et Antonii. Hae tttm pacis leges, qttas con-
scriptas obsignalasque in urbem iniscrunt , adservandas vesla-
libus
La slessa cosa e riferita da Dione, il quale inollre descrive
i particolari tulli di quel famoso convegno. Ecco le sue paioW
Ceteterum cum Sexlo Pompeio primum de conditionibus pacit
futurae per socios actum est: deinde vero apud Afisenum
Caesar et Antonius cttm eo ad colloquium venerunt, cum ipti
in continenti starent, Pompeius autem in aggere quodam cir-
cumfluo in mari ad hoc ipsum congesto, qu» tutior tsset. Aderat
autem ipsi universa sua ctassis , iUis emtem petfestres omnes
copiae: ila quidem, ut hae in terra, Pompeiani autem in na->
vibus armati astarent : ut vel ex hoc perspicuum omnibut etset,
eos metu adversae partis virium, ac coaclos illos quidem a
populo, Pompeium vero ab his quos secum haiebat, pacem
composuisse. Eius vero pacis hae fuerxmt conditiones: fugilivis
dari libertalem, exulibus omnibus, Caesaris percussoribus e^
ceptis, redilum (hiautem exeipiebantur , quamvis korum etiam
quidam restituti sttnt, ac ipse etiam Sextus ititer eos numeraius
fueral) cum impunitate , et quadratite bonorum suorum , quae
publicata fuerant, atque horum quibusdam tribunattts plebis ,
praeluras, et sacerdolia tribui: ipsum vero Pompeium con-
sulem creari, et augurem, ac ex facultatibus paternis ei reddi
septingenties sestertium : qttinquennale ei esse imperium in Si-
ciliam, Sardiniaju, et Achaiam, ita ut neque fugitwos
reciperet, neque naves atias pararet , neque easteUa tn Ilalia
obtineret, sed pacem eius in mari ipse tuerelur, ac certam
summam frumenti ad urbem mitteret: id vero tempus ei prae-
scriptum fnit, quod ipsietiam volebanl videri, non perpetuam,
sed certo tempore definilam potentiam habere. His eompositis,
ae conscriptis, literas huius pactionis apud vestales virgihes
deposuerunt, ac deinde dextras mutuo iunxerunt, seque oscu-
lati invicem sunt ( 7 ).
11 tradimento di Menodoro, che cambiando spesso di con~
siglio e di fede tolse 1'isola a Pompeo (71 4 U. C.) per darla *• c-"; 3 »-
a Ccsare ( 8 ), e poi, abbandonati i vessilli di Cesare (7 1 5 U. C), *• °- J 7-
(7) Hi»t. rom. , lit. XLVUI, pag. 505 e 506.
(8) La cosa e narrata da Appiano AJessandrino ( De beU. civ. ,
lib. V ) in questo modo: Eo tempore Philadelphus Oetaviani libertus,
qui ad frumentum in urbem convectandum ierat, ubi erat Menodorus
accessil, cui amicissimus erat, eique rem posse confidere cognoscebat,
suasitque illi, ut relicto Pompeio, ad Octavianum transiret; poUicens
ei ex parte ipsius Corsicam ei Sardiniam cum tribus legionibus. Ma
Dione la racconta diversaraeirto , e aggiunge molte altre circostanze
omesse da Appiano. Ecco cora' egli scrive : Menas cum adhuc in
Sardinia prattoris loco esset , in suspidonem Pompeio venerat ,
propterea quod Helenum dimisisset, ae cum Caesare eotloquutus
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62
DISSE&TAZIONE
toraoa nailitete sotto *e»pea W,. petpriberteusgtei wwva-
mente (*), sicoome rendettero van» la pace, cosl posenoi la
Sardegna oeHa du»i»ima condizrorie di nen sapene a quale
dei due dovesse fiialmente obbedire.Ma Ottavtan^ la lolse
preato da siffatla in«»teiza^ potobe,, fttgeto prina: Seslo
Pompeo (7*7 D. C), e pot debellato Anlonio (?)nellafa?
mosa batlagba. d izio (124 U. C.) r tutto a se trasse con
valorosa forluna il contrastato domtnio del *vasto moudo ro*
mano. Allora TUoia divento stabilme.nte di Cesare (*), il quale
A. C. N. 35.
U.C.7I7-
A.C. N. 3i.
U.C. 7»i.
V
fuisset: huie aeeedebant eiuidem conditioriit hominum calwuniae ,
qiH Menae potentiam invidebant. 1$ igitur, cum eum Pompeius, utde
adminittrtaime frumenti ae peeuniae sibi ratione» nddtret , «oocaret,
dicto audient non fuit, led mitsos ad te necavit; praemissisque ad
Caetarem qui de pace agerent, te et insulam cum cfatse et exercitu
ti tradMt ( Mitt. rom., XLVIII , pag. 513 ). Eppure qu«sto vilbsimQ
traditore, che avea censigtiato Pompeo di dav mopte- a, Cesare e»d
Antonio, roenlre come amicigli accoglieva entrambi a convito nella
sda nare (Dion. , lib. cit. , pag. 508), e che ora vendeva a Cesare
la fede giorala a Pompeo, ottenne da Ottaviano gli anelli d'oro,
e fo da loi onorato, ed ascritto alPordkje equeslre, come rifierisce
il suddetto Dione: Caetar Menam libentitsime accepit.. .neque dedit
Ptmprto postulanli, et magno intuper tn htmore habuit, et in
tquestrem ordinem adteriptit ( lib. cit., pag. 513). Tanto e vero che
gli ambiziosi non fanno differenza tra I' onesta e 1'infamia, se nel-
Funa o nell'altra trovano Tutilita propria e i mezzi di conseguire i
loro flni politici.
(1) Menas, homo natura fidei ambiguac , ac temper felieiorit parles
potiores habens, cum praeterea indignv ferrel nutlum sibi proprium
ftee imperktm, sed Sabino te' este tubiectum,- iterrim ad Sexlvm
Pompeium iraiufugit (Dion.y Hitl. rom., lib. XLVIII, pag. 590-91).
(9) Ci6 accadde Jiel 716 di Roma, dopo Ja tempesta che assali la
flotta di Cesare oltre fl prorhontorio di Palinuro. E fo tanta Tim-
portania di questa ribelltone , che senza la medesima Cesare avrebbe
intraprcsa indarno la spedizione contro la Sicilia, come lo dice il
gia citato Dione: Quod nisi Menat iterum venia et aliis pollicila-
tkmibus quibusdam adductut ad Caesarem detcivittet , receptisque
tiut triremibut, quae te a Caesare ad ipsum transire limulabant ,
omnem cui praeerat clatsem prodidisset , frustra utique tunc etiam
Caesar eam navigationem instiluerat (Hisl. rom., lib. XLIX, pag.
599). La causa poi di essersi Mena ribellato nuovamente a Pompeo,
fo perche egli non si serviva di lui per far la guerra contro Lepido ,
ed in tutti gli affari io leneva per sospetto. Ne gli accadde diver-
samentc con Cesare, il quale, sebbene lo accogliesse per Ia seconda
volta con sommo piacere, non gli ebbe perd piu per,l'avvenire fede
veruna: Menae autem ut defieeret a Pompeio cauta fuit, quod it eum
neque ad bellum contra Lepidum gerendum adhiberet, et in omnibut
negotiit tutpectum haberet. Caetar Menam dtnuo lubentissime recepit,
ita tamen ut nullam ei deinceps fidem haberet ( Dion. Cass. , lib.
cit. , ibid.).
(3) Nella guerra conlro Antonio ta Sardegna non fo 1'ultima ad
aiutare Cesare ; e Dione la nota tra le prorineie cbe forono sol-
lecite a somministrargli soccorsi . . . Caetarem Italia omnis. . . GalUa,
Hitpania, Illyricum, Africa Sardinia , Sxcilia, ac reliquae insulae
pratdiccis territ continentibut ticinae adiuvarunt (Hist. rom. , L.
pag. 559). Cid accadde, secondo Dione, nel 739 (Varron. ) cor-
rispondente al 790 (V. C. ) dcll'era Catoniana.
(4) Dico stabilmente , perche sebbene Cesare fosse gia padrone
della Sardegna Gn del 717 di Roma, cioe dopo la foga di Sesto
P.C.K.6.
la riteaa» prima Mtte il «uo impero/ 5 ), e pciiJ* rentitui aA
sevato colte altre pronriocBe n»n fortir (*86 U- G.}, nm» ttU-'
kantto a^e ,s<es60 c«tle piiipolentt iV «onjando 4ette an»ii a
det sDldatU 6 ). „ . » .. , ....
II governo imtelle del senat» servo «d iterme flraMo ai
Sardi trenta e fim anni di pftce^: di siletito 9 *• m*ri& ( 7 >;
e solamente nel declinare oVll imperQ di CHtavlano si trova
in.Oioue.v4be la Sardegna fu »olesUt»,dalle scofiiTO.dei
corsari (?. C. N. 6 ) v o chd pewior fu govenwaa per ak»n
tempo da soldaii e da presidi ta-aitiidairordme.exiuestfe, anti
che da senato», gia mabiiiipermoUeiza e pec ozio a soste-
nere te militeri feltcbe: Ebdem tempora mullahelUt extitertmt.
In tnuJtas regiones a pratdanibtts sunl «tcwrsmes fa&ae, ilQ
ut SuRbiNtx feraliquot amosuulhtm semtorem prtefeetm,
sed milites et duces equites habuerit ( 8 ), Gli ajfvenimeiUi po-r
sterioriidella sloria sarda som aasai rari, e 4i ne#su** e
poca imporlanza ( 9 ). II eupo e feooefe Tiberio fece dell isola
Pompeo dalla Sicilia, tutlavin non.potevadirsene padrone assokito,
essendo ancora incerto .il risullamento delinitivo delle sue rivalita
con Antonio. Egti non pertanto considerava da tat tempo 1' woh
codm s«a; e narra Svetonio che avea divisato dt irMterirviei to
penena, ma che- glielo impedirono le continue e smisurate tem-
peste: Nec ett, ut opinor, provincia, excepta dumtaxat Afrita et
Sflrdinia, quam non adierit. In has, fttgat» Sexto Pomptio, traiicsrt
ex Sicilia apparatUMn contmude *t immodicae tempattatei inhibuerunt,
nec mox' occasio aut causa traiiciendi fuit («n Octdv. XLVIl).
(5) Se ne ha fa prova nelle gia citate Tavole Ancirane , nelle quaK
sta seritto:, htraoit m mea vtrb» tota Itaii* sponU tua, M «m pra
victit ducibus ducem depoposdt. luraverunl in eadem verba Galliae,
Hispaniae , Afiica', Sicilia, Sardinia. («p. Chishull., oper. cit. ).
(6) Hac arte Caesmr . . . infirmiores- . . . «Wfe aWibitil, ptttnHortt
provincias . . . tibi retinuit . . . Sub eo praetextu ( senatum ) vert
inermem imbellemque efficiebat, el ad se tolum arma militetque
trantftrebat. Hac de causa tenatui populoque Africa, Numidia,
Asia, et cum Epiro Graecia, Dalmatia, Macedonia , Sicilia, Creta,
Africa, Cyrenaica , Bifrynia cum Ponto finitima , Sardinia atque
Hispania Baelica adscriptae sunt ( Dion. Cass., Hist. rom., lib. LIH,
pag. 659). ' ' • i
(7) Siccome nel periodo di tempo corso dal 795 al 758 di Roma
ebbe luogo il grande avvenimento della nascila di N. S. G. C, che
da taluni e collocato nel 750, e da altri ncl 759 ( V. C. ), percid
quindi innanzi noter6 gli anni secondo il computo delTera cristiana,
segnandoli colle iniziali P. C. N. (post Christum natum).
(8) Dion. Cass., Hist. Rom., lib. LV, pag. 937-38.
(9) Essendo cessato sotto 1'impero di Ottaviano il dominio reale
della repubblica romana , ed avendo avuto principio per la Sardegna,,
come pel mondo intiero, la nuova era di pace e di redenzione.,
stimo qui opportuno di prcsentare ai lettori la Sehie dei Pretori,
Prorpretori, Consoli e Proconsoli che goveroarono 1'isola avanti
G. C. , e dei Qnestori e Legati che vi forono mandaU da Roma
nell' istesso periodo di tempo , riserbando ad altro luogo di questa
stessa opera la Sbbib dei Prosidi, Proconsoti e Procuratoci del
Cesari, che vi ebbero comando e pubblico ufBzio dalla nascita di
G. C. in appresso. E seguendo 1'ordine osservato nelle precedcnti
narrazioni, notero gli anni dalla fondazione di Roma (U. C), e<t
avanti l'era volgare ( A. C. N. ) (*).
(*) Gti spazi stgnali con punlini nel prestnte quadro dinotano gli anni, ne' quali , per mancanxa di monumenti, non si conosce quali siatio
stati i Pretori o Consoli che abbiano govertiato la Sardegna.
Anni
A. C. 1«.
99«
995
V. c.
596
597
Num.
tlei
Prelori
Nomi
dei
Pretori, Pro-Pretori, Consoli e Proconsoli
M. : Valerio , Pretere . ,
C. AtiHo, Console (<i)
917 . 535 3 A. Cornelio Mammula, Pretore
91« 58« Lo stesso, Pro-Pretore
915 f 937 4 Q. Mucio Scevola , Pfetore
(a) La lacuoa esisteple tra il govemo di C Atilio e di A. Cor-
nelio Kanmala deriva dal stleozio di tatti gli scritlori antichi sopra
i goveraaBli della Sardegaa. Qnindi io iocliao a credere col Fara
Autori e Monomenli
che
ne provano Vesitlcnsa ed il tempo
Sotin., Polyhist., XI.
Supplem. Liu., XX, 36.
Liv., Hitt., XXII, 95; XXIII, 91.
«. ibid., XXIII, 91.
Id. tWd., XXIII, 34.
(De reb. Sard. , l, 191) che in talc intcrvallo di lempo il rcggimcDto
delle cose sarde sia stato affidato anno per anno ad uno dei consoli
pcr causa delle frequenli ribellioni degl isolani.
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PRIMA.
una terra di esiglio (0; e vi coBfioo q**4lro mHa segaaci
P.C.H. i». deUesaperstizioBiegizie,edeUareligionegiudaica(P.C.N.49),
p. c. n. ,,. reputando vil danno , se per V inclemenza delle stagioni e' per
la gravita del cielo vi perissero W. Altri esuli, ora illustri,
(1) CS6 si ricava dalTeditto, con cui Tiberio mandd (P. C. X. 19),
che niuno di qaelli, ai quali era stato interdetto Foso dell'acqua
e dei fuoco, potesse stare nei continente, e neppure in veruna
isola che non fosse distante cmqnanta mlgiia dalla terraferma , ad
eccezione perd delle isole di Coo , di Rodi , di Sahdegna e di Lesbo :
quod permulti extorret, alii extra loca in quae expotiti fuerant
vertabanlur, aUi in iit iptit delieatiut vivebant, edixit ne quit
eorutn quibut dqua et igni esset interdietum, in continenU, aut
intula ulla niti guae quinquaginta millia patsuum ab eontinente
ditlaret, excepta Coo, Rhodo, Sardinia et Letbo degeret (Dion.
Cass., Hitt. rom., lib. LVI, pag. 769).
(9) Sopra cio e divolgatissimo il testo di Tacito: Jctum et de
taerit aegyptiit iudaicitque pellendit: faetumque patrum contultum,
■ «( quatuor millia libertini generis, ea superstitione infecta, quit
idonea aetai, tn insulam Sardiniam veherentur » , coereendit ilKe
latroeiniit, et,tiob gravitatem coeli interiitent, tiledamnum (Annal,
II, 86 ). Anche Giuseppe Flavio lascid nelle sue Anlichita giudaiehe
il ricordo di questo esiglio ; e Seneca lo accenno in una delle sue
epistole. Dice il primo : Tiberiut iubet Roma cunctot iudaeot excedere.
Consulet autem quatuor millia ex iudaeii mUitantet miltunt in Sar-
dorum insulam: plurimot autem ihilitare nolentet, propter legii
paternae cuitodiam, tormentit affecere (Antiquit. iudaie., XVIII, 3).
Ed il secondo: Hii intUnclut abttinere dnimalibut boepi; et, anno
peraeto, non tantum facilit mihi eraf contuetudo , ted dulcit
Quaerit quomvdo detieirim? In Tiberii Caeiarit principatum iuventae
temput inciderat: alienigetta tum tacra movebantur: et inter argu-
menta tuperslitionit ponebatur animalium quorumdam abstinentia
( epist. CVIII ). Racconta poi lo stesso Seneca nella citata lettera ,
come p6r timore di essere calunniato qual seguace delle supersti-
zioni giudaiche, e per le ammdnizioni del padre, torno a far uso
ora scellerati vi andarono jfr vi moriroho sotto 1 impero di
Nerone, tra i quali la storia ci ha conservato i nomi di G. p-cn.u.
Cassio Longino, ecceHente ginreconsulto , ; e prmcipe della
delle carni, repotate knmonde dagli ebrei. A qoesta medesima
proscrizione si riferiseono doe luoghi di Svetonio e di Dione, m
uno dei quali si legge: Bxternat cerimmiat, aegyptiot iudaieotque
ritut competeui Iudaeorum iuventutem, pertpeeiem taeramenti,
in provineiat graviori* eoeli dittribuit ( In Tiher., XXXVI); e«nel-
1'altro: porro Tibtriut ... reUqyot omnet attrologot, magot , aut
quieumque alio quopiam modo dvnnationet exereerent, exterot netavit}
cives .... extorret egit {Hittor. rom., LVII, pag. 799) ; e vi si riferisee
eziandio un passo notevolissimo di Pilone ebreo ( Legat. ad Caium,
pag. 1016, edit. Franeorart. ), in cni e asoritta a Seiano tutta l'o-
diosha deU'editto contro gli ebrei , e si raecouta da detto scrittore,
che dopo la morte di quelPempio ministro, Tiberk» mandavit om-
nibut provineiarum praetidibut , ut oppidatim huic genti ( i. e.
indaeis) pareerent, exceptk eonteiit , paucit admodum. AgU ebrei,
ed ai seguaci delle superstizioni egizie confinati da Tiberio in
Sardegna sembra potersi ascrivere la erezione del tempio d' Iside
e di Serapide, che fino ai tempi romani esiateva nelTisola di S.
Antioco (antica Ekosin di PHnio, Hitt. nat., III, 13), e che in
anno incerto fu restaurato da Marco Poreio Primigenio Uberto di
Marco, e maestro dei lari augutti, in occasione cbe Marco Porcio
FeUce e Marco Porcio Impetrato, figUuoIi eritrambi del suo petrono,
furono designati dai decurioni di Solci qaartumviri eolla podests.
edilizia. Cio si ricava dalla seguente importantissima iscrizione (*) ,
dalla quale appare eziandio che U liberto Marco rifece a proprie
sue spese i simulacri , e rinnovd I'ara e gU oroamenti di qnel terapio.
TEMPL . ISIS ET . 8KRAP . CVM .
8101(18 . ET . OBNAM . BT . ABBA .
OB . HONOB . M . M . PORC . FRLICIS .
KT . IMPBTBATI . f . 1111 . V . A . P . Dft .
U . POBC . M . L . PBIMIOeHj» .
mag . lab . avg . nettauravit .
(*) Fu tcoperta nella suddetta iiola Ji S. Antioco fra le rovine deWantica SoLCl; e quindi acquiuata ttal dotto prefuiore Giaomo Keyier di
Norvegia, ehe viaggiava net 48t7 in Sardegna. Egli la feee tratportare a Danimarca , e la donb al chiariiiimo Munteri, il auaU la potsedeva
ancora ncl ISi9. rrima perb che un si egregio manumenlo di antichita fottt tolto ai Sardi, per etsere donato agli stranierx , il cav. Alberto
La-Marmora , btnemerito atsai deWiiola pet le sui dotle fatiche , ne cavb un getto, e lo mandb aWabate Cottanzo Gaxtera, il guale ne fece poi
meniione nel tuo Decreto di Patronato e Clienlela della Colonia Giulia Augusta Csbllis (ved. Memorie della Reale Accademia delle Scienxe
di Torino, tom. XXXV, pag. 15 e seg.).
Mum.
dei
Pretorl
A. C. H.
D. C.
914
538
913*
539"
919
540
911
541
5
910
549
6
909
543
1 7
308
544
907
545
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546
9
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547
10
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11
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19
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901
551
13
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559
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15
198
554 ■
16
197
555
17
196
556
18
19»
.. 557
194
558
19
193
559
90
192
560
91
191
. 561
92
190
569
189
' 563
■ 93
188
v 564'
24
N o m i
dei
Pretori, Pro-Pretori, Consoli e Proconsoli
Q. Mucio Scevola, Prd-Pretore
Lo stesso, Pro-Prelore
Lo stesso, Pro-Pretore . . . . .-
L. CorneKo Lentnlo, Pretore . . .
P. Manlio Vulsone, Prietore . ...
C. Aurunculeio, Pretore .......
Lo stesso, Pro-Pretore .
A. ! Ostilio, Pretore . . . . . . .
T. Gladdio Asello,* Pretore.....
Cn; oitavid, Pretore.j...
T. Cfaudio Rerone, Pretore....
P. Corneiio Lentulo, Pretore . . .
Lo stesso, Pro-Pretore • . • • . —
M. Fahio Buteone, Pretore ......
M. Valerio Faltone, Pretore —
L. VilHo Tappulo, Pretore
M. Porcio Catone, Pretore
L. Afflro, Pretore... ..
T. Sempronio Longo, Pretore . .
Lo stesso, Prp-Pretore ...... —
Cn. Coroelio Merenda, Prelere.
L. Percio Licinio, Prdtore' . . . . .
Q. Salonio Sarra , Pretoife
L. Oppio SaUnatore , Pretore . . .
Lo steaso , Pro-Prete»e :
Q. Fabio Pittore, Pretore («) . .
C. Stertinip , Pretore .
Autori e Mouumenti
ehe
ne provano Vetittenza id il tempo
Liv.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
td:
Id:
Id.
id:
Id.
li.
td.
Id.
Id\
Id.
U.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id.
Id,
Id.
, Hitt. , XXIV, 10.
Urid. , XXIV, 44.
ibid., XX,V , 3.
ibid., XXV, 41; XXVI i 1.
Und. , XXVI ,98.
- ibid. , XX VII , 7.
t'Md., XXVII, 99.
itrid.; XXVII, 36. 1 1
ibid., XXVIH, 10.
ibi*. , XXVIII', 38 , '46. > ! : •,
ibid., XXIX, 13, 36. ,
tirid., XXIX, 38} XXX, l,i94.
Urid\ v XXX, 9V.
ibid., XXX, «0, 41.
ibid.; XXXI, 8.
ibid. , XXXU , 1.
tbid., XXXII, 8,; 27. .
ibid., XXXII, 98.
OriA., XXXIII , 26:
ibid., XXXIII, 43: .
ibid., XXXIV, 43.
ibid., XXXIV, 55.
ibid., XXXV, 90. '
tW, XXXVI, %
ibid., XXXVII, 9.
ibid., XXXVII, 60, 51
ibid. f XXXVIII, 35.
(a) Da' qnanto racconta Livro (lib. XXXVII, I
inferire, ehe Q. Fabio Pittort nbo abbja esercit
51) sembra potersi
itata di fatlo la pre-
tura sarda, poiche appena gli fu destinata la provineia , ebbe a con-
fendere Co! pontefice masSimo P. Licinio, il quale pretese che egli
rittraneSse in Roma per com()icHi le funzioni di fcmine Qoirinale,
e per decrtto del popoto fu approvata ona lal dbmaoda. Siccocde
pbi 16 stessri LiWo Soggiunge, che ireto Fabie per siflatta risotdzibtte
voleva rinunziarg allS ma^istralnra ^rotinoialc; ma cbc^Iseiiato ne
lo distolse , * decrelft che amministrasse la pretnra straaiera (ira
provinciae ereptae^praetoretn magiitralu abdicure ie conantem Patret
aucioritate sua dtlerruerunt < et, ut ju* inter perearims dietret 4*-
creverunt), consegoe da "tib>,> ohe la previndi» saraa gii fa toltadi
fatld se non di diritto (tra provinciae ereptae) , e ohe fu obbligat»
a rimanere in Roma , per la nuova pretura decretatagli in surrogat
rione di Sp. Postumio Albino , cui era stata esiandio «ffidata Ia
prelura drbana (Liv. , loc.cit.).
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64
DISSEftTAZIONE
scuUa CatsianaX 1 ), dt fetfo Cri»pino, gft ptefetto. del pre- tw» e4 egragio iwmo ceiwtare. W, e deL Ubeflo Airiteto,, ?:£».£:
(1) Di C. CawiQ Longiao, e della sua nerizia nelle l«gp, parla
Tacilo in vari luoghi dei suoi Annali (XII, 11, 19; XV, 58); e
poi riferisce il di loi esiglio io Sardegoa sotto Pimpero di Nerone
(P. C. N. 65), e riogiaate moihro obe diedevi luoge: Ohieetewitque
(Nem) Catti», * qmaAiMtr inaginet maiorum C Cattii efigitm
cohustet, ila mtcriptam; va, rABTivn. Quippe tevrina. helli civUit
et deftctumtm a deino Caeearwm quaeiitam. Ac n«. memoria tantum
infenri nominit ad Aucoriiat nleretor, admmptiete L. Sitamm,
mvenem genere mMm, animo paaeruptum , qvtm novit rebue
ottentaret Tvrtc eonsulto ttnattu * Cateio et SUano eenUa. »
dteemmntur .... Oeporieautque i* mtulam. S*n»im*if Catriue et
teneetut eiut pnpectabatur (Jnnal., XVI, 7, »). U giureoonsullo
Pempooio onnferm* in quanto alla deportazione di Longiuo La nar-
racione di Taoito , ma m nel tempo, dicendola ordinala da Tiberio ;
e dippiu soggiunge» ohe Caasio fu riobiamato a Roma sotto i impero
dt Vespaaiano: Huie (L e. Sabino )succesrit Caiut Castius bongimt,
natn», e* fMa Tuberonit , quae fuit ntptit ServH SulpitU: et ideo
prpavum tuum Servium Sulpitium appellaU Hic contul fuit cum
Quartino, kmporibui Tiberu: sed plurimum tn civitate auctoritatit
habuit eoutque, donet eum Caesar civitate pelieret; expultut ao eo
in Sarbimam, revpcqtut a Veepariane diem tuum obHt (lib. I digesL,
tft. II, de orig. iur. t $ 47 ). Svetonio perd non pada di esilio, ma
di ucoiaione: Nuliui posthac adhibitus deiectut aut modus interinumdi,
quoteumque libuittet, quaqumque de cauta Obiectum est
Cattio Lonaxno iuriiconsulto, ac luminibus orbato , quod in vetere
gentili stemmate C. Cattii, percuttorit Caeearis, retmuisset imaginet.
Paelfi Thraseae, trittior «t ptdagogi vultus. Mori iutsit non amplvut
qwm horarum tpatium dabat {in Neron. , 37). E Sifllino, abbre-
viatore di Dione, dice apartamente che Cassio fu dannato ed ucciso,
perche nella sua casa conservava i' immagine di quel Cassio che
stato era tra gli uccisoei di Cesara (lib. LXII , 38). Anche Giovenale
sembra indicare che Cassio inconlrasse la stes&a sorte di Seneca e
di Plauzio Laterano, poiob^ scrive:
Temporibut dirit igitur iuttuque Neronit
Umginum et magnot Seneeae praedivitit hortat
Claurit et egregiat lateranorum obtidet aedet
Tota cohort ec.
(Satir. X, v. 15 e segg. )
Lo che fece credere al Ruperto (ad loc. ciL Iuven.), che ii Cassio
Longino ricordato da Tacito fosse diverso dall' altro di cni parla
Svetonio. Ma che gli anzidetti due scrittori abbiano pariato di nna
soia e medesima pentona, si deduoe chiaramente dai falti che nar-
rano, e dai tempi ai quali quei fatti si riferiscono. Si pud bensi.
sospettare, che Pompenio nel gia citato luogo abbia cobriso Gak»
Cassio Longino con Lucio Cassio Longino , cui Tiberio diede in moglie
Ia sua nipote Drusilla (Tacit. , JnnaL VI, 15.), toltagli poi da Ca-
Ugola (Sveton. tn Calig., %i) t come coo piu argomenti si adopera
a dimostrarlo il Lipsio (ad loc. ciL Tacit,). Lasciando per6 da
parte siffalte questiooi erudite, cbe boq appartengono al mio pro-
posito,, io seguiro piu volentieri 1'aulerita di Tacito. B poicbe si.
parla di esilii, diro qualche cosa di un altro esilio piu antico, del
quale non trovo fatta dagli scrittori sardi menzione veruna. lt
ricordo lo dobbiamo al teste nominato Svetonio, il quale dice:
Saeviut Nicanor primus ad famam dignationemque docendo pervenit:
fecitque praeter commentarios, quorum tamen.part maxima intercepta
dicitur, tatyram quoque, in qua libertinum.te, ac duplici coanomine
ette per hoc indicat :
Saeviut Nicanor JUarci libertut ncgabit,
Saeviut Pottumiut idem; at Marcut docebit:
Sunt qui tradant, ob infamiam quandam eum tn Sabdimam tecet,-.
sitse, ibique diem obiiste (lib. de lUust. Gramm.^ 5 ). Ual citatq
lesto si rileva che Sevio ' Nicanore si relegd volontariameiUe in^
Sardegua, e che vi morl dappresso. Ma nou avendo Svetonio asr
segnato il tempo preciso di un lal fatto, il medesimo non pnd
altrimenti indovinarsi, che per semplico conghietlura. Edio opiuo t
che debba riferirsi ai tempi della repubblica, poiche fl citato scrittore^
nel noverare gli antiohl grammutici che inseguarouo.pubblicamente
in Roma, fa precedere ii riferito Sevio Mcanore a M. Antonio
Gnipbo, che insegnd prima. uella casa di Giulio Cesare, mentre
costui era ancor faociullo, e poi nella propria; ed ebbe per asco^
tanti nella scuola molli chiari uomini, tra i quali lo stesso M^
Cicerone, mentre esercitavu la pretura (Sveton. ibid. 7).
(9) Rufio Crispino era stato confinato in Sardegua, e vi si trovava,
allorche Nerone lo danuo a morte (P. C. K. 66). Ma egU, appena.
seppe ia triste fine decretatagli dal tiranno, si uccise ooraggiesa.-
mente di propria mano. Paucos quippe intra dies, eodem agmine ,
Annaeus Mella, Cerialis Aniciut, Rufiut Crispinue ac C. Petroniut
cecidere. Mella et Critpinut, equitet rotnani, dignitate tenatoria. Nam
hic quondampraefectut praetorii, et consularibus insignibus donatut,
ac nuper crimine coniurationit in Saaoinum exaclut, accepto iuttae
mortit nuntio, temet interfecit (TaciL Annal. XVI , 17). Kemmeno
di questa vittima illustre , caduta neil'isola dirit Neronit temporibut,
fa fatto ricordo dagli scrittori sardi. ,
T
Anni
A. C. H.
187
186
185
184
183
189
181
180
179
178
177
176
175
174
o. c.
565
566
667
568
569
570
571
573
573
»14
575
576
577
678
Num.
dei
Pretorl
35
36
37
38
39
30
31
3».
,34-
35
36
37
38
Nomi
dei
Pretori, Pro-Pretori, Cdnsoli « Proconsoli
Q. Fulvio Flacco , Pretore
C. Aurelio Scaure, Pretore
N. JS. (a)'
Q. Nevio Mato, Pretore (6)
Cb. Skinio, Pretore
C. lerenzio lftra, Pretore
M. Pinario Posca, Pretore ...........
C4 , Menio, Pretore (c) , . . — .........
C> Valerio Levmo, Pretore ......... —
T, JEbwiq Caro , Pretore
L, Mwnmio, Prelore (d) .. —
m. Popjlio.Lena, Prelore
>L. CorneU.0, Sulla, Pretore
Mi Atifto Serrano, Pretore
(a) SMgnora cbi abbia amWil govemo <tell'i»ola Del 567 di Roma,
perche Livio omise i cotolttj prekorii <li tel aqho, «t riferi i soli co-
mizi consolari dell' ann» pnsoedeate. I gretori ntminali nel 566
(U. C.) forono, secondolo slesso istocico., P. Coraello Cetego, A.
Poslamio Albino, C. Afhinfo Stellio, C.' Atilio Serrano, L. Postumio
Tempsano, eM Claodio MareeHino (Jtitts, XXXIX, 33)» dei quali
pero noa sono indicale<.le, yiovmcie. It Fa.Mk attribui la prelura
■arda al soddetto L. Poslamio .Tempsano, (de.reb. Sttrd. 133); ma
il di loi err»rc e manifcsto , n)oo lanli^ per il silenzio dello slorico
{tadovano solla ripartiziobe' ^eftc proviVicle pretorie (poiche il si-
enzio per se solo non «scladcrrebbe aRSOlautmente .1 esislenza del.
ratlo), quanlo pel S»c.o»*lpt pott«rioi;e di LivM meliesimo, il quale
ne accerla (lib. XXXIX, 39» 41) che jJ meD,(ovat* prelore L. Po-
stumio negli anni appuolo 567', 568 idi Roma eseroilo il suo uflizio
•ella pronaeia ii Taranto , e si apOli*o spociaWnle a, conipj(imero
fe SMfczioai • i latrooinii dei. p#«iori , e » woof ri»e la coDvcoiicole
baocanaU, le dt tmt rciiqnieiesistevano itMMn*»* nesc.ose in qDclla,
aegione i* Italia. Qatodt; bo,«f ^Hirfyi oonv^oienl» di anotlere. il uojw
aWl pReSare di detto aam 567,, ansi cie sceglierlo, a caso fr» i,««A
pae,' aaai aominaU. ■[, ■,. , , ; ,.
(*) A noealo oieloco fu 4«lo da| «ena>o I umwico d'i»qiu>ir»
contro i rei di vcneficio (ut .. Hc vtnefviu* qmtmtrtj). V«r«io, dil-
Autori e Monumenti
ehe
ne provano Vesitlenta ed it iempo
Liv., Uiitor.> XXXVlll, 43.
U. Ma\ t XXXJX, 8i
Id. ibid., XXXIX,
ld. ibid., XXXIX ,
/dn ibid., XL,,1 7 I
Id. ibidl , ^i9, J(4
M- *id,;vM» f ■
rtt^, XLL.3^6.
i6«,,XLl,8, ,
iftid, . XLl;, I4,;l3f
41.
ibid.i XH, 18, 31.
Id.
Id.
Id.
Id. ibid, , XLL. tl. I , '
feri di qoaltro mesi la soa partenza pev la' Sandegna, come lo rac-
conta Livio: Consulet, praeloresque ifi prorptctlps prqftcti sunf^
praeler Q. Nacvium , quem quatuor non minus menses , priusquam
in Saediniam iret, quatstiones venefitii, quarum- magnam 'partini
extra urbtm jrer municipia conriHabulaque habuil, qura ita . apliui
visum errt, temttfrunt (Hist. XXXIX, 38, 41). \ . . }
(c) Non si. pnp, a^fennaf» di cerl,0), che C. Menjo abbi* esdrcitalo
realmente la prelura sarda , poichc jjeggiamo in LJvio cb'egli ! ancor^
fu incaricato di proced^re; ,'contro i veOe&ci , e obe avendone gia
oondannati tre toila , scrisW al sedato , creseergli ormai tanlo-la
materia. per grindiaiiv cbei^isogsava • dirfmeltere questo sno fitra-
ordinario uffizio, ^^boaarfonflce la pro»ii*cia. : Al C. Maenio prnii
tore (cui provincia . QABDUjflA cum tvtnissel , additlm erat , ut quae-
reret de veneficiis tongius 'ab urbe decem '.tmtttbut passuum) literae
ajlaiae « S* iam tria rniitia hopiinttm danwqsse , et crcscere sibi
quaestiouem intficiis. Aut eam sibf, ess$ , iUjtrcndai* , aut provinciam
dimittendm (IffsL XL, 43). i, . •, ■
(4/) Nell'ra#no deWa pretnjra di Mnmnuo 1« Sardegna fn faUa pro-
vincia qobsoIm» awr causa di guerra, e ne fu affidato U cojnando
al consolo T. Sampconio, Gracco. ' Mummie Sabdu|j\ (^yenit);. sed,
*a prapier bflli tnagaiiudintm prorincia contularis fada, : Qr.afxhut,
(T. Stmpreniut) <am tortUor (Mv., Hitt., XL» , 8.}.,.,, ,., .' .... .
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€6
«ceisore di Agwppina, calunniatdre dt Ottavia, e di molte
Nerohian* infatoie ribaido complice ed esecutore (*). Sotto
Vistesso imperi» di Nerone fu condannalo Vipsanio Leoa
(1 ) Qaale scellerato nomo fosse Aniceto , e com'egli uccidesse per
comando di Nerone la di Ini madre Agrippina, pud vedersi in Tacito
{Annat. XIV, 3, 7, 8), etf in Sifllino (LXl, 15). II primo didetU
aotori raceenta inoltre il mooV con cni qnelllniquo liberto coneer-
tossi coiristesso Nerone per calunniare di adotterio la di hii mogtle
Ottavm, ed il premio cHe n'ebbe coIPesili» io Sardegna. Gfova
riportare le sae stesse parole , percbe contengone una lerione molto
grave per coloro che si fanno minislri dei deKtti e delle infamie
dei potentf: Krgo eonfetriotum alicuiut quatri piaeet, cui rerum
quoqut novarun ermen adfingtrttut. Et vitut idoneus maUrnae neait
patrator, Anicetus , elatri apud Misenum, ut memoravi, praefeetut,
levi pott admiitum tcelut gratia , graviore odio: quia malorum fa-
cinorum minittri qutm exprobrantes adspiriuntur, Jgitur accitum
eum Caetar operae priorit admtmet; • totum tncolumitati principit
preeide deUMsoia (P. C. N. 5$), peir averla aVaramente p.c.n.56.
governata W, e, se son vere le tradizioni della chiesa sarda,
vi colsero 1'eletta pahoa dei martfri molte vittime illustri di
adversut insidtantem. matrem tubvenitte: locwn haud minorii gratiae
inttare, ri coniugem mfentam depellereU Nec manu aut telo oput:
fateretur Octaviae adulterium. Occulta quidem ad praetent, ted magna
ei praemia tt lecettui amotnoi promittit, vel, ri negaHttet, necem
inttntat : Hle inrita vtcerdia, et facilitate priorum flagitiorum, phtra
«tiam , quem iuttum e*at, fingit, fateturque apudamicos,quotvelut
comsiHo adbibuerat princtpt. Tum m Sahdtniam pelKtur , ubi non
imopt exriUum toleravit, et fato obUt {Annal, XIV, 69). Svetonio
nea narta deHesilio, ma deita sola eaknnia eon eoi Aniceto oppresse
Ottavia: qui doto ttupratam a te fatereiur (In JYeron., 35). Qoeste
cose accadevano nellanno 69 deU'era volgare.
(9) Damn a tttt mdem oonsukbus (i. e. Q. Yolusio et P. Scipione
P. C. N. 56) Fiptamut Laenat ob Sasdiniam provinciam avare ha-
(Taeit. Annal., Xin, 30).
ii i i i
Anni
. ,
A. C. N.
173
179
171
170
169
168
167
196
195
194
193
192
191
113
119
103
89
79
78
67
u. c.
Num.
dei
Prelorl
579
580
581
589
583
584
585
586
626
627
628
629
630
631
639
640
649
670
673
674
685
39
40
41
49
43
44
45
46
47
48
49
50
51
Nomi
dei
Pretori, Pro-Pretori, Consoli e
Aulori e Monumenli
che
ne provano fesistcnza ed il tempo
C. Cieereio, Pretore
Sp. Cluvio , Pretore
L. Furio Filo, Pretore
N. N. (o)
P. Fonteio Capitone, Pretore
C. Papirio Carboue , Pretoie (6) .
A. Manlio Torquato, Pretoro (e) .
M. Fouteio, Pretore (d)
L. Aurelio Oreste, Coqsole (e) Epitom. Liv., LX.
Lo stesso , Proconsole ■ .
Lo slesso id
Lo stesso id
Lo stesso id.
..»11.... U.I I . »■-» » - » «
Lo stesso id
Liv., I/ist., XLII, 1, 7.
Id. ibid., XLII , 10.
fd. ibid., XLU , 31.
Id. ibid., XLHI, 15,
Jd. ibid., XLV, 13.
Id. ibid,, XLV, 16.
14. ibid., XLV, 44.
j
....
C. Cecilio Metelio, Console (f )........
Lo stosso, Proconsole
T. Albucio , Pretore . j .
Q. Antonio, Pretore
C. Valerio Triario , Pretore . .
Lo stesso , Pro-Pretore
Fast. Capitol., apud Graev., Thet. antiq. rom.,
vol. XI, col. 933-34.
Vell. Paterc, II, 8. - Eutrop., IV, 95. - Fast.
capitol.
Cicer., Tuscul. V, 37. - Oral. in L. Pison., 38-
Orat. pro M. Scauro, 40. - Dt provinc. com. , VI.
L. Lucullo, Pretore eletto
Epitom. Liv., LXXXVI.
Supplem. Liv., XC, 16, . .
•.).-. . 7.
»' ■
Dion., HisL, XXXVI, pag. 54.
(a) Nel suddetto anno 589 il Fara (De reb. Sard., 1, 122) nota
M. Rezio tra i prelori .di Sardegna. II Frchinsemio invcce atlri-
bnisce a M. Rezio la prclura url>ana (Supplem. Liv. XLIIl , i). Ed
10 aospetto chc il Fara , mancandnjjli pcr tal anno la scorla di Li-
vio, pcr la lacuna chc si Irova nei suoi libri, ahbia conghielturato
che la prelura sarda toccassc in sorle a Itczio assiamc alla urliana,
come due anni dopo fu altribuila al prelure dclfisola C. Papirio
Carbone (Liv. Hist. , XV, 19) 1 ' ; ** ""
(b) 11 suddelto prclorc puo considerarsi come plello semplice-
mente , poiche rimasc in Roma per escrcilarvi le preture percgrina
ed urbana, come lo dicc Livio < Et praetores , praettr C. Papirium
Carbonem, cui Sardiisia evenerat, in provincias iere. Eum jus dicere
liomae (nam eam quoque snrlem habebat) inter cifcs et peregrinos
Palrcs censucrant (Hist., XLV, 12). I
. ( »Xt) Nemnveno, Ai Mntllio Torquato werqilo ntlla' provincia sanla
11 suo uffizio, come si ha dallo gtesso Xivio : A. Manlia Torqualo
Sabdinia (ibvenerat : nequitt ire in pronnciam , firf res capitales
quaerendas ex senatusconsullo rctentus. (Hist. , XLV ,' 16). Laondc
si piiii credcrc che C. Papirio Carbone abbia contifuato a govcrnar
1'isola in qualita di pro-pretQre.' ,.i VAV ,'«.;' i
(d) NellMntervallo di lempo csislcnte tra il 586'e 696 di Itoma
occnrrc una lacnna di I icnl.u imj nc atlni riguardo ai prclori 'dt
Sardegnaj e, marirjando In sc.irl.i di>i libri I.iviani. <• di ouni nltro
rwe e m'MMHl(lo , non si nHo Hapert quati e quaiitS 'ijssi
slati. II P.ra fdt reb. Sard. V I, , 't92) 'ioima' iiVahrt ViVIW ,
dopo la pretura di M Fonteio , il nome- df"M PonS# Ca«rJnf r , Si-
Sflittl
Hopo
tando 1'autorita di Plularoo , del Volterrano , e di Alessamdro di
Alessandro. Ma nel primo di delli autori io non, trovo sillalta le-
stimonianza ; per lo che m'iuduco a crcdere chc 1'illustre annalisla
sardo abbia troppo facilmenle crcduto agli altri due. Potrcbbe
piuUosto esscre collocato nel 590 (U. C.) il govcrno consolare e
straoriiinario di T. Setnpronio Gracco per le ragioni gia da me
esposte in altro luogo di queslo volume (pag. 53, col. 2 a , not. 7»).
(e) Non dubito di alTermarc col Fara (loc. cit.) che la Sardegna,
per motivo di gucrra , sia stata dichiarata nel 626 (U. C. ) pro-
vincia consolaTc. E siccome il carico di qomprimere i Sardi nbel-
lanli fu dato al consolo L. Aurelio Oresle , comc si"ha daH'£^B-
/ome Liviana (LX), e da Diodoro (Excerpt. ap. f^alcs,); e d'altro
canto nci Fasti Capitolini il trionfo di < ello consolo jicr la Sar-
degna domata e annotato neli' 8 dicembri dcl 6.11 di Roma (ved:
«opral pag, 54 ! , col. 1«, not. 1«), pcrcio crcoo pplcrsi ra^ioncvol-
mcut« conghiettoiare , che ila guerra abbia durato dal .62li al 631;
e chc in tal tcmpo il suddelto L. Aurelio Orcste ahbia avuto il
continuo govcrno, come dcllo armi , cosi ancora|dell'iaola. Pcr tal
motivo' ho annotato nclla SEBrn il nome dellb stcsso consolc pcr i
soi anni corsi dal tempo della sua spedizione in Sardcgna a quello
del di Jui trionlo in Roma. ; .
(/*) ! Si trova scritto nci Fasli Capilolini, chc C. Cccillo Motcllp pror
consofe t " =
Dnnqnp
prorogala
segnenza epli govern6l'isola pcr un biennio fvcd la nota preced.)
17
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66
DISSBB.TAZIONE
queHa fede, che trionfando degli errori del gentilesimo,
era destinata dal cielo a illuminare e convertire il mondo P).
Seguace delle parti e della passaggiera forluna di Ottone
contro Vitellio, la Sardegna obbedl al primo di quei due
p.cn. 69. contendenti (P. C. N. 69), dopo le sue vKtorie nella pro-
(1) I nomi di questi martiri si trovano registrati negli anlichi
martirologi, e sono i seguenli: S. Priamo, S. Emilio 0 Emiliano,
S. Luciano {Martyrol. Rom. emendat. , ad diem 28 maii. - Martyrol.
Rhinov. ap. Soller, Jcta St., tom VU, iunii in fin.), S. Giocondano,
S. Lucio (D'Achery, Spieileg. tom. II, pag. 11, edit 1793), S. For-
tunato ( Papebroch., Acta St. tom. VI, maii, pag. 745), S. Salnziano,
S. Eutrico 0 Entropio (Martyr. Antuerp.) , S. Crescenzio, S. Tiziano,
S. Quintino e S. Stabulo (Martyr. Hieronim., ap. Soller., ActaSt.
tom. VII, iun. in fin. ap D'Achery, ad VI kal. iun. ). Il Fara (De
reb. sard., I, 140) fa menzione dei soli primi quattro, che fa pre-
cedere a tutti gli altri martiri da lui ricordati in appresso; ma non
assegna 1'anno del loro martirio. U Bonfant invece ( Triumph. de lot
tanct. de Sardena, 1 , 6) nomina i primi sette, li chiama protomartiri,
e dice che furono immolati sotto la persecuzione di Nerone. Sebbene
questa opinione non abbia verun certo fondamento, eppercio il Mattei
(Sardin. tacr., diitert. praev. cap. III, $ 8) ne abbia dubitato, te-
mendo che lo scrittore di quel Trionfo la tenesse per vera proprio
arbitratu; tultavia non e improbabile , che gli anzidetti antichissimi
seguaci della fede di G. C. siano stati vittime della crudelta Nero-
niana. Perche , quantunque Tacito racconti come succeduti entro le
mura di Roma i barbari supplizi e le morti dei cristiani calnnniati
qnali autori delfincendio di quella metropoli neU'anno817 (U. C),
ossia 64 (P. C. N.), e sia su di cid molto chiara la sna narrazione
(Annal., XV, 38 , 44), che fu pure seguita da Sulpizio Severo
(Hist. tacr., II, 39), non pertanto e Svetonio dice generalmente ,
senza circoscrivere il luogo: AffHcH tuppliciit chrittiani, genut ho-
minum tuperttitionit novae ac maleficae (in Neron., 16), ed Orosio
vincia narbonese W. Obbedl poi al secondo, e quindi a
Vespasiano, sotto il quale (P. C. N. 74) fu ristorata prima- v.cn.n.
mente nell'isola la grande slrada romana che dalTantica
Torres conduceva a Caguari ( 3 ).
scrive specificamente : Primut (Nero) Romae chrittianot tuppliciit
et mortibus affecit , ac per omne* provinciat pari pertecutione ex-
cruciari mperavit (HitL VII, 7).
(3) Corticam ae Sabdiniam, caeteratque proximi marit intulat foma
victricit clattit (in Gallia Narbonensi) tn partibus Othonit tenuit
(Tacit., Hiit. II, 16).
(3) Cid si ricava dalla seguente iscrizione che fu pubblicata per
la prima volta dal Fara nella sua Corografia tarda (lib. II, pag. 66,
edit praed. ):
lvi . a . TVIRE
IMPBBATOB . CAE8AB . VB8PASIANV8 . AV6
PONTIPKX . MAX1MV8 . TBIB . POT
XIII . C08 . V . DESIQ . CBN80B
BKFKCIT . BT . JUSSTITUIT
Dice quel diligenle annalista di averla copiata da nna delle tre
lapidi che sorreggevano il portico della chiesa parrocchiale di Ma-
comer (antica Macoptita di Tolomeo, Geogr., III, 3 ), e che le altre
due erano sdmiglianti : Extat oppidum Macomelis , cuiut cattmm
interiit, etporticut lempli parochiali* tribus fulcitur lapidibui, quibut
viae latae milliaria erant a Romanit tn Sabdinia tignata, primigue
lapidis eiutmodi ett intcriptio ( la riportata qui sopra ) . , . . Similet
sunt aliarum lapidum intcriptionet , quat brevitati contuUnt omitto
(lib. cit). E poi in altri due luoghi della sua opera parla nuova-
mente di questa grande strada romana (Corograph. tard., IT, 74 -
De reb. sard., I, 139). U Simon (Giambatista) in una sua memoria
inedita del 1776 ( ved. Tola, Dizion. Biogr. dei Sardi illuttri, vol. III,
pag. 185 , articolo Simon Giambatista) , la riprodusse quale si avea
dal Fara, e con sole dne abbreviature imp. vbsp. nella seconda linea,
Anni
a. c. N.
61
56
54
53
49
48
40
136
133
103
83
n
56
56
49
o. c.
696
698
703
704
713
713
636
637
649
670
675
696
697
703
Num.
dei
Pretori
53
53
54
55
56
57
58
Nomi
dei
Pretori, Pro-Pretori, Consoli e Proconsoli
M. Azio Balbo , Pretore
Appio Claudio, Pretore
Autori e Monumenli
che
ne provano l' etistenxa ed il tempo
Gronov., Thetaur. graec. anUquit., tom I.
Phitarc, in vit.,Caet., XXI.
M. Emilio Scauro , Pretore Ascon . Pe d., tn no< ad oraU pro Scauro.
Lo stesso, Prb-Pretore
■!-•
M. Cotta, Pretore
Sesto Peduceio, Pretore
M. Lurio, Pretore
Mena, o Menodoro, Pretore (a)
Seguono i nomi dei QuestorL
Cajo Gracco
Lo stesso . . .
Gneo Pompeo '.
Seguono i nomi dei Legati.
L. Filippo per SUla
M. Perperna per M. Emilio Lepido
Q. Tullio Cicerone per Pompeo il grande .
Lo stesso, per il suddetto Pompeo
4 Q. Valerio per G. Cesare Caesar, De bello eiv., I, 30,
Caes., De bell. «v., I, 30, 31,
Appian. Alex. , De belL civ. , II.
Dion., Hittor., XLVIll , pag. 501 , 503.
Dion., Hittor., XLVIIl, pag. 513.
Plutarc., tn vit. Tib. «t C. Gracc,, pag. 36 , 37,
38. -Aul. Gell., Noct. Attic., XV, 13.
Cicer., Divin. in CaecU., XIX.
Epitom. Liv., LXXXVL
Supplem. Liv., XC, 18.
Cicer., Orat. pro Scauro, 39. • Bpitt. ad diven.J, 9.
-ad Q. fratr., II, t, 8.
(a) Appartiene probabilmente a Mena la rara tessera di bronzo
incaslrata of argento che nel 1838 fu trovata non molto longi dall»
citt» di Alghero, avente ai due lati queste itcrizioni: Menatts pref.
e Tiberiatf. proe. L'abate Gazzera ne fa ricordo nella sua Leziont
ii un decreto di patronato t clientcla ec. ( Memor. dtlia R. Acvad.
delle tcunze di Torino , tom. XXXV , pag. 10) , e opina ehe
una di quelle ttstert offieisttt , ote i nuovi preiidi inviavano neile
citta di provincia ai penonagai prinoipali , Duumviri , Deeurioai ,
Sacerdoti e capi mititari, per partecipare il loro arrivo, e far -noti.
i nomi dei nuovi govaraanti. n • i . • ■ "
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t
PRIMA.
67
Nei succteduti imperii di Tito e di Domiiiano, di Nem e
affermaudo , che in unaltra iscrizione esistente neH'istesso luogo di
Macomer (una delle due omesse dal Fara), vi era etpresio il nome
del Pretore ehe in quel tempo governava fisola. Questo Pretore cbia-
mavasi Subrio Destro , ed usava eziandio il titolo di Procuratore di
Cesare, come ne fa teslimonianza 1'altra iscrizione Macomeriana pub-
blicata dal Baflle (Discors. accad. del 15 luglio 1831, pag. 18, Ge-
nova, dett. an. Stamp. arciv. ):
I . A . TVRHE '
1MP . CAESAB . VESPA8IANVS . AVti .
PONTIFEX . MAXIMVS . TRIB . 91
IMP . XIII . P . P . COS . V .
CENSOB . BEFECIT . EBOGET . •
SVBBIO . DEXTBO . PBOC . KT .
PBAET . SARDINIAB* .
La quale perd fu poi riprodotta piii correttamente dal Gazzera
(Memor. della R. Accademia delle scienze di Torino , tom. XXXV ,
pag. 91), nel modo seguenle (a):
A . TVRRE . LVI .
IMP . CAESAB . VESPASIANV8 . AVG .
PONTIFEX . MAXIMVS . TBIB .
POT . V . IMP . XIII . P . P . COS . V .
DESIG . VI . CENSOB . REPECIT
ET . RESTITVIT .
8TB . 8VBBIO . DEXTRO . PROC . BT
PBAE . 8ABD1NIAE .
Dalla medesima si viene a conoscere , cbe Snbrio Destro (non
gia Surrio) era Proconsole e Prefetto di Sardejgna , allorche fu ese-
guito il primo risarcimeuto della strada romana da Torres a Ca-
gliari : ed e molto probabile , che cotesto governante sia lo stesso
Subrio Destro che fu spedito da Galba (823 U. C. , 70 P. C. N.) con
due altri tribuni delle coorti preloriane per ricondurre all'obbedienza
i soldati , che aveano incominciato a tumultuare , ed a dichiararsi a
favore di Ottone, come si ha da Tacito: Pergunt etiam in castra
praetorianorum tribuni, Cerius Severus , Slbbrs Dexter , Pompeius
Longinus; si incipiens adkuc, et necdum adulta seditio melioribus
consiliis flecteretur (Hist., I, 51). La suddelta iscrizione (bis), come
si scorge cbiaramente dal maggior numero e dalla diversa dispo-
sizione delle linee e delle parole , e aflatto distinta dalla prece-
dente, ne posso comprendere perche il Baiille, uomo per altro assai
versato in tali materie , 1'abbia credula una copia piu esatta della
medesima. Imperciocche bastava por mente alle citale parole del
Fara, e ricordarsi che allorquando egli scriveva esistevano tutte
tre ie iscrizioni da lui rammentate , e che nei riportarne una sola ,
diceva somiglianti le altre due che ommise per brevila, ed inoltre
che il Simon, accennando ad una di quelle due iscrizioni ommesse,
affermava di trovarsi espresso nella medesima il nome del Pretore
che in qu\el tempo governava 1'isola , per convincersi , senza mollo
esame , che questa seconda non dovea essere confusa colla prima.
Ne si puo sospettare poco esalta la copia simooiana , avvegnache
riporlata. sulla fcde altrui , perche la medesima c perfettamente-
conforme alTallra lasciataci dal Fara, il qualc la vide circa due se-
coli innanzi, quando cioe Li lapide dovea cssere meno corrosa dal
tempo , ed e a crodere che 1'abbia fedelmenle copiata , posciache
nel riferire i fatti ed i monuraenti della Sardegna antica dimostrossi,
e fu veramente diligentissimo. Quanlunque per,o le dette iscrizioni
siano diverse , non puo dubitarsi che siano entrambe conlemporanee ,
deducendosi cio apertamente dalla medesiroezza del fatto, e dalla
persona dell'imperalore che vi sono ricordati. Kd in quanto alPanno,
cui appartengono , schbene i preeitati archeologi sardi non 1'abbiano
indicato, parmi che possa flssarsi,*nel 74 deH'era volgare, poiche vi
e menzionato il quinto consolato di Vespasiano (cos .. v .), che cadde
nell'837 di Roma, corrispondente appunto al suddetto anne 74 (Fast.
ldat., ap. Graev. Thes. roman. aritiq., vol. XI, col. 856. - Crus, tn
noL ad Sveton. Vespasian. , 4 e 8). Forse accenna ad una seconda
(a) U Gaxzera la pnbblicb seoondo la lecione contenuta nella copia
ricavatane sovra lnogo dal Cav. Borelli. Ed e da nolard , ohe il sud-
detto Simon nella gia cttata siia memoria inedita fa spccialc menzione
di quesla copia Borelliana , dicendo : // cac Sorelli , capitano di ma-
rina , ti prtse la fatica ii audave a quetto viliaggio (a Macomer) , os-
tervb questa iscrizione (cioe la pubblicata dal Fara , e riprodotta dal
Simon medeiimo) e una 'di un'allra cdlonha (cioe la prcsente di Sohrio
Deslro), e le copib fedelmente ambedue. Dal che si ha argomento a con-
chiadere, ebe siccome la .copia di una -di delte Aacrizioni fu esalta ,
perche affalto simile a quella del Fara e del Simon , oort ancora deve
credewi esatta rallra. ' : -" - 1 ' '* 1 ' -
di Traiano, di Adriano e di Anton«o , e degli altri regnantt
rinnovazione della stessa via 1'iscrizione esistente nella chiesa di
S. Giacomo di Monastir , presso a Cagliari , la quale nella sua parte
visibile (giacche 1'altra e incassata nel cantone di detta chiesa), pre-
senta questa leggenda mutilata :
marci . FILIVS
HADRIANI . PRO
ANI BT . DIVl . NE
EPTIHIVS . 8EVERVS
AX . AVG . ARAB
AX . TRIB . POTE8T
MP . CAE8 . SEVE
BCI . NEPOS V
VI . HADR
ABNEPOS
NTONINVS
G . TRIB . PO
08 . II . P . P . . ES
G . FIL . ET . ANTO
08 . II . VIAM
MVNIRI . IVSS
Da questa lapide a me pare che possa ricavarsi di essere stata ri-
storata la strada di Torres per a Cagliari sotto 1'impero di Settimio
Severo, e precisamente nel 905 aelTera volgare, essendo consoli
per la seconda volta M. Aurelio Antonino Caracalla, e il di lui fra-
tello P. Settimio Geta. (Fait. IdaU, ap.*Graev., Thes. rom. antiq.,
toI. XI, col. 958). Imperocche la suddetta iscrizione sembra doversi
supplire in questo modo:
Jmperator . Caesar . Divi . marci •. filivs
Divi . Commodi . Frater . Divi . uadriani . nonepos
Divi . TraiAtn . Abnepos . et . divi . vxrvae . Adnepos
Lucius . jeptimivs . sevebvs . Pius
PertinkX . avg . arabicus , Ponlifex
Max . trib . potest . xv . Imp . xi . Cos . Hj . PP .
imp . caes . sevem . Filius *
Divi . mabci . nepos . Divi . Antonini . Pronepos
Din . HADRtant
abnepos
Marcus . Aurelius . antoninvs . Pius
Aug . trib . votestate . vui
cos . n . p . p . vEsignatus . Censor
P . Septimio . Caesare
AUG . FIL . ET . ANTONINO
cos . ii . viam (a Karali Turrem)
mvniri . lvsserunf .
E cosl supplita , non rimarrebbe piu dubbio sul tempo in cui fu col-
locata. Un terzo rislanramento della medesima strada fu fatto sotto
il brevissimo impero di Emiliano nel 953 (P. C. N.) , come si rac-
coglie dal seguente monumento rilrovato ia Fordongianos (Fobvm
Traiani di Tolommeo, Geogr., III, 3,e di Antonino /(in*r.), ed ora
esistente nella R. Universita di Cagliari:
m . p . LXXVIIll
1MP .. CAES . M . AEMILIO . ABMIL
IANO . PIO . FELIC . INVICTO . AVU
PONT . . MAX . TRIB . POT . P . P . PB° C°8
VIAM . QVAE . DVCIT . A . KAR . TVRR
CVRANTE . M . CALPVBNIO . CAELUNO (6)
prab . (Et Proc.) 8V0.
Ed un quarlo risarcimento ne fu probabilmente eseguito nel 989
delVora volgare (c) sotto rimpero di Caro, come sembra dimostrarlo
_ (b) Del medesimo Celiano ci e rimasto U ricordo nel Irammento dell»
segueole iscrizione discoperla cosi pure in Fordongianos (ora esistenle
in Cagliari nell» R. Universila), dalla quale ai rioava ch'egli era pro-
curatore di Cesare:
vc
P . PBOC
O . CAET.IAIIO
' • C . SW
(e) (lo assegiiato ana iscriiibne <H Blio ViUle la data del 989 ( P. C.
K) perche , essendovi designalo M. Aurelio Carino conte prineipe deBa
g*ot«ftitu (wob . caes . PRiNnip ; ivb) , il tempo in cui la.medesima
fu scolpila dovette di neeessita precedere Tanno del comsolato del sud-
•Vlto Carino, ehe fu il 983 (Fast. Idatian. ap. Graev. , Thes. rom.
amiq., vol. XI, ooK 960), e qnindi appartenere all'anno preeedaate ehe
/u ■ il primo MY imperb dt Caro.
18
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68
DISSERTAZfONE
(ino a SetUmio Severo, non si legge netia storia verun pub-
nn'aitra iscrizione rinvennta nell'istesso Inogo di Fordongianos (ora
esist. nella R. Univ. di Cagliari):
IMP . II . AVHELIO . CABO
PIO . FEL . INVICTO
ET . M . AVBBLIO . CARINO
NOB . CAB8 . PBINC . IVB
ET . M . AVBELIO
NVMBBIANO
NOBILI881MO . CAES
CVBANTB . M . KLIO . VITALE
VP . PBAES . PBOVINCIAE
SABOINIAE .
Non si pnd determinare con certezza il tempo in cui fn incominciata
Ia detta grande strada da un punto alPaltro delPisola. Ma se pongasi
mente alla prima delle riferite inscrizioni, la quale dice che tal via
fu ristorata nel quinto consolato di Vespasiano, si avra un fonda-
mento probabile per argomentare cbo la sua formazione priraitiva
appartiene agli anni estremi della rcpubblica romana. La ristaura-
zione infatti di una via pubblica, che dagli avanzi ancora esistenti
appare essere stata solidaraente costrutta fin dal principio, suppone
la sua anlichila, e il deterioramento cagionatone dal tempo e dalPuso;
e quindi , se fu rifatta e restituita allo stato primiero nelPanno 74
delPera volgare, non e improbabile che sia stata aperla circa nn
sccolo innanzi , quando cioe il senato nella divisione delle provincie
fatta con Ottaviano ottennc fra gli altri paesi soggetti al romano
dominio la gia domata e ferace Sardegna ( A. C. N. 37). A siflalta
considerazione aggiungono peso altre dne iscrizioni migliarie relative
alla stessa strada, che appartengono agli anni 830 e 832 di Roma.
La prima fu posta sotto 1'impero di Nerone, nelPanno decimoquarto
della sua tribunizia podesta (corrispondente al 67 delPera volgare),
e supplila nelle suo lacune, dice in queslo modo:
a . T L' r n e . XVI
imp . Nero . Claudius . divi
CI.AVDI ._F . GEBMANICI
CaeSARIS . N . Tt . CAESABIS
Aug . Pron . divi . Aug . abn
Caetar . avg . gebmanic
P . M . Trib . potest . xim
Imp . xiii . Cos . t . P . P . (o)
La seconda fu collocata solto il brevissimo impero di Vitellio nel 69
delPera volgare, ed ha leggibili lo sole due prime linee, ne tutte
intiere, essendo le altre gia corrose c cancellate dal tempo:
A . tvbre . xliiii-
Itnv . a . vitellivs . Caes .
(6)
Imperocche dalle medesime viene a conoscersi, che Panzidetta strada
fu formata in tempi diversi, e che aperla per la prima volta da
Torres verso Cagliari durante il dominio della repubblica sotto
Angusto, fu qoindi prdseguita sotto gli altri Cesari, due dei quali
sappiamo linora essere slati Nerone e Vitellio. E laddove una piu
diligente ricerca dci monumenli antichi facesse discoprire le altre
colonne migliarie, che saranno state collocale senza dubbio tra la
I, e la XVI, (ra questa e la XLHII, e tra quesfultima e la LVI
gia riferite, avremmo la serie continnata degPimperatori , sotto i
quali quella grande strada fu formata, almeno (ino a Macomer,
giacche da questo punto le iscrizioni finora rinvenute (tranne quella
gia riportata di M. Calpurnio Celiano) accennano a sole ristaurazioni.
Riraane ora ad investigare quale sia stato il corso di questa gran
via centrale ; e non serabra difficile I' indovinarlo colla scorta dei
monumenti sopra riportali. II Simon, che conosceva la sola iscrizione
JUacomeriana pubblicata dal Fara , e non poteva giovarsi deWltine-
rario di Antonino, nel quale la strada da Torre a Cagliari non e
ricordata, ebbe tuttavia la fortuna di riconoscerne le traccie ancora
esistenti ai snoi tempi, e con queste seroplici indicazioni ebbe il
buon criterio di fissarne i punti principali in Macomer, Fobdon-
gianos, e Monastir. Per i punti intermedii poi, argomentando ,
ora dai nomi dei Inoghi, ora dai vestigi della strada gia distrutta,
ed ora dalle distanze che il suddetto Antonino segnd da un paese
(a) La suddetta iscrizione fu ritrovala a pie di Scala di giogga
(scala a Inmaca), e fu quiiidi deposta nella Regia Universita degli
atudii dt Stssari. La distanza di sedici miglia (lat.) , che vi e segnata,
e precisamente quella cbe esiste tra Torres , e la suddetta Scala ,
■eguendo le traoce delPantica strada romana.
(b) Quesfaltra iscrizione fu trovata presso alla chiesa di N. S. di
Cabuabbas, non lungi dal villaggio di Torralba. Ed e precisa cosi pnre
la distanza di qnarantaqnaltru miglia romane da Cabuabbas a Torres.
blico avvenimento cbe possa illustrare gli annaii sardi 0) ,
alPaltro delPisola, opind ragionevolmente , che la gran via romana,
partendo da Tobres, si dirigesse al villaggio ora distrutto di Ottava
(cosi chiamato dalPVHI ab urbe lapide, che e la distanza precisa
da tal luogo a Torres), e quindi a Sassabi: che da questa citta
continuasse la sua direzione per Scala digiogga verso Osilo, lasciando
a stanca questo villaggio, e protendendosi verso Ploaghe (antica
Plovaca); che poi declinando da tal direzione, e traversati i campi
Mela, Lazzari e Giavesu, risalisse verso Bonobva , e di la verso
Macomer; e che da questo punto, procedendo innanzi, e passando
per Norghiddo, Abbasanta e Guilarza, pervenissea Fordongianos.
In riguardo poi al secondo tronco della stessa strada da Cagliari
a Torres, argomentd che da detta citta di Cagliari si dirigesse al
villaggio di Sestjj (VI ab urbe lapide), da Sebtc a Monastir, da
Monastib a Sabdara (Neapoli di Anlonino, e Aquae Neapolitae
di Tolorameo ) , da Sabdara a Usellis ( Colonia Iulia Augusta ) ,
da Usellis a Othoca ( Othaea od Osaea del suddetto Antonino, ed
odierno Ruinas ) , e da Ottoca a Fordongianos ( Forum Traiani
di Tolommeo). Le congbietlure e le induzioni del Simon furono
incontestabilmente confermate dalle posteriori scoperte degli avanzi
delP antica strada romana sotto i regni di Carlo Emanuele III , di
Vittorio Emanuele I, e di Carlo Felice I; allorche Parchitetlo Moja,
il Marchese Boyl (ved. Tola, Dizion. biogr. dei Sardi ill, vol. III,
pag. 79) e il cav. Carbonazzi (Discors. sulVoperaz. strad. di Sardegna.
Torino, 1833.), attesero successivamente , per comandamenlo so-
vrano , alla direzione dei lavori slradali delPisola. Ed e una bella
lode, che io volentieri tribnto alla memoria di un si illustre archeo-
logo sardo, mio concittadino, quella di vedere constatato da mo-
numenti cerli ed irrefragabili un fatlo da lui stabilito colla sola
potenza del suo raziocinio. Delle altre strade romane da Noba e da
Olbia a Cagliari, e da Nora a Bizia , come anche delle viemilitari
Antoniniane. , parlero a suo luogo in questa medesima dissertazione.
(1) Accaddero pero alcuni fatti privati, che sebbene non appar-
tengano diretlamente alla storia, servono tuttavia ad illustrare in
qualche modo le memorie sarde di que'tempi. Credo pertanto di
fare cosa grata ai lettori, producendoli rannati insieme secondo
Pordine successivo della Ioro esistenza, dopo averli raggranellatl
neMuoghi nei quali si trovano sparsi.
I. Sotto Domiziano fu confinato in Sardegna il fratello di Aretulla,
cui fu dedicato da Marziale 1'elegante epigramma De columba
Aretullae :
Aera per tacitum delapsa sedentis in ipsos
Fluxit Aretullae blanda columba sinus.
Luserat hoc casus, nisi inobservata maneret,
Permissaque diu nollet abire fuga.
Si meliora piae fas est sperare sorori,
Et dominum mundi flectere vola valenl;
Haec a Sardois tibi forsitan exsulis oris,
Fratre reversuro, nuntia venit avis.
Lib. VIII , epigr. 32.
II. Imperando Nerva, il soldato sardo Tdnila di Cares, che
avea militato per venlicinque anni nella seconda compagnia di Liguri
e di Cursori stanziata in Sardegna sotto il comando di Tiberio Claudio
Servilio Gemino, oltenne nel 10 ottobre delPanno 96 (P. C. N.)
1'onesta sna dimissione dal servizio railitare, come ne fa fede il
seguente diploma scolpito in una tavolelta di bronzo esistente nel
R. Museo di Cagliari, e dottamente illustrato dal Baille, che fu il
primo a rendcrlo di pubblica ragione ( Atti della R. Accad. delle
scienze di Torino, tom. XXXV, pag. 302):
IMP . NERVA . CAESAB . AVGVSTVS . PONTIFEX
MAXIMV8 . TRIBVNIC . POTEST . COS . II . P . P.
PEDITIBVS . ET . EQVITIBVS . QVI . MILITANT
1N . C0H0BT1BV8 . DVABVS . I . GEMINA . 8ABD0
RVM . ET . CVRSOBVM . ET . II . GEMINA . LIGV
RVM . ET . CVBSORVM . QVAE . 8V.NT . 1N . SABDI
NIA . 8VB . TI . CLAVDIO . SBRVILfO . GEMINO
QVI . QVINA . ET . VICENA . PI.VRAVE . 8TIPEN
niA . MERVERVNT . ITEM . DIMISSO . HONE8
TA . MISSIONE . EMERITIS . STIPENDIIS . QVO
RVM . NOMINA . SVBSCRIPTA . SVNT . IPSIS
LIBEBI8 POSTEBI8QVE EOBVM CIVITA
TEM . DEDIT . ET . CONNVBIVM . CVM . VXO
BIBVS Qvif . TVNC . HABVIS8ENT . CVM
EST . EIS . CIVITAS . DATA . AVT . SI . QVI . CAELI
BE8 . E88ENT . CVM . IIS . QVAS . P08TEA DVX18
SENT -.. . DVMTAXAT . 8INGVLI . 81NGVLA8
A . D . VI . IDV8 . OCTOBRI8
TI CATIO TONE
ALPVRN VCO . C08
COHORT . II- . GRHIN BT . CTR80RVM
CVI K8T
T . FLAV 6NV8
TVNILAE " P ■ CARES
DESCRIPTVM . ET •. . . . VM . EX' . TABVLA . AB
NEA . QVAE . FIV E IN '. MVRO . POST
TEMPLVM . DIV INERVAM
La suddetta iscrizione leggesi nella facciata esterna della Lamina,
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PKIMA.
se vogliansi eccettaare le memorie di alcuni marliri che la
cecita dei tiranni nemici del cristianesimo, cbe allora andava
ne occorre riportare l'altra della facciata interna, cbe e affatto
simile alla precedente nella parte che ci fu conservata, giacche il
rimanente del testo era inciso nella seconda tavoletta, la quale andd
perduta. Sulla scorta di simili diplomi pubblicati dal Vernazza e
dal Harini, e colla indicazione avutane dalle lettere che rimasero
intatte, il BaTIIe suppll le lacune delle ultime nove linee, leggendole
in queslo modo : Tiberio Catio Catone et Marco Calpurnio Luperco
Consulibus (a), Cohortis tecundae geminae Ligurum et Cursorum, cui
praeest Titus Flavius . . . Tcnilae . . . Filio Cares. Descriplum et re-
cognitum ex tabula aenea, guae fixa est Romae in muro post templum
Divi Augusti ad Minervam. Non pote per6 supplire il nome del
padre di Tcnila, perche non essendovi rimasta Orma delle lettere
che lo componevano, e preclusa la via ad ogni conghiettura, nSil
cognome di Tito Flavio, perche la sola desinenza GNVS non e
sufficiente per indovinarlo. Crede lo stesso erudito illustratore, che
Carbs, patria del soldato Tunila, fosse qualche citta o villaggio
dei popoli Carensi di Sardegna, rammentati da Tolommeo (Geo- >
graph., III, 3) e dal Fara (De reb. sard., I, 14); e piu proba-
bilmente il villaggio ora distrutto di Caresi, che esisteva tra Posada |
e Terranova a tre miglia di distanza dal mare, secondo nna nota ,
ms. del Nurra, e 1'autorita sempre rispettabile del Fara, il quale i
ne fece espressa menzione, e lo colloco nell'antica diocesi Civitaten.
Jacent excisae urbes Erici et Plubii a Ptolomeo memoratae . . . ac
denique oppida Verri, Pusolis, Caresi, etc. (Corograph. Sard., II,
91 ). In occasione poi di siflatta illustrazione , e delle due coortt
miste (prima et secunda gemina) , una di Sardi e Cursori, e 1'altra
di Liguri e Cursori, menzionate in questo diploma , riporta it j
BaTlle allre tre iscrizioni muraloriane , dalle quali rilevasi che esi-
stevano negli eserciti romani due coorti sarde, ed una mista di
corsi e barbaricini. Le prime due ci hanno conservato i nomi def
soldati sardi G. Abbio Leto e Ghlio Venisto, e fa terza ci da
notizia dell' esistenza di antiche citta nella Dabbagia. feccole quali
si leggono nel Muratori ( JVov. Thes. inseript, DCCLXXXIV, 3;
DCCCXXII , 1 ; DCCCXXV , 4 ).
I.
D . M
O . ABRIO . LAETO
MILITI . COHORTIS
8ARDO . VIXIT
AN . XVI II '. MENSl
III , DIE . XIII
ANTONIA . IANVAB
. MATEB . PILIO . PIO
P ' '
3.
D . M
IVLIO . VENVSTO
MIL . COB . I . 8ABDO . . •
MILITAVIT . AN . . . .
MEN8IB . IIII
VIXIT . ANN . XXXV
AVENAT
F . B . M
3.
8EX . IVLlVS . 8EX . F . POL . BVFVS
EVOCATVB . DIVI . AVOVSTI . PRAE
FECTV8 . I . COHORTIS . COR80RVM (5)
BT . CIVITATVM . BARBABIAE . IN
8ARDINIA
, III. Essendo imperatore Adriano, un Caio Fusio, che fu proba-
bilmente nativo di Sardegna (c), e che avea militato per ventisei
(a) Con piu buone ragioni il Gazzera legge, Tiberio Catio Frontanc,
el Marco Calpurnio Flacco consulibus (ved. Memor. della R. Accad.
dellt scieme di Torino, tom. XXXV, classe di scienze mor. stor. e filol.,
pag. 887 e 348 ).
(b) 11 Vernazza in una sua Memoria sopra un diploma di Adriano
(Atti della R. Accad. delit 'tcienze di Torino , tom. XXIII, pag. 118)
non sa decidere, se i Corsi inentovati nella iscrizione fossero nativi
di Corsica, ovvero apparlenenti alla cofonia di Corsi stabilitasi nella
parte settentrionale di Sardegna, secondo laulorita di Plinio (Hist.
natur., III, 7).
(c) Cosi opina il Baille, cbe iUostrd il diploma relativo a Fusio
nella sua ffotitia di un nuovo congedo mUitarc delf imperatore Adriano
(Memor. detta R. Accad. dclle icictiu diTorino, toip. XXXIX, pag. 14).
E la sna opinione e assai ragionevole , perche le. due laminette dj
bronzo, sulie quali era jncisa la copia di detlo oongedo, furono tanvale
propagandosi universalmente ad onta deiie piu fiere perse^
cuzioni, immo!6 crudelmente ora in un luogo, ora ueH'altro
anni nella flotta pretoria di Ravenna sotto Numerio Albano, consegui
nell'11 ottobre del 137 dell'era volgare 11 suo onorevole congedo ,
come si deduce dai frammenti del seguente diploma:
Jmp . CdESAR . DIVI . TBAIANI . PABTHICI . F . DIVI
JVerVAE NEPOS TBAIANVS . HADBIANVS
AUG . PONTIF . MAX . TRIB . POTEST . XI . C08 . III
HU . OVt . MILITANT . IN . CLA8SE . PRAETORIA . RA
m»IATE . QVAE . E8T . 8VB . NVMERIO . ALBANO
Qui . 8ENA . ET . VICBNA . 8TIPENDIA . MERVE
r«NT . QVOBVM NOMINA SVBSCRIPTA
«UNT . IP8IS . LIBERIS . POSTEBISQVE . EORVM
CIVITATEM . DEDIT . ET . CONNVBIVM . CVM . VXO
RIBVS . QVA8 . TVNC . HABVISSENT . CVM . EST
CIVITAS . BIS . DATA . AVT . Sl . QVI . CAELIBES
MfENT . CVM . IIS . QVA8 . POSTEA . DVXISSENT
DVMTAXAT . SlNGVLl . SINGVLAS
A . D . V . ID . OCT
VLIO IVNCO
cos (d)
SEVERO
L
VIBI
0
LOLLI
c
CAESl
M
TBTTI
TI
CLAVDI
t
PVLL1'(«)
. - . I . .' ~ 1 —
A
i • .-.!,.■
8EX . 1VLIO
;■ ..' :•,)•!■ . •' i
EX
C . FVSIO . CVBA . . . (f)
IV. Sotlo 1'istesso impero di Adriano un altro soldato sardo, per
nome Decimo Nvmitorio Tarammonb, che aveva militato per ventisei
anni sotlo gli ordini di Calpurnio Seneca nella flotta di Miseno
(destinata da Augusto a tutelare Ie spiagge della Gallia , delle Spagne,
della Mauritania, deIl'Africa, di Egitto, di Sardegna, e di Sicilia,
come lo attesta Vegezio De re Militar., V, 1 ), ottenne nel 14 set-
tembre del 134 (P. C. N. ) il suo congedo militare, comesi ricava
dal seguente diploma illustrato dal Vernazza (g) :
nel villaggio d'Ubono appartenente slla stessa provincia di Sardegna,
in oui furono anteriormenle discoperti altri due diplomi somiglianti ,
cioi queUo di Tonila , di cui ho gia parlato , e l'altro di Tarammone ,
di oui parlero in apptesso. Le due mentovate lamine di bronzo esistono
al presenle nel museo deUa R. Universita .degli studii di Cagliari.
(d) La iscrizione fin qui riportata e queUa che leggesi nella parte
esterna deUa prim.a lamusetta. •
(e) I sopraddelti sei n»mi souo soritti sulla parte esterna deUa se-
conda laminetta. Manca perb il nbme del settimo teste.
(f) Sebbene non sia intiera la iscrizione conservataci neUa parte
interna della suddetta lamina seoonda, tuttavia si scorge ebe vi erano
prima scritti per intiero i aomi dei consoli che si trovavano in carica
nell' i 1 ollobre dell' 880 dr Roma , e dopo il nome del soldato Caio
Fusio (exgregale), quello del di lui padre, di cui si hanno le sole
prime leltere (CURA), e la patria del congedato.
(g) In una eradilissima Memoria da lui lelta il lSmarzo 1817 nella
Reale Accademia deUe scienze di Torino, ed inserita negli Aui di detta
Accademia (tqm. XXIII, claase di scienze moraii, stor. e filol. , pag.
83 e seg. ). Nella medesima sono riportati dieci allri somiglianti diplomi
imperiali, che prccedentemente erano stati messi in luce da varii dolti
d' Europa; e la maleria dl qoesti. congedi militari vi e lungamente e
valorosamente trattata. U nome di fifens, luogo nativo di Tarammohe,
non si trova ne nella Geografia di Tolommeo, ne neU'/(tiKrario di
Aolonino. II tempo perd del suo servizio e chiaramente fissato dal
diploma in ventiqei *D»i , siccQWse 1' anno prepjso di quest' ultimo e
suffieieatemente imlioato dall» deoimottava podesta tribuaizia di Adriano,
cbe cadde appunto, pei i34 (.P. C. N. ), SospeUa il Verstaua cbe
Dtoimo- tfumitorio T^amaoae, fosse fraleilo sainore di Qmnto Numitorio
Ftlio* rioordato da una isoiiziofle ripottata dalla Schoea » isaei (Com-
Mtnt. geograph. in, Romm. iter per Pannon:, rip. , pacte II , pag. 363 ).
lo pero non so adattacmi a credarlp, essondo troppo debole la oonr
ghietlura ,che pud trarsi daJla somigUans*. del, cogneme NutmtOrio
a dai prenomi Quinfa e.Deqima, .tanto piu phe 1'issrizjone d«l> Quinto *
Numitorio Fslice fu ritto.vata. in VV'eiUen , dirwBpsMo a Rnaa.. ■.
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70
DISSEBTAZIONE
deU'i«ola ('), la qttestura esercilatati soUo M. Aurelio e L.
UIP . CAESAft . DIVI . TRAIANI . PARTHICI . F . DITI . NER
VAE NEP08 TRAIANVS HADRIANVS AVO
PONTIF . MAX . TRIB . POTEST . XVIK . C08 . UI . P . P
118 . QVI . MILITAVERVNT . IN . CLA88B . PBAETOBIA
MI8ENEN8I . QVAE . EST . 8VB . CALPVBNIO . SENECA
8EX . ET . VIGINTI . STIPENDUS . EMEB1TI8 . DIMI88IS
HONESTA MISSIONE . QVOBVM NOMINA 8VB
8CBIPTA . 8VNT . IPSIS . LIBERIS . POSTEBISQVE . EO
BVM . CIVITATEM . DEDIT . ET . CONNVBIVM . CVM
VXORIBTS QVA8 TVNC HABVI88ENT CVM
E8T . CIVITAS . EI8 . DATA . AVT . 81 . QVI . CAELIBE8
ES8ENT . CVM . 118 . QVA8 . POSTEA . DVXIS8ENT
DVMTAXAT . 81NGVLI . SINGVLAS
A . D . XVIII . K . OCTOBB
P . LICINIO . PANSA . L . ATTIO . MACBO . COS
EXGREGALE
D . NVMITOBIO . AGISINI . F . TABAMMONI . FIFENS . EX . 8AR
ET . TARPAIARI . F . EIVS
DESCRIPTVM . ET . RECOGNITVM . EX . TABVLA . AENEA
QVAE . FIXA . EST . ROMAE . IN . MVRO . POST . TEMPLVM
DIVI . AVG . AD . MINERVAM
TIBERII . CI.AVD1I . MENANDRI
PVBLII . ATTII . SEVERl
LVCH . PVLLI . DAPHNI
TITI FLAVII ROMVLI
TIBERII . IVLII . FELICI8
CAII IVLII . 6ILVANI
CAIl . VBTTIENI . HERMETI8 (<z)
V. E nello stesso correre di tempi mililarono nelle navi provi-
dentia e tavbo, nella bireme fide, nella liburna fide, ed in altri
legni delle ilotte romane i sardi Caio Tamddio Cassiano , Caio
Valerio Gebmano , Locio Valerio Vittore , Louo Aorelio Forte,
e Marco Epidio Qcadrato, dei quali ci fu conservata la memoria
nelle seguenti iscrizioni :
I.
D . M
G . TAMYDIVS . CA8SIANV8
MIL i CLAB8 . PB . MI9EN
MANIP . III . PROTIBKNTIA
NATIONB . SARDVS . VIIIT
ANNIS . XXVIII . MIL . ANN . VIII
SEX . IVLIVS . QVIRINVS . MANIP
III . FOBTVNA . IIERES
B . M . F
Muratori, bcccLn . 6.
2.
D . M
C . VALERI . GEBMANI
MIL . EX . CL . PR . MI8
IU . TAVtO . 8TIP . XXV
NAT . SABPVS ,
MESTRIA . F.VHODIA ,
H . B . M' . F
Muratori, dccclxii . 3.
3. ' '" • '
b : m '' ■ *
L . VALBBIV8 . VICTOR
EX . II . EISE JNATIOHS
8ABDV8 ... VICTIHARI
V8 PRINCIPALIS
MILITAVIT . ANNIS
XXIII . VlXl* . ANNT8
XXXI AVRBXU
6PBS . CONIYGI . B . M
FECIT
Muratoii, dccclxiv . 1.
4.
D . M
L . AVRELIO . FORTI . FABRO . DV
PLICAHIO . LIB FIDE . NATIONE
8ARDO . VIXIT . ANNI8 . UI .. . M . CABl
, SIVS . FBONTO . HERES . B . M . . FECIT
CVRANTE ARRVNTIO . PETBONI
ANO . AMICO . OPTIMO
Muratori, occxcni . 5.
(o) Caio Vezieno firwete e- gli aKri sei precedenli farono i sette
testiaaoRti che soscrissero ed aatenticerono co' loro sigilli la eopia di
qaesto diploma , ricavato dafl' originale scrilto solla tavola di bronzo
quae fisa (eral) Jtomat iwmvro prnt temphtm divi Augasti ad Mintrvam.
La suddetta copia era soritta 'sopra doe tavolette parimenli di bronzo,
cbe furono trovate in Sardegna pressa a Tortoli sotto il regno di Carlo
< Bmanuele III. La iscrizione 1 riportata di sopra e qttellw ebe leggecn
nella faeciala etlerba dl dette tavotatte; ed bo creddto inntfle riporlare
1'itorizione della faeciata interna, ch'e affatto somigHaote , estendori
anzi dippin nella pagtna esleriore 1'aatenticazione e le firroe dei testi.
Yero daH'ultimo dei mentovati imperatoriC), i ricordi nMF p c.»..6 7 .
M . BPIDI
T8 . QTA
DBATVS
MILE8
BX . CLA8SE
MISENBNSl
C . M . VALERI
PRISCI
MILIT . AN . III
VIXIT . AN . XXVII
C . 8ITV8 . E8T (5)
Cassiano, Gbbmano e Qoadbato servirono in qualita di semplici
soldati nella flotta di Hiseno; ma Vittobe era vittimario principaie,
e Forte fabbro duplicario, o nella slessa flotta, o nelt' altra di
Itavenna, giacche nelle loro iscrizioni cio non vedesi indicato come
nelle allre. Forse era sardo eziandio Tito Ursinio Castore, cbe
militava nella trireme Victoria , secondo un' iscrizione pubblicata
dal Maffei ( Mus. Veron. , CXXIV , 5 ) , perche la sua patria vi e
indicata in questo modo: nat. sard. E sebbene il Morcelli creda
( De stil., 93 , 94 ) che quel soldato fosse nativo di Sabdi in Lidia,
perche H cognome Castore e greco, tutlavia non e fuori di pro-
babilita che in un paese gia abitato da colonie greche, qual fo
senza dubbio Ia Sardegna, si usassero ancora nei tempi romani
nomi di greca composizione o derivazione. E basti il sinqui detto
ad illustrazione dei pochi fatti occorsi nei primi due secoli dell'era
volgare, poiche i medesimi appartengono bensi ad uomini ed a
cose sarde, ma non costituiscono elementi abbastanza interessanti
per la storia pubblica dell'isola.
(1) Dessi furono i Ss. Crispolo e Gabino, cbe il Baronio confonde
con S. Gavino (Martyr. Rom.-Martyr. Rinovien. et Richenovien. ,
apud Bolland. , tn Act. Ss. , tom. VII, jun. - Ferrar. , tn Catal. Ss.
ital. - Henschen. , tn Act. Ss., tom. VII, maii, pag. 836.- Soller., in
Animadvers. ad tnartyrol. Usuardi. - Tillemont, Metnoir. pour servir
a VHistoir. eccMsiast. etc., tom II, pag. 930 e 587, e tom. V, pag.
143, edit. venet. t732), Salostiano, Crescenziano ed Antioco
(Martyrol. Rom., ad diem 8 jun. et 13 decemb. - Martyrol. Usuard.
Adon. et Bed. - Biblioth. vet. PP., tom. XVI, pag. 854, edit. lugdun.,
1677. - Zacbar. , tn Biblioth. Pistorien. , pag. 113. Ferrar. op. cit. ,
- Tillemont. , op. cit. , tom. I, pag. 930), le sante vergini Giusta,
Giosttna ed Enedina ( Ferrar. op. cit. ad diem 14 maii , pag. 979,
edit. 1613. - Acla Ss.; apud Bolland. , tom. III, ad dict. diem,
pag. 971. - Martyrol. Roman., ad diemjprid. id. maii),eS. Potito
\Marlyrol Roman., idib. ian. -Baron. , Annal. , tom. II, pag. 130,
ad an. 154.- BoIIand. Acta Ss., tom. II , jannuar. pag. 753). II Fara
non assegna il tempo del martirio dei primi quattro, e, ad ecce-
zione di Salcstiano , li dice martirizzati in Torres , secondo
I' autorita di Usoardo ( Martyrol. ). Senza fissazione cosi pure di
tempo parla del transito delle sante vergini Giosta, Giostina ed
Enedina. Di S. Antioco scrive, che soffri per la fede nel 195 delFera
volgare solto I' impero di Adriano (D« reb. sard., I, 140, 141);
e di S. Potito che fu martirizzato nell'antica Nora ( ibid. pag. 149).
Per questi e per gli altri seguaci della fede immolati in Sardegna
vedi Tola , Dizion. Biogr. dei Sardi illustri , negli articoli relativi.
(9) Spartian. tn tt'to Sever. - Posteriore alla questura di Severo
fu il proconsolato di Lccio Bagonio in Sardegna. II medesimo
cadde sotto 1'impero di Commodo, e probabilmente nel 184 dell'era
volgare, allorche Cleandro, favorito di Cesare, vendeva e donava
a capriccio le cariche dello Statp. Di queslo governante ignorato
dagli antichi storici dell'iso!a, ci ba conservato la memoria la se-
guente iscrizione pubblicata dal Grulero (Thesaur. inscript., XLV,
n° 9 ).
HERCVLI . C0N8ERVAT0RI
PRO . SALVTE
L . RAGONI . L . F . PAP . VRINATI
LARTI QVINCTIANI . VIR . COS
SODAL . HADRIANAL . LEG . LEG
XIII . GEM . DONIS . MILIT . DONATI
AB . 1MP . COMMODO . ANTONINO
AVG . PRO . COS . PROV . SARDINIAR
IVRIDIC . PER . APVLIAM . PRAEF
I . D . PRAET . AED PL Q . PR . AFRICAB
VI . VIR . AVG . EX., TESTAMENTO
M . ANNIVS . ENTIVS . SERCIANVS !
AMICO . V . CVR '
(b) La iscrizione riportata sotto il suddcllo numero 5 fu dissolterrata
in Cagliari nell' alrio della R. Cnivcrsila degli stodii , e pnbblicata
dal Vernazza ( Memor. detta R. Aecademia delle scienze di Torino, lom.
XXIII, pag. 937). " ' " ! '
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PRIMA.
nuraenlali decrelati dal raunicipio di Solci e dalla colonia di
Usellis a onore di L. Cornelio Marcello e di M. Aristio Al-
P.C.N. isa. bino Atiniano (O, e le statue di L. Fulvio Plauziano prefetto
del pretorio, ereltevi dagli adulatori della sua potenza, e
poi atterrate dal preside Razio Costante (202 P. C. N.),
quando la fortuna volto le spalle a quel truce favorito e
(1) U monumento eretto dai Solcitani a L. Cobnklio Mabcbllo
fa probabUmente nna statua, alla qoale serviva di base la seguente
iscrizione :
L . COBNELIO . QVIB . MABCBLLQ
L . COBNBU . LAVBI . PATBI . IIU VIB . U . IVB
DIC . FLAM . AVG . II . PONTIFICI . 8ACBOBVM
PVBUCOB PAClKNDOIVM . PATBONO . MV
NICIPl . D . D . COOPTATO . KT . ADLBCTO . II*
QVINQVE . DBCVBIA8 . KT . INTBB . 8ACBB
,i DOTALBS . PBOV . 8ABD . OB . MBBITA . BIV8
| IN . .. BB . PVBUCA . 8VLCITAIU . KX . TSS
TAMBNTO . IPSIVS
Dat contesto della medesima, e da quanto ne disse il Baille
(Iser. Soieit. Ulustr., Genova, 1830, in-4° ) e dopo iui il Gazzera
( Memor. della R. Aecad. delle seienxe di Torino , tom. XXW ,
pag. 11 iino a pag. 80), si viene a conosoere che il suddetlo
Mabcello era patrono di Solci , ed insignilo di molte magistralure
e delle piu eminenti dtgnita sacerdotali. Erano questi i meriti suoi,
e i titoli dell' onoranza che il municipio tributava alla di lui me-
moria. Quali perd fossero i merili del Suo flglio L. Cobnblio Ladbo,
patraao ancor esso del medesimo municipio, ne la iscrizione lo
dice , ne credo possibile indovinarlo. In quanto poi si apparliene
aU' eta delia lapida, si puo bensi affermare che fu posteriore a
Caligola, il quale institui la quinta decuria dei gkidici, alla quale
Marcello apparteneva, come si ha da Svetonio (ut levior labor
iudieantibus foret, ad quatuor priores quintam deeuriam addidit;
in Calig. , XVI) , ma nnn se ne puo con certezza fissare lapno
determinato. Tnttavia porto opinione ehe non sia anteriore alla.
prima raeta del secondo secolo cristiano, perche non puo ragione-i
volmente crederai piu antka la floridezza di Solci, dopo la mutta
impostagli da Cesare nel 706 di Roma ( ved. sopra pag. 69, ool. 1*).
L' altro monumento per M. Abistio Albino Atiniano contiene il-
ricordo dell'ospitalita da lui contratta colla eolonia Givlia Aosobta
di Usbllis, e del patronato con cni egli ricambiava 1'accordatogU
ospizio , ricevendo sotto la sua clientela gU Usellensi. E scritto su
tavola di bronzo scoperta in Sardegna nel 1899, ed ora esistente
nel R. Museo di Cagliari, e il Gazzera lo illustrd assai dottamente
(Memor. della R. AceaS. delle scienxe di Torino, tom. XXXV , classe
di scienze mor. stor. e filolog., pag. 35 e seg.). L'anno in cui questo
decreto fu fatto e certamente it 91 1 di Roma (158 P. C. N.), perche
vi e annotato il consolato di Sesto Sulpick) Tertullo , e di Quinto
Teneio saeerdote , che cadde appunto nel detto anno , secondo i
FasH idaxiani (Thesaur. antiq. rom., apud Graev., vol. XI, coi. 957).
11 tenore del deoreto e il seguente:
8BX . svlpicio . tbbtvllo
Q . TENEIO . 8ACBBD0TE . COSS
COLOIUA IVLIA . AV6V8TA . V8BLLIS . B08PITI
VM . FBCIT . CVM . M . ABtSTlO . ALBINO . ATI
NIANO . EVMQVE . CVM . LIBERIS . P08TEBISQ
SVIS . PATBONVM . COOPTAVKBVNT
M ABI8TIV8 ALBINV8 ATINIANVS HOS
PITIVM . FBCIT . CVM . POPVLO . COLON . IVLIAE
AVO V8BLL LIBEB08 POStEROSQVB BO
BVM .1* . FIDEM ' CUENTELAMQVB 8VAM
8V0BVMQVK '. BECBPIT
ECeWvNT . LBflATl
L . FABIVfl . .' . FAV8TV8 . II . VIB . QQ '. SBX . IVNlVS . CA88I
ANVB . ' M' . ASPBIV8 V FBttX . C . ANTISTIVS . PBTV8 . 8CB1»
' ' DaJta riportata iscrizfone si ricava che il contratto reciproeo di
ospitalHa e di patronato fu cOncordato per mezzo di legati mandati
a* Awnfto dalla colonia (egerunt legati)) t> questi legati furenD II
duomviro L. Fabio Fausto e i decurioni Sesto Gicnyo CAOsiano 1 ,
Masco Abpsio Fblicb e CAio ATmsno Peto. E da cid si comprende
quantofosse import&tite uria tal missione, e come gli fjsELEBM
ambissero' di essere ricevnti sotto la protezione di Albino Antiniano,
il quale' percl6 doveva essere i» quei tempi ntt personaggto molte
disUnto ed infloente negll affari del governo'di Roma. II fitolo dt
Gutlia Acgcsta', che assume Usbllib , dimostra chtararaente ohe
U medesima fu orta cotonia militare dedotta in Sardegna ai tempt
<ti Otfeviano August6, essendo ben nete, per 1'antorita di VeUeid
Pvtarbolo, rihe mUitarium (eoloniarum) et causae et auotores et ipsarum
pratfiHgenl nomina , ovvero tx ipsdrum praefulgent nomine , oome
legge l'Hehwio' (Hittor. Rom. I, 14). Anzi ponendo mente a quei
passo del monumento ancirano , in cui Augusto dice dr se mede-
ministro di Cesare Ma nel secolo quindi trascorso fino
all'eta di Costantino, vi si alternarono con piu frequeute
vicenda i fatti civili e religiosi. Imperocche dall'un canto il
papa S. Ponziano col sacerdote Ippolito vi furono confinati
da Alessandro Severo, e poi fatti uccidere da Massimino ( 3 ), p.cn.>35-36.
e vi sparsero il sangue sotto Diocleziano i generosi atleti
della cristiana confessione Gavino, Proto e Gianuario ( 4 ) ,
Lussorio, Cisello e Camerino ( 5 ), Simplicio, Saturnino, Efisio
simo : Siciliam et Sardiniam oeeupatas bello servili reciperavi ( Tab. II
a dextr.) ed a)i'altro in cui leggesi Cokmias in Afriea, Sieilia
nia, utraque Hitpania , in Gallia Comata, et Gallia Narbonensi,
praeter praesidia militum, deduxi (ibid.), e nel quale probabilmente
la semi-lacuna nia , deve essere riempiuta colla parola Sab-
dinia; si pud quasi tenere per certo ohe Usellis fosse una delle
varie colonie miUtari , dedotte in diverse parti d' ItaUa nel tempo
m cui Ottaviano, conchiusa felicemente la guerra servile, distribni
le terre alle sue legioni , per gratificarle del loro servizio e della
loro fedelta. II geografo Tolommeo ne fa espressa menzione, collc-
candola nel lato occidentale della Sardegna : UseUis eivitas eolonia
(Geograph., III, 3, tab. 7, Europ.); ma erra, numerandola fra le
citla litorane , e per Popposto non fa veron rkordo della colonia
di Torres che era certamente citta marittima. Plinio invece, che
fiori poco prima di Tolommeo , nomino la colonia di Tobbbs (Co-
lonia autem una, quae vocatur Ad Tubrim Libvsonis, Histor. na-
tur. III, 13), e tacque di Usellis; dal che si deduce che a ciasche-
dano dei menlovati scrittori era nota nna sola delle sopraddette
colonie. Usbllis era citta mediterranea, e se ne vedono ancor oggi
gli avanzi nel luogo denominato Roinas , non molto lungi di Albs ,
alla distanza di venticinqne o trenta migUa dal mare. Il Cluverio
(Sard. antiq , cap. VII, pag. 17, edit. taurin., 1785) la colloco ma-
lamente in Orislano: ipsa vero vrbs swe colania Usellis erit ea, quae
seeunda a capite (Haermeo) vulgo nunc dicitur Obistagni , intus
paullum recedens; e fondd la sua opinione sulla descrizione fattane
dal suddetto Tolommeo, il quale scrisse Hermaeum promontorium,
Termi fluvii ostia , Coracodet portus , Tarrae eivitas , Thyrsi fhtvii
ostia, Usellis civUas colonia (loc. cit). Ma non avverti che. Ia posi-
zione era errata , assegnandosi a Usellis un sito litorano che mai
non ebbe; 9 scordossi di certo che il geografo alessandrino fu mirus
turbator . . . opidorum, come egli stesso lo appelld nella sua Sar-
dinia dnlxqua, cap. VII, pag. 15.
(9) Cum fama esset Plautianum dignitate exutum , ei quasi e medio
sublatum , multi eius statuas deiecerunt. .... *uit in eorum nu-
mero Raetus Constans, etr clarissimus, qui Sardiniae praoerat. (Xi-
phfffn., EpUom. JHon., lib. LXXV, 16).
(3) Furono relegati in Buceinam insulam (odierna Tavolara) , se-
condo 1'autorita del Libro pontificale attribuko a Damaso. Cid ac-
cadde nel 935 (P. C. N.), e nelPanna seguenie furano entrambi
martirizzati (Anast. , Bibl. vU. Pont., tom. II, pag. 181 , edit. Blanch.
— Ensebs Hist. eceL, VI, 98. — Sever. Hist. sae. II, 39. — Rufin. ,
Hitt. , VI , 19. — Baron., Annal. Eecl. , ad ann. 935 , $ 4 , et ann. 937,
§S 1 e 10). Della persecuzione di Massimino, sotto la quale caddero
qeeste vitlime illustri del cristianesimo , dice il citato Eusebio : Maxi-
minus . ... gravi odio sueoensus adversus famUiam Alexandri, in
qua pterique erant ehristiani, perteeutione exeitata , solos Ecclesiarum
antistites , utpote evangelicae praedieationis auetares , initrfici jussit
(loc. cit.). II corpo di S. Ponziano fu trasportato da Sardegna a Roma
Sotto H ponttflcato di 6. Febiano, e tnnraktto nel cimitero di papa
Callisto (BOtfa , Rer. liturg., II, S, $ 5). Il Fara acrive che S. Antero ,
sBecessore di S. Fabiano nella cattedra.di S. Pietro, menava in
Sflrdegna vita eremitica, allorche fu assanto alla suprema dignita:
Sanetus Antherus, qui «0 tempore , ut inquit Petrus Recordati, vitam
monasHcam in SartHnia ducebat , romanus pontifex fuit saeratus ,
eodem Onuphrio (Panvinio) referente (De reb. sard., I, 149).
(4) II martirto di S. Gavino accadde neU'antica citta di Torrea
nel 95 ottobre deU-anno 300 delfera volgare, e poco appresso l'altro
de'shoi compagni Pboto e Gunoabio (Martyrol. rom. , ad diem
95 ootobr. — TiHemont , Memoir. pour servir a VhisL ecclis. des
prvmiert siiclet, *om. V, art. LVI, pag. 153. — Fara, De reb. tard.,i,
149: Pinto, De Christ. ctucif., tom.T, piag. 439-40. — Arca, De.
saitet. Sard., lib. II ; pag. 1 e seg.). Sono essv venerati qaali pretet-
tori della provinoia tnrritana e del capo settentrionale della Sais
degna. Per quanto si appartiene agU atti del lorasnartirio, regtstraU
netrontioo Codiee turritano, ved. Tola, Dizion. bwgraf. degli uomini
iUuttri di Sardegna, voL II, pag. 131 e seg. : 1
(5) S. Lussonio fa martirizzato nel 91 agoste del 904 , e poco depo
nello stesso anuo i Ss. Gisbllo e Cambbino. Nel tempto eretto al
primo dei detti roartiri in Fobdongi anos (antico Fobum Tbaiani) ,
dove si crede che egli sia slato decollato, leggcvasi la seguente
iscrizione :
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72
DISSERT AZION E
o Restilula, madre del grande Eusebio 0); e dairaltro canto
M. Ulpio Vittore fece ristaurare 1'antico tempio della Fortuoa
colla basilica di Torres, e le due vie provinciali da Nora a
p.cn.hs-m. Bisia, e da Cagliari a Olbia ( 2 ); Gianuario, procuratore au-
HIC . EFFV8V9 . E8T . 8ANGVI8
B MARTYRIS LVXORII p
CELBBRATVR NATALE EIVS
XII . KS . 8EPTEMBBI8
Ed ai tempi di S. Gregorio Magno esisteva in Cagliari un monastero
denominato di S. Lussorio (Martyrol. Rom. et al. , Martyrol. ad
diem 91 aug. — Aeta St., tom. IV. — AogusL , pag. 416. — S. Gre-
gor. M. , Regett., lib. VII. — Fara, Corograph. Sard., 11,74, e Dt
rtb. tard., 1, 144 ; e gli altri citati dal Tola, Dizionar. Biogr. sudd.,
vol. II , pag. 196).
(I) U marthio di S. Simplicio, che taloni dkono essere stato sem-
plice sacerdote, ed aHri vescovo di Facsania (antica Olbia), cadde
nel 15 maggio del suddetto anno 304 ; e quello di S. Efisio, patrono
delb citta di CagHari e del capo meridionale della Sardegna, nel
14 gennaio del 386, secondo akuni, e del 303, secondo il Fara; su
di cbe possono essere consultati gli aulori e monumenti citati dal
Tola, Dizionar. Biogr. sudd., vol. II, pag. 50 e seg., e pag. 70, e
vol. III, pag. 903). Di santa Restituta poi, che il Fara predica in-
tigne per eattita ( De reb. tard. , 1 , 144 ) , parlano i Bollandisti , e
1'appellano vedova e martire (Acta St., tom. I aug., pag. 5, e tom. II
jun., pag. 1011).
' (9) La ristaurazione del tempio della Fortuna e comprovata dal-
1'iscrizione che fu dissolterrata fra le ruine di Torres neU'aprile
del 1819, e che al presente si conserva nel museo deila R. Uni-
versila degli studi di Sassari. E scolpita su pietra marmorea , e
conliene intatla in ogni sua parte la seguente lezione :
TEMPLVM FOBTVNAB
ET ' BA8ILICAM ' CVM
TRIBCNALI ' BT ' COLVM
NI8 ' 8EX ' YETV8TATE
COLLAPSA ' RKSTITVIT
M ' VLPIVB - VICTOR
• V ' E ' PBOC ' AVO * N
PRAEF • PBOV • 8ARD
CVBANTB ' L ' MAGNIO
FVLV1AN0 ' TRIB ' MIL (
CVRATORB * BEIPVBL ' PP
Importantissimo e un tal monumento, non solamente percbe
dimostra di aver esistito nelFantichissima citta di Torres un tempio
dedicato alla suddetta divinita pagana , ed una basilica col tribu-
nale per la trattazione dei negozi fra i privati e per l amministra-
zione della giustizia, ma eziandio per essersi ritrovato sul luogo
medesimo in cui sorgevano ai tempi romani ii due mentovati edifizi ,
dei quali ancor oggi si vedono gli avanzi. La tradizione popolare
impose a siffatti ruderi il nome di Palazso del rc Barbaro , con-
fondendo forse colle nozioni generali dei pretori, presidi o prefetti
che sedevano nei tribunali delle basiliche , la nozione speciale del
preside Babbabo, che governd veramentela Sardegna negli ultimi
anni del terzo secolo cristiano. La pianta topografica di detto tempio
e basilica turritana fu levata nel 1890, e falta di pobblica ragione
colle slampe dal conte Lunelli di Cortemiglia (Torino, stamp. Fon-
tana, in 4°). In tale occasione furono scoperte eziandio moltealtre
iscrizioni , sarcofagi e mosaici che il tempo e la mano degU uomini
non avevano ancora distrutto. Le iscrizioni con un sarcofago esistono
nel suddetto museo di Sassari, e saranno riportate a suo luogo;
un altro bellissimo sarcofago rimase negletlo, e trovasi presepte-
mente nella basilica di S. Gavino di Torres;ma i mosaici, e quan-
1'altro vi si scorgeva di monumenti rari e pregevoli fu poco per
volta consunto e sperperato. L'ignoranza incolpevole dei bifolcbi,
e rincuranza superba dei semi-dotU subentrarono sgraziatamento
a rovinare quel poco che tottavia rimaneva delle antichita sardo-
romane ; e solamente si pud ricordare con riconoscenza, che i pochi
monumenti salvaU dalla dislruzione son dovoti alla generosita so-
vrana di Maria Teresa d'Auslria, regina di Sardegna, la quale or-
dinava 1'escavazione delfarea di detto edifizio e dei luoghi circo-
stantt. E, benche 1'incarico di tali scavi fosse dato in quel tempo
a cbi tutfaltro sapeva che ricercare con previdenle consigUo e coq
erudita esperienza le venerevoli reUquie deUa grandezza romana,
devesi tuttavia ringraziare la fortuna che. Imerd gli avanzi leste
accennatt daUe maazato, a caso, di quel salaciato lapieida. A questa
fortooa preservatrice era dedicato probabUmente il tempiodi Torres,
che dovea essere molto antico, poiche Marco Vlpio Vittore, procu-
ratore di Cesare, e prefetto di Sardegna, lo ristauro assieme alla
basiUca, al tribunale ed aUe colonne , opere gia rovinale per vec-
cbiezza (vetuttate oollapta). La ristaurazione fu falta sotto la cura
di Lucio Magnio Fulviano, tribuno militare, e curatore deUa re-
publica; ne so decidere se le ultime sigle PP delia iscrizione vo-
gustale, (diverso da Settimio Giaauario, cbe, imperando
gUano significare che 1'opera fu eseguita a spese pubbUche (Pecmia
Pubblica), ovvero da Fulviano incaricato (Pro-Pretore) di mettere
ad effetto i comandamenti del principe e del suo proouratore.
Sull'et& deUa lapide ragiono diffusamente il BaiUe, aUorche presa
ad illustrarla (Itcriz. Rotnan. illuttr. Torino, Tip. Chirio e Mina,
1890, in-4*). Ma non avendo egli altri monumenti certi che lo chia-
rissero del tompo in cui Ulpio Vitlore governd la Sardegna , andd
eon erudite indagini argomentando che fosse ristesso Ulpio ricor-
dato da un'iscrizione Gruteriana (a), e probabilmente quel deem
cui e indirizzata la legge terza (lib. XII, til. XXXVIII) del codio*
Giustinianeo, e la legge duodecima (Kb, VII, ttt IV) del codice
Teodosiano (6). Ritenendo poi come fondamento della sua argo-
mentazione, ehe laSardegna non abbia avuto Pbesidi e Pbefetti
prima del 315 delfera volgare.e che l'uffizio di Razionale trium
provinciarum (cioe deUa Sardegna, deUa SicUia e della Corsica) ,
ossia di Procuratore di Cetare, sia stato separato daU'altro ufilzio
deUa presidenza deUisola fino al 340 (P. C. N.) , venne a conchiu-
dere, che 1'inscrizione fosse posteriore al dettoanno, poiche Marco
Ulpio Vittore vi appare rivestito delle due qualita di Pbbfetto deUa
Sardegna, e di Pbocoratorb di Augusto (Procurator Auguttx Nottri
Praefeetut Provinciae Sardiniae. Inscr. sudd.). Cio supposto come
vero, avanzossi a precisare Yepoca (com'egtt disse) deUa stessa iseii-
zione, e credette che potesse fissarsi in uno dei trc anni deU'era
volgare 350 , 351 e 355, sotto 1'impero di Costanzo; in gmisa cbe
non solo accettd come certa la identita di persona tra 1'Ulpio Vit-
tore del monumento Turritano, e il Vittore deUe due leggi di Giu-
stiniano e di Teodosio, ma inoltre abbasso di un secolo intiero U
vera eta del monumento medesimo. Io non niegherd ia lodp dewota
a questo insigne archeologo sardo per 1'erudita fatka con cuiade-
perossi a determinare 1'anno deUa ristaorazione del tompio della
Fortuna in Torres; ma non posso dispensarmi daU'osservare che
Targomento ricavato dal titolo di Prefetto usato da Vittore non era
abbastanza solido per poterne quindi trarre conseguenze cosi ge-
nerali e risolute. Imperocche sappiamo da Strabone (Geogr. Ub. XVII,
95) che si chiamavano promiscuamente Pretori, Pretidi o PrtfttH
i governanti che il senato inviava alle provincie toccategli in sorte.
nella divisione fattane con Augusto nel 795 di Roma(A. C. N. 97);
e Dione Cassio dice chiaramente che ciascuna deUe suddette pro-
vmcie avea tuum peculiartm praefeetum , mentre per lo innanzi un
sol prefetto ne governava due o tre insieme: eum antiquitut bwit
vel temit tinguli pratfuerint (Hitt. Rom. LIII, pag. 660). E sebbena
(o) Esiste nel Tttoro delit itcriuom (DLXIX , n° 11), ed e la geguente .-
D . . . .
M . VLP . VIC . . .
SIGNIF . EQ . Sl . . .
. Sebbene la leggenda sia corrosa, e pero certo che *i riferiva ad ua
Ulpio Vittore, il quale era tignifer equitum lingularium Auguiti, •
quindi passo a capo di turma nella stessa milizia, come si ricava dn
un'altra isqriiione pubblicata dallo Spon (Miicell., pag. 957).
T . AVR . FELICI
EQ . SINO . AVG . TVB
VXPI . VICTORIS
RAT . GANONEFAS
V . A . XXVUI . M . II . D . X
T . AVR . VERAX . VIX
H . AMICO . OPTIMO
Questa seconda fu riprodotta dal Gazzera (Mtmor. della R. Accad.
dellt tdenze di Tortno classe sudd. , tom. XXXV , pag. 94 ) , il qnate
conghiettura molto ragionevolmente , che Clpio Vittore sia stato qaindi
mandato in Sardegna nella qualita di prefetto , e iosieme di procuratore
di Cesare, oome Subrio Destro, tribano militare sotto Galba, fu innal»
sato sotto Vespasiano «Uo stesso grado di prefetto deU'isola. Tultavia
gli accennati monumenli , se servivano a darci maggiori notizie aqUa
persooa di Ulpio, non davano veruna indicazione del Umpo in cui egli
avea vissuto. Siffatta scoperU e dovuU a due lapidi sarde poaUxioit-
mente rinvenuU , delle quali parlero fra poco.
(4) Ho emendato nel sopraddetto modo 1'erronea cilazione faUaoe dal
Baille , il quale notb la legge undecima a vece della duodecima dell
Codice Teodoiiano (lib. e tit. sudd.) , ohe veramenU Uggesi.direUa a
Vittore nel 364 dell'era volgare. Di questo VUtore, phe fio^i sotlp l'inxi
pero di ValenU, parlo Ammiano MarceUino in piu.laegbi de'*uoi libji
storioi, dai qOali si rileva ch' era ancora in, ; vito nel 377 ( ved.
Ammian. MarcelL, Rer. qtilar., lib. XXVI, «u XXVH, 6; XXX, 9}
XXXI, 7). E ne parlo etiandio- Zosimo (Hiit. , IV , 9). Ma U yitton»
dei Umpi di Valente e affatto diverso dal Vittore prefetto di Saidegna ,
il qoale visse un secolo prima di lui ; • quindi fo iautiU la fatiea. di
rieercare il ristoratore del Umpio della Fortona ntl personaggio tndir
calooi dalle ciUU leggi. - • 1 <
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phima. 73
l^eiuio, ebbe.nei priiui anui stkijS^olo segoeiile la pre6i r deoza UelTisola) tece riparare popo lep^pp approsso sotlo p.cn.*;^
il toeotovatt» istorico aceada, poi a narrare, $bp Cesaie «biamd Pro^
Pwtom i governanti di sua scelta, e PooCoksoli -gli alU-i eletti
daj «euato (ibid., pag. 661) 3 nej <cbo sj -ac©ar4» con,S»etonio (Octav,
JtLVII); tuttavia *oggiooge ; ehe riserv^ talj uoipi per coloro che
gQvernaasero iu Itaha (ao«c npmina ,vn /tylta Ga«*ar r^wpcavit) , •
che gli altri tq|ti, i^Q^ic^midere^befoueUealtrepp^Tiiica, vo|Ui
che ai chiamassere Prefettj (qui epfra ItaUq, m impcrarent
praefectot appellavit. Loc, qit.). Ora e ben ooto , cho la Sardegoa
»oa fu aanovexata fra le proviocei^aoe unaalTeLa ,dj QostawUna,
il qoale nella nuova divisiene 4*1 mopdp romapo la «ottupose aj
preietto pretorio d'Itatia (*J. Dunque nei tempi anterieri, essendo
1'isola. indipendente (lallaHiawnistraaione italica, e quindi «oasidei-
rata, pel governe, cprae provincj*, #<tfra Jtaiiam, i sopi eovernatori
doveapo osarP, per |a suddett? volont» ,<li 4ugu#to, ji tjtole Qj
Prkfetti. Qpestp titolp pertaoto, «ejhbeoo mdicasee geoeralmeoto
l'autorita dei «uoremi wagiateati ehe ; «'«viavaoo alle provi»fiie.
fosaero essi peetorj o pracon&oli,,, pogsjdi eoeftfettori, caaje.die* il
Sigeaio (fle antiq, jur. Itak 1., 9») f f> ,piu apectaioonte Cieerpoe ,
ehe aeri»rendo. ad AMiep po) U0» : («. €•) «hjamo prefeiti i pwquo
go*eroatori prowocjali djpepdepAi^ d* Pompeo (de quxnque prae-
fccti*, fw4 Pomffm f4cpmm-.*M i <m\ «s ipto eognovero., faciam
ut tcUu. 44 4Uk. Y, *), «eow«*ava di.diritto ai goyerneirti deUa
Sardegp» np 4a«;tewi4».oM«^» JWn,»rto P*r la goooraUta doJUa
so» «ifoiueazione , o» effiaodfe per ia sp eeiaUta di offiae, che
piacque a4 OUaviane di attribuirglj. Vedj#flao irdatti , obe tutti i
wagiatra^i fioora conescieti , ai quali da t«l teneo fino a Costaotine
fa affidato.il. goverjoo Oell isala, quantnnque sjangi appeliatita|voita
pruidi e procenroi» , usarono pew fja freqnenteaaente il litolo di
pnfetti, Cosi fece Suwuw IHkstbo , neJ 74 deJCera vojgare (iaeria.
«t Macom., sop»pag.6T,«oJ. 1*, ia oot.), «osi C^xcuuyp Ckmajio
oel 353, deU'e«a medeaima (/*crt*, di, fyrdong., sopra pag. 67,
(ool. i', in not), e cosi pnro in,«nno jneoritoXccio Balbio e Qbihjo
Coscowo, come si ricava cialle seg^eoti iscri^ionj:
l.. .
L ' OALBIO ! L ' I ' CAL ' A*OKUO
IVNClflO ' OROC ' BBBOOtT
PBOC • *V« • POABK • PROV ' 84BD
1>BABB ' VBBJCVL • AD .^8 ^CC
PBABF ' VEBJKVL ' *P ' H8 ' C
K»OC_- *»_ ' AMIONAM - 08TW
^p. ■ «g • H ' HQC • B|BLOf0BC
IOt • 118 ' JK * LAtVBflNTI ' U
UVIMATIVM
q ; momakt* ' roui
MCI - « ' BtBATOB ' BIV6
V» ' PB*B«BI «A«I«eiMO
Aforotor, pr.LXKUi, 4.
8.
« • cpacoNio • m • » • poll • raoNTONi
PBABr ' PABK ' A ' C08 ' ADLBCTO ' PBABF ' C0H ' 1
w • «wo • »ii • les • t ■ ital • proc • Aveverea
AD * VKCTIQ V XI ' BJUV'. PEB ' PQHTVM ' BT ' BITHV
NUM ' ET ' PONTVH ' MEPITEBEANEVM ' ET
jr-APHLACOHIAM ' PKOG ' IIEM ' A»
THTM ' IX • UBR ' PEB ' PAMHIUAM ' BT ' LTCIAM
PHRTOIAM ' GALATIAM * ET ' TNSVLAS ' CV
CLAOE8 ' SUB ' PRABF * ANNONAE ' OBBIS
PBOC ' AVG ' AD ' VECTIG ' PB * GALLIC
PBOC ' AVG ' ET ' PRAEF * PRO ' 8ARD
OPTIMO ' ET ' 8ANCTI88IMO ' PRAEPOSITO
LVCRBTIT8 ' VCC
TABVL ' PROV '. 8ARD
Murator, Cl. x. p. dcxcv. i.
Non era perd qoest uso cosi indeclinabile , che talvolta non vo-
lessero o non potessero assmnere altri titoli, sia generali cbe spe-
ciali. Imperocche Lcao Raqonio , che governava la Sardegna sotto
rimpero di Commodo , come si e veduto piu sopra (pag. 70 , col. 9* ,
(a) Sebbene sia questa 1'opinione piu comunemente abbracciala, ed
io la segua in questo Iuogo , perche il Ballle la mette a base del «uo
mgionameato , tuttavia non mancano monumenti e scrittori che fac-
ciano risaUreeino aU'impero di Adriane J'aonoveramento deJJa Sardegaa
fra )e proyineie italiane (ved. infra peg. *76, col. 8», not 6"). E lad-
dove quesla secondV opinione fosse vera , come pare assai probabile ,
pe conseguirebbe da un cante che l isola sia stala provincia presi-
diale fin uaiia prima meta del seoendo secelo orisltano, e dalfallro
caoto cadrebbero a terra tutte le ragioai BaiHiane , foodate nella sup-
posiiiouc , che i presidi sardi ' abbiano avuto iocominciamenlo dalla
sola eta di Costantino.
not. 9) chiamavasi proconeolo ; lo atesso titolp usava Caio Aanrfp
Juccruno (i), di cui non hanno fatto menzieoe \ sardi serittori;
ed Elio Vuale »el 383 delfera cristjaoa (Ucrj*. diFordong. , sopra
pag. 68, col. l», in not.), Settimio Gianuabio tira il 308 e 3|1
(f. ,C. N.) (c), e Pdblio Vibio in aimo incerto. (4) fiirono ver»-
menie , e si appeJlaxono presidi deiriaola. Da| che si viene a ce-
noscere con irrefragabili prove di fatto, che, dopo la mentovata
divisione di proviocio tra il senato ed Augjosto, gli uomini conso-
Uri preposli al reggimento delle «ose aarde , usarono allernajtira-
«ente i Utoli dj presiie , di prefetto e di procontole , e talvojta ne
presero due insieme, come fecero Subrio Destro e Pvblio Vibio
(ved. sop.). Ed 6 per oonsegnenza assai m^nifesto, che jl titolo dj
preside fu bensi d>to <Ja Costantino ai gpvernant! delja Sardegna,
allorche la dichiard provincia presidiale d'ltaUa, e che d'allora in
poi essi furorio cosi oppellati fino ai tempi degl'imperatori grepijma
e pur vero, che roolto prima dj Cpstaotuio i medesimi goverpanti
forono appellali prefetti e pmcpnsoli, e «pp piu Jargo e genprajp
yocabolo presidi dell isola- A cqnfermaaione dej fatti.fin qui alto-
gati eitero Je autorita 4i due rispettabilj -scriUori. L'uno o il giu-
reconsulto Macro, il quale Jascio scritto: Praesidis nomen generaie
est, eoque et proeonsttles , et legati Caetaris , et omnes provincia*
regentes, licet senatores «M, praeridet appeUantur (Leg. I, DigesU
De ofHe. praesid.). E 1'aKro e il gra citato Dione, il quaie, dopo
aver noverate le provincie spottato in sorto. a Ottaviano ed al se-
nato nelTaccennala divisieeo, e doso avere. riferito le specialita dei
titoli di cni volle Angocto che feemro «Yegiati i rettori delle me-
desime, vale a dire di propretori o proconsoli se in Italia, e di
prefetti se fuori d'Italia, conchiode Ia sua oarrazione con queste
parole: ad hune itaque noehm ieevttum **t, ut cum in Caesaris,
tum in reliquas provineias praetorii ac eonsulares praesides mitte-
rentur (Hist. Rom. , lib. LIII , pag. 661). Come dunque poteva il
Baille stabilire per certo, cbe prima del 31$ delfera volgare , o poco
inoanzi noa avesae la Sardegna avuto prmdi per gevornarla? E
supposto eziaodip, che noe ne avesae avuto,-come poteva affecmawi,
cbe prima di tal tempo noa fosse atata governata da prefetli? Eda
cid appunto che Ulpio Vittore BppeUavasi prefetto- dednrne risolu-
tamente che il marmo TurrUano era postoriore alfeta di Costan-
tino? Le autorita degli scrittori «uromentovati resistevano certamente
alla di Ini opinione , e quando anche quealf si fossero potato vol-
gere al seoso che con njolta erudita industrja egli si sforzd di darie,
vi resistevano, senza dar luego a reoiica, i monunfenti piu sopra
riportati, di alcuni dei quaji, se non di tntti, pare ch'egli avesse
notizia. Ne poteva giovore al epo assunto la rispettabile narrazione
del primario istorico di Sardegua,, peiche il Fara non escluse ne
presidi ne prefetti dalle eta chp precodettero quella di Costantino,
ma dice precisamente ehe -sotto questo imoeratore 1'isola fu dichia-
rata provincia presidiale d'ltalia: Zosimus. . et Onuphrius tradunt,
hoc tenpore (auo. 316. P. C, K.)„ Comstantinum Sakdbxum
provincxam praesidialem Italiae fecitse, quae a prvprio praesidp.,
quotannis creato, regeretur, eui praeeeeet vicarius urbis , et vicmrpo
praeftetiu praetorio Italiae {De reb. tard, , /, J37). i-a aeconda
parte poi deU'argomootaztooe BaKII»na, toodata neUa supposjzjan»
phe l'uffizio di procuratore di Cesare, o di ratiomofe detle trfi pro-
vmcie, fosse separato dalla prosidenea deU'isola-fiao al 340 dell er»
volgare, era assai piu dshoJe deUa proeedonte per fiasare J'ej^
della lapide turritana. Perche in primo luego coUa acorta del co-
dice teodosiano si poteva bensl aflermare, che dal 316 fino al 340,
il suddetto ufikio del r a ti o nale fu dia tioto dall'altro 4i preside della
Sardegna, ma non si dovea percio conchiudere, senz'altro esame,
che 1'uLone dei due uffizi rb posteriore ai 340. Ed ia «econdo
lupgo, prandendo a scorta lo steseo cpdice di Teodosio, noa^vj
era tagioae vemna, per «ai aaa si potosse dire ia contrario, : cfce
(6) Ved. infra pag. 75, cul. 3 a , npt. l a 1'iscrixione xelativa a C. Asinio.
(c) Ved. infra pag, 76, col. 1*, net. 3 a riscrjzioae relativa » Setti-
mio Giauuario.
(rf) Se n» ha una prova ,in una iacrizjoue puhblicata da) Grutero ,
la quaje e del tenore «egueuto :
d . m . i
P . VIBt . P . F . MABIAHI . R . M , V . PROC
ET . FRAE8IDI . FROV . SABD . tf . BIS
TRU . COH . X~ . PR . XI_VBB . IIU . PRAEV
Tl . ITAL . PP . LEG . IU . 7 . PRVMEHT
ORJVHDO . E* . ITAL . JVL , DRBTOMA
PATRl . DVLCISS8U0
r.T . REGIRAE- MAXIMAE . MATRI
RARISSUWAX
■VlBl . MARIA . MAXIMA . C . F ..ljJL . ET
(7-A«ai<r. inscrip. , CCCCLX.XXVII , n. 6).
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74
DISSKKTAZIONE
gfimperatori Valeriano e GaHieao la predetta slrada pro-
quei due ufflzi fossero stati riuniti nel principio in una sola persona,
e cho dal 310 in poi, o poco innanzi, fossero stati separati. Ma il
Baille, che avea gia supposto l'eta di Vittore posteriore al 3(5,
solo perche intitolossi prefetto di Sardegna, trovd piu conducente
_al suo assunto la prima illazione, e quindi non esit6 ad abbrac-
ciarla, asseverando Che lo stesso Vittore era posteriore eziandio al
340, perche appariva rivestito insieiue della qualita di procuratore
di Augusto. La scoperta perd qnindi fattasi di altre due iscrizioni
appartenenti allo stesso Ulpio Vittore, e che sono incontrastabil-
mente riferibili ai 246 o 247 dell'era volgare, comesi vedra in ap-
presso , non solameote tolse ogni dubbiezza riguardo alPanno della
ristauraziOne del tempio delta Fortuna e della Basilica di Torres ,
che certamente e nrio dei due sovraccennati , ma dimostro eziandio
che non consentiva ne alla verita , ne al fatto cid che il BaTile avea
aflermato, sia sul tempo in cui 1 governanti delfisola cominciarono
a intitolarsi Presidi, cne sul tempo in cui questi presidi principia-
rono ad essere insieme Procwatori di Cesare. In una di esse infatti,
che contiene il ricordo del risarcimento della strada provinciale da
Nora' 'a Bizia, M: TJlpio Vittore s'intitola Procuraiore suo, cioe di
Augusto:
. IMP CAE8AR
1VL1V8 PHIH
.... , PVS • BIVS • FBUX
• , AVGV8TV8 • PONTI
FEX • MAX1MYS • T
BIBVNICIAE * POTB8
TATI8 • PATER . PATRI
AB ' PR0C0N8VL * VI
AM ' QVAE " A • NORA
DVCIT ' BITIAE ' VE
TV8TATE ' CORRVPTAM
BE8TITV1T CV
RANTE • M - VLPIO
VICTORE PROC
SVO E V (O).
E lo stesso tRolo assume neU'altra che consegnd alia memoria dei
posteri la ristaurazione della strada da Cagliari a Olbia:
m . p • cixi
imp • caes
AB * ITHYS
PHILIPPVS
FELIX .' AVO ' PONT
MAX * TBIB POT
# PP ' PBO ■ VIAM * QVAB
DVCIT - A . KARALr
OLVIAE * TETV8TATE
CORRVPTAM * RBSTITVIT
CVRANTB * M ' OtPIO
V1CT0RE * PBOC ' 8VO
B-T (b)
Gli accennati monumenti forono certamente drixzati sotto Pimpere
di Marco Giolio Filippo , come si raccoglie dalla semplice lettnra
delle iscrizioni medesime. E siccome in entrambe e nominato nn
solo Augusto , e questo e chiamato altresi proconsole ( il qual f itolo
assnmevano gli imperatori allorche trovavansi fuori di Homa oc-
cupati in spedizioni milltari ) , si deduce da cio che ii ricordo di
tali riparazioni non puo essere posteriore al 247 (P. C. N.), poiche
fn tal anno il flglio di Marco, che appellavasi ancor egli Giulio Fi-
Hppo, fa proclamato Augusto ed associato neIl'irapero a college. del
(a) Fu Uovata in Nuraeheddus presso a Pula, dove gia sorse Panlica
Hora, o forse segnava il prino miglio di dislanza da qaesta ultima
citla a Bizia (ved. Atti della R. Acoademia delle . scicnie di Torino,
tom. XXXV , pag. 23 e seg.).
(4) Fn scoperta nel 1838 , dal cav. Alberto La-Marmora nella slrada
cbe conduce da Oschiri a Tsrrarova (antica Olbia), a dae miglia di
dhtanza da quesfultima popolazione. II giornale di Cagliari fu il primo
a pubblicarla ( fascic. di maggio 1838, pag. 30); e poi la riprodasse
piu esattemente l'ab. Gazzera nelle Memorie della R. Accademia delle
scienze di Torino (tom. XXXV , pag. 56 , classe di acienze mor. filo-
aofic. e filol.). L'iUastre discopritoie stette in forse ad aSermare , che
la seconda cifra dei passi sia un' I , owero un L ; e poiche nelle
iscrizioni antiche non si vede mai segnato un IX avanti un X , in-
clino a credere , che quella cifra sia piultosto un L. Della stessa opi-
nione fn il Gazzera (loc. eit.) ; ed io non esito ad abbracciarla, perche,
oltre di non potersi supporre 1'inositata maniera di segnare il 1XX
(diciannove) romano, ed oltre di enere facilissimo, anzi naturale assai,
che il tempo abbia corroso il piccolo pedale delPL-, che percib sia di-
ventata un'I, leggendo i passi delViscrizione CLXX, ci avviciniamo piu
al vero, trovandosi nello Itinerario di Antonino, che la distanza da Olbia
a Cagliabi era pressq a poco 1'istessa, cioe di cento settantatre miglia
romane : ab Ulbia Caralis M. P. CLXXIII.
vinciale cbe da CagHari conduceva a OlbiaV); Gaio Astnio
padre (o); ma, o dello stesso anrio 947; poco prima dell' anridetta
proclamarione , o del 946 antecedente , nei qual tempo lappmte
Filippo (il padre ) guerreggiava fuori di Roma (Gazaera, Atti Aetta
R. Accad. delle tciente ; tom. XXXV > pag 91 e seg. ). Dunque It
marmo turritano, in cui e nominato un solo Augusto, e M. Ulpitt
Vittore s'intitola Procurator Augusti ■hottri, deve di necessila at->
tribuirsi ad uno dei suddetti due anni 346 e 247, prhna deU'«9sO-
ciazione all'impero di Giulio Filippo ( il figlio ) , non potendosi in
reran modo dabitare che il Vittore dell'iscrizione del tempio delUi
Fortuna non sia lo stesso deHe ahre due iscrizioni delle strade da
Ifora a Bixia e da Cagliari a Olbia. Dunque dal complesso delle
tre mentovate iscrizioni, e delie tfltre precedeHti, «'rnferisoe per
conclusione hnraediata ed inevWabile , che molte prima del 315
' deH' era volgare , ossia delfeta di Cestantino , i govemariti della
Sardegna s'intitolavano prefeUi e pretidi, e che prima di detto annov
nonche del 340, esercilavan» insieme 1'offizio di ppocuratort «M
Cetare. Se poi si volesse «pingere piu oltre la discussione, nori
sarebbe difficile provare colla sola scorta dei monumenti nnera
riferiti, e degli altri che sr rifertranno in appresso, che Fnniene
deila presidenza o prefettura sarda e della proournzione cesarea
non fu ferse anteriore ai pifmi anni del terzo secolo eriatiano, e
ehe sul finire dello stesso secolo la prima era gia separata dalla
seconda. Perche dall'un canto L. Ragonio nel 184 ( P. C. R. ) e
chiamato semplicemenle procontolo CVedi sopra, pag. 70, ool.
not. l a ); e daU'altro canto Elio Vitale nel 289 (vedi sopra, peg. 68v
col. 1», innot., SbttimO Gianuabio nel 308, o 311 deU'era VolgaM
(vedi mfra , pag. 76, col. 1*, ' not. 2"), s*intitelano solamente presidt
di Sardegna. G siccome daiFaltro yerso il titolo di proconsole non
si vede Usato -da veruno dei governanti dell*isola posteriori a Clpio
Vittobe , bensl dagh" aKri che lo precedettero, come ScBRto Debtbo
(vedi sopra pag. 67, col.- 1», in not.), e Locio RAOOirto; percid «i
avrebbe un fondamenio probabile di arguire che coloro, i quali si
attribuirono nei pubblici monnmenti la mentovata quahta procon-
soiare, come fecero Publio Vibio (vedi sopra, pag. 73, col. 2",
not. d) e Caio Asinio Tocoriano (vedi infra, pag. 75, col 9*
not. 1 ) , benche non consti positivamenle della loro eta , furono
anteriori al 946 (P. C. N.); e per coerenza di ragione si potrebbe
anche inferire che Lccio Balbio e Qointo CoSConio (vedi sopra,
pag. 73, col. 1*, in not.), ambi di eta incerta; appunto perche s'in-
titolarono Procuratori di Augusto e Prefetli dt Sardegna, come fece
il prenarrato Vittobb , si debbono credere piu antichi dei gia detli
Elio Vitale e Settimio Gianoabio, ai quali fu attribuito il solo
carattere della presidenza. Ma non voglio diffondermi davvantaggio
in quistioni cotanto spinose ed intrieate , e mi basta di aver com-
battuto con sufficiente chiarezza di prove un' opinione , la quale
posticipava di un secolo il vero anno della ristaurazione del tempio
della Fortuna in Torres , e fissava insieme ai prefetli di Sardegna
sotto il dominio romano una data di origine esclusa positivamente
dall'autorita degli scrittoH, e dai ricordi monumentali delle eta
trascorse.
(1 ) Cid e comprovato dalla pietra migliaria ebe fo scoperta nel 1837
(a) Per la stessa ragione deve credersi posteriore al 247 dell' era
volgare I'altra iscrizione trovata nel gia citato luogo di Nuracheddus,
e pubblioata dal Gazzera (oper. sodd. pag. 25),-perehe vi e roeozionalo
il figlio dellMmperalore M. Giulio Filippo col litolo di Cesare. Contiene
dctta iscrizione la memoria del risarcimenlo della roedesima strada
da Nora a Bizia, e la riproduco cosi mutilala come fu discoperta :
fel . avo . P . patriab
PROCOS . ET . M . IVUVS
PHHJPPVS . NOB1LIS
SIMVS . CAESAR . PRINCEP9
IVVENTVTIS . FILIVS . D
OMINI . NOSTRI . PRIN
AVG . VIAM . QVAE . DV
CIT . A . NORA . BITIAE
VETVSTATE . CORRV
PTAM . RESTITVERVNT
La lacuna deUe due prime linee pare che debba sopplirsl in questo
modo: Ifoperaior Caesar lulius Philippus Pius; e 1'altra delle nltime
due linee in quest' allro i Curantt M.- Utpio Vidare Procj Su» E. V.,
ovvero curqnle qnelfallro Preside o Prcfello, il di cui noroe vi era
cerlamente ricordalo. Bizia era citla Iitorana , e . probabilmente il
Bioea portus (odierno ^orto Bottc) rammenlato da Tolomraeo (Geogrnph.,
111, 3, tab. VII Europ.), e sitnato tra la penisoia 'dt'Soloi ( Enosin
di Plinio, Hist. nal. , III, 13) , e 1' Hercuiis portus '( odierso Capo di
Spartivcnlo ) dello stesso geografo ( loc. cil. ). Cosi lo crede anche il
Cluverio (Sardin. antiq. cap. VII ) , il qaale anzi afTerma , che nel
Codice valicano della Geografia antica di Tolommeo, a vece di ftioea
partus si legge Bithia opidum.
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PRIMA.
75
Tucuriaoo escgul in Solci opere pubbliche di utiliia citta-
uella regione di Telti, e quindi pubblicata nella Bibliokca. tarda
nel novembre deIl'anno seguente (fasc. 2*, pag. 43). lo la riprodnco
qoale fu data in luce dal P. Augius, senza farmi UiUavia maUeva-
dore dei pochi suppleroenti, coi quali egli ne riempl le lacune:
m . p . CLXVI
dd nn
ihp . cabsabb . p . Licinio . A o/brumo
imbicto . avg . p . piTBtae . pont . MAX
GEHMASICO MAXIMO TRiBvntaae
P0TE8TATI8 . COS . m . 'P . PAJRUR
imp . caesabe . ucinio . GaUiem
PIO . FELICI . INBICTO . avg . Pont . Max
gkbmanico . maximo . Tribun . Potett
COS . m . PATB . PATAIAK . PBOCOS . IUI
rublio Licinio valbbuno
CAK*are PHncipe Iuventutis
Btam Quae . Karalibut . itucit
Olviae Vetuttkn . . coRRUBtam
Restituil Curante ianvabio
PROC. 8V0
Da qoeslo monumento appare indubilamente cbe Gunoario ,
procuratore di Augutto in Sardegna, ripard la strada da Cagliabi
a Olbia sotto 1'impero di Valeriano e di Gallieno. Ma siccome la
lezione fattane daU'operoso discopritore noo pare esatta , pcrcio e
necessario retliucarla , per indoviuuro l'anuo,-al quate l'iscrizipne
appartiene. E iu primo luogo io dubito assai che nella pietra
discoperta dall'Angius sia verameute segnata la disianza di CLXYT
miglia da Cagliari a OLbia, perche l7<t»«rarto di Antoninone segna
CLXXUI , come si e; gia yeduto ( vedi sopra , pag. 74 , col. l a ,
not. 6). Oubito poi per piu grave moUvo, che sia giusta 1'annota-
zioue del terio contolato (COS III) dei due imperatori , perche
tutti i monumenU finora conosciuti si oppongpno a tale. simultanea
corrispondenza di numero ueUa loro consoUre dignita. Valeriano
iufatti fu Cousul 1 daU'istesso momento della sua assunzione ( 353
P. C. N.), e GaUieno dall'anao della sua associazione aU impero
(254 P. C. N.) Quindi il padrc precedeUe il figUo di un consolato,
e mentre egli ne contava due , U figlio ne coutava un solo. Cio e
confermato dai Fatti idasiani , e daU' anonimo redattore dei Fasti
cotuolari pubbUcati dal Noris, noi quali la successione dei consolaU
simultanei, di Valeriano e di Gallieno, dopo il 353 dellera volgare,
sono segnati in questo modo: ann. 354 Vaieriano II et Gailieno:
ann. 365 Valeriano III et Gallieno II: ann. 357 Valeriano IIII
( Idat. IV ) et Callieno III ( apud Graev. Thetaw. antig. rotn. voL
XI, coL 359, 357-58). La stessa disparita di consolati e annotata
nella Cronica di Prospero Aquitano , in cui si legge Valeriano 111
el GaUieno II ( apud Graev. , oper. e vol. cit. , col. 398 ) ; ed es-
sendo la medesima disparila fuori di conlroversia fra gU eradiU, non
si puo rimanero in forse di dicbiarare erronea la lezione COS III
per ambidue gli imperatori falta daU'Angius nell'iscrizione di Telti.
Posta per fondamento questa incontestabilo verita , risuita chiara-
mente cbe la suddetta lezione deve essere emoadata , ridonando
alCannotazioBe dei consolali di Valeriano il quarto numero toltogli,
o non osservato dall'Angius, scrivendo percio COS IIH , elasciando
a GaUieno U COS 111 che veramente gli c ompete. Ne pud essere
diversa la correzione , poiche nel consolato lerzo di Valeriano e
secondo di GaUienq, che cadde nel 355 (P. C. N.), il piu giovine
di delU imperatpri bou potea inUlolarsi Proconsolc per la quarta
volta (PUOCOS UU), come appare dall'iscrizione , e nel consolato
quarto di GaUieno (361 1*. C. N ), il di lui padre Valeriano era
prigioniero di Sapore (Schapur), re di Persia, e gia da quattro anni
avanti avea csercitato ancor egli il cousolalo per la quarta volta.
Dunque e fuor di dubbip, che per Valeriano deve leggersi COS 1111,
e per Gallieno COS III, lo che oziandfo e dimoslrato ad evidenza
dall'allra annotazione PROCOS 1111, riferibile aU'ultimo di quei due
Cesari. Imperocche partendo dal 353 delfera volgare , in cui Va-
leriano fu assnnto aU' impero , e Gallieno fu contemporaneamente
appellato Cesare dal senato (-Hinc Liciniut Vaterianut . . . ab
exercitu imperator , et mox Auguttut ett factus. Gallienut quoque
Romae a tenatu Caesar ett appcllatut; Eotrop., Brev. Hittor. Rom.
IX, 7, edit. Lips. 1843), e scendeudo fino al 357 delPera medesima,
c' incontriamo esattamente nell'anno del quarto proconsolato di
GaUieno , che trovavasi guerreggiando in Germania ( Zosim. Hist. ,
lib. I, cap. XXX, pag. 37 c 38,edit. Oxon.), e assumeva percidU
titolo di Procontolo. E 1'anno 357 (P. C. N.) fu appunto queUo del
quarto cousolato di Valeriano, o del terzo di Gallieno, come si ha
dai Fasti poc'anzi citati. L'iscrizione pertanto del risarcimento della
slrada da Caglubi a Olbia, esegnita per cura di Gianuabio pro-
curatore, di Cctare (cioe di GaUieno , cui era stato affidato dal padre
il governo degli auari e dcllo armi di Occidcntc) apparUene al delto
anno 357; nd puo essere altrimenU, sia per le ragioni gia esposlc ,
sia perchc non potrcbbcsi nenimcno rifcrirc al 3>8 delCera cristiana,
diuaC); i popeli Cormm eressero un monumento onorario
a Q. Sergio Quadi-aio ( 2 ), e M. Favonio CalUslo driito in
Nora nna statua dedicata al genio della sua figlia Fayonia
Vera ( 3 >. E nello siesso correr di tempi, menire imperando
in cni erano consoH Tcsco (al- Fusco), e Basso (Futt. idat. apod
tiraev., op. et vol. eiL, col. 259).
(1) Cioe lo spianamento e il lastricamento d'ona delle piaao «M
detta citta di Soua, come lo prova la segoente iscrizione trovata
neUrisolaidi 8: Antioco, e pobbncata dal Moratori ( Nov. Thetaur.
vet. inteript., vol. I, pag. CDLXXl, n» 4):
c . Asimvs
TVCVBUNVS
PB0C0N8
PXATBAM . QVAB . 6TRATA
NON . BRAT . 8TBAVIT
Siccome Asinio Tlcoruno s'intitola Proconsole, senza altra qualita
od affizio, ie credo che 1'antio deUa laptde sia anteriore al 346
dell'era volgare.
(3) I popoli Contwwt, cosl chiamati daUa citta di Cobncs, capitale
dei 5ordt-/>««t<t, ricordata da Tito Livio (Hist., XXIII, 40-41),
eressero una statua a Q. Srbsio Qdadbato, loro patrono. Cid si
ricava daU' iscrizione scoperta nel 1834 dal snddetto P. Angios, e
pobblicata neUa BibHoteca Sarda ( Fascic. di dicembre 1838 ,
pag. 85 ), la quale e del tenore seguente:
Q . 8BR0IO . Q . F . QTIR
QVADRATO . EQ . R . PATMN .
CIVITATIB . ADLKCTO . AB
8PBNDIDI88IMO OtDINB
CORNRNSIVM . PRO . MBBITIS
in . coLoviam
ORDO . ET . POPVLVS . COBNBN
sivM . optimo . cnr . . . aert
COLLATO . STATVBNDAM . DCCBB
VBBVNT . BOBRTNT . LKOATI
CASSrtC . BONOBIV8
Se la lezione e giosta , pare che il monomento eretto dai Cor-
nensi a Qointo Sbbgio fosse destinato eziaodio a perpetoaro la
memoria della cUentela, in coi essi erane stati da lui ricevnti, noo
potendosi altrimenti mtendere come e perche vi fossero interveooti
legati della citta, o deUa colonia ( egerunt legati ) , dappoiche ora
gia stato fatto il decreto di rizzargli nna statua ( ordo et popuhu
Cornentium optvmo cwitaHt patrono . . . ttatutndam decre ve runt ).
Quali fossero le benemerenze di Qoadrato verso il popolo di
Cornas non si evince daU'inscrizione, la qnale dice generaunente
ch'egli fu eletto patrono deUa citta pro meritxt in coloniam ; ma
bisogna sopporre cbe fsssero grandi assai, poiche il monumento u
fatto a spese pobUiebe (Comeniium aere coUato). Netsono indbio
ci e somministrato daUa lapida, per accertarne l'eta: perd la qua-
lificazione di cavaliere romano ( equiti romano ) , che vi si vede
data a Qointo Sbrgio, mi fa congetturare , che non sia antorioro
ai primi anni del secolo oodecimo di Homa.
(3) Favonia Vbba aveasi cattitato 1'amore e la riconoscema del
popolo di Noba , donandogli ona easa da lei possedota neUa citta
di Cagliabi. Perci6 , dopo la di lei morte , il soo padre Mabco
Favonio Callisto , che per decreto dei doourioni era stato eletto
primo e perpetno fra gli augnstaU , volle tramandarne la memoria
ai posteri, erigendole ona statoa dedicata al di lei genio femmineo
(Iunoni tacrum), e scrivendo sulla base di tal monomento il ricordo-
della di lei generosita :
FAVONIAB . M . F
WRAB
QVAB DOMVM . BABALIBVS
POPVLO . NORKN8B . DONAVIT
M . FAVONIV8 . CALL18TV8
AVGVSTALlS . PB1MV8
AVO . PBBPBTVV8 . D . D
OB . MVNIFKBNTIAM . IN . HON
OBBM . FILIAB . PIBNT186IMAE
IVNONI . 8ACRVM
D
L iscrizione fu ritrovata in PrtA fra Ie r*vk»e deU'antiea Noaa ,
e vi si vedono scolpite ai doe lati la patera ed il simpulo, emalenri
delle libazioni e dei sacrifizi ehe si oflerivano agli Dei. L'anno io
cui questo monnmento fu eretto non si puo con certezza dotei-
minare. II Gazzera crcde assai ragionevolmente, che sia posteriore
ai tempi di Tiberio , pcrche Favonio Callisto era ascritlo at
Sevirato Auqustale, instituito da qnclTimperatore (Att. dell. R. Aecad.
delte scienze di Torino , toro. XXXV , pag. 38). Ma io porto opiniooe,
chc sia di eta molto piu recente , non apparendo datfistoria , ni-
da verun altro monumento conosciuto (rranne 1'cscmpio eccezionafe
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76
D1SSERTA.ZI0XK
Coslanzo si ordinavano uuovi risarcimenli nelle pubbliehc
strade dell' isola (O, e il preside Seltimio Gianuario consa-
crava un monumento della servile sua adulazione all' impe-
ratore Licinio Liciniano (*), fiorivano a poco inlervallo 1'uno
di Plaaziano ) che in Sardegna , e specialmente in Nora , le pub-
bliche dimostrazioni della riconoscenza ciltadina fossero pervenute
prima del terzo secolo dell'era cri&tiana alla doviziosa splendidezza
delle immagini e delle statue.
(1) Ne fa dato 1'inearico a Vaierio Domiziano Procuratore di
Cesare, come si raccoglie da quesfaltra iscrizione mutilata, cbe fu
rinvenuta nel 1834 nella stessa regiono di Telti ( Bibliot. sard. ,
novemb. 1838, fascic. 3°, pag. 44 ):
Imp . cabs VALER
10 C0N8TANTI0 . . .
INBICTO
T M
TBJB . . . . P . P
AL
8T M . . .
CVRANTE
VALERIO
DOMITIANO
V . B
PROC .8
La prima linea , che fn corrosa intieramente dal tempo , indicava
probabilmente il numero delle miglia , poiche dal luogo in cui la
lapide fu trovata (cioe nel raggio dell'antica via romana da Cagliari
a Olbia ) , si argomenta che la medesima fosse una pietra migliare.
Le lacune delle cinque linee seguenti si possono facilmente supplire,
leggendo in questo modo : Imp. Caetare Flavio Falerio Constantio,
Augusto, Invicto , Ponti/ice Maximo, Tribuniciae Potestatis, Patre
Patriae. E perd difficile indovinare la nota del consolato di Costanzo,
che certamente seguiva appresso, e della quale non e rimasta orma
veruna. Lo spazio delle linee settima ed ottava conteneva la me-
moria della ristanrazione della strada, e forse queste parole : viam
quae dueit a Karali Olbiae vetustate corruptam. II riroanente del-
1'iscrizione non abbisogna di supplemento. Pel suddetto motivo di
essere sparita dal monumento 1' annotazione del consolato delPim-
peratore, non se ne pud determinare 1'anno preciso. Ha ponendo
mente alla circostanza di essere nominato nell' iscrizione il solo
Costanzo , e di chiamarsi Domiziano Procuratore suo , si viene a
conoscere , che la.memoria del risarcimento della suddetta strada
e posteriore al 305 delPera volgare , poiche in tale anno segui la
divisione delT impero tra Costanzo Cloro , e Galerio Massimino ,
come lo atteslano Sesto Anrelio Vittore ( Epitom. de viU et mor.
Som. Imp. XL), 1'anonimo autore che fa seguito alle Storie di
Ammiano Marcellino (Exeerp. ad calc. Amm. Marcell., pag. 71 S),
e Pabbreviatore Eutropio che lascid scritto: Constantius et Galerius
Augusti ereati sunt , divisusque inter eos ita Romanus Orbis ut
Galliam, Italiam, Africam Constantius, Illyrieum, Asxam, Orientem
Galerius obtmeret (Breviar. hist. rom., X, 1 ). Di un' anteriore
ristaurazione della medesima strada facea ricordo un'altra iscrizione
che il P. Angius accerta aver veduto in Nuracheddu nella suddetta
regione di Telti, e nella quale, secondo egli dice, era solo visibile
nella quarta linea la parola Diocletiano (Biblioth. sard., loc. cit).
(2) Siffatto monumento fu discoperlo in Torres nel 1819, mentre
si faceano gli scavi nell' antico tempio delia Fortuna , e di la fu
trasportato alla R. Universitk degli studi di Sassari dove al presente
si ritrova. Dalla sua fonna appare che servi di base ad ona colonna
o ad una statua; e vi si legge chiarissima quesla iscrizione:
providentissimo
f0rtis8im0qve . d . n
valerio . liciniano
pbrpetvo
LICIMO
AC . 8BMPER
AVG
.... SEPTIMIVS . IA
NUARIUS . V . C . PRAES
PROV . 6ARD
NVMINI . MAIESTATIQ
EIC8
Manca nella medesima il solo prenome di Sbttimio Gianuario, che
non bisogna confondere cou Gianuario Procuratore di Augusto, il
quale nel 257 (P. C. N.) curo la riparazione della slrada da Cagtiari
a Olbia (Ved. sopra pag. 75, col. 1*), poicbe tra l'ela delPuno e
deU'altro vi corre 1'inlervallo di mezzo secolo. Non si puo infatti
dubitare che il Settimio Gianuario, di cui si parla neIl'i$crizione
turritana, non sia posteriore al 307 delPera volgare , perche vi e
nominato 1'imperatore Licinio, il quale nell'11 novembre di delto
anno fu innalzato aU'impero. E siccome non vi si fa menzione degli
altri tre au^usti (Galerio, Massenzio e Massimiano), fra i quali era
dall' allro nella chiesa cagliarilana i vescovi Giovenale e
Quintasio, insigne il primo per santita di vita ( 3 ), e 1'allro
per 1'inlervento al concilio di Arles, onde combattervi il
pernicioso errore dei Donalisti ( 4 ). Siccbe lo spazio secolare
che divise l'eta di Severo da quella del prtmo Cesare cri-
stiano , se fu illuslrato per la Sardegna pagana da molli fatti
degni di lode e di ricordanza, piu solennemente fu illumi-
nato per la Sardegna seguace dell'Evangelio dalla luce pura
ed indefettibile deile sue glorie religiose.
L' impero di Costantino il grande , cominciato pei Sardi
nel 312 delFera volgare, e raffermatosi dopo un triennio p.cn.j.* -■
per la vittoria di Mardia e la pace con Licinio ( 5 ) , attribul
secondo alcuni , e secondo altri confermb alV isola il nome
ed il grado di provincia italica gia atlribuitole dall' impera-
tore Adriano ( 6 ); e quindi nel 330 dell'era medesima, va- v.ck.ho.
riato in parle 1'anlico sistema ( 7 ), l'assoggett6 al vicario di
Roma, con dipendenza finale dal prefetlo pretorio d'Italia ( 8 ).
aUora diviso Por&e romano , percid pare indubitabile che Settimio
Gianuario abbia eretto un tal monumento, dappoiche Licinio fu
rivestito della porpora imperiale, e che Io abbia dedicalo a lui
solo , perche a Iui appunto era stata assegnata da Galerio fra le
altre provincie anche la Sardegna, affinche scacciasse il suo rivale
Massenzio da Roma e dall'ltalia. Nessuno poi trovera strano che il
preside delPisola dedicasse una cosi solenne testimonianza del suo
omaggio a queUo dei quatlro imperatori, nel quale era congiunto
alla maesta il potere supremo sulle cose sarde, e che percid l'of-
ferisse servilmente Numini maiestatique eius ( iscriz. sudd. ).
(3) Fiori nel principio del quarto secolo cristiano, e le memorie
della soa vita si trovano registrate negli atli del martirio di S. Efisio
(Ved. Tola, Dizionario biograf. ec, vol. II, pag. 138, e gli aulori
e monumenti ivi citati).
(4) II Fara lo chiama Quintianus seu Quintus ( De reb. sard. , I ,
144). Ando al concilio di Arles nel 314 col prele Ammonio, e pro-
babilmente intervenne ancora al coneilio Sardicese del 347 , sebbene
non si abbia su di cio un sicuro fondamento per affermarlo ( Ved.
llarduin. , Acta ' coneil. Arelat. et Sardie. , tom. I , col. 967 e 655.
-S. Atan., Apolog. contr. Arian., tom. 1, part. I, pag. 183. -Fara,
De reb. sard., I, 144. -Pinto, De Christ crucif., tom. I, pag. 440.
• Toia, Dision. biograf. ec, voL III, pag. 141-49).
(5) Ann. 315 (P. C. N. ) Ved. Zonar. , Hist. , lib. II , cap. XX ,
pag. 99 e 93, edit. Oxon.-Anonym. excerpt. ad ealc. Amm. Mareell.,
pag. 713, edit. Val. Gronov. - Sigon., De Oceid. imp., lib. II e III.
Nei capitoli di detla pace fu convenuto, che a Licinio rimarrebbero
soggetti 1'Oriente, 1'Asia, la Tracia, la seconda Mesia e la piccola
Scizia, e a Costantino l'lllirio, la Dardania, la Macedonia , la Grecia
e 1'altra Mesia, oltre alle province occidentali gia da lui possedute,
fra le quali era principalissima 1'Italia colle sue isole adiacenli
(Ved. Zonar. , loc. cit. e Sozomen. Hist. eccles., I, 3 e 6).
(6) La nuova divisione delPorbe romano fatta da Adriano, dopo
le altre due gia eseguite da Romolo e da Augusto , e accettata come
indubitabile dal Panvinio, il quale colPautorita di Sesto Rufo nota
la Sardegna tra le sette provincie presidiali, che faceano parte delie
diecisette diocesi, nelle quali Pltalia fu parlita da quelPimperatore
(Panvin., Imper. rom., cap. XXIII, ap. Graev., Thes. antiq. roman.,
vol. I , col. 549). Le dette province presidiali erano: I. Alpes Cottiae,
II. Rhetia prima, 111. Rhetia seeunda , IV. Samnium , V. Valeria ,
VI. Inscla Sardinia, VII. Insula Corsica.
(7) Si ha su di cid la testimonianza di Sesto Aurelio Vittore, il
quale, sebbene non parU espressamente della divisione delle province
romane, dice perd con assai chiare parole , che le variazioni fatte
da Costantino nella nuova forma da* lui data alPimpero differirono
di poco da quelle gia introdotte da Adriano : Offtcia sane publira
et palatina, nec non militiae, in eam formam statuit, quae, paucis
per Constantinum immutatis, hodU perseverant (Epitom. de vit. et
mor. Imper. roman., XIV, 11 ).
(8) Della divisione di tutto 1'impero romano in orientale ed oc-
cidentale fatta da Costantino sotto il consolato di Galiicano e dr
Simmaco ( 330 P. C. N. ut ex Fast. idat. et anonym. ap. Graev. ,
Thes. antiq. roman., vol. XI, col. 969 e 360), e della suddivisione
di entrambi in prefetture pretoriali e in province consolari e presi-
diali , ci ha lasciato dislinta notizia Zosimo nel libro secondo della
sua storia. U Sigonio ed il Panvinio trassero dal suddetto storico
la descrizione accurata di tale divisione , e il secondo ne formo un
quadro particolareggiato , dal quale risulta che la Sardegna fu ta
sesta delle province presidiali dipendenli dal prefelto pretorio d'Italia,
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PRIMA.
n
p.c.n.3,5. Anleriore di Ire lustri a siffatlo ordiuamento e la donazione
che dicesi falta daJlo stesso Costantino al papa S. Silvestro
e a' suoi successori nella catledra di S. Pielro (O. Ma oltre
ohe un tale atto e posto in controversia fra gli eruditi, non
oonsta nemmeno che la Sardegna vi fosse specialmente
compresa ( 3 ) ; e perci6 trabsciando di annoverarlo fra i mo-
numenti storici della sarda nazione, parlero invece delle
poche leggi che a di lei riguardo furono sancite dal fortn-
nato fondatore delta nuova Roma in Bisanzio. La pid antica di
p.c.x.3.5. delte leggi (P. C. N. 3-15) fu specialmente destinata a pro-
tcggere i coloni sardi dalle avanie fiscali degli amministratori
ma piu direttamente dal prefelto urbano, ossia dal vicario della
citta di Roma (Ved. Sigon., De occid. imp., lib. IV, pag. 63 e 64,
edit. Francofurt. , 1593, io-fol., e Panvin., Imp. rom., cap. XXIV,
ap. Graevi , Thes. rom. antiq., vol. I , col. 543 e seg.).
(1) La suddetta donazione trovasi riportata nelle Decretali d'Isidoro
Mercatore, nella Collczione regia dei concilii, (tom. II, pag. 133),
nel Nomocanone di Fozio , comentato da Balsamone ( tit. VIII ,
cap. I), nel Decreto di Graziano (part. I, dist. XCVI, cap. XIV),
nella Bibliothecajuris canonici veteris del Giustelli (tom. II, pag. 029),
e nel Corps universcl diplomatique del Dumont, continuato dal
Rousset ( tom. I, part. I, pag. 1 , 2 e seg. ); e datata in Roma nel
30 marzo del 315 ( Romae sub tertio die kalendarum aprilium ,
domino nostro Flavio Constantino Augusto quater, et Gallicano viris
clarissimis consulibus) e comincia inquesto modo: Jnnomine sanctae
tt individuae Trinitatis , Patris scilicet et Filii et Spiritus Sancli.
Imperator Caesar Flavius Constantinus , tn Christo Jesu , uno ex
eadem Trinitate sancta, Salvalore Domino Deo nostro, fidelis, man-
suetus, beneficus, Alemanicus, Cothicus, Sarmathicus, Germanicus,
Hunnicus , pius , felix , victor ac triumphator , semper Augustus ,
sanctissimo ac beatissimo patri patrum Silvestro urbis romanae
episcopo et papae , atque omnibus eius successoribus , qui in sedem
beali Petri sessuri sunt, ponlificibus, nec non et omnibus reverendis-
simis et Deo amabilibus catholicis episcopis , eidem sacrosanctae
ecclcsiae romanae per hanc nostram imperialem constitutionem
subieetis in universo orbe terrarum , nunc et tn posterum cunctis
retro temporibus constitutis, pax, charitas, gaudium, longanimitas,
misericordia a Deo Patre omnipotente, ct Jesu Christo filio eius et
Spiritu Sancto cum omnibus vobis ec. Dopo qoesta introduzione ii
donante racconta la sua conversione alia fede cristiana , di cui fa
esplicita professione; dice di esscre stato guarito miracolosamente
dalla lebbra, e di aver fatto edificare le chiese di S. Giovanni di
Laterauo e dei Ss. ApostoK Pietro e Paolo; e poi soggiunge: quibut
ccclesiis prp concinnatione luminariorum , possessionum praedia
contulimus , et rebus diversis eas ditavimus, et per noslram imperialem
iussionem sacram , tam in Oriente quam in Occidcnte , vel etiam
septentrionali et meridianaplaga , videlicet in ludaea, Graecia, Asia,
Thracia , Africa et Italia , vel diversis insulis , nostra largitate eis
libertatem concessimus, ea prorsus raHone, ut per manus beatissimi
patris nostri Silvestri pontificis , successorumque eius omnia dispo-
nantur ec. Un'allra donazione speciale della Sardegna dicesi fatta
nello stesso anno 315 dal suddetto imperatore alla chiesa dei santi
martiri Marcellino e Pietro , ch' egli avea fatto edificare in Roma
nella via Lavicana. Ma il Platina e 1' autore del Libro pontificale. ,
che riferiscono un tal fatto, non citano autorita veruna per giusti-
ficarlo ; eppercio il Fara , non volendo nulla affermare di certo, sia
del primo che di questo secondo atto della generosita di Costantino,
scrisse molto opportunamente che ne lasciava intalto il giudizio ai
critici di miglior senno : sed ...id ... diiudicandum acrioris iudicii
viris reUnquo ( De reb. sard., lib. I, pag. 137).
(2) Sono divulgatissime le diverse opinioni dei dolti riguardo
all' autenticita o alla supposizione del documento di cui si parla,
eppercid credo superfluo il riferirle. Non sara per6 fuori di proposito
il riportare le stesse parole della donazione , accid si veda non
esservi fatta veruna esplicita menzione della Sardegna, quantunque
si possa presumere che Costantino abbia voluto comprenderla sotto
la generale espressione di provincia italiana. Eccole quali si leggono
verso la fine delTatto: Unde ut pontificalis opera non vilescat, sed
amplius etiam quam terreni imperix dignitas et gloriae potentia
decoretur, ecce tam palatium nostrum, ut praedictum est, quamque
urbem Romam , «( omnes totius Ilaliae et occidentalium regionum
provincias , loca et civitates praefato beatissimo pontifici nostro
Silvestro universali papae concedimus atque relinquimus , et succes-
sorum ipsius pontificum potestati et ditioni, firma imperiali censura,
per hane divalem nostram et pragmaticum constitutum decernimus
disponendum , atque iuri sanctae romanae ecelesiae concedimus per-
mansurum ec.
del corso pubblico, i quali abusando spesso del loro uffizio,
ed avidi di smodato guadagno, toglievano ai pacifici agri-
collori i bovi destinati alla coltura dei campi per impiegarli
in servizio dei traini e delle vetture. Finteresse meno ge-
nerale, ma non meno utile per la regolarita e per la certezza
dei giudizi, fu 1'altra legge che statul la ricognizione e I'ap-
provazione dei decreti provinciali, da farsi da ciascheduno
dei giudicanti (317 P. C. N.); alla quale, dopo due anni, p.c.n.3. 7 .
tenne dietro Taltra che commino ai Sardi, rei di delilti men
gravi, la pena dei pubblici lavori pel macinamento delle
biade (319 P. C. N.). Rimarchevole per la santita dell'og- p . c .n.3^.
getto fu 1'ordinazione con cui Costantino prescrisse agVisolani
il riposo nei giorni festivi (321 P. C. N.); e commendevoli, p.c.n.«..
per 1'umanita da cui furono dettate, sono eziandio le altre
due posteriori che vietarono dallun canto la barbara sepa-
razione degli schiavi congiunti insieme dai vincoli del sangue
e della natura ( 322 P. C. N.), e accordarono dall'altro ai p.c.n.3»».
debitori del fisco la facolta di solvere a diverse rate i debiti
loro (325 P. C. N.). Le notizie dei luoghi, dei tempi e delle p- cn.3.5
persone , che da siffatte leggi si ricavano , sono troppo im-
portanti per la sloria sarda, perche io non possa, ne debba
tralasciare di riportarle a documenlo della mia narrazione.
Ricopiandole quindi quali si leggono nelle vecchie e nelle
recenli collezioni del Codice di Teodosio, ed illustrandole
colla scorta dei dolti che le commentarono , mentre rispar-
miero ai leltori la fatica di ricercarle , adempiero alCassunto
principalisshno del mio lavoro che si e quello di ridurre in
un sol corpo i monumenti storici della Sardegna antica e
moderna.
I.
lMP. CoNSTA NTINFS A. AD COHSTANTIUM.
Si qmt iter faciens, bovem, non cursui destinatum, sed p.cn. s.s.
aratris deditum duxeril abslrahendvm , per slationarios et eos
qui cursui publico praesunt debito vigore correptus, aut iudici
si praeslo fuerit afferatur, aut magistratibus municipalibus
competenli censura tradatur, eorumque obsequio transmittatur ;
aut si eius fuerit dignitatis, ut nequaquam in eum deceat tali
vigore consurgere, super eius nomine ad Nostram Clementiam
referatur. Qui enim expUcaverit mansionem, si forte bobes
non habuerit, inmorari debet , donec fueriut exhibiti ab ftis qui
cursus publici curam gerunt, nec culturae terrae inservientes
abslrahete. Acc. XI, kal. febr. Caralis, Constantino A.
IY et Licinio IV Conss. (315) 0).
(3) Ex lib. VIII Cod. Theodos. , tit. V , leg. I De cursu publico*
Questa legge manca affalto nel libro XII, tit. LI del Codice di
Giustiniano , dove trattasi della stessa materia. E diretta a Costanzo,
che il Gotofredo crede essere lo stesso Costanzo prefetto del pre-
torio d'ltalia , cui e diretta nelTanno medesimo (315 P. C. N.) la
legge prima De cohortalib. del citato Codice Teodosiano; anzt so-
spetta quel dotto comroentatore che fosse il fratello dellHmperatore
Costantino. La legge fu promulgata per proteggere gli agricoltori
sardi dalle vessazioni degli ufficiali destinati a dirigere ed ammi-
nistrare il corso pubblico, ossiano le pubbliche poste. Perciocche-
costoro instituiti primamente da Augusto, secondo 1'autorita di
Svetonio (Octav. XLIX), e quindi riordinati ed accresciuti di nu-
mero dagPimperatori Traiano, Adriano, Antonino Pio e Severo,
come scrivono Sesto Aurelio Vittore (Epitom. de vit. et mor. rom.
imp. , cap. XIII) , Sparziano (cap. VII e XIV) e Giulio Capitolin»
(cap. XII) , erano venuti in tanta insolenza , che i provinciali mal
sofferivano di vedersi togliere gli animali destinati ai privati nsi
loro per farli servire ai bisogni periodici e spesso anche repentini
di cotesti agenti fiscali. E 1'abuso era tte tanfoltre, che gli stessi
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nissEKTAaiOMr;
II.
IMP. COXSTANTINUS A. 4D B.iSSUM.
p.c \. .!■;. Decrela provinciaiitun non prius ad comitaluul ptrferri
oportet, quam smguli quique ivdicantes ea inspexerinl, atque
probaverint, suaque adstructione signaverint. iSi quid fiat con-
trarnm, compelens ultio exeretur PP. VIII kal. oct. Carali,
Gdkcano el Basso Conss. ' ( 3 1 7 ) ( 1 ).
III
IMP. CoNSTAHTIHUS A. AD FESTUM PrAESIDEM
Sardikiae.
r. c. n. Quicumque cohercilionem mereri ex causis non gravibus
videbuntur, ia nrbis Bomae pisttina dedantur. Qttod ubi tua
sinoeritts eoeperit obsertare, omnes scianl, eos qvi (sicut
dictum est) ex leviorHm causis huiusmodi meruerint subire
sententiam, ergastulis vei pistrinis esse dedendos, atque ad
nrbem Romam, idest, ad praefectum annonae, sub idonea
prosecntume mUtendos. Dat. IV kal. aug. Constantino A. V.
et Licinio Conss, (319) W;
uagistrati provinciali n'erano dolentissimi , per 1'obbligo cbe ad
essi correva di procurar tosto gli animali necessarii per le vettnre.
Costantino adunque volendo sollevare i sudditi delle province dalle
«ppressioni cbe per cio pativano (locche pure si fa manifesto da altri
suoi provvedimenti riportati nello stesso libro VIII Cod. Theodos.),
ordino colla presente legge che i suddetti agenti flscali , in man-
canza di bovi pubbliei o destinati al corso dei viaggiatori, non po-
tessero prendere in Sardegna, come per lo passato, ibuoi deipri-
vati destinati aU'agricoItura, ma dovessero sostare nelle mansioni ,
finche gl'incaricati di tale pubblico servizio apprestassero gli ani-
mali necessarii aUe loro esigenze. Laddove poi cotesti agenti abu-
sassero delfufflzio loro, prowide che fossero tratti nanti il giudice
rettore o preside della provincia, 0 nanti ai magistrati municipali,
per essere a detto preside trasmessi, e da lui condegnamente puniti.
Se perd il contravventore fosse tale che non convenisse, 0 non fosse
lecito di essere punito dal rettore della provincia, ordind ancora che
! si ricorresse direttamente alHmperatore, per coposcere il caso.ed
appficareal reo la .pena roeritata: II favore, che collindicata legge
fu accordato da Costantino alCagricoltura ed agli agricoltori sardi,
non abbisogna di Uiteriori dichiarazioni. Occorre bensi osservare che
1a legge parla solamente dei bovi, dat che si evince che questi
«rano gli animalt adoperati pei carriaggi ai tempi di Costanlino.
E sebbene Giuliano abbia poi ordinato che per tale bisogna si ado-
perassero I cavatll (Socrat. , //»(., III, 1), tuttavk il servizio dei
buoi conUnuo ad essere in uso per lungo tempo nei corsi pubblici
c privali, come lo altestano Lampridio nelia Vita di Eliogabalo
(cap. IV), S. Agostino (De cML Dei, XXII, 8) ed Eginardo nella
Vita di Carlo Magno, neila qnale si legge: Carolum M. iler fe-
eisse carpento, junctis bobus et bubulco, rustico more agente.
(t) Ex lib. I Cod. Theodos. , tit. XVI , Ieg. II De officio rectoris
provinciae. Questa legge non si trova uelle anticbe edizioni del
Codice di Teodosio, e l'ho tolta da qnella accnratissima gia inco-
minciata per opera e studio del conte Carlo Baudi di Vesme , la quale
ha per titolo: Codex Theodosianus ex manuscriptis codicibus el ve-
teribus editionibus auctior et emendatior (Aug. Taurin. , ex typogr.
fratr. Caafari, mdcccxxxix). La nota appostavi dal dotto e laborioso
comaientatore. 0 la seguenle: Classius et IPenkius intelligi pulant
Septinvium Bassum, hoc anno praefectum urbis , quod Haenelio pro-
pter decrtta provincialium , guorum tn hac lege fit mentio, non vi-
detur admitlendum. E veramente nel 317 (P. C N.) fu prefetto ur-
bwo uo Settnnio Basso, come si ha dal Corsini {Series praefecL
urb., pag. lTi-73 edit. pisan., 1763); eppercio si pu6 credere a lui
direUa Ia citata legge, senza che possa oslare ia difficolta opposta
daJl Eoeli*, poicbe la dipendenza di fatto della Sardegna (dove la
legge e stata proposta o pubblicata) dal prefetto della citta di Roma,
fu probabilmente anteriore alla dipendenza di diritto stabilita da
Costantino nella divisioae e riordinainento dcUe province tulte del
suo impero, cbe segul nel 330 dell'era volgare. Su di che puo ve-
dersi quanto scrive il suddetlo Corsini (oper. cit. pag. S8, 30 e seg.).
(9) Ex lib. IX Cod. Theodos., tit. XL, lcg. III De poenis. La legge
e direlta » Festo presido di Sardegna, e vi si ordina chc i rei di
«lelitti leggiori tiano rimessi datl'isoIa al profetto deU'annona di Uoma,
pcr esservi assoggettatj alla pena di ma< inar biade ; lavoro pubhlicn
IV.
IMP. CONSTANTINUS AUG. HELPIDIO.
Sicut indignissimum videbalur , diem solis , veneratiom p-c.ti.3n.
suae celebrem, altercantibus iurgiis et noxiis partitm oonteur
tionibus occupari, ila gratum et iucvndtm est, eo die, quae
sunt maxme votiva compleri: atque ideo entameipandi et ma~
numitlendi die festb cuncti licentiam habeant, et super hie
rebus actus non prohibeantur. PP. V. non ium, (Jamalis,
Crispo II et Constantino II Coss. ( 321 ) (3).
V.
Imp. Cohstaiitihus A. Gerulo Rationali TRIUM
PROriWCIARUM.
In Sardiitu fundis palrimonialibus vel emphiteuticariis p.c.n.ju.
per diversos nunc dominos distributis, oportuit sie possessionum
feri divisiones ul integra apud posscssorem «numqttemqu» ser-
vorum agnatio permaneret: Quis enim ferat liberos a paren-
tibus, a fratribus sorores, a viris conjuges segregari? Igitur
qui dissociata in ius diversum mancipia traxerunt, in unum
redigere eadem cogantur. Ac si cui propter redintegrationem
necessitudinum servi cesserunt , vicaria per eum, qui eosdem
susceperil, mancipia reddanlur. El invigilandum, ne per pro-
vinciam aliqua posthac querela super divisis mancipiorum
affectibus perseveret. Dat. III kal. maii, Procttlo el Pauiino
Coss. W.
nuovamente inlrodotto da Costantino per coraodo e vantaggio deita
plebe, non mai sazia, degl'ingordi Qoiriti. La detta legge non e
riportata nel Codice Giustinianeo.
(3) Ex lib. II Cod. Theodos., tit. VIII, leg. I de feriis. Questa
legge non e riportata nel suddetto Codice di Giustiniano: vie pero
la III , lib. III (eod. tit.), che versa sopra la stessa materia, e proi-
bisce nel giorno del sole (ossia nella domenica) tutti gU alti giu-
diziarii, e 1'esercizio deUe arti meccaniche, eccettuale le opere
campestri che non ammettono dilazione. Entrambe sono direUe a
Elpidio, cbe U Gotofredo crede fosse in tale anno prefetto, o fun-
gente le veci ( agenH vicem ) del prefetto al pretorio d' Italia
(CommenL ad cod. Theod., tom. I, pag. 139, e tom. VI, part II,
pag. 45, edit. mantuan. , 1740); e furono emanate a poco inter-
vallo l' nna dall'altra, poicbe quella riferita da Giustiniano ha
la data del 7 marzo 331 ; e questa inserita nel Codice di Teodosio
fu soscrilta nel 1° giugno dello stesso anno. Mon senza fondamento
sospetta il precitato Gotofredo che anche la prima di deUe leggi
sia stata indirizzata aUa Sardegna come provincia ricca di messi e
di altri prodotti naturali. Di questa seconda poi, che fu una con-
fermazione e limitazione deUa precedente , non se ne puo dubitare,
perchc fu proposita (p. p.) Caralis, sebbene in alcuni codici mss.
e nen'edizione Siccardiana leggasi data, lo che e manifestamento
un errpre. Si deduce dalla presente ordinazione imperiale che il
divieto del lavoro nel giorno festivo era stato esteso eziandio al-
1'isola , poiche dalla proibizione si eccettuano gU alti delCemancipa-
zione e della manumissione.
(4) Ex lib. II Cod. Theod. , tit. XXV , leg. un. De communi divi-
dundo. Qucsta legge e anche riportata da Triboniano nel Codice
Giustinianeo (lib. III, tit. XXXVIII Communia utr. iud., leg. XI); o
fu sapientissimo e pietosissimo provvedimento. Imperocche sopra-
vanza ogni crudelta, e rende la schiavitu peggiore assai deUa morte
II separarc per sempre le persone strettamente congiunte dalla na-
tura, dal sangue e dagU affetti. Cid non pu6 sofferira l uraanila
(pietatis intuitus id non patitur) eome leggesi elegantemente scritto
nella legge XLI, $ 9 digest., De legat. 3, ed a cio prowidero i* varii
modi le leggi romane , che sono in tal rispetto un solenne escmpio
di sapienza legislativa (Ved. nei DigesH le leggi 1 , 5 7 de imtruct. ;
IX de mstrumenl. legat. : LXXI , $ 3 de legaL 1 ; II , § 1 e IV, <i l
de usu aed. legaL; V e VI de usu et habit.). Quindi Seneca escia-
mava fin dai suoi tempi: tn auetione fratres hostilis hasta non di-
vidit (Controv. , IV , 96); e Vittore Uticense, per rappresentar meglio
le calamita dei Itomani tratti in ischiavitu dai VandaH/lascioscrilto:
Dividentibus Vandalis et Mauris ingentem populi quantitatem , ut
moris est barbaris, mariti ab uxoribus , liberi a parentibus sepa-
rabanlur (Dr prrsecut. randat., lib. I). Per impedire adunque che
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PHIMA.
79
VI.
IMP. CONSTANTIHUS A. AD EuFRAXIUM RaTIONALEM
TRIUM PROFINCIARUM. POST ALIA.
p.c.s.3»5. Pro multis etiam, et m dioersis locis cbnstitutis, liceat
simul auripondus inferre, ita utpro omnibus fundis securilas
emissis cautionibus dettir: nec separatim ab moquoque auro
exacto mulHs et assiduis incrementis • provinoiaiiunt ulilitas
fatigetur. Hoc quoque addimus, Ut unusquisque quod debet,
mtra anni metas, quo tempore vobterit, mferat et per tabel- ,
larium apparitorem inlatio cogmscatur: absque omni mora ,
attro suscipiendo, ne quis'in aliena civitate sumptus faciat,
vel (quod est graviut) legem commissi frustratus incurrat: i
nam si solvere volens a mcipiente fuerit contemptus, testQms
adhibitis coniestationem debebit proponere, ut hoc probalo, et j
ipse seeuritatem debitam ,- cotnmitsi nexu liberotus , cum emo-
lumentis accipiat: et qui suscipere neglexerit,' eius ponderis \
quod debebatur duplurn fisci ralionibus per vigorem officii tui
inferre cogatur. Dat. XIV kal. aug. Paulino it Juliano Coss. \
(325) 0). ' :
in tal rispetto i diritti deH'umaDttfe fossero barbaramente calpestati,
Costantino ordino a Geralo, razionate detle tve province (cioe della
Sardegna, della Sicilia e della Corsiea), che neirammiDistrazione
dei fondi patrimooiali ed eofitentici a hii appartenenti nella prima
di dette isole, se occorressero separazioni di beni (come p. e. in .
caso d'affittamento , giaoehe il rattonale dovea per lo piu locare
tali fondi) , giammai fossera separati gli schiavi ouiti fra loro coi
vincoli del sangue. L'anno di qnesta legge e incerto;ed essendovi
notati per consoli Procnlo e Paehno che nei Fatti consolari non
sono eolleghi, cid ha obbligato gl'interpreti a ricorrere a conghiet-
ture piu o meno probabili snl tempo preciso di questo imperiale
provvedimento. U Blondello (de primat. pag. 705) peosa che debba
ieggersi Proeulo et Sabino contmlibut , e che percio la legge sia .
del 316. II Cujaccio invece opina (tn Chron. ad V comtiu) che la
legge appartenga al 340, e che per conseguenza si debba leggere '
Acyndino et Procuio contulHnu : ma questo e un errore , poiche nel
340, ne Costantino era phi imperatore (essendo morto gia da tre
anni avanli) , ne Gerulo , sibbene Callepio era razionate delle tre
province, come si deduce dalla legge quinta (tit. X, lib. X) de pe-
titiombut et ultro datit ec. dello stesso Codice Teodotiano. II Go-
tofredo conghiettura che la legge dicesse Prob. Optato et Paulino
contuUbut , e che percio la medesima sia stata sancita nel 334. Della
stessa opinione e il Vesme (oper. cit in not. ad leg. 1 de communi
dividundo); ma crede che la lezione consolare debba ritenersi quale
si trova netta legge , e che Proculo sia stato consoie tuffeto. Se in
mezzo a tanto senno di nomini dottissimi non sara ripntato ioso-
1001» il mio giudizio, dird ancor io che, siccome e consenteneo al
■abiral» andamento delle cose omane , che un btwn priocipe prov-
▼edai{H>ima alle cose di maggior momento, e quindi alle altre di ,
minor interesse, cosi pare credibile che Costantino abbia tulelato
colle sue leggi k liberta mdividoale de'suoi sudditi prima di re-
-gelare la riscessione de'loro tributi, e dopo aver stabilito le os-
servanze religiose da praticarsi ne'snoi stati. Per questa ragione e
prebabile, che la presente legge diretta a Geruk) e riguardante la
separanone degli schiavi sia posteriore a qoella indirizzata a ElpiJio
pel riposo festivo, e anteriore alTaltra inteslata ad Eufrasio, e re-
lativa ai percettori delle pubbliche imposte , della quale parlerd qni
appresso. Nel qual caso la legge in discorso dovendosi credere ema-
nata tra il 391 e 395 dell'era volgare , cbe sono le date certe delle
ahre due leggi poc'aozi citate, e non potendosi coilocare nel 393,
ne nel 394> poiche i consoli di detti anni furono Severo e Rufino,
Crispo e Costantino (Fatt. IdaL ap. Graev. , Thetaur. roman. antiq.
v«i. XI, eel. 961), si pob sospettare che sia stata pubblicata nel 399
«otto il consolato di Probiano e di Giuliano (Fast. sudd. ibid.), e che
i eopisti abbiano forse equivocato nei nomi, o sopplito a loro taiento .
le lacune dei medesimi desumendo dalle lettere rimaste i nomi sur-
regati di Procolo e di Paolino.
(t) Ex lib. XII Cod. Theod. tit. VI , leg. II De tutceptoribut. Al-
cune parti di questa legge sono state riportate nella legge prima
(eod. tit.) del Codice Giuitmianeo. La medesima e direlta a Eufrasio
soccessore di Gerulo nelfuffizio di razionale delle tre jn-ovince (e
qoiadi anche di Sardegna); e 1'anno 395 che vi e notato corrisponde
esattamente a qoeilo del consolato simultaneo di Paolino e di Giu-
liano, secondo i FatH Idaiiani (apnd Graev. , Tket. antiq. Roman.,
Nod meno benigno del padre suo dimostrossi 1' impera- >>• c. n. sm.
tore Cqstante, ordinando a Bibulenio Restitnto, preside
dell' isola (353 P. C. N.), di non sottoporre al carcere ne
allepercosse i debitori innocenti, e prowedendo poco dopo
(357 P. C. N.), che le appellazioni dal preside di Sardegna p.ck. 3» 7 .
si presentassero direttamente al prefetto pretorio d'Italia,
rivocata in tal parle l'antica usanza che la cognizione di
siQalti giudizi riserbava nel primo grado al prefetto urbano.
Dalle due leggi , che qut riproduco, si pu6 meglio conoscere
il tenore degli accennati provvedimenti , ai quali piacemi
aggkingere 1'allro importantissimo emanalo da Giuliano
VJpostata nel 363 dell'era volgare, poiche quesfultimo
liber6 gli isolani dal servigio oneroso delle cavalcature,
ampli6 1'altro piu ulile dei iraini pel trasporto delle loro
derrate ai varii porli dell'isola, e favorl potentemente 1'agri-
coltura, cui riferivasi nel principiare dello stesso secolo la
gia citata e somigliante disposizione di CostanUno.
L
I.
Imp. Constahtius et CoasTJfts A. A. Bibulenio
Restituto Praesidi Sardiniae.
Provinciales, pro debitis, plumbi verbera, vel custodiam p.cn.353.
carceris, mmime sustinere oportel: cum hos crudatus non
insontibus , sed noxiis constitutos esse noscatur : satis vero sit,
debitorem ad solvendi necessilatem capione pignoris convenwre.
Dat. VIII idus decemb. Thessal. Constantio VI et Constante
III AA. Coss.V).
vol. XI, col. 961). Sono doe gli oggetti principali deUa legge; Pwu»
di obbligare gli esaUori 0 percettori (tutceptorei) ad accettare in
una ed indivisa soluzione le varie somme che 1 debitori del fisco
dovessero pagare per fondi tassati e sitoati in luoghi diversi; e 1'allro
di permettere agli stessi debitori i pagamenti rateali dei debiti loro.
Qoesfultima disposizione era una facilitazione che accordavasi per
1'esazione dei triboti. L» prima pera non solo era facilitazione, ma
inoltre una repressione della ingordigia e delle avanie dei soddetti
percettori. lmperocche costoro , avidi delPaggio ad essi spettante
per tolte le somme che riacootevaao (il quaie aggiochiamavasrqri-
metro o ineremento, e si dava agti esattori, perche l'oro riscosso dai
(riboti dovea esser rimso prima dlnviarlo al tesora del principe) ,
ricosavano di accettare le soiuzioni mattali >o. di piu debiti in massa
ed in un solo peso d'oro, perche. quante piu erano le solozieni ,
tanti piu erano %l'incrementi e maggiori per consegoenza i loro
vantaggi. Vincremento , siccome si dava e si esigeva per compenso
del consumo che il fnoco facea del metallo ripassato nel crogiuolo,
chiamavasi propriamente , e con vocabok) aHora osato, incrementum
olryzae, come si trova scritto nella legge qoarta (lib. XII, tit. XIII)
' de auro coronario dello stesso Codice Teodotiano, colla qnale ap-
punto fu abolita la gravezza di tale mcremento (ann. 379 P. C. N.).
SiOatta generosita del gran Teodosio fo ripotata grandissima; per-
locehe Simmaco, rammentando qoesfaltra feHcita di qoe' tempi,
lascid scritto: Flandae monetae nequitiem decoquit larga purgatio.
Aullo iam provincialii auri vucremento trutinam tpectator (i. e. su-
sceptor) incfmat (Epitt. lib. IV, 56>
(9) Ex lib. XI Cod. TKeod., tit VII, leg. VII de exaetionibut.
Questa legge, la di cui seoonda parte e riportata nel Coiice diGiu-
ttmiano (lib. X, tit XXI, leg. II de capiend. et diitrahend. pignor.) ,
sebbene porti in fronte i nomi dei doe imperatori Costante e Co-
stanzo , dee pero attribah-si al primo esclosivamente, percbe a lui
nella divisione dellMmpero erano spettate h Macedonia (dove ap-
pnnto sorgeva Tessatonica, luogo in cni fu datata to legge), e U
Sardegna, come attestano Zosimo (/Htt. II, 39) e Zonara ( Annal. ,
pag. 9). E diretta a Bibolenie Restituto preside di Sardegna, ed ap-
partiene al 353 (P. C. N.), nel qual anno erano consoli Costantino
e Costante (Fait: idat sodd. , loc. cit. , col. 963). Dalia medesiraa si
ricava, cbe quantunqoe Pimperalore Costantino fin dal 390 avesse
con sua legge generale proibito il eareere e le percosse che per lo
mnanzi si davano ai debitori fisCali (leg. III Cod. Theod. eod. tit.),
tuttavia la Sardegna , o per la sua lontananza dalla metropoli, o per
crudelta dei presidi, 0 peraltro ignoto motivo, non avea godoto di
tal benefizio, poiohe fo neoessaria, dopo ventitre anni, ona legge
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nissisimzioNK
II. .
IMP. CoifSTANTIUS ET lULIANUS C.4ES. AD TAURUM
' " ■ Pf . P. ' ' ,
r.c.n. ^ .- J)e Sardinia, SiciUd, Campatria, Calabria, Brutiis et
Pioeno, Aemiiia et Venetia, et ceteris, interpositas appella-
tiones laudebilis subttmkas tua more soiemni debebit audire,
competenti appellatione (eminandas. Nec vero tdla poterit
esse confusio : praefevtus enitn wbis, nostra respmsione con-
tentus, praediclis cognitionibus temperandum sibi esse cognovit.
Dat. Strmie, ConsUmtio A. IX el Juliano II Caes. Conss.
(35T)<«). •
P. C. N. 563.
m.
Imp. Juliakus
AyAD
Mamertiwum. Pf. P.
In provmoia SxMDiyiA, in qua mNi ppene discursits ve-
redorum, seu paraveredorum, necessarii esse noscuntur, ne
provincialium status subruatur, memoratum cursum penitus
ainputarippprtere decernimus , quem maxime rustica plebs , id
est pagi, contra puhlicvm decus, tolerarunl. Excellens igitur
auctoritas tua , officio praesidali necessitatem tolerandae htjus-
modi exhibitionis imponat; aut cerle, si hop exislimant one-
rmm, suis animalibus uU debebunt, quotiens eos commeare
per provinciam necessitas pubUea persudserit. Sane ahgarid-
.rtm cursum submoveri non oporlet, propter publicas species,
qme ad diversos portus deferantur. Proinde, considerata
rerum necessitate, pro locorum situ, atque itineris quatitale,
tantum numerutn angariarum collocari oportere decernas,
quantum neeessarwm esse adhibitae plenissimae deliberationes
suaserint, Dat, VII kqlendas decemb. Anliochiae, Iuliano A.
IV et Saliustio Conss. (363) (*).
apeoiaie a tato rigoardo. Non pertanto il aul veazo di caroerare e
percaotei* i debitori flscali riaacqae poi sotto la slessa domiaazione
romana, raccontando fra gli altri Ammiano Maroeltino, che a'suoi
4empi non si poie trovare alcona vieteraa di tormenti , che in tulto
J'ostinatopa*se d'Egttto Iraeste maLdi bocca ad un tadro il suo neme:
' • si vergogna appo loro (egC. dice) chiaaqne non puo mostrare nel
» prepido corpo i segni delie battiture riportate per aver negati i
.» tribnti • ; Erubescil apud ■eos (L e. Aegyptios) si quis non infioiando
triiuta pturimas in eerpore vvbites ottendat (Rcr. gett. , XXII , 16).
(I) Bx lib. Xi Cod. Theod. , tit. XXX , leg. XXVII de appellationibus
jtt pomv ec. Questa legge d'interesse locale e temporario , che per-
eid nen fa ripertata nel Codiee Gvmtinianeo, oconfermava 1'antica,
o attribniva al prefetto pcetorie d italia una novetla giurisdizione ,
privandone U prefetto nrbano, su di ehe sono disoordi gli eruditi
{ved. sopra pag. 73, cei> 1» not. (a); pag. 76, col. 8» not. 6 e 7).
-I piu pero pensano (e qoesta itfgge sembra confermarfo) cbe le
apfJetia2Mtii dal preside di Sardegna si facessero per lo innanzi al
prefetto deila citta di Roaaa. Lordinazione imperiale e diretta a
Tauso prefatto del pretoria dltatia, e 1'anno 367 che vi e notato
corrisponde esattamente al nono consotato di Costanzo ed al se-
«ondo di GiulianD (FatL idal sudd. , loo. et pol. cit).
(9) Ex bb. VIH Cod. Teod., tit V, leg. XVI de curtu pnblioo.
AndW questa Ifigge manca nei Codice 4% Giattiviano. Se la sua dala
e ginsta (86 novembre 363), apparterrebbe , non a Giuliano , ma a
filoftlano iwm ancceasare neirimnero. Peoebe , seoondo Ammiaao
afaroeluao (il«r. getU, XXV, 4), GiuHano usol di vita sulia mezza-
■totte deJ 36 giugno 4el 363 in conseguenza di mortal ferit* riper-
tata ta qitel giorno nelta baMaglia di Maranga contro i Persiani , e
aull'aiba 4el eegaentc giorno 87 fa eletto imperafere Gioviano, oapo
delle gaavdie demestiohe (ibid. , «ap. VI). 8e perd si ba riguardo a
lutt* la MorkioBe, dee.difsi di Qiuliano, ch.e nel suo quarto con-
solato ebbe SaUuslio per collega, ae Gioviaj» fu oonsole quattro
votto , ne mai ebbe Sallustio per compagno iu tale dignMa, come
si ricava daUe dette atorie di Ammiano. Anxi da questo scriltore
(oper. oit., nb. XXV, cap. XI) abbiame, cne >I nuovo imperatorc
Gieviano, dnpo «wer assunto iu Ancira il conaalato iasieme con
• Varrnniano s»o figtie ■ tatteta faiHHwUo, «ori poi unprovvisajaente
P. C. N. 353
tuqu» ad 470.
Alla ela di cui discorrianKi appartcngono i casi varii c
nieioorabili di S. Eusebio vescovo di Vercelli, di Lucifero
vescovo di Cagliari e d'llarjo diacono, triumvirato illustre
della chiesa sarda che propugno con egregia costanza la
integrita della fede nicena e la calunniata imnoeeaza di S.
Ataoagio contro i pervicaci settatori deU' ariaaesiao W, la
fame desolatrice che spense a migliaia ie umane vite, come
in Italia, in Africa ed in Sicijja, cosi ancora neirubertosa p-cn.jw
Sardegna ( 4 ), e la fortuna o l'arte di quel sardo aagnre o
negromante, di cui la storia non dice il nome, cbe, fattosi
amieoa Massimiao, prefetto esecrabile ed esecrato dellacitta
di Roma, ae rattrenft flnche visse la naturale ferocia, e poi
cadde alla sua volla egli stesso, viUima sanguinosa ed illa-
crimata di quel truee miaistro imperiale < 5 ). Appartengono
V. C. N. 36$.
frt Dastone (luogo cbe divfdeva «a Bitinia dalla Gafazta), dopo soti
otto mesi di regno, nel febbraio del 364. Stamertino, prefelto del
pretorio, cui e indirizzata qnesta legge, era console nelTanno pre-
cedente in compagnia di Nevitta (Fast. idat. , loc. et col. dt). Di
Jui, dette aue arioni e de' suoi ufBzi parlano Simmace (epist X, 63)
e il gia detto Ammiano Marcellino in piii luogbi delle sue storie
(lib. XXI, 8, 10 e 18; lib. XXVI, 5; lib. XXVII, 7), oltre a cio
che se ne ricava da moltissime leggi dello stesso Codice Teodosiano
a lui dirette. I/oggetto delta presente Iegge fu in sostanza queUo
di liberare i Sardi daJ servizio deUe cavaloature , cbb doveano som-
ministrare per ie poste nelie vie regie , sia maggiori- cbe raioori
(veredorum et pmraveredorum), poiche tal servisio non arreoava quasi
vantaggio alcuno aila Sardegna, la quale era posta fuori deUa via
militare romana. E mentre le bisogne dei Sardl si riducevano ai
traini , cioe ai trasporti delle loro derrate ai varii porti 4eH'isola ,
percio cen questa legge rn confermato il sistema deUe angarie ossia
dei traini nei hiogfci di sosta, e ra anai ordinsto ohe tat serviai»
pebblico fosse ampliato secondo i bisegni di an'isela cosi abbon-
dante di frumento e di altri prodotti deB'agricoItura. Su dt chebi-
sogna ricordarsi della legge che nel 31 S avea gia emanato U gran
Costantmo per tutelare gli agricoltori e proprietarii di torre iu
Sardegna daile avanie degU ammiaistratori fiscaU del Corso pubblico.
Per rigoardo poi aUa instituzione dei veredarii, e aUe vicende aHe
quali ando soggetto ii loro servizio fino ai tempi deUimperatore
Giustiniaoo , si puo consultare la Storia secreia di Procopio, ii qnale
ne parla di proposito in un capitolo separato (cap. XXXI) di deMa
-sua opera.
(3) I moaumenti relativi aHe vite e agU scritti di S. Ensebio, di
Lucifero e d'Ilario appartengono propriamente ai fasti della cbiesa
universale , eppercid non debbono far parte della presente collezione
istorica. Won pertanto bo credato consentaneo allo scopo deUa mia
narrazione il ricordare i nomi loro fra le. vicende sarde del quarto
secolo cristiano, tasciando a cfai brami di averne maggiori notizie
la facolta di ricorrere ai fonti, o di consultare il mio Diiianario
biograjtco dei Sardi illuttri (vol. II, pag. 70, 171 e 18», edia di
Torino, tip. Cbirio e Mina, 1837 e seg.), dove ho raccotto sbm-
mariamente tutte te notizie riguardanti questi tre valorosi campioni
della fede ortodossa.
(4) II rioordo di questa fame spaveniosa ci e stato lasciate dal
suddetto diacono Uario nelle sue Queetimi sul vecchio e nuovo te-
stamento, inserite nel tom. IV delle opene di S. Agostino.
(5) Devesi ad Ammiano Marcellino la memoria di questo fatto par-
ticolare non avvertito od omesse dagti sorittori nazionali. Imperocche
tt cttato istorico, dopo aver narrato brevemento gli umili principii
di Masshnino, gli oscuri saoi natali in Sppiana , eitta deUa Valeria,
i suoi stodii e le sue amministrazioni in Corsioa , in Sardegna e
neUa Toscana , dice fra le aUre cose, che in tutti gli aocennati ufSii
e neHa stessa prefettara urbaaa comportossi dapprincipio assai pra-
dentemente perche tomeva di essere tradHo da un sardo suo amieo
e familiare , il quaie traeva datte larve i presagi , ed evocava le anime
dei dannati: « Peroi6 (soggiunge Ammiano), finche visse oostni ,
• Massimino fti mtte ed affabile, strisciando a guisa di sotterraneo
• serpento nell'innma sua condizione; ma poi fattolo ucoidere eome
» ne corse la faraa, sfrend la naturale ferocia che nascondeva.nel
• crudele suo petto, siccome fanno spesse volte le belve neH'anst-
» teatro, quando finalmente si rompono i ripari che le tengono
• ohiuse ■ : Maximmus rtgens quondam Romae vioariam praefe-
cturam , apud Sopianas VaUriae oppidum obscuriisime natus ett. . .
It post medioore studium liberaHum doctrinarum , defensionemque
eautarum ignobilem, et administratat Carsicam itidemque Sardiniam,
rexit deinde Tutciam. Unde morato in itinere diutius tuccettore ,
progrtstue ad curandam urbis annonam , cliam provineia* modtra-
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PittMA.
84
allai steasa' eta il suppliaio di Gostamhmo chft M&tikiubtaore
ebsdestnaniente alcaDi caralli< da. gaeira da> hti «bettt a«r-
l'isola ('), la proibiaooe di coltware le sarde iasoier» fatta
prima, e poi raocata da VaMatsuaas il/wcohao (*) , lfr.fj»>
«twa rr ftneoat ; egitque inter exdrdxa cautius. . . quod nactus
homkiem sardua, quem ipme pottta per dolosm faOaaku interettS»,
vt rircumtulit rumor , eliciendi animultu noxias et praesagia solli-
eitare larvarum per quam gnarum , dum superesset Ule, timens ne
praderetur, tractobUU erat et moUiar. . . tamquam smbterrantus
itrpens per umiUora, reptando. . . Vtrum. . . . accepta noctndi ma-
teria, Maximinus effudit genuinam ferodam pector^ crudo adfixam:
ut saepe facnmt amphithtatralet ferae, diffractis tandem solutaepo-
sticis (Ammian. MarcelL, Rtr. gest, XXVHI, 1, i 5 eseg. ad ann.
368). Dal premesso tesio di Ammiano si ricavaao due utili notizie
per la storia dt Sardegn»; la prima di essere stato unsardo quegli
che tempero, finebe visse, l'ingenita efferatezza di Massimino;
e la secoada di aver que*t'uttimo aovernata. o an>mioist»ta<l'itola,
oome lo dkaostrana apertamente 1« pavele: post . adminUUrUat
Corsicam Uidemqus Surdiniam, rtxit deinde Tusciam. E siccome
Massimino trovavasi preposto al regghnento della Toscaa» nel 366
deU era volgare (del ehe fa fede k kgge ottava, lib. IX, tit. I Be
aenmatiombus et mseriptiombui del Codiee Teodotiano, indirittagli
dagTiinperatori YaleBtiaiano e Valeate ael 17 novembre di detto
aaao), e prim» di tai esereito an lale offizio per due anni conse-
eutivi (364 e 365) quel Terenzk di eoi parla Ammiaae MareeMino
(eper. cit, Kb. XXVII, eap. IH), eeme k prwan» tre kggi deUo
atesso Cedie* Teodosiano (iib. II, tit. I, leg. IV de iurisdittumt , e
lib. XII , tiL I, leg. LXI e LXV de dtcttrkmibut), pereid e cbiafo
cbe l'anteriore sna amministraiMse is Sardegna devette cader» nei
365, o ia qaakaeduBO dfgU aoni precedenti. Forse non e impro-
babile eh'egli sia stato il predecessore di Natale poailo da Teottosk
nel 384 : ma non voglio eonfidar troppo in questa mia conf biettura
bastaadomi di aver agghinto qaesTaltro neme sJ numero dei go-
vernaati detta Sardegna romaaa. Di questo stesso Masskniaw, che
fb eziaridio prefetto detfannona, e deUa soa feroce erudeMa, parlano
S. Girolamo (** ckronic. , ann. 371), il eitoto Amnthtno (Uh. XXIX,
cap. II, III, VI, e lib. XXX, «ap. II)] Rnfiao (lak II , eap. X),
Socrate (1*. IV, cap. XXIX), Sosomen» (hb. VI, «ap. XXi»), e
Shamaco (lib. X, epist. II).
(1) Constantianus strator paucot militartt equot exmi amsutwm-
tare, ad quot probandos mittus est in Sardiniam, eodem iubenit
(Vahmttniano I) lapidum ictibut oppetU crebris (Ammian. Mareell.,
Jl*r. gtst., XXIX, 3, ad ann. 37 1). Ne fa maraviglia, che Valeati-
niano nsasse tanta crodelta verso Cestanaiano, poicbe qoattro anni
dopo lo stesso imperatore ordino cbe fosse tagHata la destra a oa
sae scadiero, sol perche lo aveva artate alcan poeo mentr era per
aantare snl consnelo sno cavallo, e il cavallo, inalberandosi , nan
voile riceverlo sopra di se. E lo seadiero innocente sarebbe perito
fra i patimenti , se Cereale non avesse diflerito a suo proprio rischio
la inginsta sentenza: Cum eum (i. e. Valentinianum ) oblalus non
tusciperet equut, anterioret pedet praeter morem erigens in sublime ,
xnnata ferUate eoneitus , ut erat immanU, dexteram stratoris mUiHs
fntsit abscidi, quae eum imsilientem jumento pulserat consueto; pe-
ritsetque cruciabititer innocens juvenis ni tribtmut ttabuli Certatis
dirum nefas cum tui periculo dutuliuet (Ammian. MarcelL , Rtr.
gest, XXX, 5 ad ann. 375).
(9) Cio si ricava dalht legge sesta (lib. X , tit XIX de metallu et
metallarus) del Codte* Teodotiano, datata nel 4 giogno del 369 e
concepita nel modo segnente:
Jmppp. Valentinianus, VaXtns et Gratianus AAA.
ad Probum PF. P.
Si qua navis metallarium ad Sardiniam transtulerii, gubernator
iprias vel magister, quinos pro singulU hominibut tolidot cogatur
inferre. Dat. prid. non. jun. Sfartiatici, Valentiniano NB. P. et
Victore Cott. (369).
Qnale sia stato il motivo di qnesta proibizione non si pud facil-
mente indovinare. II Gotofredo ophta che la legge sia stata emanata
o perche si temesse 1'abbandono delle altre miniere esistenti nelle
diverse province dellMmpero, se si facessero fruttificare le sarde,
o percbe il coltivare troppo queste ullime terminasse per arrecare
notumento ai loro filoni. Quakinque perd ne sia stata la cansa,
egli e certo che questo divieto fu tolto con un novello statuto o
privilegio, di cui si fa espresso rkordo in un'allra legge im-
peratoria del 378 (ved. infra not 4), ed e certo del pari cne
k miniere sarde, specialmente quelk di argento, godettero presso
gli antichi di una qualche celebrita, come lo provano i testi di
varii serittori latini, cbe ho gia riportato a suo luogo (ved. sopra
pag. 98, col l a in not). In quanto poi a Profoo, al quale la pre-
sente legge e stata diretta, soggiungerd brevemente, ch'egli esercito
per quattro volte l'eminente uffizio di prefeUo del pretorio d ltalia,
Coltiiv da lui oegata agli aocusati iu giudizio Ui recriininare p- c. n.j» 9 .
glii aceuaatori Iofo aver priata giastificato la propria
iandcfeaza ( 3 ), il divieto rinaovato da Graziano, e da Vale» p. c,n.3,j.
ttniaoo U per la eseavasioa» delKoro e dogli aJtri tnetaUi
aaitdi W, e la pena fatta infliggere dal gran Teodosio a Na- p. c. n.3,».
«ltt»e dl «ssere stato preoedentemente prefetto deU'Uliria, procott-
sole d'AfPtoa e eensob» ordinario delle GaUie. De' suoi unpieghi e
deite soe dhjBTtk si ha distiata notiaia da un'iscrrzione onoraria
pabbHcata dat Grutero (Thes. Uueript., CCCCL, 3), • da doe aUre
sepolcrah' messe in luce daHo stesso autore (ibtd., CCCCL, 4 e 5),
rulliraa delk quali e anche riportata dal Baronio (Annal. eccles. ,
ad ■ ann. *S96). Ne pari» eziandio Simmaco aeUa sue Epistole (lib. I,
epfetl 90' o seg. fino ahVbpist. mclus.) , e Claatbano canto dt l«i
(Dp bcM. Gildon. , '. vers. 57 e seg.). . i
Acta Probi narrare quemm, quoti in orditte gentti
RexerU, ItaUa late, eumx fraema tenerM,
Hhfricosque sinus, ei quos arat Afriea campos',
B peee doao:
Vt pigeat memtmss i Probi, quo ntdice tolam
VnMmu» HttpeHam, ftuasque resuingatt genbm
(3y La disposizione a cto relattva e «ontsnata aella legga danda-
dma del soddetto Codite Teodotiano (lib. IX, tit. I de aecusaHonUmt f ■ .
et inscriptionibus) diretta a" Laodick preskle di Sardegaa, cbe q«ti
riporto per intiero:
Imppp. VaitnUnUmut , Valen» tt Gratiann» AAA.
Laodieio PraesuM Sa v d mi ae.
Neganda iit occusaHs lictntia crimmandi, prius qmemse crimine,
quo premuntur, exuerint Ifam sanctionum veterum conditores adi-
mendam liceatiam omnibna eensuerunt ia accusetores suos invidiosam
dieendi vooem. Nullam Uaque obUneat tn iudiciU auctorUatem pe-
riclUantium furor: qui ti lattus tvagetur, ne ipte quidem eognitor
tutus erit, aut quaestionem secnrus agUabU, qui exequendo kiris
severitatem, nen potest ilkrum quos ponit odium evitare. Dat. prid.
id. august. Carnunli , Gradano A. III tt EquUio V. C. Conss. %
Qaesta kgge, che vedesi riprodolta nel Codiee Giustinianto (leg.
XIX cod. de his qui aeeuiare non possunt) , ma con molte interpo-
laaioni fattevi dai giureeensuUo Trtboaiaao , apparliene senz» dubbio
al 375 delfera volgare, poicbe e datata in Carnnnto citta deU'Uliria
(odkrno Potroael aelCAustria), nel giorno 19 di agesto, e sappiamo
da Aramiano MarcelUno che Valenliniano il veccbio , spiegatasi ht
primavera del 375, si mosse da Treveri, e avanzessi cekreroente
per istrade a lui note; che entrato poscia ia Camanto, citta degU
Illirii, vi si trattenne nei tre mesi di state, appareccbiando di c«v
thiuo armi e vettovaglie contro i Qttadi , autori di alroce ribellione;
e che poi, volgendo 1'autunno delk stesso anno al suo lermine ,
ristette ad Ancinco (odteraa Buda) : Pubetcente iam vere (ann. 375)
Valentinianut a Treverit motus, per nota itinera gradu celeri oon-
tendebat . . . Cumque exinde Carnuntmn IUyriorum oppidum introu-
set. . . . (ibi) per tontinuos tres mensts aestwos arma parabat et
ahmenta, si qua fors secundasset, pervasurut opportunt Quados ,
tumultus atrocis auctores. . . . IUdemqut apud Ancincum moratui
autunmo praecipiti, per tractus cenglaciari frigoribus adsuetot eom-
moda quaerebat Mberna (Ammian. MarceU , Her. gest. , lib. XXX ,
oap. V, $S 1, 9, II, 14). L'oggetto poi delia legge, quantunqne in ap-
parenza sembri giusto, perche gli accusati possono talvolta o per
edio o per disperazione recriminare i kro accusatori anche inno-
centi, e tuttavia impronlato deUa ferocia di quei tcmpi, nei quali in
mezzo ai tormenli ed al sangue barbaramente prodigati dalla tiran-
nide erano continue le criminazioni e k recrimktazkai. E Vaknti-
niano volle che le viltime non infrequenti della sua crudolta non
pbtessero nemmeno recrirainare i loro carnefici.
(4) Ecco la legge , colla quale un tal divieto fu rinnovalo (log. IX
Cod. Theod., lib. X, Ut XIX de metaUu et metaUariis) :
Imppp. Valens , GraHanus et Vakntinianut AAA.
Ad Vindicianum V. C. Vicarium.
Datii ad inlustres viros Praefectos Galliarum, et Jtaliae htteris,
primum metallarios praeeipimus admoneri , ne eis noveUi itatuti ,
quod fuerat elicitum, privUegio, transeundi ad Sardiniam spes im-
proba blandiatur. Deinde provinciarum quae mari aUuuntur judices ,
scientes fieri , «t universorum navigatio hujusmodi hominwn generi
clauderetur: ita, ut ti aurileguli transfretare Irmptassent, severitale
judiris audaciae tuae ferrent digna supplieia; adficiendu etiam poena
custodibus, si negligentia navigandi hisdem copiam praebuusent ; Ua
ut haec non sme periculo suo rectores provinciarum neglegenda me-
minerint. Dat, XVIII kal. septembr. Valente IV et Valentiniano II
AA. Cost. (378).
Oa questo decrelo si rikva, che k precedente proibizione di sca-
vare le miniere sarde , fatta nel 369 da Vakntmiauo I , cra stata
poco prima rivocata: e sebbene non vi sia nominato l'imperatore ,
dal quale emano H nuovo statuto revocatorio , pare tuttavia pro-
il
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DISSEKTA2I0NE
tale, gia duce di Sardegna, il quale alcun lempo innanzt
aveva spogliato colle estorsioni e colle rapine i provinciali
p. c affidati al suo governd ( J ). E alla medesima eta, sebbene
con piii lungo intervallo, appartengono in ullimo la missione
annonaria eseguita nell'isola da Benigno figliuolo di Sk»-
babile cbe sia stato lo stesso Valentiniano I, il qaale cootimio a
regnare fino al 375. La ragione. poi , per cui fii abolita la conces-
sione o il privilegio accordato ai mctaUarii, e fu rinnovato 1'ante-
riore divieto dell'escavazione di dette miniere, non apparisce dalla
legge, e quindi pu6 credersi che sia stala qualcheduna di quelle
gia da me accennate nella precedente nota (supr. pag. 81 , col. l a ,
■ot 9). Pensa il Gotofredo che questo provvedimento imperiale debba
ascriversi al solo Graziano, poiche e datato nel 15 agosto del 378;
e Valente era gia morto alcuni giorni avanti, cioe nel 0 o neU'll
dello stesso mese (Ammian. Marcell. , Rer. geit., XXXI, 13); ma
che ignorando tnttavia Graziano la morte del soo collega nelPimpero,
intestd la legge, seeondo il solito, col di loi nome. Bisogna pero
awertire che il Valentiniano inscritto nella legge non e gia Va-
lentiniano il vecchio, ossia il primo di queslo nome , il quale aveva
cessato di vivere fin dal 375 (Ammiano Marcell. , oper. cit. , lib.
XXX, cap. VI), ma il di loi figlio Valentiniano II , il quale subito
dopo la morte del padre fu proclamato Angusto nel campo presso
a Bregezione (Ammian. Marcell. , lib. cit. , cap. X).
(1) II monuraento che ci ha conservato questa notizia 6 uno dei
piu preziosi della storia sarda, non tanto perche dal medesimo si
ricava il nome di un altro preside delPisola, che altrimenti sarebbe
ignorato, quanto perche in sul finire della dominazione romana si
vede dato dal gran Teodosio 1'esempio di una giusta punizione contro
uno di quei tanti Verri , cbe in varii tempi fecero slrazio dei Sardi,
opprimendoli colla prepotenza e col ladroneccio. Qoindi lo riproduco
nella sua interezza, e quale sta scritto nel mentovato Codice Teo-
dotiano (lib. IX, tit. XXVII, leg. III adlegemJuliamrepetundarum):
Imppp. Gratianu», ValenHnianus et Theodosius AAA.
MatronUtno Duci et Praetidi Sardmiae.
Ut uniut poena metus possit esse multorum , Natalem quondam
ducem , sub custodia protectorum , ad provinciam quam nudaverat ,
ire praecipimus , ut non solum, quod ejus non dicam domesticus, ted
manipularius et minister accepit , verum etiam quod ipse a provin-
cialibut nottrit rapuit, ac tuttulit, in quadrvphm invitut extolvat.
Dat. prid. id. jun. Cottantinop. Antonio et Syagrio Coss. (384).
La riferita legge e riportata eziandio nel Codice Giuttinianeo (leg.
I eod. tit.), ed appartiene al 38J dell*era volgare, perche fu fatta
sotlo il consolato di Antonio e di Siagrio, che cadde appunlo in
quelTanno (Fatt. Idat., ap. Graev. , Thetaur. rom. anHq. vol. XI,
col. 965) , quantonque in alcune edizioni del codice di Teodosio ve-
dasi annotato per errore Panno 393. Matroniano , al quale e diretta,
era duce a un tempo e pretide di Sardegna , cioe riuniva nella sua
persona Pautorita civile e militare. Ed e da notare che il titolo di
duce non si vede dato a veruno dci precedenti rettori delPisola, bensl
a tutti gli altri che la governarono, dappoiche passd sotto il doroinio
degli Imperatori di Oriente. La qual ragione (non avvertita dal Go-
tofredo) aggiunge peso alla conghiettura ch'egli ricava dal luogo in
cui la legge fu datata (Costantinopoli) , e daH'imperatore da cui
emand (Teodosio), di essere stata la Sardegna lin dal 389 compresa
tra le province deH'impero orientale. Ma sebbene Popinione di qucl
doltissimo commentatore sia foudata sopra un documento inconte-
stabile, tuttavia bisogna credere che la dipandenza delPisola da
Teodosio sia stata brevissima e temporaria, e motivata forse dalle
viltorie ch'egli riportd sopra i barbari, cacciandoli valorosamente
dalle provincie roroano ch'essi avevano occupate, ma che una tal
dipendenza non abbia punto cambiato la sua politografia, poiche
nello stesso correr di lempi si trova annoverata fra le provincie
dellMmpero occidentale (Ved. Schonov., Libell. provinc. roman. aev.
Theodot. in append. ad Eutrop.), e Benigno vi fu spedito da Roma,
o per governarla come pensa il medesimo Gotofredo (Comment. ad
leg. 169 Cod. Theod. , de decurionibut, e alla legge XVI eiusd. Cod.
de susceptoribus) , o per prowedervi, come in provincia soggetta,
ai bisogni annonarii della metropoli (ved. la nol. seg.). In quanto
poi alla presidenza di Natale , io credo che abbia preccduto di poco
quella di Matroniano, giacche se fosse statn molto piu antica , il
gran Teodosio non avrebbe potuto ordinare che Natale in pfirsona
fosse ricondotto alPisoIa pcr restituire ai provinciali tulto cid ch'egli
e i suoi faraigliari avevano loro rubato; e qnindi pare che debba
essere collocata sotlo 1'impero di Graziano e di Valentiniano II.
Nulla dird della pena, cui Natale fu condannato, giacche ognun vede
che fu giustissima; e 1'esperienza di tulti i secoli ha dimostrato ,
che agli uomini rapaci e pena maggiore di ogni altra il dover ren-
dere a due doppi Ia roba che tolsero altrui colla frode o colla vio-
lenza. Quindi Giovenale, parlando di Mario Prisco, proconsole ed
espilatore delPAfrica, disse molto opportanamente , che a nulla
maco , 'cbe f* noi •vicario della ciUk di RomaX 3 ), e la rislailu b. c.
' 1 md 440.
raztone deiraoqoedotMi Nora. fatta da Flaviolo per 1 le cure
gefnerose del cittadino 'finabdio W. Sono questi gli estremi
rioordi laseiati in SardBgBa daSla romana dominazione, al-
lorche la ignavia dei successori di Costantino, cedendo in
Qceidente alle incnrsioni devastatrici dei popoli settenlrio-
Aali , 0he a5eva.no ferocemente vareato le indifese sponde
giova 1'infamia, cui i ladri sono incalliti, se intanto essi si godono
impunemente it denaio «storto , e le provincii depredate sopportano
il danno delle loro rapine:
ethic damnatut inani
Judicio (quid enim talvit infamia nummitt)
Extul ab octava Mariut VibU , et fruitur Dk
Iratis; al tu , victrix provincia , plorat ? ■ 1
Sat. I. vers. 47 et seqq.
(9) La testimonianza di questo fatto Pabibiamo da una lettera
dello stesso Simmaco , nella quale egli ne parla di proposito. Ecco
le sue pardle: Fructut laborum ett plaeere melioribus, etpro induttria
atque integrilate palmam iudieii promereri. Quapropter Benignus ,
V. C. filiut 'meut rei frumentdriae negocium pervigili animo etpurit
manibut exeecutut, tolam de 'te mercedem iusti amorit expectat. Te-
statur intomnes eius curas imbecillitas corporit. Nihil enim de Sar-
dinia reportavit , niti bonam cotucientiam , et malam valetudinem :
horreit autem tantum frugis invexit | quanti illius provinciae armi
fortuna contulerat. Nullus de eo rumOr adversus , nulla conquestio
temper ad arguendum parata. Uorum omnittm locupletistimum pre<-
Hum est , si amicitia lua dignus habeatur. Quod dtclive ad impt-
trandum mihi videtur, H (quod necesse est) te delectet eorum probitdt
quorum elrcHo non fefellit. VuVe. (Epist IX, 39.) Bentgno fo vicario
della citta di Roma (vicariut urbit Romae) nel 399 e nel 400 del-
Pera volgare , come si raccoglie da tre leggi del Codice Teodosmno
(leg. V, lib. IX, tit. XXX: quibus equorum utus concetsus ett, leg.
169, hb. XII , tit. I , de Decurionibue, e leg. 96, lib. XII, tit VI,
de Sutceptoribut) , indirlzzategli nel 1° dicembre 0 nell'8 giugno di
detti anni dagPimperatori Arcadio ed Onorio. U Gotofredo nel com-
mentare la prima delle suddette leggi, opinache Benigno sia stato
preside o rettore della Sardegna, e che pe' meriti da lui acquisUU
in tale uffizio, e specialmente per aver provveduto abbondanlemeste
alPannona romana, sia stato qoindi promosso a vicario della citta.
di Roma: De eodem (i. e. Benigdo) ««I Symmachi locut , lib. IX
epist. 39 ; ubi hunc Benignum rectorem Sardiniae fuiste ottendii :
neque dubium, quin ex adminittratione Sardiniae, tanquam pro me-
rito bene procuratae annonae urbicariae, Vicariui tptius urbis factut
fuerit (Gotofrcd. in comment. ad dict. leg. V , quibus equorum
usus etc.) Se questa opinione e vera, la presidenza di Benigno dev'es-
sere collocata nelPordine dei tempi dopo quetla di Matroniano,
che cadde certamente nel 389, come si e gia detto nella nota pre-
cedente.
(3) Siffatta ristaorazione fu eseguita sotto 1'impero di Teodosio II,
e di Valentiniano III , come si ricava dalla seguente iscriziooe che
fu scoperta fra le rovine delPantica Nora e pubblicata dal Moratori
(Thesaur. intcript. CDLXVI. 4 Norae in Sardinia), e poi anche dal
Bonada nclla sua erudita opera che ha per titolo: Carmvna ex an-
Hquit lapidibui (Tom. II, pag. 597):
SALVIS • DD • NN • IMPP
THBODOSIO * ET * PLACIDO ■ VALBNT1N1AN0 * AVGO
BVBDVCTOS ' OLIM ' LAT1CB8 ' PATRIAEQVB '• NEGATOS
BESTITVIT ' P0PVL1S ' PVBO . FLAV10LV8 ' AMOIB
CVBANTB
VALEBIO ' ENN0D10 ■ PRINCIPALE ■ AC
PRIMARIO * EIVSDBM * VBBI8
Non puo cader dubbiezza sulla persona di Valentiniano III, poiche
nelPiscrizione gli e dato eziandio il nome di Placido , che tolse da
Placidia sua madre, e gli si fa precedere Teodosio (11) che regnara
priroa di lui. Ora, essendo stato Valentiniano III cveato Auguslo
nel 495 , ed essendo aocaduta nel 450 la morte di Teodosio II , e
manifesto che il monumento teste riportato appartiene certamente
al periodo di tempo corso fra quei doe anni. Ed io inclino a cre-
dere , che 1'iscrizione sia stata posta a ricordo delPopera fatta ese-
guire da Ermodio, o nello stesso anno 435, o in qualcheduno dei
seguenti piu prossimi al medesimo , perche in appresso e prima
del 450, le incursioni vandaliche in Sardogna, e specialmente dal
suo lato meridionale, non poteano permettere che si rizzassero mo-
numenli lapidarii di ricordanze pubbliche sotto gli auspici di un
impero, il quale o non esisteva piii nelPisola, o trovavasi sul punto
estremo di rovinarvi per sempre. Qualunque pero sia Panno preciso
delia mentavata iscrizione , e indubilato che la medesima non puo
essere anteriore al 495 , e quindi si deduce che la cilta di Nora
sussisteva ancora nella prima meta del quinto secolo cristiano.
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PMMk<
• 83
del Reno e del D____ho, Juci^ ^reiaulegliistraMvi deieae !
vaste e popolose provincie, e perdette in meno di dieci lustri
le conquiste gik fatte nel lungo corso di dieci secofi. Crollo
da tal punto anche nel sacdo suoloJa gia veccbia e flegenere
potenza latipa (*), e vi sunse iu jna^eqe la signorik vauda-
^ , __..._' _
(l).F_se_do<g_i eouahwsa la nmmtm At^ Mt m to ^de sotto
■i KoiTiaai,, ocedo far cosa utile agU sitid-osi <della storja .patria.,
riportando i testi della Googrofia di ToJdHnmeo. e AeWItiierario di
A_ioBiao, cbe oi vjtgQf *w t tuQ. a. icqn>pew^ioijamaBte knsteto. ooro- ■
igrafico (JetlisoU e de'8uoi afcitedori y e 41 numer* e la pnghezza
•delle sue vie wMUari nel seeondo secoip deU'ei» vojgaae.; sqggiun-
^gendo poi 4 compimento della Jjmi <lpi pretori gia pre^entata in
questo stesao voluaie (yed, aop^a jiag^^ e seg. col. not 9) 1'altra
-.Serie dei, pr_fetti„pi;esjdi , proeoi»^li iV <4n«?topi K prQ«uratori augustali
,e raziopaU dj Sardegna, dail» «iscifa ,0i C. <_£uu» aUa cpduta del-
l'imp«rg n o9cMeitta)e. :; ; c .
1
1. ' (
TE_TO DELLA GEOlSRAf.A UI TOLOMMEO (a|).
• i
S__dini*i} uwwi-ab « jrna. — T4»i** «wiuu _-*#►>_. — Saadwia
\insula circumdatur ab orienU Tyrrheno Pelago , a meridie) Aphrico ,
ab occam Stpdm, a septentrionibus vuui qvod ifmm et Cymum
interluit. Eitu littota tic dttcribimtur..— Ab occidentaji latere :
Gorditanum promontorium 89- 60.. 38, 45- Tilliutn cvtitat 30, 0. .38. 40.
Nymphaeus portu* 30. tO, 38. 8Q, tiaermeam, pramoutoritim 30. 0.
38. 15. rermi /Iuv t . «#« 30. ^5 4 J8.^(;o^.o#<jWl»W?#.pQ. 37 .36.
Xarrae cioita* 30. 90. .33»-». T*yr¥ pitta, 30, _0,#7t W, ,iV«e//i_
.WUa* colonia 30,„a0. 86, 68. flarrt' fiuy, miiajM)- 30, 36. (40.. Pfiaea.
civitat 30. 30. 3«. 3Q. -SardofaKtri» fmvn 90. -30. 36. 30- NeapolU
:30. 40. 36. 30. fa.ita ettrema 30. <40, 3&Q. — Meridionalis lateris
.descriptio : PopWum dvita* 30*. 50-3&, 40. $o|«i <pHuJa*?l. |10, 35. 20.
5o«ci portu* 31. _K 35. t<*«!#qj\f0»j»l.. 30, 35.j4^_itqea »or.u<
31. 40. 35. 50. Herculu portut 33. 0. 35. 50. Aora. wtftn. 32. 0,.
35. 26. /.Mu* adnexum 33, 6- 3flfc 50» fCwMW» Cfi<»»i_« ^omoRtor.
33. 15. 35. 36, Littus /Snttfmum.33. $..35. 55. — OrienUth> lateris
. ctescriptio. Caralis, ,civUas ' «* ,promanL .,33* 30. 3^. Q, 'QafafUanui
:*VMt* J-. ) 10,J6., J 20. «Wttki.,w7_t,3il|. 6A 3«w 40.. SajffltiJlvf, *»Ua
,33. 0. 37. 0. -upiciut portw 31. 50. 39. *0. Ca^ri-/tiiv. «rtta 0.
38. 0. Feronia civitat 31. 45. 38. 10. Offita dvttay 31. 40. 38. 30.
O/oiatMti ^poriiu 31, 40. 38. 45, ,ColymfiarUtm ptomontor. 31, ,45. 30. 0. .
^rett promuMtoria Ai. 45. 39. , 36. ,S-pte-trk) a«-B rlslerisdeseripbo.
Errebaniium promontorium 31. 30, 39. 30. Ptubtm •ottita* 31. 80.
^9. 6. /u?»o/a «ivita* 31. 10. 39. 0. TUmla civilas 30. 40. 38., 50.
Turris BitsanU citritcu 30. 15. 3S. 50- 7>ne»< at*tem piaaam UMujae
m«fM ««jsfontrioMa^em Tibulatii «( Corsi, eub ,qwibm Coraoensii «(
Carmsii. Pottea Ctrnosfta-i, tub quikut Sek)iU_i ^ l^acidrraesii. Posi
(a) E ricavalo dalla edizione fatlane in Amsterxtam oel 1618, ia
quale eiatitolata: Claudii Ptnlomaei AltxandrtHi Geographiae Libri Vlll
i/raece el laline, Opera P. Bertii. Chrislianissimi Ualliarum ftegis Cos-
mograplii. Amstelodami ex ofticma Judoci Hjoudii, anao MOQXVllL, in
fal. (ib., lib. 111, oap. 111, pag. 76 e 77).
»lica,:iaquaie m nan ife^si:lun^ii«istaMe:'Cfln_i-«ki; pheae-
dente, fu pero barbara e neghittosa abbastanza per aggiun-
gere ai mali anticbi la sofferenza inerte e (pttsflanim^ dei
Aesaronenses ,■ sub quibut Cornensii, qui AechUedsii titcunt^r. Post
Ruacensii, sub quibus Celsitani et Corpicensii. PoU _c^pitahi et Si-
culensii,"*_6 ouibu* "Neapotitae "?t"VaTentinl, «I qui miixime meri-
dianakt suvt aahwtanl (Jtafc mddU. <«• MtenstaJai). — tivitatet vero
mediterraneae Aae, s«tt( . 'EricintHn 31.0.-8» BO. Bra^um jtl. 30. 38. 40.
Gnrulis vetus 30. 30. 38. 30. Bosa 30, 30. 38. 15. |M_c<|psiM)St. (A.
38. 16. Ate^trittt» Maenorteni mon/ei 81. 0._ft.O:Gir_lisnw«)80. 30.
37. 30. Saralapis (P. Salara oppidum) 31. 15, 37. 45. dprnus 30. 3j9.
37. 45. Aqnae Hjpeilanee 30. 40. _7. i5. Aquap .I.ibitanae (P&L
LesU.) ai. 0. 3«. 45. fcese 34. 0. 86. 36. Aiyuio )K efapol^ta nae 31. 46.
36. 10. Valeria. civ_a»iSi; «B..36; 0. -~i*u_te_#er|>irir«a_«rtfint_m
sutu: Phintoni ttwuia «. 40; 3*. 90. lbva >»_»uJa| 30, 20. .-39. i).
Nymphaea intula 39. 45. .39. 0. _»roi_is<tn»«teB9ja»i : 9. 0.iBiaba|e
tneute 39. 30. 38. 45. Hieraeum h. e. accipitrwm ihsulc 30. 0. 35. 4ji.
Plutnbea intula 30. 30. 35. 30. Ficaria tn#_ia 33. 0, 371 30. Erm^a
tnnt/a-3 0. 2B..0. • . ! •»'.
H.
1
1
TESTO DELL' iT_N'ERAHlO WiStOM^ [')' '' ,
. lTBB SiRDlNIAB. .->vlfT-RiS---»-_t _ M_TV T|_P|.is !<£_•!«. 1_ ,
m. p. ccui «tc — Turublum minorem n. _,,i»vi4.( ■Elepha.utariain
m. xv. Longones tu 9. xii. htHnom M. .r. :M_ru^. ) ^dcleaxia u. p.
xv. Partum Luguidonis m. p. xii. Fasnm Gariti M. 9> kv. dtffneolof
m. p. xv. Sulcas m. p. xxxv. ft>r(*een*t_ m.:-, Wlv. parcqpos m,:p. xx.
Caraittn .M. .». xiu. — .Alio WDntaz _b OLM_Ctsi 14M p, «*xxi».
— Caput Thyrsi m. p. cn... SarabiU u. amUJtk Bforaii H; P. IUT.
Caralim m. *. ;x_ii, -+-: A Tisula €_B_LiM m. P. ccxsu ric. — G«-
mellat m. p. xiv. Lugdone m. p. xsv. Afa/a m.,*. ttxtvj JUolaria u.
p. xuv. ._fd JUediat m. p. 111. Porum Troiant M. Ip> : _*. Otikoca tf.
p. xti. Acquas NeapotUamu p. iuh. C_7H*Jtwt m. f. xxxyi. ||-
„f por(u . Tibulis per compenditm Vlbiam m. p.-xv»..— (Itbm a T*-
BD— 18 SULC08 M. P. CCLX *ic. Vwtolat <M. R, «_«.!_ ^tfffu*» M. P. XXljt.
UercuUm m. p. xxh. _!_ jTurrem m. p. xvui. «oraift m. p. xvit.
Carbiam M« P- ivi, Bosam M. *i xxv. Cornos u. p. xviu. 7_arr4t
m. p. ivbi. Othoca u. b>. ni. Ntapolim m. p. xviii. Metalla u. p. xxjf.
Su/eo*"M. p. Tii. — Item * SvlCis 'Hd___ m. p. lxviii. re^iu/i
m. p. xixiu. Noram u. p. 1_xy. _< Cara/i Noram u. p. xxxh
ITINERARIUM MARITIMUH UtTBA Sabwni-M et Italiam. — /n*uj
/iva, de Tutcia a Popvlonio tiadia «c. Intula Planasia, inter Ilval
et Planatiam tunt, siadia ic. /n*ttfa Aegilium a Cosa stadia xl
Intbb Sabdiniam et Afbicam. — /n*u_» Galata a CaralUde SardintU,
«taata vccxxx. £K a Tabraca ex Africa, sfadia ccc. /nsu/a Pafmari*,
wtotr *w»tc e( Gwtotain, vrtedttt ilv. /n*__t j>MaM ,:it<«la Vuiturfy
ttnte pfommtorirm ApoUinU. Aegimurut wuufet a Carthagint
ttadia ccxxx. '■
'*) E ricavato datla edizio-e faltane in Ai_ster-.ro _el 1619, h <f«_|~
baper titojo : Itinerarium Antonini Imperatoris terrestrc et maritimuik ijtc,,
«lenie P. Btrlio Ckritlianisiimi GaUiarum tiegis Cosmp.graphi. AiJM^e-
tedami, ex oukina «Htdeci Hondii, anno MDCXIX, in fol. (ib .pag.5e Si).
III. ■
8-BI- tStl PHEtETTI , Y-ESrbl , PROCONSOXI, PBOCCHATOBI ABCtSTALI E BAZIONALI Dl SABD-GN- , DA-t.A ' N-BCtTS Dl <B. «.
FINO ALLA CADUTA DELL* IMPKBO BOMANO W OCCHtENTE.
A n ni
dine
P. C. R.
0
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S5
56
1
t*. ..
. 3
154
3
161 ,
*
184
. 6
6
' 7
Nomi
dei Prefetti, Presidi, Proconsoli, Questori,
Procuratori augustali e Razionali
. Vipsatuo Len» (a)
Subrio Destro, Prefetto e Proconsole ,
Gelasio, Preside
Settinaio Seyero , Questore . , - , - • • -
Lucio Ragonio, Proconsole. ,
Lucio Balbio, Prefetto e Procuratore auguslale (b)
QuiDjto Coscpnip , Prefetto e Procuratore «vguslale (c)
ta) Sebbe-e Tacito imm draa es^renanente <pa_e ibsse la q_eJita
pubblica di Vipsahio Lema, scriyendo tuttavia clie fu coodaattato 06
Sardimam prvvinciam avare habitam, indica abbastanza ch'egh ebbe il
supremo comando deU'isola.
(b) II tempo in eai Lccto Balbk» govemo ta 'Sardegna _o« si rieava
_ai moaunenlo lapidario, che ae prwva la esuitenza. Lo credo pero
anteriore all'ela di Hazio Costante e di M. Ulpio Vattqre per le
ragioni gia da mc allcgale in altro luogo del presente volume (supr.
pag. 74 , col. _•, in not.). E peT gli stessi motivi bo collocalo dappresso
• qwelle ii I.dt.io Balbk) i norot di Q. Coscomo , di C. Asiwo Tc-
AAitori e MoQumeaVi
che
ne provano VetUtensa e il tempo
Tacit, Annal., XIII, 30.
Iscrizione Macomeriana (supr. pag. 67, cot. 1», in not.).
Act. Martyr. S. Potiti, a,p. BoUand., tom. II, jan., p. 753.
Sparlian. , /n vU. iSevtri.
Iscrizione Gmleriotta ( sopr. pag. 70, col. 3», not. 3).
Iscrizione Muratoriana (supr. pag. 73, col. 1», in not.).
Iscrizione Muratoriana (supr. pag. 73, col. 1", innot ).
cnaiANO, e di P. Visio, i quaK geveraarono 1'isola in anno parimenti
incerto.
(e) A QuiNTO Cosconio Fronton-, figliuolo di Marco, e dedioatb 1;
seguente iscrizione onorarta, scolnita sul marato, ehe eonS-rvaii h*l
museo della Regia Universtta degli stadi di Cagliari :
m . f . fbontoni
a cos . ad—k cto . praef . coh
. . . i . trib . mil . l . . . . i . ital . proc . algg
. . . ctio . «x . — er . vta . pontvm . et . bithy
bt • pontati • mbmtebranevm
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84
DISSEHTAZIONE
mali novelli, e per imporre ai SawH icol mutato impero le
sole mtriate ferme deita loro iodedioabile serritu.
s
A n n i
)rdin
-b
P. C. N.
B
8
9
->< i->
10
11
► . »
12
/0 /
13
302
14
Qft/I
15
OUU
16
oUJ
17
304
18
308-U
19
315
SO
316
31
319
23
325
33
340
94
353
35
36
363
27
375
38
29
383
30
31
o m i
■
dei Prefetti, 1'residi, Proconsoli, Qucstori,
Procuratori augustali c Raziouali
_
Caio Asinio Tucuriano, Proconsolc
Publio Vibio , Preside e Proconsole
Razio Costante, Preside
Marco Llpio Vittore, Prefetto e Procuratore augustale (o) .
Autori e Monumenli *
N$* -tiioiia {/'^jj- ; ,it (».!o.;u '•)<:!«( kd />••
ne provano l'esistenza e il tempo
Marco Calpumio Celianol, Prefetto . . .
Gianuario, Procuratoro augustale
Marco Elio Vitale , Preside
Julzio o Giulico, Presidc
Barbaro, Presido
Flaviano , Preside
Delasio o Delfio, Prcside
Settimo Gianuario, Preside
Costanzo (6)
Gerulo, Razionale
Festo , Prcside
Eufrasio, Razionale (c)
Callepio, Razionale
Dibulcnio Restituto, Preside
Valcrio Domiziano, Procuratore auguslale (d)
Massimino (c)
Laodicio , Preside
Natale, Ducc e Preside (/")
Matroniano, Duce e Preside
Benigno {g)
PHLAGONIAM . PROC . AVGG . ITEM
. . . CTIG . XX . HER . PER . ASIAM . LICIAM
GIAM . GALATIAM 1 ET 1 INSVLAS
. . . CLADAS . SVB . PRAF. . ANN. VRB . PROC
AVGG . AD . VECTIG . PR . GALL . PROC
AVGG . ET . PRAEF . PROV . SARDINIA»
OPTIMO • ET . RARISSIMO . PRAKS
T . SEMPRONIVS . MCTOR
OPTIMO PRAF.TORI
La medesima , se si eccclluano alcnne insignificanli variazioni , e
somigliautc nel complesso alfallra iscrizione pubhlicala <lal Muralori,
e da mc riportata piu avanti (pag. 73, col. 1» in nol.), colla di cui
scorla percio si possono facilmenlc supplire le poclie lacunc cbe vi si
scorgono. La sola dilTercnza sostanziale fra 1'nna c 1'allra si trova
nelle ullime tre lince , giacche nclla Muratoriana si lcggc : Opiimo et
sanctissimo praeposito , Lucretius VCC Tabularius prov. Sard.; e in
quesla di Cagliari : Oplimo et rarissimo Praesidi , T. Sempronius
Victor , optimo Praetori. 11 lilolo di Pretore dato nella prcscntc iscri-
zionc a Quinto Cosconio dimoslra chiaramcnle chc 1'eta della lapidc
Qon pu6 essere mollo posteriorc al nono secolo di Rnma. E siccome
d'allro canlo gli sono tlali cziandio i titoli di Preside , di Prefitto , e
di Procuratore augustale in Sardegna , ne deriva di eonsegucnza chc
i supremi governanli de!T isola crajio rivcslili delle suddclle qualila
prima dci tempi di Coslantino Magno; c qnindi sono eflicaccnientc
cnnfcrmate da quesfaltro nionumento le ragioni da mc addoltc a tal
proposito, allorchc mi tocco discorrere dcl tempo preciso della ri-
staurazione del Tempio della Forluna ucll'anlica colonia di Torrcs
( Vcd. sopr. pag. 72 , cl. 2 a , not. 2 )
(<i) Oltrc allc vie da Cagliari a Olbia, c da Nora a Bizia (vcd. sopr.
pag. 74, col. 1", in not ), Marco JJlpio Vittore fece riparare la via
provinciale da Tarros a Cornus , essendone rimasto il ricordo in una
colonna miliare , che altualmente esisle nelCatrio della licgia Cniver-
sila degli sludi di Cagliari. L' iscrizione che vi si legge e in alcunc
parti corrosa dal lcmpo , cd e la segucnlc :
. ■. . . v rvs
• • ■ »v . . . ,
PONT . MAX . TRIB . POT ....
PP . 1'ROCOS . VI \M
nVAF. . nVCIT . A . TIIAR
ROS . CORNVS . VE
TVSTATE . CORRVP
TAM . RESTITMT . CV
RANTE . M . VL
MO . VICTORE . E . V
PROC . SVO
Vllineraria di Antonino , e lc altre iscrizioni dello 6tesso Marco
Ulpio Vittore da me riportatc piii sopra ( pag. 74 in not ) som-
minislrano i supplcmenti da farvisi, clie sono:
.
M . P . XVIll
IMP . CAESAR
IVLIVS . PIIII.IPPVS
FE1.IX AVGVSTVS
Iscrizione Muratoriana i,supr. pag. 75, col. 2=, not. 1).
Iscrizione Gruteriana (supr. pag. 73, col. 2 a , not. (d) ).
Xiphilin., Epitom. Dion. LXXV, 16.
Iscrizioni di Torres , di Nuracheddus e di Terranova
> (supr. pag. 73, col. 1», e 74, col. 1*, in not.).
Iscrizione di Fordongianos (supr. pag. 67, col. 8», in not.).
Iscrizione di Tclli (supr. pag. 75, col. 1», in nol.).
Iscrizione di Fordongianos (supr. pag. 68,col.l", in not.).
Act. mart. S. Ephys., ap. Boliand., lom. X, jan., p. 998.
Act. martyr. Ss. Gavini, Pi oth. et Januarii cx cod. Turril.
relat. a Baron. in not. ad Marlyr. rom. , ad diem
25 octobr.
Act. Vilae S. Juvenalis ap. Bolland., tom. I, januar.,
ad diera 15.
Act. marlyr. S. Luxorii, ap. Bolland., tom. IV, august.,
pag. 416. . ,
Iscrizione Turritana (supr. pag. 76, col. 1», not. 2").
Lib. VIII , tit. V , leg. 1 Cod. Theod.
Lib. II, tit. XXV, leg. un. Cod. Theod.
Lib. IX, tit. XL, leg. III Cod. Theod.
Lib. XII , tit. VI , leg. II Cod. Theod.
Lib. X , tit. X , log. V Cod. Theod.
Lib. XI , tit. VII , leg. VII Cod. Theod.
Iscrizione di Tetti ( supr. pag. 76, col. 1*, not. I 1 ).
Ammian. Marcefl., Rer. gcstar. XXVIII. t.
Lib. IX , lit. I , leg. XII Cod. Theod.
Lib. IX , tit. XXVII , leg. III Cod. Theod.
Ibid. • ■'• > :
Symmach. , Epist. IX , 39.
siccome il titolo di Procansolc dalo allMmpcralorc Giulio Filippo indica
aperlamentc , che 1'iscrizione apparticnc al 246 delPera volgaro , per
le ragioni da me allegate nel luogo gia oitato di queslo medesimo
volume ( pag. 74, col. l a , in not. ),
(4) La lcgge, che 1'imperalore Coslanliuo indirizzo a CoSTARZO ncl
22 gcnnaio del 315 , non gli attribuisce veramcnle alcuna dignila ;
ma dall' esscre slala la stessa legge acccpta Caralis, e sancita per
protcggere 1'agricoltura sarda, si puo argomcntarc che Costanzo fosse
preside di Sardegna. E scbbcne nello stcsso anno 315 egli si trovi
rivestito dclla eniineDte dignilii di prcfelto dcl prctorio d ltalia ( leg.
I, lib. VIII, lit. IV. Cod. Tlicod. , de cohortalib. ) , tutlavia cssendo
quest' altro monumento imperalorio dalato nel 28 aprile , c qnindi
posteriore di tre mcsi alla gia cilala lcggc , non e improbabilu che
Costanzo salissc dalla presideuza sarda alla sublime cariea della pre
fettura italiana.
(c) Di qucslo Eufeasio parla Simmaco nelle sue Epistole ( lib. IV ,
59 e 60 ) ; c al mcdesimo e pur diretfa un' allra lcgge di Coslantino
in dala dcl 19 luglio del 315 (leg. 1, lib. XU, lit. VII, Cod. Theod.,
De ponderalonbus }.
(</) Vcd. sopr. pag. 76, col. l a , not. 1.
(e) Ho gia riporlato a suo luogo ( supr. pag. 80, col. 2 a , not. 5)
il teslo di Ammiano Marcellino, che prova indtibilafamcnlc cssere slalo
aflidato a MasSimino sotto 1'impero di Valcnliniano il vecchio il supremo
rcggimenlo della Sardegna. Non pcrlanto, siccomc il prcdctto istorico
non lo qualifica prusidenle, mi sono astenulo ancor io tlaU'atlribuirgli
silfatlo litolo.
{f) Non si puo assegnare il lempo preciso della presidenza di Natale;
ma e ccrto cho qnesl' ullima fu posteriorc a quella di Laodicio , e
anlcriore alPaltra di Matroniano. (Vcd. snpr. pag. 82, col. 1», not. 1).
(g) La lellera di Simmaco da me riferita pcr intiero (sttpr. pag 82
col. 2 a , not. 2) uon ispiega con qual carallcrc cd in qual anno Be-
Nigno sia slato mandalo a Sardegna ; ma io consento atV opinionc del
Golofredo, il quale crede chc fosse ]ircsidc dcll'isola. c che nelPcscr-
cizio appunlo di lale carica cgli abbia provvcduto abbondaiilcmcnlf
ai bisogni delfannona romana.
IV.
Terminero questa lunga nola riporlando M' allra memoria de
tempi romani conservataci da un passo di Palladio, cho non fu av
vertilo dagli scrittori sardi. Parlando egli ne' suoi libri Oe re ruslica
del modo di piantare e di allevare gli albcri di cedro , dico fra le
altre cosc : Asserit Martialis apud Assyrios pomis hanc arborcm
(i. e. citrum. ) non carere ( al. leg. nunquam carere): quod ego in
Sardinia ct in territorio Neapolitano in fundis mcis comperi (quibus
solum et coelum tepidum est, et humor exundam) per gradus quosdam
sibi semper poma succcderc , cum maturis sc acerba sukstituant,
accrborum vero actatem florenlia consequantur , orbcm qucmdam
continuae foecunditalis sibi ministranle nutura ( lib. IV MarL , X ,
16). Palladio adunque possedeva terre iu Sardogna, e vi coltivava
con buon successo i cedri , che rispondevano generosamcntc alle
sue curc, produrendo grala copia di frutti.e soslilucndo gli acerbi
ai raaluri con rotazione conlinua di quasi pcrpetua primavera
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9RVUK.
•85
PERIODO VANDALICO.
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Guidati da fienseruw, e chiamati da Booifaci» ©eete det-
1'impero, che IMnvidia e le calunnie d'fftlb «forzarono a
ricorrere agli aiuti stranieri, i • Vandali, parUU8i')#alla BeUca,
e traversato Io strettoche dJrfde UMediteftaiTeotfitfAtlaoUed,
f c, N. 4 ig. invasero nel 429 delCera volgare O) le coste settentrionali
Danqne la rotrodurione di qaesta pianta nejtttaola^doe- riferirsi per
10 meno aJla meta del, qainto secolo , giacche pare jndnbitato cke
11 soddetto Palladio fosse figlio di Esaperanzio prefetto delle Gallie,
occiso in Arles nel 4*4 delfera volgare , e che poKosse adottato
da Namaazrano Claudio llutilio sao congianto , il quale, lo avea
accolto in Roma per istadiarvi la giarisprudenza ( Bartb. e Rivct,,
Storia letterar. di FraM. , II, 997); Cro si deduce , nohisoto dal
nome di Hntilio ch'.egU aggiohse agli altri snoi <K Tauro BnuUano,
ma eziandjo da on tuogo dell' Itinerario del secondo sno padre , '
dove leggesi :
Tnm dUeeHurus , studtU urbUjue remUto
Palladium, generU spemque decwqve ,um.
Facundu» juvenit Gallorum nuper ab arvU
MUsus, Rdmani ditetre jura' fori. •
Jlk mtat secum dvltUtma vncvia atraei -
Filius adfectu, stirpe propinqms habett ., ■ t ■
Cuius Aremoricai pater Exsuperantius oras
Nunc posWminium pacU amare doceU
RutiL; Itiner., l r 308.
Gli ultimi due versi accennano alla pace delle province Armoriche,
dappoiche Esuperanzio ne caccid i Goti , lo che accadde poco prima
del 494. Quindi in tal tempo *PaItadio attendeva m Rema aglistudii,
e per eonsegaeoza it fatto doHe sve possesstom ih Sardegna ( «he
pTobabilmente avea ereditato da Ratilio) e dei cedri o rortaranci
oh'egli vl eoHjvava, deve rifefirsi a «raalc«Mdano> deglt Mnt poste-
riori al 494, essia ai tempi detl' imperatore Valentiniano III, cbe
fhrono gli estremi della deminazkme occidentale dei Remani neirisola.
Procedendo piu oltre colle indagini , potrebfoesi eospettare , che il
hiogo in eni PaUadlo attese in Sardegira alla colWra dei cedri fosse
1'antica Neapous notata neU' Itinerario di Antonino , e collocata
enoneamente da Tolemmeo.fra le eitta marittime (Geograph, HI,
3, tab. VH, Europ.), dalla craale trassero il nene i Sardi neapoHH
e le aquat neapoUtanae rarrimentate dal medesimo geografo (loc. cit.),
e i popoli neapolitani ricordati da PUnio ( HUtor, natur. ,111, 7)
0 piu gerteralmente 1'agro neepolitano, cbe si estondeva dall'attaale
riUaggio di Sardata alPaltro di Arbus neUa parle oecidentale del-
Fisola. E veramente in questo tratto- <ft paeee tolum et coetum ,
faptdwn Mt, et humor exundans, come dico PallaeTto delle sae pos-
seasioni sarde in Urritorio neapoMano, e si trotano acque oatde
e salubri, cbe daUo stesso aotore sono riputato efBcacissime- per
far germegttare la eemeote dei cedri: tria grana deorsum verso
ocumine juncta constituet, et obruta quOtidie rigabU. Citius procedent,
ti bentficio aquat teptntU utaru {De re ruttica, lifo. IV Mart, X, 11):
al che poi aggivngendo la mancanza della particola et notata dallo
Schneider nel Codice Gronoviano di PaUadro , nel quale si legge :
quod ego in Sardinia nt territorio neapolitano in fundU meis comperi,
a avra nna serie di ben fondate conghietture per argomentare che
1 fondi Pailadiani esistevano nelfaccennata regione deUa Sardegna
remana. Ha io non voglio essere cosl tenace di questa mia opinione,
che percid rigetti 1'altra del Sanfelice, U quale interpreto 1'accen-
nato hsogo di PaUadio a favore deila Terra di Lavoro di Napoli :
Palladiut quoque hie agent ( i. e. Campaniae ) de eadem re ruttka
pnecepit , deque citreorum cultu , quae primus ipse demonstravit
Itatiae ( Anton. Sanfel. , De titu ac orig. Campaniae , pag. 7 , ap.
Bormanm. , Thesaur. antiq. et hUtor. Ital. , tom. IX , part. I ). Im-
peroccbe non si puo niegare, che PaUadio possedesse terre in
ItaUa , e ctae le coltivasse , facendone testimonianza egli stesao
nel libro IV di detta sua opera (Mart., X, 94); ed e qoindi moito
prebattle cbe ne possedesse eziandio nelia «ampagna di Napoli ,
gia tanto celebrata fin dai tempi romani per la straordinaria sua
fertilitk Per6 in ogni easo cio non esetnde , che queh"insigne
aorittare di cose mraU fosae al tempo istesso possessore di altre terre
in Sardegna, giacche ia tal rispetto e troppo ohiara e precisa la sua
narrarione, per non potersene ne doversene dobitare.
(1) Sebbene il passaggio dei Vandali dalla Spagn* in Africa si
noti conMmemente nel 499 o 498 ( P. C. N. ) , e il Roinart segna
questo oaicolo ordinario neUa HUtoria pertecutionU vandalUa»
( part II , cap. III , pag. 493 ) , tnttavia il Pagi ha dimostrato con
ottime ragioni ( Critic. Baron. , tom. II , pag. 905 e seg. ) , e spe-
eulmente coll' autorita d' ldazio , la qnale in qnesto rispetto e di
molto valore (Chronie. Idat, pag 99, Scalig.), che un tale avreni-
det ««ntureate africanoi feroei o b*Mmqt l#t iadole, e 1 '^»-
vernati da an capc ambizioso ed intrapwfodente , ranerhiar
rono ed ampliarono hi breve tempnv sia collc vittorie ohe
oagli acoordi , la primiUva occupazione e quindi fattiai
ardtU a corsefgiaj* «ul mare, spinsero le aavi loro dailte
adaste spiagge4ett» Mauritaaia alla ferUU e vicine tecre detlh
Sardegaa. RrpetoU e improvvisi assalimenU, sacoheggi v la-
trocinii e rapihe; fdrono ii primo frnlto deHe cmdeH loro
pirateriei 3 ); raa poi no« contenti dt solevprede, oonqnis|ate
senhpre co' pericoli , e bruttate spesso col saague, ambiron*
dt reridersi padroni assoloti dell' isola inUera. L abbandono
in cui essa giaceva pel deolinamento delT impero occidenlale,
« la misera prasmU) dei Sardi, percossi , • aftranti e avviliti
-dai una serie iagrimevole di secolari svehture, somministra-
rono sgraziatamente 1'occasione favorevole ai disegni di do-
niinio ch'easi andavano maturando. lyeggiamp infalU in Vilr
tbre Vitehse, che hella mela deLquiate saeoio, e precisamente
dopo la uorte deU' imperatore VaienUniano III ( 455.) , H p. c.n.
superbo e feroce Genaerico domino con es«lusivo potere
1'Africa tutta non solo; ma la Sardegna etiandio, la Stouta;
la Gorsica e le isole Baleari ( 4 ). E.dallo stesso VUtore sapr
piamo cbe da tal punlo il giogo vandalico pes6 stabilmerite
sopra i Sardi , e cbe nella barbarie e nelle persecuziom non
fu dissimile da queUo che afflisse per tanto tempo le pro-
vincie africane. lmperocche Genserico, ariano di credenza ,
invel crudehnente conlro i seguaci della fede ortodossa,
mando in eailio i vescovi cattolici che reluttavano virUmente
all'errore gih colpito dairanatema conciliare di Nicea, e nel
governo dei popoli, che la forza soitopose al suo cotpando,
esercit5 la peggiore delle lirannidi, violentando i sudditi a
consentire servilmente nelle sue opinioni religiose. Ma i mali
eofferti datla ohtesa sarda per le vessaziooi di queste re
tlogmatico ed hhpelnoso, tion ebbero nemmeno chi ii rac-
coutassc ai posteri per, commi^erazioue degli oppressi e per
'• . ii •• ■
mento ebbe hlogo nel maggjo det 499. ln quanto poi alle gare
cortigianetche di Ezto e di Botaifacio , ad'arte usata dal primo presso
fimperatrioe Placidia per perdere il sne rivale , e al trattato con-
chiuso dal secdndo con Genserico OGontario netfanno preoedente,
vedansi fra gli attri Procoplo ( De bell: vandat , lib. I ) ,' Idazio
( loc. cit. ) , Teofane ( pag. 80 , Murator. ) , e la Storia mUcelkmea
( HUt. mUcell., llb. XIV, pag, 04).
(9) Nel 430 sconfissero Bonifacio ed Aspare capitano imperiale,
e posero 1' assedio a Ippona , citta della Numidia ( Possidius , Vit.
Augustin., cap. XXVm. - Idat, Chron., pag. 93. - Prosper., Chron.,
pag. 194); nell*ll febbraio del 43S Vatentiniano III cedette lord ,
in virtu del traltato conchiuso con Genserico , totta la parte det-
PAfrica che.gia occopavano (Prosper., Chron., pag. cit.-Cassiodor.,
Chron. , pag. 367. • Isidor. , HUtor. vandai. , pag. 733-34 , edit.
Grot - Procop., De bell. vandal., lib. I); nel 441 si resero padroni
di Cartagine (Salviah., De gubernat. Det, lib. VI , cap. XII , e lib-
VII c. VII ) ; e nell'anno segnente ottenriere dal suddetto Valenti-
niano III la pacifioa possessione delle loro oonquiste : Cum Genterico
autem ab augusto Valentiniano pax confirmata , et certU tpatiU
Africa inter utrumgue divUa est. DUponens quoque ( Geusericus )
singulas quasque provineias , sibi Byzacenam , Abaritanam atque
Getuliam et partem ISnmidiae reservant: tseercitui vero Zeugitanam
vel Proconsnlarem funiculo heredUatU divUU; Valentiniano adhuc
imperatore reiujuas , lieet Um eaterminatas provincias defendente
( Victor. Viteos. , De perseeut. Vandalor. , lib. I ; col. *80 , edit.
paris. tert., per Hargarin. De-la-Bigne, MDCX, in-fol. ).
(3) Africae oecupatione non contenti, piraticam in tnari cxercentet
(Vandali), Siciliam, Sardiniam, Corticam et ltaliam ipsam latrociniU
el praedis vexarunt (Onuphr. Panvin., Imper. rom., cap, XX VIII).
(4) Post mortem eius (i. e. Valanliniani) Gensericus lottus Africat
ambitum obtimrit, nec non tt insulas maximas Sardiniam, Siciliam
et Corswam , Maioricam , Minorioam, et alias multas , et superbia
sibi consueta dtfendit { Victor. Vitens. , De persecut. vandal:, lib. I,
col. 780-81 , edit. praedict.).
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DISSJBB.TAEIONE
abbomuuo deglj oppressori ; e mto sojawenle stette ftftgine
4i ViHfitne h wmwh aceria e dotorosa della verita dei
patimenli, e H desiderio o la aperanza ebe il mwisterto
degli soriUori ne faeesae pervenire i rieordi lameatevolii aJle
ftiinre generaaioni C 1 ). ~Nella oseurila nan parlaflto di quei
tempi calamitosi <la Sardegna diede al moad» cristiano mo
p.c. n. 461-467. <|ei piu splendidi ,8noi ar»anienti' nella perswaa d'ib)rio, il
quale , sncceduto a S. JLeone , tyagno aael pootificato , se non
euperd l illustre euo predecessore aeHaglarwsa maesta del
trireg*», k» ewilo cer4amea»e aella sanlitia deije aakwi .,
nella magnificenza deUe opere , e nelLa isublimila della fade
e -della eristiana carita (V.
Passeggiera, e di verun lenimeeto pe"/Sardi fu loccupa-
ztone dellisola quedi fatta dalle sqaadre imperiali oapiU-
p. c N.461. nate da MarceUiano (A6S 9. d N.), cbe le preghiere di
¥ ilanco s e le promesse di larghi premii ricondussero aH.ob-
bedienza verse Leone im^eralore di Orienle ( 3 ). .Perohe /al-
■ lita poco appresso.la ispedizione navale afBdata ai comano*
di Basilisco, e sonpresa e sperperala da Geaserice la pode-
rosa iflotta di ieone e di Antemio j Vandali ricupera-
fono la Sardegna, evisi mantermero slabilmeute Sno all'eta
<b Giustisiane. Unoerico iofatti, dopo la rooute di Genserico
p. c. n^77-5*i. sw) padre (477), vi regne iirannicamente per otto anni ( 5 ),
vi relego i catlolici che, prefevendo Tesiglio aUo spergiuro,
(1) Quoe autem in Jtispania, Italia, Dalmalia^ Calubria, Apulia,
Sicilia, Sardinia, Brutio,Lucania,Epiro vel Hellade 0M«'t(Gerisericus)
mclius ibi ipti quae passi sumt misersiritUer tugenda narrabunt (Vietoit
Vjtens. , De persecut. vandal., lib. I, col. 786, edit. praedict. ).
(9) Ln vita di S. llario e le gloriose azioni del suo pontificato si
possono leggere -nel mio Dixionario biografko dei Sardi ilhtstri,
ffol. II, pag. 173 e seg.
(3) Ved. Priscus, Exc. leg., pag. 29 e 30, edit. Uoesch., pag. 45,
edit. Reg. Paris. - Procop., Be bell. vandal., lib. T, pag. 3i5, edit.
SasM. MDCXXXI. Quesfultimo scrittore riferisco altresi 4* prontezza
e la facUiii) colla quale Maroelliano sconfisse i Vaodali in Sardegna,
e dice in brevi parole : Leo igitur hunc metuens (i. e. Marcellianum),
otnnibus modU sibi conciliatum , tn Sardiniam misit , ut eam a
Vandalis liberaret , quod breviter ac facile factum fuit ( loc. cit. ).
Marcelliano era p.igano, e patrizio di Occidenle. Dopo la morte di
Ezio , di cui egli era stato «jnico , si ribeUo in Dalmazia contre
1'imperalore Valentiniane , e fattosi un gran segnito di partigiani ,
st mantenae per alcoai «nui aella indipendenza. ffeUe GaUie fa
tramata eziandio tina oeogiura per proclamarlo imperatore , come
si ricava da Sidonio ApoUioare: cumque de capessendo diademate
comuratio MarceUiana coqufirvtur ec. ( epist. 1 , 1 1 ); ma non essende
riuscita a boon fine, egli fu avuto sempre ip sospetto dagl'imperatori
d'Oriente e di Occidente. Leone io persuase per mezzo dt Filarco
a rjtornare all' antica obbedieaza , ed egli lo servl coa fede e «o#
valore , caceiaado i Vandal j dalla Sardegna e dalla Sicifia. Ma aen
si tosto ebbe conquistato to deUe due isole alCimpero, fu assassinale
•ejUa secenda dejle medesime per tradimento de'suoi collegbi nelio
stoaso anno 468 dejrera vplgare. Ved, Marceltin. , pag. 43 post
Enseb. Scalig. - Damasc. apud Ph#t., cod. 24J ,£<#. 1048. - Jorpand ,
fie reb. getic. , cap. XLV ),
(4) Ved. Priscps, Eacc. itg., pag. 61 , edit. Uoescb. - Theophan.,
Chronogr. , pag. 99 e 100. - Theodor. , Lect. , lib. I , cap. XXV.
- Candid. apud. Phot. , cod. S43 , col. 173. - Evagr. , Hist. eccl. ,
Jjb. II, cap. XVI. - Zonar., tom. III, pag. 41. - Marcellin., Chron.,
pag. 43. Alla aconfitta di Basilisco e della flotta imperiale posta
sotto i suoi ordini si riferisce la segqente narrazione di Procopio:
Giterichus autem, ubi Sarduttam ac Tripolit* captait audivti ( a Mar-
ceUiano ) , simulque Btsilisoi cdassem ingenlem anmadvertit, Leonem
imperatorem ut admodum incxpugnabUem formidare. eoepit. Taniam
itaque victoriae occasionem omisit ducis (BasilUciJ tive lardHas , sive
ignavia, seu etiam praditio (De beU. vandal., lib. I , pag. 3fc5 , edit
fWMd. ).
(5) Victor. Vitens., De perseeut. vandaL, lib. II, coi. 810, edit.
praed. Veramente questo istorico contempornneo assegna al regno
di Uanerico la durata di aette anoi e dieci mesi; raa siccome qui
•wn trattasi di an esatto compulo cronologico, ho creduto di aoa
saancare alla verita, contando co'sette gia compioti anche 1'ottavo
anno pressoche Unito , nei quale quel re ariano domia6 crudekaeate
in Africa ed in Sardegna.
non vollero rinnegare la fede degii avi loro per professare
gli errori dell'arianesimo ( 6 ), rannovero poco dopo fra le
sette provincie del vasto regno africano ( 7 ) , e nel 484 del-
l'eta velgaie ffbiaia&aCai-ita^iealQuni dei anel vescovi per
cooferire inuUlmeate «uUa credetwa ortodossa, cbe egli «vo-
leva CDmbaUefe, faoendoli ipoi cenfioare in lontane pegioni,
percbe avea»o ireststite -009 i**ttta eostanza aise di lui vio-
leati minaoce e alla squksfta barbarie de' suoi maltraua-
menli ( 8 ). L'umanita di Gundabondo, che sall dopo Unnerico
sul titono vatadalioo . seHw^ gl' isobnt nusew e trasa^iati
dallo sofTerte persecuzioni (484-96); ma queste st risveg^lia- p. c.
ronu solto il rcgno di irasamendo , U quaje, pen polendo
smuavere ta costanza dei veri credentt, ne con trtandrzia di
fallaci.promesse, nh cob crodezzaxli divieli « di ordinazioBi,
,fece segno delle s»e feroci vendette i veneraiidt i pastori tWle
'chiese africane ^). La Sardegna partecipo arfcdf essa atle
conseguenze deplerabUi del &ist£tna *li oppnessione da lui
adottato contro i seguaci del cattolieisow ; e il solo compenso
de' suoi patimenti fu 1'ospkio gen.erbsq.che trovarono nel suo
seno i vescovi iHustrt ch' et M e«*f»6 per tantt anni (507-
523) ( ,0 ), e lo splendore di cui rifulsela cattedra di S. Pietro
per l eroica fermezza e r>»slaBcab»ie soUeoitudine di S.
Simmaco , destinato dal Cielo a reggere in tempi cosi pro-
(1 . (6) Cewef prim? t^rantm* (i e. ftn&arieas ) liuuifme terribMi, mt
mtmo in eius palaU* militaret, pteq *e puMicae ageret aotionet, nin
tme arianum feeisset. Quorum ingen* munerus vigore. imtictu* , ne
ftdsm penderet , mlitism temporairm abwit. Qum postea ddmibus
proiectos ,. «mttiqtit . substantia lexpolialos , in inmlas JSiciliam et
Saxdiniam relegavk. (V.iotor. \Hms.,,De peneeut. vandaL, lib. il,
Cot. 790, edit. praed. ).
(7) Vict. Vitoas., Dt persemu ncmdajL., ]ib. JV^ is BHliotk. vet.
J>P., tom. VIII,pag. «89, edit. Lugd„ MIMXXXVII. te sette prevdnce
.erano la proaonseiare , la numidiea , la tiwcena , la j w aa i it am e a
cesariense , la mamritanica sUifense , la impolitana e ia aiaoa.
(8) I vescovi sardi caiamati a queUa famosa coafereoK»toaata ia
Cartagine il 1° difebhraio del 484 ( aano VUJ det regno di Unnerico)
fureno Lucifero II di Caglieri, Martiniane di Eoro-Traiaoo (Fankm-
gianos) , Vitale di Soki e Felice di Torres ( Ved. Tsta , JHxian.
biagr. dei Sardi ill., vot II, pag. 9fr, 196, »3«, e wo>. HI , pag. 307).
£ssi sottosorissero, alla professione di fede (fidei coMolysae rirsiniii)
presenlata a Unaerico da Eagenio vesoovo cartagifiese, oorae ai aa
da Gennadio (cap. XGII), e i lere aomi si vedono segnaGL intMme
agli aitri dei vescovi delle isole Baleari , e di un vascovo di seae
iaeerta, nel modo segaente:
PiOMINA EPISCOPOBTH UiSV.LAB SAaMNISB.
Lucifer, calaritanus. Fitaiis, sukHtmm.
MarUnianus , de Foro Traiani, Feliec de Turtibus.
Bonifacius de Sanafer. H*Vsu dt Maioriea.
Macarius de Minoriea. QpiHo *k £«tu».; 7;;
Sunt nxtmtro Vlll • s ., .,
( Ved. Sirmoad , Notit. pravinc. et cii/it. ecoles. afric , edit.,t6aft
-Mansi, Ss. concil. nov. <f ampl. eoiiect., lom. .VII, c«L 1*64); ..'•.>
(9) Vit. S. Fuigent., «ap. XVI , «aud Sarium ( die t iaauav/:)i
- Baren., Annal. eccl., «d ann. 504, nura. 33.
(10) VU. S. Fulgeul. , loc. cit. cap. XVI, XX, XXI, XXII, XXtr.
- Baron., Annal eccl., ad ann. $04, nara 35, 36 et 37. Sul namere
dei vescovi africani esiljati in Sardegaa non sono coiicor* te sffr-
ujoni degli scrittori; takioi riducendolo a cenlovenli, come il Platra*
e il Sabellico , ed aitri accrescendoio auio a duecentoventi , «esae
Paoio diaceao (Fara, De reb. sard., I, 156). QuesfaUima optaioae
vedesi segoita, senza esitanza, nejla Storia misosUama (uav, XV,
tn vit. Anast. ). kio segaato il 507 per primo aono di tal esilia,
percbe sebbene il Barooio ( ad ann. 504 , aum. 93 ) dimostii con
olMme ragioni.cne la pereecaeione di Trasamonde.ebne iatoswww-
mento nel 504; cid tuttavia non prova che Ja relegaziene >de« *ud-
detti vescovi debba datarsi AaUo etesso anae. E nalla vita di £.
Fulgenao, scritta dal diacooe Ferraado suo discepoio (cap. XX),
si dice chiarameate , che qaei famoso vescovo di Rusaa contata
sedici anni di episcopalo, allorcae nel 5i3 Ilderico lo rioaiamo
cuuTesilio , e venlicioque allorche mori nel 1° di gennaio del 533.
Dunque nel 504 non era tuttavia insignito del carattare episoopale,
e quindi non pud essere coUooato in tale aono U suo confiao oeJ^
1'isola cogli altri vescovi africani.
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PAIMA.
87
?.c N.491 -5.*. «eUosi la mistica navn detia chtesa uftiveeteie (498-51 4)(t£
Bisuoab allora colla faaia laaaenteirole dehe anticbe e delte
recenti sventure chiaro e sfoleulne per tulto il mondo catto-r
HcoiUnomesardo; e benedetta fu chiamatalaierra ohe dava
a Roma uq generoso ristoralore della soa anlica grandezza!,
che accogiieva ospitauseute i yatorosi prop«gnatoiri delka
fede perseguitata in Africa da un re tiranno, che riceveva.,
quasi palfadiodisicurezza, il preaioso deposito delle spoglie
mottali del famoso vescovo dlppona (*), e che nel silenzio
deUa sua soltludine, e sotto un ciejo non turbato daicla^
mori e dalle bestemmie .degli eresiarchi, concedeva a S
Fulgenzio e a' suoi compagm di esiglio una dimora paeifica,
per consumarvi colla maoo e colla penna tante opere stu-
pende di religione e di pieta ( 3 ). Uno dei monumenti pio
rimarchevoli dt quella eta e Tepistola CQnsolatorfa che papa
Simmaco iodirizzo ai vescovi africani esuli in Sardegna , e
piacemi riporlarla quale ci fu conservata da Enoodio, accio
s| veda come io quel sommo gerarca fossero insieme con-
giuete la carita e la sapieoza, e come ai fatti ed al ouore ( 4 )
rispondesseco' in lui egregiamenlela parola e rintelletto,
per consigliare con efficacia nei pericoii la costanza, e nelle
avversita -la mansuetndine, delle quali egh stesso aveva gia
dato, ed era per dare al raondo cosi rari e lumioosi gli esempi.
DILECTISSIMIS FRATRIBVS EPtSCOPlS JFRIS
SYMMACHVS.
Lucntm forsitan pularet inimicus, si inter pcricula quae
ckrislianis indixit, credentium animos subegisset, etper diversa
(l)L'assunziooe di S.Simmaco al pontificato, lo scisraa dell'antipapa
Lorenzo , la decisione del re Teodorico , i varii concilii celebrati in
Roma , e quanfaltro riggaarda le azioni e gli scritti di qnesto animoso
pontefice , nativo di Sardegna, e stato da me riferito largamente
nel Dizionario biografico dei Sardi illustri (vol. III, pag. 163 e seg.),
al qualc percid rlmando i lettori che volessero averne piu distesa
Botizia.
(3) Baron. , Annal. eccl., ad ann. 504 , num. 38 et 40. 11 corpo di
S. Agoslino fu custodito in Sardegna per dugenlo e piu anni , e
qufaidi nei prhni lnstri del secolo ottavo fu trasferito solennemente
a Pavia da Luitprando re dei Longobardi, il quale lo riseaUo dalte
mani dei Saraceni , come si vedra a suo luogo.
(3) Brumasio vescovo di Cagliari accoise S. Fulgenzio e gli altri
Tescovi •afrieatti esiliati da TrasamonoV, largheggid verso i medeshni
di soccorsi e di consolazioni , e concedette loro un luogo acconcio
presso alla basilica di S. Saturnino per edificarvi un monistero
( ved. Tola, Dizion. biogr., dei Sard. ill. , voL 1 , pag. 145, art
Bbcmasio; e vol. III , pag. 171 , arL S. Satumino). Va in quesU
tranqaillo rittro che il vescovo di Rospa scrisse la nuggior parte
delle sue opere in difesa della fede cattolica, e che nel 541, o in
quel torno, assembratosi conciiiarmente cogii altr 1 suoi «ompagni
di esilio, deUo la famosa Epistola tinodica sulla grazia e sul libero
arbitrio , in risposta alle dubbiezze proposte da alcuni monaci
orientali (Ferrand. diacon., tn viL S. Fulgent., cap. XX, XXI, XXII).
La medesima e riportata per inliero dal Mansi nel tom. VHI della
Collezione dei concilii ( col. 591 , 99 e seg. ) sotto questa rubrica:
Concilium Sardinieme Episcoporum africanorum in Sardinia exulum,
anno, ut quidam atterunl, Chritti DXXI, aut circiter, ed e inlitoiata:
Epistola Synodica Epiteoporum africanorum in Sardinia exutum, de
gratia Dei et humano arbitrio. U cardinale di Aguirre ha sopra
qoest' epistola un' eccellente dissertazione storica e dogmatica nel
tom. II Concil. Hispan.
(4) Per non arrecare in mezzo le molte prove che si potrebbero
addorre della liberalita di S. Simmaco, mi contenterd di ripetere
le parole colle quali nel Libro pontificale sono riferite alcune delle
sue largizioni. Hic (idest Symmachut) omni anno per Africam vel
Sardiniam episcopit qui in exilio erant retruti, pecunias et vettet
ministrabat. Hic capHvos per Liguriam et Mediolanum , et per di-
versai provincias pecuniis redemit , et dona multiplicavit et dimisit.
{Lib. pont., in vit. S. Symmach. Pap.). In quanto poi si apparliene
aila magnificenza ed alla spiepdidezza delle opere che cgli fece
eeeguire per maggior luslro del colto esterno, si puo leggere quanto
ne scrive Anastasio bibliotecario.
Qoomi grege disperto, non' supemtet vet inter paucos , a
quifm possit fide perseverante calcari. Regnat adhuc ille in
numero vestroj quisibi non tarn tn ntultitudine qwm %n devor
fione complaeuit. Soripivm esl&um daiam Salanae potestatem
Mt servos Chrisfi eribraret: ut quod de tritico irwenhi passet ,
fiorr eisjnngeretnruquQd .de paleis, ad ignium alimeuta trqns-
irtii Ad vos specialiter dietum esl : Noiite timere, pusillus
grex: eomptaeuir Patri vestrt) dare vobis regnum. Yenit intcr
vos gkdius perfidovum , qui marcida Ecclesiae membra rese-
caret, et ad coelcslem gloriam, sanaperditceret. Quus Jiabeat
CkmfHf niililes , miamen ostcndil : qui Iriumpltum merealur,
per bella cognoscitur. JSolile nuiuere , quod ponlificalis u vobis
apicis infulas abstulerunl. Yobiscum est saccrdos ille vel hoslia,
qui non tam /wnoribus consuevit yaudere, quam mentibus.
Majora svnt cvnfesswms praemia, quam noannatae munera
dignitatis. Ad illa plefwnque eiiam minoris meriti personas
fovor. Jtumqnus addqeii;, is,la- nisi grqtia superna non tribuii.
Jpse enitn in<*pbis et pugnayit et vicit^ quem fides mereiur ei
inlcr hominum tormenta sociqri.
Prolixis won est opus ud. fervorevt in vobis caelestem ani-
mare colloquiis. Habet incrementa sua divinae virtutis incen-
dium. Non est opus eos in trophaeojqtn posilos attolli lauctibus
qui sine monUore .viceruni : gravant umscientiqm christiani
quidquid afferunt biandimenta praeconii. Res quidem virtulis
esl quam feeistis., sed summi praemii restitutione superanda.
Quod tamen, directis ad filium nostrum N. Ennodium diaco-
mm lileris, sperastis, bealorum Nazzarii et Romani benedi-
etionem poscentes , fidelibus non negamus. Accipite veneranda
patrociniq invictorum mililum, quia etjam vestrampiafn fidem
in praeliis impefator agnovit.
Feliciter confessionis munera consummare dabit Deus, cum
ipsi placuerit reducei-e ecclesiis quietem; et ut moerorent, quem
induxit adversilas , pacis dulcedine eonsolelur ( 5 ).
Yolgevano inlanto per la Sardegna menp acorbi gli eventi;
e Ulderico, successore di Trasamondo, restituiva ai vcscovi
le loro chiese, e i proscritti richiamava dall'esiglio (&23) ( 6 ),
e Gelimere, usurpalore del regnovandalico (530), lasciavala
tranquillare sotto il governo di Goda, che per lui col uome
di duce vi esercitava il comando. Goto di nazione, sagacc e
perito nel trattare le cose pubbliche, Goda fu dapprincipio ,
o mostrossi in apparenza uomo di fede incorrolta; ma poi,
fattosi intemperante pel successo della sua lieta fortuna, in-
clino 1'animo alla tirannide , nieg6 a Gelimere 1'obbedienza
ed il tributo, e occupata 1'isola per defezione, scrisse a Giu-
stiniano, che gia accingevasi a guerreggiare in Africa, accio
lo accogliesse solto I'egida dell'impero, e di aiuti lo sov-
venisse per mantenersi nel suo nuovo stato d'iudipendenza ( 7 ).
« Non la perfidia, egli diceva, non T ingratitodine averlo
» spinto alla ribellione, ma la sola crudelta di Gelimere :
(5) Mansi, Ss. Concil. nov. et ampl. cotlect., tom. VIII, coi. 317-18.
(6) Hildericus ex Eudaxia VaUntiniani augutti filia procreatui. . .
licet a Tratamundo tacramento adactui , ne catholicii pareeret, longe
aliud, quam tuperiorei reges, ingenium ■ induit , atque initio regni
eatholicoi ab exilio reoocavit, et episcopis ecclesias reddidii (Sigon.
Dcoccid. Imp., lib. XVI, pag. 286, edit praed.).
(7) Oodas unus e Gelimeris dueibus erat genere Gothus, animo
sagax ac in rebus agendis solers , tum erga dominum fidelis visut.
U ad regendam Sardiniam fuit , et cuttodia* et tributum ex ea exi-
gendi gratia miisut; fortunae successutn ex aequo sustinere non
valuit , quin protinus in tyrannidem indinavit , nec solum tributum
non mitit , sed insulam per dcfcctioncm ocoupavit , sciensque quod
Justinianus Africam cum Gilimere debcllare itatuerat, haec <* scri-
psit etc. Procop., De betl. vandal,, lib. I, pag. 391 , edit. praed.
P. C. N. i3i..
P. C. N. 533.
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88
DISS2KTAZI0NE
» afver egli o&fisftterfctft cotf dolow i barbflti traUaflteati e
»> il disuihano 1 pf oOedere tfi quel vawtalo ffcroce, ne so&V
» rifglt 1'ariraio di attnteiter la fede a ohi> n'efa indegHO:
>* essere migtwr coritfghe serVife a uri re gkttto e benigM*\
»' anri che a un re «ramw. E poiche neoes6tta lo 9tringeva
rf a traf f e si lurigi » dado , supplicavato di pronto soccoiW,
» afltoche net dufe frangente Ia> vendetta oWoffetse rtio^
» riarea non ropprhnesse » : Nequc per itigrafitudinem atft
perftdidm a domitto meo desdiseo, &d ejm veJtmelifeM cM+
deWatM simvi et iHkmatkatem qmiem m ms ecseteeiemi*
siderans, animo ei WbeMi subesse neqttee, longeque praetM
iusto servire regi r qnarn tyratmo inique itkpermU. Quare te
cum sentienti fer, qttaeso, attaUium, ut uttro me petenlilm
qxtuik opus possim resisfere O. Giustioiario , uso a vendere
tufpemente ai sttoi stfdditi leleggie i giodizi, e a comprare
dai bafbafi la pace deiriafpeToW, anziche) abborrife, «n^
eoroift cob sue lettefe il fradimctoto di 6oda, e chiamo prtf-
denza la di loi ftrltonia, giasfizia la tofedelta, inviandogli
insieme il suo legato Eulogio, per ptomettergli a viva voce
soldati e capitani, i quatt, nonobe difenderlo dai Vandali,
amptlerebbeTo con nuove couqoiste il soo nascente domioio.
Hanc impctalor epistolam (Gadae) accipiens, Eulogium le^
gatutn cum litteris mittit, quibtts eius prudentiam, institiam,
tum egregiam in societtite itteunda voluntalem laudal, deinde
exercitum, ducesque polHcelur, quibus non solum msniarti r#-
tinere, sed etiam alia capcre neu Vandilortm minis aliquo
modo terreri posset ( 3 ). Eutogio trovfr Goda eircondato <fi
sateltiti , che affettava gia it nome e 1'autoritb regia, e salite
in superbia per 1'usurpalo potere, non armi, hh soldati
chiedea piu da Giusliniano, ma soli duci valorosi ed esperti
per governarli. E tattavia Giustiniano, riconoscendo in quel-
l'atto la stolta temerila di un uomo perfido e sleale, spedi
all 1 isola qualtroeeftto «omini di guerra capitanati da Cirillo,
affinche raccozzandosi oolle truppe di Goda, ia difendessero
dagli assalli di Geltmefe (*).
Ma Gelimere non rimanevasi ozioso fra i pericoli che lo
tninacciavano , e differitaad altro tempo la espugnazione di
Tripoli gia occupatada Podenzio, rivolse ogni suo pensiero
a ricuperare il sardo dominio, e a punire il tradimento di
Goda ( 5 ). Armati percio cinque mila Vandaii , dei quali af-
fid6 il comando al suo fralello Zazone , li spedl con cenlo
venti navi alla volta della Sardegna, e con felicila pari alla
pfontezza rieonquistc- la signoria dellisola rapitagli poco
irinanzi dal Goto temerario e ribelle. Imperocche Zazone,
sbarcato improvvisamente nei porto di Cagliari, e profittando
detrafdore de'suoi che anelavano aila battaglia, sconfisse le
truppe mercenafie di Goda e delPimpero, espugno la citta
ti ogni altro luogo forliOcalo, e fusurpatorc istesso caduto
(1) Procop. , De bell. vandal., loc. cit
(9) Procop., Hut. arean-i cap. XV e XVII.
(3) Procop. , Dt bell. vandal. , lib I, pag. 381, edit. praed.
(4) Enlogiu» igitur in Sardttriatn profectmt Godam offendil, habitu
mmineque regio tumpto , eirea te tateUitet habere , qui , iectu im*
peraiorit UUeris , ait , te quidem militum tati$ habere, dttce tantum
earere. Hit igitur JutUnianU* non tatit eredent , mitttet quadringento*
una eum Cyrillo, ut insulam Godae cuttotHrent , parat ete. , Procop.
D* bell. vandaL, loccit. y
- (5) Procopio, scrittore della gnerra vandalica, troravasi in tal tempo
in Siracnsa, e racconta a questo proposito, che nn servo del rao
atbergatore, il qnale era stat» tre giorni avanti in Cartagine, aveagli
riferito tra le altre cose , che Gelimere sl occapava intieramente
detla spedizione contre Ooda: Utntum eontrm Oodem omnem befli
apparatum trudueere.(Dt bell. vandal., Nb. 1 , pag. 396, edit. praed.).
iri sue' maai imtkei^ ai gkHto 1 funew deile sufr priaie vBs-
dtelte ( 6 ). Ebbro di queteta Vittoria, e iguan» del dieastri &
Gelnaere, obe ia fortuna e il vatore di BeiisaTtoiaweano' grk
proatrato ta Gactagine, Zazone is^rias* al frateHo rtriohfnda
lai ottenati, la morte di.Goda, e i riemiei che preaaravaai
a debeltafe , mvttandelo a celebrare con festi ve dimoslraziom
di giobilo ib lieto imcominoiameuto della impma ( 7 X
Godam tyranrmm meis manibut perime, et iasutam twsns
regno luo restiMam , o Vtmddhrum atque Alanorum rear.,
profeclo iciaB: quapropter tKloriae fastnm eek&ritatemqme
agito : reUquos vero hoste», qui rmtram invadere stmtemm
terram^ extxtima eumdem forttmae bretriter exitum habiluros,
qui eisdem contra nastim majoret vtnientibus eonttgit ( 8 ).
Perd giungevaao poeo appresso, scfitte in divcrso metoo, e
querule e dotorOse, le lettere dt Gelimere ( 9 ). « D(wk Godat,
» ne ta sva defeaiene m Sardegn» (son (e parole d) Getimene),
h ma la sola avversitt» det destino avergli ft*rato nel m«tg-
» gior sopo i pid forti, e «vet gittale al fondo le riechezee
» e gti stati di Genserico. Essersi salvata 1'isola per petder
» 1'Affica, ed averglielo con triste evento fatto patese ftnr-
r> qua e capricctosa fortqna Perehe Beligario coitf poche
» squadre fu vincitore di motte, e la eensueta virta van»
» dalica manc<V a se stessa nei giorni det gran ein>ento.
» Esser periti pugnando Ammata e Gibamondo; perili in-
» sieme i cavafli e fe navi; e Caftagine e fAfrica Intera
» essere in potesta del nemico. Rapiti gli averi, i figli e le
» spose< tpovarai egli oo'saoi piir fidt rinchtoso net campo
» di Buia, ponendo negli aiuti frateroi la sola speranza
» estrema di sua salvezza. Abbandonasse adunque i sardi
» lidi, e al suo soccorso votasse cot navilio e colfesercito:
» ogni allro consiglio esser vauo, dappoiche un solo pen-
» siero, un conato solo cbiedea la somma deHe cese cbe
» perigliava. Combatterebbono quind'innanzi insieme: cosl
» congiunti, o ristorerebbero 1'anlica fortuna, o sosterreb-
» bero almeno con piu coraggio i nuovi ed avversi casi ,
» co' quali volesse il cielo percuoterli » : Existimo profecto
non Qodam in Sardinia a nabis defidentem; sed quoddam
Vandilorum hoc tempore fatum, leque et ceteros fortissimos
mihi subripuisse, ex quo eontigerit omnes Gkerici upes, ac
(6) Gilimer autem iam TripoH per Pudentium , et Safdinia per
Godam privatut , de reeipienda Tripoli tp*m admodum pettvam ha-
bebat. . ., intulam vero tervare maturavit, antequam Romaeorum em-
ailia dd eam pervenirent Quapropter qmrujue Vandilorum millia ,
(«m nave» CXX armat, hUque fratrem Zaeonem praeficit quiomnet
ttudio plurimo ae alacret in Godam ferebantur. . , Zenon vefo G»M-
fflsrw frater. . . eum etamin Sardiniam invtctut , in Catalis portum
detcendU, civitatemque eam repente emtpit , ae Godam tyramnum «e
quicquid eum eo inexpugnabile vidtbatur, tuttulit. (Procop. , De betl.
vandal. , lib. I , pag. 339 e 338, edii praed.>
(7) Ubi vtro audiit (Zazon) elattem Juttiniani Apktteae terram
attigitte, neeciut aihuc eorum quae gerta erant, fratri in hant
tententiam tcriptU: Godam tyramnum etc. (come rtel testo). Procop> ,
D* bell. vandal., lih. I, pag. 338, edil. praed.
(8) Procop. loc. cit., nel quale racconta eziandio come questa
lettera e i latori della medesima venissero in potere di Belisario, e
come Cirillo, odita la morte di Goda, evitasse di approdare in
Sardegna , e navigasse celeremente verso Cartagine : Interea Cyritlut,
quem tupra in Sardiniam mittum a Juttmiano memoravi , qturn
prope insulam cuncta quae Godae atcidittent, aeeepittet, Carthaginem
e vestigio adnavigavit (ibfd. , pag. 339).
(9) Gilimer autem, amissa Carihagine , quemdam e VandaHt ih
Sardiniam Zatoni fratri cum epittola miltit , qui confettim ad litou
venien* , onerarium tune forte tohentem nattut , in Caralis portum
adnavigavit, epUtotamque Zaxeni traditit , in quahaee scripta erant:
Btcittimo profeeto *tc. (corae nel testo) Procop. , De bello randal ,
lib. I, pag. 339 , 340, edit praed.
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PRIMA.
89-
bona simul corruisse. Non enim , ul insulam uobis seivares a
Goda, hinc abiisti, sed ut Africae totius Justinianus potiretttr.
Nam quod fortuna prius sibi voluil, nunc licet ex eventis iu-
dicare. Belisarius igilur, parvo admodum exercitu, contra
nosvenit, virlus aulem solita Vandilorum deficiens, ttna secum
fortunam etiam abstulil. Ammalas enitn et Gibamundus ob
nosirorum ignaviam el molliliem perierunl, insuper equi et
navalia. Omnis denique Africa cum ipsa Carlhagine ab hosti-
bus tenelur, quibus nunc quiescere licet, pro labore ac virtute
bellica fitios ac uxores, omnes denique opes nostras possiden-
tibus. Nobis iantum Bulae campus relictus , ubi, si qua reliqua
spes, nos vosque defendal ac nmniat. Quapropter tyrannidem
ac Sardiniam, omnemque, circa ista loca, curam deserens,
ad nos cum omni classe protinus advola. Nam quibus de rei
summa periculum imminet, stultum est atia curare. Simul enim
in fttturum pugnantes contra hostes, vel fortunam pristinam
recuperabimus , vel hoc saltem lucYi faciemus, quod sitnul eliam
ferre casus, quos nobis Deus inflixerit, assuescemus.
A cosi tristi novelle succedettero le lamentanze e le la-
grime di Zazone. II qnale tnltavia, nascondendo aglMsolani
il proprio cordoglio, e sollecito a correre in Africa, dove
10 chiamava il maggior periglio, raccolto affrettatamente
Tesercito , salpo colla sua flotta da Cagliari , e dopo tre giorni
di prospera navigazione tocco i lidi deserti cbe dipartiscono
la Mauritania dalla Numidia 0). Cola messi a lerra i soldati,
e spintosi con celere marcia fino a Bula, si accozz6 toslo
colle squadre deiransioso fratello che, imbaldanzito per
1'acquisto di nuove forze, tenl6 altra volta sul campo la
e. c N.534. fortuna rischievole delle battaglie. Ma la fortuna lo avea gia
abbandonato; e la spada di Beiisario riportd sopra i Vandali
una seconda viltoria, cui tcnne dietro la morte di Zazone,
la cattivita di Gelimere, e la conquista delVAfrica (534).
11 greco capitano spedl allora in Sardegna Cirillo e Fara con
gran copia di soldatesche, certificb gl'isolani delCesterminio
vandalico, e fattone mostrar loro il segno sanguinoeo nel
reciso capo di Zazone, sforzolli a cedere alla necessita degli
eventi, e a riconoscere nei vessilli d'orienle la rinnovata
aulorita delI'impero W.
PERIODO ORIENTALE.
U primo prowedimento emanato in Sardegna dai greci
imperatori fu la di lei dipendenza dal prefetto del pretorio
(1) Haec (i. e. CiKmerjs epistolam) ubi Zaion aecepit, atque
Vandilis retulil , in luctut atque lamentationei conveni tunt , neque
tamen manifetto , sed clam intularibus intra te tacile suum fatum
conquerebantur, ac ttatim ita ut erant in praetenti navet contcendunt,
inde cum omni clatte tolventet terlia die in Aphricae tittut perveniunt,
quod Numidat a Mauritanis diducit (Procop. , De bello vandal. , lib.
II, pag. 240).
(2) Cyrillum igitur (Belisarius) cum magna multitudine in Sar-
diniam miltit , Zazonit capul ferentem , quod intularet Romaeit
minime obtemperarent Vandilot formidantet, nec tane quae con-
Ugerant apud Trieamarum facile credentct , mandatque eidem ut
exercitut partem tn Conicam mittat non procul a Sardinia titam ,
quae Vandilorum tequebatur auctoritatem. Pharat itaque in Sardiniam
venient, Zasonii illico caput ostendit etc. ( Procop., De bell. vandal.\,
)xb. II, pag. 347-48, edit. praed.). Da questo passo di Procopio si
ricava che il dominio dei Vandali in Sardegna ebbe propriamente
il suo termine nel 534 delfera volgare, cioe dopo settantotfanni
dalle prime loro incursioni, dopo sessantasei anni dal trionfo di
Genserico sulla flotta di Leone imperalore d'Oriente , e dopo soli
sessantaquattro anni dal conseguilo sgombramento delle squadre
imperiali daU'isola.
delCAfrica, decretala da Giustiniano, il quale nel riordinaro p. c n.ss { .
l'aroministrazione delle provincie gia possedute dai Vandali,
ridon6 alTisola i presidi per governarla ( 3 ), e cre6 i duci
delie milizie stanziali, che dovessero ncll'avvenire drfenderla
ed infrenaiia ( 4 ). Degli uni e degli altri stabill distinlamente.
i doveri, le dipendenze, le prerogative e gli emolumenti ( 5 );
e ai duci parlicolarmente affid6 1' incarico di contenere colla
(3) Cid si ricava daDa ben nota Coititusione di Giustiniano diretta
ad Archelao nel 634 deU'era volgare, ed inserita nel suo Codice
(lib. I , tit. XXVII De o/pc. praefect. praetor Africae) nella quale si
trova stabilita la nuova prefeltura del pretorio per 1'Africa, e sono
deterraiBate le province che doveano cssere soggelte. La Sardegna
era rultima delle tre province presidiali, giacche Ie allre quattro
erano consolari : Deo itaque auxiliante (sono le parole della legge)
pro felicitate reipublicae nottrae per hane divinam legem tancimm,
ut omnis Afrvsa , quam nobis Deus praestitit , per ipsius miserkordiam
optimum sutcipiat ordinem , et propriam habeat praefecluram : ut
sicut Oriens atque lllyricum , ita et Africa praetoriana maxima po-
tettate a nostra clementia decoretur. Cuim tedem jubemut ette Car-
thaginem, et tn praefaUone pubUcarum chartarum praefecturis aliis
eius nomen adiungi: quam nunc tuam exccllentiam gubernare de-
Cemimus. Et ab ea (auxitiante Deo) septem provinciae cum suis Ju-
dicibus disponantur : quarum Tingi, et quae proconsolaris antea va-
cabatur Carthago . et Byzacium ac Tripolis rectores habeant consu-
lares: reliquae vero , id ett Numidia , Mauritania et Sardinia, a
praesidibus cum Dei auxilio gubtrncntvr (leg. I, S§ 1 e S Cod. <k
offic. praefect. praetor. Afric.). Kella prefazione di detta legge nar-
rasi fra le altre cose, che i Vandali corpora liberis natalibus
ctara jugo barbarico durissime subiugaiant ; ed e questa la lezione
comunemente seguita in tutte le edizioni del Codice Gxustpiianeo.
Perd in alcuni mss. dello stesso codice consultati dal cbnte Baudi
di Vesme si legge invece jugo barbaricino, ed in altri jugobarba-
rkinorum, lo che potrebbe intendersi dei Barbaricmi e dellaBar-
bagia di Sardegna. Ma io sono di avviso che questo sia un errore
degli amanuensi, percioccbe nella citata prefazione Giustiniano
parla chiaramente del giogo dei Vandali, che per lungo tempo
(nonaginta quinque annos) avea pesato sulfAfrica e sue province ,
una deUe quali era di certo la Sardegna; e siccome vi annoverain
compendio le crudelta da essi usate conlro i cattolici , e ben ap-
propriata ai fatti riferitivi , e specialmente alla schlavitu personaie,
la espressione del giogo barbarieo , cui erano duiame#te soggiogati
i corpi dcgU uomini liberi. Altronde la Barbagia e i Barbaricini
di Sardegna sono vocaboli di origine posteriore alla persecuzione
vandalica nelPAfrica, perche Procopio, scrittore contemporaneo, e
teste oculare deUe molte cose che riferisce, racconta essere atatii
Sardi che col procedere degli anni e col cresCere della barbarie dei
Mauritani cacciati dai Vandali neU'isola, diedero a questa manodi
ladri forestieri il nome di Barbaricini, come pud vedergi nel luogo
della sua storia De bello Vandalico, d>e riporterd qui appresso
(infra pag. 90, coL 1, not. l).
(4) In Sardinia autem jubemus ducem ordinari: et eum iuxta montes,
ubi barbaricae gentes videntur sedere , habentem milites pro custodia
locorum , quantos et ibi tua magnitudo providerit (leg. II, $ 3 Dt
offic. praef. praet. Afric.). QuesU legge fu diretla da Giustiniano a
Beiisario nel 15 aprile deUo stesso anno 534. Dalla medesinia e
daU'aItra precedente indirizzata ad Archelao si rileva, che ii co-
mando civile delfisola comincid da tal anno ad essere separato dal
comando miUtare , giacche per lo innanzi erano ambidue rinniti in
una stessa persona; e si e gia vedulo che Matroniano nel 38J, « il
di lui predecessorc Natale furono insieme presidi e duci di Sardegna
(lib. IX Cod. Theod., tit. XXVII, leg. 111 ad legem Juliam repetun-
darum. Ved. sopra pag. 88, col. 1» in not.).
(5) Si possono leggere per intiero le citate leggi , per conoscere
con quanta gravita Giustiniano inculcasse a tutti gli ofiiciaU deUa
nuova prefettura d'Africa la continenza neUamministrazione deUe
cose pubbliche, e il punluale eseguimento degli obblighi annessi ai
loro ufllzi. Lo stipendio del preside di Sardegna non vi e partico-
larmente indicato; ma si pud ricavare dalla Notisia esistente nella
detta legge prima De offic. praef. praetor. Afric. , $ 8. Quello det
duce e de'suoi subalterni era stabilito in questa forma: Item viro
clarissimo duci Sardiniae insulae et hominibus eius an. 190 singulit
an. tolidi 889. Adtettori ducis, et officio eius hominibus 40 on. 96.
S. sing. an. solid. capit. 48 sing. capit. sol. 9. Simul fiunl pro on.
et capit. 150 186. Dividantur sic : Adsessori an. 9 et cap. 3. Primir
cerio in an. 2 cap. 3. Numerario in an. cap. 3. Ducenariis 4 an. 3
sunt an. 16 et cap. 3 sunt et cap. 9. Circitoribus 9 on. 3 fiunt an.
29 et cap. 3 fiunt cap. 9. Circitoribus 9 on. 3 fiunt an. 4 cap. 9
semis. AUU 1 ad an. 16 sunt, et ad capit. 3 fiunl cap. 90. (Leg. II
De offic. praef. praetor. Afrit., S 19).
i3
v
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90
DISSERTAZIONE
forza le frotte latlre e selvaggie , use a scendere dalle mon-
tagnc , e a depredare con scorrerie frequenti i pacifici abi-
tatori delle sarde pianure. Originarie d'Africa, e discendenti
da quei Mauritani che i Vandali gia tempo innanzi avevano
cacciato in Sardegna, esse occopavano i luoghi alpestri e
montuosi vicini a Cagliari , e cresciute poscia di numero e
d'ardimento, devaslavano tulto a1i'intornoilpaese sottostante.
Stranicri alla terra in cui vivevano, gli uomini di quella
schiatta rapace erano giustamente appellati Barbaricini (0 ;
e perci5 Giustiniano ordino ai duci dell'isola di fissare la
loro sede appie dei monti , nascondiglio e stanza di quei
barbari , affinche fossero impediti a trascorrere per la pro-
vincia, e ci6 chc jon operava in quegli animi feroci la gra-
titudine dell'ospizio accordato loro dagli isolani, operasse
almeno il timore delle armi imperiali. La sede scelta dai
duci a questo uopo fu probabilmente 1'antica citta di Foro-
Trajano, poichfc leggiamo in Procopio, che Giustiniano le
fece intorno le mura che non avea W, come ricinse nel
tempo istesso ie citla della Numidia situate alle falde del
monte Aurasio, per toglicre ai Mauri ogni speranza d'inva-
derlo ( 3 ). E forse fu questo 1'antemurale che d'allora in poi
contenne 1'audacia delle genli barbaricine, le quali tuttavia,
allargandosi su pei monli e per le balze scoscese che si pro-
tendono con larga zona dalforiente al mezzogiorno dell' isola,
dicdero il nomc alla sarda Barbagia ( 4 ), umanizzata nel ca-
dere del sesto secolo dalla luce dell'evangelio, e quindi
cantata da Dante con quei versi pietosi :
(1) Dobbiamo a Procopio la memoria di questi fatli;ecredo per-
cio opportuno di riportare le sue stesse parole: Pandili enim (egli
dice) tn hos iamdudum barbaros (i. e. Manrusios , incolas raontis
Aurasii in Aphrica) iram exercentes , eos non admodum multos simul
cum uxoribu* tn Sardiniam mitlentes hie sunt dominati : procedente
autem tempore montes oecupavere qui prope Caralim sunt , ac primo
quidem clancutum latrocinia in vieinos exercentes , postea vero non
tninus quam ad tria millia crevere, et manifesto excursiones facientes
minime latere curaverunt , ac omnem circa oram depopulati sunt ,
quamobrem Barbaricihi o vicinis appellati sunl (Dc betl. vandal. ,
lib. II, pag. 361-63). Non e improbabile che da questi Maurusii dei
tempi vandalici sia derivato il nome di Maureddus dato comune-
mente agli abitanli della provincia solcilana in Sardegna. Ed e chia-
rissimo in pari tempo, per autorita delPaccennato testo Procopiano,
che i Barbaricini forono una generazione di uomini nuovi venuti
nelfisola sul finire del quinto o sul principio del sesto secolo del-
l'era cristiana, e quindi aflalto dislinli dagli antichi Iliesi che re-
sistettero per tanto tempo alle armi romane. II Fara volle identi-
ficarli , forse per nobilitarne 1'origine {De reb. sard. , lib. I, pag. 164);
ma la diversila dei due popoli e dimostrala eziandio dalla diversitk
dei luoghi ch'essi occuparono.
(9) Oppidum est tn insula Sardinia, cut nomen Forum Traiani.
Hoc moenibus cinxit Justinianus, cum esset nudum antea ( Procop. ,
Aedificior., lib. VI, cap. Vll). La citta di Foro-Traiano (odierno
Fordongianos) era notevole per il sno ponte sul Tirso, le sue terme,
il suo acquedotto, i suoi edifizi si pubblici che privati, e per la
grande strada romana da Torres a Cagliari che la traversava. II
Fara crede che fosse la Gurulis nova rammentata da Tolommeo
(Geograph., lib. III, cap. III, tab. VII Europ.): Oppidum Fordon-
giani, egli scrive, situm est ubi erat antiqua insignis Fori-Traiani
wbs, Gurulis nova temporibus Plolomaei appellata, quae nuncpro-
strata juxta fluvium (Thirsi) iacet, mullis antiquis semidirutis aedi-
ficiis tam publicis quam privatis : ornata, imprimis , thermis tota
Sardinia celeberrimis, habenlibus aquas non solum frigidas, verum
etiam natura calentes ad sudandum, et varios morbos depellendos
aptissimas : ponte deinde maximo , toto lapideo , el aquaeductu sum-
ptuosae structurae , viaque lata maximis lapidibus strata ; ac denique
aedibus divo Luxorio sactis etc. - (Chorogr. Sard., lib. II, pag. 74,
edit. predict. ).
(3) Procop. , Ioc. ciL
(4) Cioe alla Barbagia Belvi, alla Barbagia Seulo e alla Barbagia
Ollolai, che sono i tre distretti della vasta e montuosa rcgione chia-
mata con vocabolo collettivo Le Barbagie.
Che la Barbagia di Sardigna assai
Nelle femmine sue i ptu pudica,
Che la Barbagia dov'io la lasciai (5).
Mentre cosl la volonta di un principe vittorioso e poteute
faceva erigere presso alle sponde del Tirso il baluardo piu
anlico per frenare le aggressioni dei barbari , il questore e .
duumviro Tito Flavio Giustino, congiunto per sangue ai
Cesari d'Oriente, conduceva da lontane scaturigini alla po- p.cn. 534-3».
polosa cilta di Torres le acque fluenti e perenni di cui di-
fettava, e colPopcra egregia, della quale rimangono tutlavia
gli avanzi, meritavasi gli ambiti onori quinquennali, e 1'amore
insieme e le lodi di quella illuslre colonia ( G ). A questi scarsr
(5) Purgatorio, eant. XXIII, v. 94 e seg. • NelPisola di Sardigna,
• dice il Landino, sono monti asprissimi , ed in quelli popoli di
» costumi barbari, e le femmine molto lascive, e cbiamasi il paese
• Barbagia, quasi barbarico. Il perche Forese (in di cui bocca po-
> neva Dante gli accennati versi) appellando per similitudine Bar-
» bagia anche Fiorenza sua patria , dice che la Barbagia di Sar-
» digna ha femmiue piu pudiche che Ia toscana Barbagia, dov'egli
• morendo lascid la sua Nella » (Lombard.). Marsilio Ficino, com-
mentando gli stessi versi, lascid scritto: Ininsula Sardinia estmon-
tana alta , quae dicitur La Barbagia; et quando Januenses relra-
xerunl dictam insulam de manibus infidelium , nunquam potuerunt
retrahere dictam montanam , in qua habitat gens barbara et sine cir
vilitate, et foeminae suae vadunt indutae subtili pirgolato (cioe di una
specie di tessuto rado e trasparente), ita quod omnia metnbra 0-
stendunt inhoneste ; nam est ibi magnus calor; et notat Florentiam
Barbagiam similitudinarie , quia vadunt illae dominae scollatae , et
ostendunt etc. Le quali ullime parole si riferiscono a cio che Oante
cantd poco appresso (Purgat., XXIll, 97 e segg.).
0 dolce frale , che vuoi tu ch'io dica?
Tempo futuro m'i gia nel cospetto ,
Cut non sarh quesfora molto antica.
Pfel qual sara in pcrgamo intcrdetto
Alle tfacciate donne fiorentine
Vandar mostrando colle poppe il petto ;
E sono confermate da quanto racconta Jacopo della Lana delle
donne de' suoi tempi: • Or questa Barbagia (egli dice) nella eta
• presente e seminata per ogni luogo. In Francia ed anche nel
• Piemonte le donne porlano le roammelle aperle. In Alemagna, nel
• ducato di Gheller, ed in altri luogbi, entrano donne ignude nei
• bagni ed in letto con uomini a loro non pertinenti. Per le cit-
» tadi e terre dltalia, come si facciano e reggano le donne , Dio
• lo sa, e ancora gli uomini del mondo; e certo, a chi ben con-
» sidera li costumi della terra sua, non converra , per fare tal com-
» parazione, andare cercando ne Barbagia ne altro luogo, ma potrk
» dire con Marziale: In medio Tibure Sardinia est. (Comment. alla
Commed. di Dante).
(6) La testimonianza di questo fatto si ha daH'iscrizione che fu
discoperta nel marzo del 1835 fra le rovine delPantica Torres , e
quindi deposta dal cav. Sebastiano Soggiu, mio conciltadino, nella
R. Universila degli studii di Sassari. La medesima e scolpita sul
marmo, ed e del tenore seguente:
T . FLAVIVS . IVSTINVS . II . VIB . Q . AE . SVPEB . HSXXXV
QVAE . OB . HOIf . QVINQVENNAL . PBAESBNTIA . POI.LICIT
REIP . INTVLIT . LACVM . A . FVNDAHENTI8 . PECVNIA . SVA . FECIT
SVMPTV . 8V0 . AQVAM . INDVXIT
II cav. D. Emanuele Marongio Nurra, canonico turritano, ed ora
arcivescovo di Cagliari, la illustro con una erudita scrittura latina,
che ha per titolo: Turritanum T. Flavii Justini marmor commen-
tario iUustralum (Saceri , ex typograph. arcbiepiscop. apud Chec-
cucci et Parodi, in-4 u ) ; e opind che il Giustino di detto monu-
mento fosse figliuolo di Germano patrizio di Oriente, e pronipote
delPimperatore Giustiniano, lo stesso cbe nel 539 si trovo con Be-
lisario alla difesa di Osimo e di Fiesole contro i Vandali; che nel
540 fu console senza collega, e due anni dopo capitano delle truppe
imperiali in Firenze; che nel 550 guerreggid nuovaroente in Italia
contro i Goti , e che nel 5C5 , mandalo ad Alessandria dalPimpe-
ratore Giustino II suo cugino sotto il titolo di governatore d'Egitto
fu da lui fatto uccidere per limore che non aspirasse alPimpero
(Murator., Annal. d'Italia, ad ann. 539-40-42-50-65). Cid presup-
posto, e dimostrato eziandio con ben fondati argomenti di storica
probabilita, fissd Peta della iscrizione nel quadriennio corsodal 534
al 539 delPera volgare, e conghietturo che T. Flavio Giustino, dopo
la cacciata dei Vandali dalla Sardegna, ottenesse in premio delle
sue militari fatiche il duumvirato e la questura della colonia tur-
rilana. La quale poi, comcrecila Piscrizione, volendo perpetuare la
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PRIMA.
9i
fratti di pace conseguila depo la caceiata> dei Vandali, e
p.cN.jj»*». tangamente sospirata dairisola, sweedewtno pochi aooi
d' inerte IranquUlila. Ma la IraaqnilUta era tosto turbata
daUa invasione dei Goti, i quali assaltarono con poderoso
p. c. n. 55i. navigli» la sarda terra, e faltala trUrataria a Totila (554 ) ,
la possedeUero per tre ansi, respingendone coraggiosamente
memoria delTacquedotto e della .fonte pubblica, ch'eglt fece co-
strurre a proprie sne spese, e dell'egregia somrua di trentacinque
mila sesterzi da lui versati netTerario, ne fece porre, alloscadere
del suo quinqaennale uffizio , 1'onorevole ricordo monumentale. Crede
lo stesso erudito illustratore, che il prenome di Flavio derivasse al
duumvko e questore dl Torres dalViroperatore Giustino 1 , gia adot-
tato da Flavio Anicio secondo l'opinione di alcuni dolti; che gli
anzidejti trentacinque mila sesterzi equivalessero a 739,166 (33. 4)
seuti sardi, mettendo a base del suo calcolo la distinzione dei
grandi e piocou sesterzi, ossia del sesterzio moneta, e del sesterzip
numerale, ammessa dal Budeo, daU'Alciato e dal Lambino; cbe la
fonte fatta costrurre da Tito Flavio Giustino versasse le acque nel
sito medesimo m cul fu rlnvenuta 1'iscrizione , cioe tra fl fiume di
Torres e Pantico tempio della Fortuna (volg. Paldzzo del Re Barbaro);
e che le dette acque si diramassero poi per mezzo di nna rete di
canaletti di piombo per servire agli usi privati dei ciltadini. La so-
stanza di siffaUi schiarimenti e corredata da scetta copia di erudi-
zione sugli ufflzi del duumvirato e della questura , e sull'onore della
quinquennalita nelle colonie e nei municipii, ed e conchiusa dalla
menzione brevissima delle rovine di detto acquedotlo cbe ancora
sussistono lungo la via che da Sassari conduce a Torres , e della
relativa narrazione del Fara , il quale lascid scritto nella sua Co-
rografia di Sardegna : Deducta postea ad eam (i. e. Turrim Libysonis)
colonia Romanorum, fuil mvltit et amplitsimit aedtficiis (ea urbs)
exornata , et perenni dapsilique fonte decorala, quae ex aquis claris
valiis sancli Martini prope Sassarim, insigni duodecim mittium pas-
mm aquueductu, opere artuato affabre elaboraio, cuius reliquiae
adhuc visuntur, deducebatur (Chorograph. Sard. , 11, ,55). Nonsi pud
dire abbastanza quanto sia pregevole per ogni rispetto 1'accennata
Hlostrazione, e quanto percid il Marongio abbia ben meritato della
sarda archeologia; ne credo di menomare la Iode giostamente do-
vutagli, e che io volcntieri gli tributo, se per occasione del sug-
getto mi faccio ad osservare: 1° Che Tito Flavio Giustino, figlio di
Germano e proaipote di Giustiniano , non era veramente cugino
deirimperalore Giustino II, come afferma il Marpngip (o Juttino U
imperatore eius consobrino Alexandriam missus, pag. 6 dict. illustr.)
bensi figlie di cugino , o piu propriamente di amitino del suddelto
imperatore, percbe, la genealogia dei Giostini di Oriente, qoale si.
ricava da Procopio, da Agazia scolastico e da Giornande, e senza
controversia la seguente:
N. flf. .
Genitori ignoti d| Giustiro I iatperatore
Bigumzu - Sabaxio
I
Gnisnno I - EcreJu. Augusta
fliDStiMuio Imperat • IVodora TionAiou • Dolcissuo
Giustino U ImperaU-SoFU Augusta
N.N.
Fratello di Glustinianoe
aua mogiie, 1 di cui nomi
sodo taciuti dagli scril-
tori : ma di Ger^ano e di
dne altrl loro flgti (Bo-
RAioc e Gmtro) sl ta
memoria da Procopip e
da altrl.
Gkrbano - Passara
I
Giustiko,' ossia il '
T. Fla\io GrusTiao
. del marmo lurri- . ,
:■!-•, tano. •
9° che U soprannomo di Jnicio e di Flavio, aflziche daH v adozione
«jteUa nobilissima faroigtia Aaicia, derivo a Giustino I datPadulazioneV
perche in alcuno moneto e sopranaomato precisamente Anicxo ed in
aUre s«l«»tente flb/rio , e Fiavxa pu»e Lnpicina sua moglie (poi Eu-
femia aug«sta), la qnale a cento che ra schiava comperala, Come
si ha 4al citato ProcopS» (Hitlor. arcan\ , e»p. XI); 3» che i canaletti
dj pH>mtw, per di cui linezao si facesse colare 1'acqua della fonte di ;
Tprres ucUe case private degli abitanti di quella colonia (quaeper
aquatdjutus.parvulos ex.plumbo totam pene urbem cireuibatin do^
mettieos utus distrtbuta, pag. --16 dict. illustr.), fn una vera visione del
firate laioo Aatonio Cano, che attohdeva nel 18S0 agli scavi delle
aqtichila turritane, d ;per parlare piu esatlamente, faceva scavare
alla ventura il terreno dove gia sorse l'antica Torres, perche nes-
sqnp mm vide gti avanza di un'opera cosi grandiosa, a cominciare
soianunte dal teaapo ;4el Fara (see. XVl)fino al presente, ne Romaf
istessa nei tempi della sua maggiore grandezza ebbe il vantaggio
la flotta impei iale, che sforzavasi di ricuperarla (*). Lc val-
torie di Narsete e U valore dei Sardi , insoQerenli del goUco
servaggio la ritolsero a quei barbari, e la restituironp
al greco impero (553). Ma Giustiniano e i suoi successori, p- c. n. 553.
abbandonandola poi sempre all arbitrario governo dei pre-
sidi e dei duci (3), cbe abusavano il potere colla tirannide,
di un reticolato sotterraneo di acque diramalo per le abitazioni pri-
vate dei cittadini ; sicche la fede dovea essere meno corriva, trat-
tandosi di un fatto straordinario che non ha esempio negli usi ro-
mani del sesto secolo, incompatibile colle condizioni pecuniarie di
una colonia, e attestato da un uomo solo, il quale nulla sapea di
romana archeologia , anzi di ogni archeologico sapere era solenne-
mente analfabeto. Ritornando poi col discorso al grande acquedotto
-di Torres, noterd in ultimo non essere cosl certoche leacque nel
medesimo raccolte derivassero dal luogo designato dal Fara, cioe
ex aquit elaris vallis sancti Martini prope Sassarim , che non se ne
possa tultavia dubilare. Imperocche rimangono ancora numerosi «
visibili avanzi di quell acquedotlo alla distanza di un solo miglio da
Sassari , i quali accenuano ad una direzione affatlo opposta, e sem-
brano provare, cbe le acque vi fossero derivate da qualcbeduna
delle fonti esistenti nel lato occidentale di delta citta. K laddove si
facessero scavi diligenti e regolali, forse troverebbesi che la sorgente
d'onde 1'acqnedotto avea capo, era ed e a Sassari mottopiu vicina,
che non siasi scritto dal Fara, e non credasi comunemeute. Nei
qual rispetto il Marongio si astenne con buon giudizio dal pro-
ferire senlenza, dicendo a lal proposito: nihil refert utrum a vallc
S. Martini vcl aliunde aqua ducta tit (pag. 16 dict. illustr.). E poi-
che si parla di acquedotti , giovera pure ricordare 1'altro che si
crede forinalo dai Homani per condurre le acque alTantica cilta di
Cagliari, e del quale si suppongono tuttavia esistenli le rovine. 11
medesimo , secondo scrive il GemeUi (Rifiorimento della Sardcgna ,
tom. II, pag. 86 in not.), cominciava da santa Maria di Siliqua, e
vinceva in lunghezza ed in ampiezza gli aitri due di Nora e di Torres,
giaccbe percorreva una linea di quasi diciotlo miglia italiane. Re*
centemente si sono fatti molti sludi e ricerche sull'andamento'
dell'antico acquedotto cagliaritano. Ma essendo stale divergenti le
opinioni dei geometri e degli architetti sulla derivazione e dire-
zione del medesimo, (ved. Jndicatore tardo , anuo XV , n. 27, 33, 36),
mi limito ad osservare che il Fara, diligentissimo e minutissimo de-
' scrittore della citta di CagUari, dei sobborghi e dellesue circostanze
(Chorograph. Sardin. , lib. II , pag. 79 fino a pag. 83, edit pred.) ,
non ne fece menzione vernna , anzi pare che ne ignorasse total-
mente la esistenza.
(1) L'tnvasione gotica della Sardegna e raccontata da Procopio in
questo modo: Totilat interea Gothorum primoret quotdam eum class*
emitit , qui primum in Corsicam navigantes, nemine resistente , in
potestatem insulam redegerunt. Sardinia deinde politi, utrasque To-
tilae insulas vectigales feccrunt. Quam rem Joannet cum didicittct,
qui in Lybia tum forte exercitui praeeral , classem et ipse mox na-
vium, ac hominum copiat tn Sardiniam mitil: qui ubi Caralem
wbem propiut pervenere, positis castris, hanc obsidere animo agita-
bant; nam muros expugnare nil poterant, obsistentibus Gothis qui
validum ibi haberent praesidium. Barbari itaque, cognito Romanorum
adventu, erupHone ex urbe facta, quum hos repenliut invasissent,
nullo negotio, multis jam interfeetis in fugam veriunt. Vemum qui
praelio superfuere fugientcs te in naves recipiunt, ac paullo post inde
solvenles Carthaginem cum universa classe pervcniunt, ibique in hy-
berna mansere, ut ineunte mox vere majori cum qpparatu in Cor-
sicam ac Sardiniam exercitus ducerent (De bell. goth. lib. III, pag.
904 , edit. Basil. , 1631 , in-fol. , ex recens. et vers. B. Rcnani ). A
questa temporaria oocupazione deU'isola per parte dei Goti accenna
quel passo di Leonardo Aretino, in cui si legge: Italiam universam
cum Sicitia, Cortiea, Sardinia et Dalmatia (Gothorum gens) possi-
dobat. De bell. ltaHc. advers. Goth. , lib. III , pag. 573, edil. Basil.,
Mftcxxxi, in-fol.).
■ <(X> I Sardi infatti, appena udirono 1'arrivo di Narsete in Itaiia,
crimmciaroiio a tumuHuare contro i Goti , come si ha dal suddetto
Leonardo Aretino : quum de adventu Narsttit, deque eius apparatibus
muita. erebri rumoret citcumferrent defcctiones quacdam fieri
coepta tunt adversus Totiiam. Et molus quidam in Sardinia adversus
Gothot fieri nunciabatur, quo Narset coactit per hyemem copiis ad
ittr te comparavit (De bell. Ital. advers. Goth. lib. IV , pag. 587 ,
edit praed. ). E ia. Sardegna , parte per gli acceftnati movimeoU ,
parte per la pace couchiusa co'Goti , nella quale era stato special-
mente convenuto lo sgombero loro da tutta 1'Italia , 'ritornd sottd
il dommio degl' imperatori greci. II Pagi opina , che l'occupazione
gotica deUa Sardegna abbia durato soU Ire anni, cioe dal 551 al 554
( Critie. Baro*., tom. X , ad ann. 559 , n* 16 et ad arin. 554 n° 6
et seqq. ). r
(3) Cie> e dimostrato dai fatti posteriori che si ricavano dalle
34
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92
DISSE&TAZIONE
p.c.N.591.
la sforzaroao a ricorrere aila protezione dei papi, posti dal
cielo a vedetta sul campidoglio cristiano, per tutelare col
patronato cattolico la conculcata liberta dei popoli. Radice
di molti beni , e di non pochi mali medicina e riparo fu alla
Sardegna il patrocinio pietoso dei romani pontefici, fra i
quali S. Gregorio Magno, per priorita di tempo e per eccel-
lenza di fatti, fu il primo e piu valoroso dei magnanimi
suoi difensori. Lo violenze dei roinistri imperiali moderate
0 represse, la disciplina ecclesiastica rinvigorita, il raffre-
nato potere laicale, le vedove, i poveri e gli orfani consolati
e protetti, la condannala venalita dei sepolcri, le nuove
incursioni longobardiche prevedute ed impedite, i monasteri
e gli ospedali pii) fedelmente amministrati, i Barbaricini
converliti alla fede, 1'eslirpazione delle pratiche supersliziose,
e cento altre opere di giustizia, di consiglio e di umanita,
promosse da quel sommo gerarca colla potenza infaticabile
dcl suo zelo maraviglioso, migliorarono nel cadere del sesto
secolo, e nel principiare del secolo seguente, le condizioni
civiU e religiose dellMsola. Monumento immortale di tante
sue solleciludini a favore degli uoraini e delle cose sarde
sono le epistole che di lui ci rimangono , ed io le riporter6
tutte nelKordine loro cronologico (0, per integrare la serie
dei documenti storici di quella eta, e per temperare, se fia
possibile , col testimonio scritto delle cure benevole adope-
rate da queH'animoso successore di S. Pietro, per consolare
1 Sardi abbandonati ed oppressi, la narrazione dolorosa dei
patimenti e delle miserie insulari.
I.
Epist. XLVI, lib. I, indict. IX (*).
Gregorius Theodoro Duct Sardikiae.
Iustitiam quam mente geritis, oportel coram hominibus luce
operum demonstretis. Juliaka siquidem abbatissamonasterU
epistole di S. Cregorio Magno. 1 preludii di qaesto miserevole ab-
bandono cominciarono dallo stesso momento in coi i Goti furono
cacciati d' ltalia , poiche e opinione di molti dotti , e specialmente
del Panvinio, cbe Ginstiniano concedesse a Narsete 1'amministrazjone
della Sardegna e di totta la penisola italiana in premio della con-
seguita vittoria : Bello confecto , et Gothu Italia omni exactit, ipta
cum insulit Sicilia , Sardinia et Corsica imperio orientali attributa
ett, atque in victoriae praemium Ifarti ab imperatore admmittranda
concesta (Onuphr, Panvin., Imper. rom., cap. XXVIII apud. Graev.,
Thet. antiq. rom. , vol. 1 , col. 565 ).
(I ) Mi credo in debito di awertire i lettori cbe nella riproduzione
delle epistole di S. Gregorio Magno pertinenti alla Sardegna ho
seguito di preferenza la edizione dell' Epistolario qregoriano fatta
dal Mansi ( St. concil. nov. et amplitt. collecU , tom. IX , col. 1039
nsque ad 1340 , e tom. X col. t" nsque ad 433. Florentiae 1763 e
1764 in-fol. ), la quale contiene le varianti e le emendazioni fattevi
nelle precedenti edizioni dal Goussanville , dal Labbe e dai PP.
Maurini (Paris, 1705). Da quesfoltima sono ricavate ie piu impor-
tanti di dette epistole pubblicate in Torino ( ex typogr. Ilyacinthi
Marietti, 1835, in-8°) con erudili commentarii latini dal gia citato.
canonico Marongio, ora arcivescovo di Cagliari.
(9) Ex Mansi , oper. cit , tom. IX , coL 1067. Teodoro , duce 0
comandante delle milizie imperiali stanziate in Sardegna nel 591 ,
snccedette in tale ufllzio a Endacio che copriva la stessa carica nel
589, come si ricava dalla seguente epistola XLVII. Lesue atlribuzioni
erano rislrette al governo della soldatesca , eppercid S. Gregorio
nelle doe successive lettere dello stesso anno (epist. 47, 59, lib. I,
indict. IX ) lo appella gloriosum magittrum militum. Forse in as-
senza del preside gli sara stato affldato provvisoriamente il governO
eziandio delle cose civili deU'isola; ma la sna qnalita di dnce lo
chiamava unicaraente al disbrigo delle faccende militari. Imperoc-
che Giustioiano nelle gia cilate leggi (I e II Cod. de off. praef.
praet. Jfric. , supr. pag. 89, col. 3' , not. 3 e 4) institui le doe
sancti Viti, quod ViTVLAKAquondmtrecordandaememoriae
construxerat, minuavil nobis a Dokato offkiali vettro pos-
sessionemjuris praedicti monasterU detentari. Qui dum excel-
lentiae veslrae patrocinUs erigi se conspicit , ad exammandum
judicium venire contemnit. Sed nunc gloria vestra praecipiat
eumdem offkialem cum praedicta ancilla Dei arbitrale subire
judicium; quatenus quidquid eorum de tali controversia ar-
bitrorum judicio fuerit diffinitum, effectui mancipetur, ut id
quod se amittere swe retinere perspexerit, non hoc virtutis
opere fieri , sed legis justitiae debeat reputari. Pariler et
Pojupejaka religiosa, quae monasterhm in domo propria
construxisse dignoscitur, querilur matrem quondam generi sui
defuncti testamentum ejus velle cassare, quatenus ultimum
filii ejus arbitrtum ad irritum deducatur. Pro qua re caritate
palerna gloriam vestram nccessario duximus adhorlandam ,
ut piis se causis salvajustitia libenter accommodet, et quidquid
hisjuris ralio tribuit, benigne jubeat custodiri. Dominum au-
tem pelimus, ut viam vitae vestrae propitius dirigat, dignita-
temque susceplam administrationis prosperitate disponat.
II.
Epist. XLVII, lib. I, indict. IX (3). p. c. «. s,..
Gregorius Honorato Diacoko.
Quia regiminis locum, licet immeriti, suscepimus, oportet
ut fratrum nostrorum necessitatibus, inquantum facultas sup-
petit, occurramus, Jakuarius ergo metropoleos Caralis fra-
ter et coepiscopue noster veniens huc in Romanam civitatem
edocuit nos Theodorum gloriosum magistrum mUitum, qui
ducatum Sardiniae insulae suscepisse dignoscitur, muita
iUic contra piissimorum dominorvm jussa peragere, quibus
plurima gravissimapossessorum, velcivium imperU sui, com-
petenti clementia ac mansuetudme submovermt. Pro qua re
cariche separate di preside e di duce , le quali continuarono ad
essere distinle I' una dall'altra per tutto il sesto secolo , giacche lo
stesso papa S. Gregorio Magno in una sua lettera del 599 (epist. V,
lib. VII, part. II) parla del duce Eupaterio {gloriosi magittri militum),
e del preside ( magnifid ptt »n domino praeeidit ) , che nel detto
anno rappresentavano separatamenle nelT.isola 1' autorila civiie e
militare dell'impero; e poi in altra lettera del 601 ( epist XVII,
Iib. IX ) parla pnre di Spesindeo , che in tal anno era preside di
Sardegna. Donato era nno degli ufflziali subalterni di Teodoro , e
forse 1' istesso che otto anni dopo ( 599 ) e ricordato in un' altra
epistola gregoriana (epist. II, lib. VII, part. II) siccome possessore
di un campo gia seminato , dal qnale il vescovo Gianuario fece
sradicare le biade in giorno festivo. In questo caso non e impro-
babile che la possessione di Donato fosse il frutlo della usurpazione
e della violenza da lui osata conlro Giuliana , abbadessa del mo-
nistero di S. Vito fondato da Vitulana. Di Pompeiana poi , che vedesi
raccomandata colla presente lettera al suddctto Teodoro , lo stesso
pontefice fa memoria in altre sue epistole degli anni 593, 601 , 603
(ep. LXI, lib. I; ep. XXXVI, libu II; ep. XX, hb. IX ; ep. LIX ,
lib. XI ), dalle quali si raccoglie ch'essa era vedova di Stefano e
madre di Matrona , e che fondo il monistero di S. Erma. ' •
(3) Ex Mansi, oper. cit, tom. IX, col. 1067, Gli abosi di tratorfta,
che il doce Teodoro commetteva in Sardegna, eccitarono il papa
S. Gregorio Magno a serivere a Onorato, diacono della chiesa ro-
mana e suo apocrisiario o legato in Oriente, affinche facesse conoscere
agli augusli Tiberio Maurizio e Costantina ( pUttimit dominit ) le
giuste doglianze dei Sardi , e facesse richiamare Teodoro alCosser^
vanza dei benigni decreti imperiali emanati nel 589 sotto il ducato
di Endacio. Le querele degl' isolani erano state recate a Roma da
Gianuario vescovo metropolitano di Cagliari, del qaale e fatto
frequenlissimo ricordo nelle epistole di detto pontefice. Si ricava
dalla presente Iettora che Endacio e Teodoro , per assenza 0 im-
pedimento del preside , amministrareoo teroporariamente totte le
faccende insulari.
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I
PRIMA.
93
vohmus, ut apto iempore piissmis dommit, juxla id quod
provinciales praedictae insulae jusle et compelenter postulant,
suggeras, dum et antea ad Endacium gloriosum magistrum
nrilikmjamper indictionem septimam tmc ducemSARDiitiAE,
sacra imperialia cucurrermt: quibus omnia praecepermt gra-
via nunc capitula submoveri , quatems eorum jussa de pietatis
fonte procedentia, a ducibus, quos in tempore praeesse con~
tigerit, inconcusso serventur, mercesque eorum ab administra-
toribus non debeat dissipari: ut quielam sub imperio clementi
dominorum vitam transigant, et consuUum, quod subjectis
suis tranquilla mente tribuunt, m adventu aeterni judicis mui~
HpUcata compensatione recipiant.
III.
*• c RS »>- Epist. LIX , lib. I , indicl. IX U).
Gregorivs Gennadiq Pjtricio et Exarcbo
Africae.
Dei prae ocuUs vot indesinenter habere timorem , ac sectari
jtuUtiam, suimissg hostium coUa testantur: sed ut gloriam
vestram in eadem prosperitate gratia Christi custodiat , quae-
atmque perperam comnritU cognoscitis, celeri, ticut consue-
vittit, cohibiUone compescite, ut armis justitiae praemuniti,
hosliles iapetut fidei virtute, quod est totius cumen virtutis,
sttpereUs. Mjririanus siquidem Turritame civitaUs frater
et coepitcoput noster nobis lacrgmabiUter mdicavit, civitatis
tme pauperes omnmo vtxari, et comntodalibus affligi dispen-
diis. Insuper et religiosot ecclesiae suae homines, gravem ab
hommbus Theodori magistri miUtum susUnere molestiam,
ac pali corporales injurias , el quod ad hoc usque prorumpkur,
ut in carcerem, quod dici nefas est, retrudanlur: saepe qui-
dem eUam in causis ad ecclesiam suam pertinentibus a prae-
fato glorioso viro graviter impediri. Quaecutnque sint, si
tamen vera sint, reipublicae disciplinae contraria vos sciUs.
Et quia haee omniavestram excellentiam convenit emendare,
salutans eminentiam vestram exposco, ut ea ulterius fieri non
sinatis, sed ex opere illi jubete diligenti, ul ab ecclesiae se
laesione removeat, et nuUus eorum in angariis seu commodis
ultra quam sinit ratio praegravetur, aut si quae causae fuerint,
non potentatus metu, sed legaU ordine finiantur. Ita igitur
quaeso, aspirante vobis Domino, haec omnia praeceptionis
vestrae interminatione corrigite, ut si non rectitudinis con-
tempiatione, saltem formidine vestrae jussionis a talibus se
gloriosus Theodorus vel homines ejus abstineanti quattnus,
quod ad laudem vestram proficiat et mercedem, in partibus
commissis possit florere cum libertate justitia.
(1) Ex Maosi , oper. cit. , tom. IX , col. 1079. Non e piu il soJo
Giawwrio di Cagliari, ma cziandio Mariniano vescovo di Torres che
Ca consapevole il papa delle vessazioni esercilate da Teodoro contro
i Sardi. E queste nonsono piu indicate eon termini raghi e generali,
ma specificamenle , dicendosi nella lettera, che quell' iniquo duce
o capo di milizia molestava i chierici ed i poveri con prestazioni
iadebite ( commodahhus dispendiu ) e con ingiurie personali , cac-
ciandoli pecfino in.carcere , e che negli afiari contenaiosi turbava
iooUre la giorisdizione ecclesiastica dei vescovi turritani. S. Gre-
gorio magno , cue per reprimere siffatti abosi avea poco innanzi ,
e neUo stesso anno 591 , scritto direttamente a Teodoro e ad Onorato
(opist. XLVI e \LVI1 preeed.), ora iavoca l'autorita di Gennadie',
eaarca o prefetto del pretorio <i'Africa, accio faccia rientrare il
porvicace Teodoro nei Umiti del suo doverc.
IV.
Epist. LX, lib. I, iodict. IX W. p. c. n.
GUEGOHIUS JANUARIO ARCHIEtlSCOPO CAlARITAlfO
SARDtmAE.
Si ipte dommut noster viduarum st maritum, orphano-
rumque patrem scripturae sacrae profitetur testimomo, nos
quoque membra corporis ejus ad imitandum caput sumtno de-
bemus mentis affecto intendere, et sakajusHUa orphanis et
viduis praesto, si necesse sit, esse. Et quia insinualum est
nobit Catellaju reUgiosem feminam, habentem filium suum
hie tn sancta romana Ecclesia, cui Deo auctore praesidemus,
miUtantem, quorundam immissionibus vel inquietudinibus mo-
lestari; de ea re fraternilatem vestram scriptis praesentibus
necesse duximus adhmiandam, ut eidem praedictae feminae
tmUonem ferre, salva jusUUa, non declinet; sciens quod de
hujusmodi rebus et dominum sibi debitorem faciat, et nwtram
cirea se caritatem mdgis astringat. Causas enim praedictde
femmae, sive sint, tive fuermt, nostro vohtmus judibio ter^
minari, ut foralis illi inquietudo submovrri debeat; et tamen
a judicii justitia nullatenus excusetur. Oro autem Dominum,
quo viam vestram curm ad se prospero dirigal, et ad regnum
venturae gloriae propitiatus ipse perducat.
EpUU LXI.lib. I, indict. IX ( a ).
gregorius i.4nuario episcopo calaritano
Sardiniae.
Licet fraternitas vestra zelo jusUtiae se in dwersorum
tuitionem congruenter impendat, proniorem tamen eam cre-
dinm prorsus existere in eorum solamina quos ei nostra
eommendat epistola. Pompejana igitur reUgiosa feminaper
hominem suum suggessit nobis multa te quorundam homimm
sustinere assidue irrationaliter gravamina, et ob hoc nobis
suppUcasse dignoscitur, ut nostris eam vobis commendaremus
qpicibus. Propterea, salutantes fralernitatem vestram , debito
caritatis affectu praedictam vobis feminam necessario duxmus
commendandam, ut comitante justitia, in nulla eam fraternitas
tua contra aequitatem gravari causa permittat, nec aliqua
inconsulte paU dispendia. Sed si quas eam habere caasas
contigerit, in electorum judicio , altercanUum ventiletur coa-
tentio; et quaecumque fuerint diffinita, ita tranquiUe ad effe-
clum vobis solaUantibus perducantur, ut etvobispro tali opere
merces inhaereaf, et nostris apicibus commendata gaudeat se
invenisse jusUtiam. ■
(9) Ex Mansi , oper. cit., tom. IX, col. 1073. La raccomandazione
di Catella, vedova e pia donna, fatta da S. Gregorio alParcivescovo
di Cagliari , e ripeluta con allra leltera di qucsto medesimo auno
(ep. LXII, lib. I, indict. IX), fu probabilmente provocata daldilei
Oglio , II quale mililava in Roma nella via clericale. Per questo
mezzo Catelfa ottenne ancora che Ie sue lili presenti e future fossero
definite dal papa, come si ricava dal testo della presente epistola.
(3) Ex Mansi, oper. cit. , tom. IX, col. 1073. Le roolcstie, delle
quali erasi doluta 1'ompefana presso il ponteflce ,'erano forse l&
iatessa gia manifestate da S. Gregorio a Teodoro duce di Sardegnaf
con precedente lettera dello stesso anno 591 ( ep. XLVl , lib. 1 .
indict. IX. Ved. sopr. pag. 99 , col. 9 a ). Quindi si scorge chc if
papa non ometteva verun raezzo per far rendero ragione a questa
pia vedova, poiche non contento di averla gia rnccomandata ar
suddetto Teodoro, la raccomandd eziandio al vcscovo Gianuario ,
mipeuendogli di far delinire con uiudizio di arbitri (rlrclormn judido^
tulle le di lei queslioni.
P. C N. 5 9 i.
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94
DISSERTAZIONE
VI.
v. c. n. s,.. JJpiat. LXU , lib. 1, iiuUct. IX (0.
Gregorivs Janvario Arcmiepiscobo Calaritano
Samdiniae.
PastoraUs regmmis necessitate etmtpellimur, ut orphano-
rum viduarumque causis solertius quam euris ceteris insista-
mus: et quia insinuatum nobis est Catellam religiosam
feminam habentem filium hic in saneta romana Ecclesia, cui
Deo auctore praesidemus, militantem, quorundam immissio-
nibus, vel inquietudinibus molestari, de ea re fraternitatem
vestram scriptis praesentibus necesse duximus adhortandam,
ut eidem praedictae feminae tuitionem feire salva justitia non
declinet: sciens quod de hujusmodi rebus et sibi dominum fa-
ciat debitorem, et nostram circa se caritatem astrmgat. Cau-
sas enm praedictae fernime sive sint, sive fuerint, nostro
volumus judicio terminari, ut foralis illi inquietudo submoveri
debeat , et tamen a judicii justitia mllatems excusetur. Oro
autem Ddminum quo viam vestram cursu ad se prospero dir,
rigat, et ad regnumventurae gloriae propitiahts ipse perducat.
VII.
p.c.w.5,. Epist. LXXXI, lib. I, indict. IX (*).
Gregorivs Janvario Arcbiepiscopo Caralis
Scriptis tuis cor nostrum laetificasse dignosceris, quod te
mandatorum nostrorum memorem fuisse testatus es. Et quia
memoriter retinemus ea quao nos fraternitati tuae mandasse
commemoras, quemadmodum disponendum sit, ubi vohmtatis
nostrae expectalur auctoritas, scriptis praesentibus breviter
respondemus. Liberatvs igitur, de quo nobis tua fraternitas
mdicavit, qui diaeonii fungi perhibetur officio, ti a decessore
tuo non factus est cardinalis, ordinatis a te diaconibus nulla
debet ratione praeponi; ne eos, quos conseerando probasse
eognosceris, reprobare supponendo quodam modo videaris.
Praedictum itaque Liberatvm , quem reprimendus ambi-
tionis inflat spirilus, omni instantia ab intentus stti pravitate
eompesce, et ultimum inter diaconos stare constitue, ne dum
se ilHcite praeferri contendit, immeritus, loco in quo nunc
situs estjudicetur. Cujus tamensi obedientia fueris invitahts,
et eum post haec cardinalem facere voheris, nisi pontificis
sui concessionem solemnimore meruerit, abstmendum ab omni
ejus incardimtione memineris; quoniam aequitati convenire
non ambigis, ut aliis servare non differas, quod ipse quoque
tibi servari desideras.
(1) Ex Hansi, op. ciL , tom. IX, col. 1083. La presente lettera
e una ripetizione dell'altra (ep. LX, lib 1, indict. IX) gia poco
innanzi riportata ( Ved. sopr. pag. 93 , col. 9* ).
(9) Ex Mansi , oper. cit. , tom. IX , col. 1083. II soggetto della
presente lettera e diretto intieramente a reprimere 1'ambizione del
diacono Liberato. Costui volea preeedere a tutti gli altri diaeoni
della chiesa cagliaritana , alla quale non constava che fosse incar-
dinato, perche andatovi da altra diocesi dell'isola. Quindi S. Gregorio
scrisse a Gianuario , che, laddove il vescovo suo predecessore non
avesse gia incardinato quel diacono forasliero alla suddetta chiesa
di Cagliari, lo posponesse a tutti gli altri dello stesso ordine; e che
tuttavia potesse egli stesso incardinarvelo , se vi acconsentisae il
vescovo dal quale Liberato dipendeva.
VIII.
Kpist. XXXIV, lib. II , part. I, indict. X W: *• «■ «• ^
GREGORIVS JASVARIO EPISCOPO CALARITANb.
Si saeerdotale quod administramus officwm mentis inte-
griiate pensemus, sie nos cum filHs nostris individuae cari-
tatis debet unire concordio, ut sicut patres in nomine, ita
affectu probemur in opere. Dum ergo tales non esse quaies
praefati sumus oporteat, miramur cur adversus fraternitatem
tuam tanta querimoniarum moles exorta est. Quod quidem
nos adhuc credere dubitamus. Sed ut veritatem valeamus agno-
scere, Joannem sedis nostrae notarium nostra illic prae-
ceptione suffultum direximus , quipartes in electorum compellat
adesse judicio, et sua ad effectum executione, quae fuerint
judicata, perducat. Quo cirea fraternitatem tuam scriptis
praesentibus adhortamur, ut causarum apud se ante debeat
merita pertractare. Et si qua se injuste tulisse vel habere
cognoscit ante judicium, sacerdotii contemplatione restituat.
Inter querelas autem mulliplices, Isidorvs vir clarissimus
a fraternitate tua frustra se esxommunicatum anathematiza-
tumque conquestus est. Quod ob quam rem faekm fuerit, dm
a elerico tuo, qui praesens erat, voluissemus addiscere, pro
nulla alia causa, nisi pro eo quod te injuriavcrat, factum
innotuit. Quae res nos vehementer affligit. Quod si ita est,
nibil te ostendis de caelestibus cogitare, sed terrenam te con-
versationem habere significas, dum pro vindicta propriae
injuriae, quod sacris regulis prohibetur, maledictfenem ana-
thematis^invexisti. Unde de cetero omnino esto circumspectus
atque sollicitus , et lalia cuiquam pro defensione injuriae tuae
inferre denuo non praesumas. Nom si tale aliquid feceris, in
te scias pastea vindicandum.
IX.
Episi XXXVI, lib. II, part. II, indict. XI W. p. c «. sys.
Gmegorivs Sabino defessori Sardinije,
et Anthemio svbdiacono.
Quaedam ad aures nostras graviapervenerunt, quae quo-
niam canonieam emendationem expectant, ideirco experientiae
tuae prapcipmus, quatenus una cum Joanne notario, onrni
(3) Ex Mansi , oper. cit. , tom. IX , col. 1103. Molte doglianse
erano pervenute a S. Gregorio Magno sull'avventatezza di Gianuario
vescovo di Cagliari, fra le quali e ricordata fn questa lettera la sola
scomunica fulminata contro Isidoro, personaggio charisshno. Di tale
scomunica e dei privati risentimenti che vi aveano dato causa ,
il pontefice era stato informato da un chierico sardo trovatosi
presente al fatto. Percio il papa spedl a Cagliari un notaio della
sede apostolica per nome Giovanni, affinche riducesse a termine,
per via di giudizi arbitramentali, le questioni che aveano dato oc-
casione agli eccessi di Gianuario. Del suddetto notaio Giovanni e
anche di lsidoro si fa menzione uella seguente lettera gregoriana
del 593. L'ultima parte di questa epistola, che e relativa alla sco-
munioa d'lsidoro, e stata riprodotta da Graziano nel suo Deoreto,
part. II , caus. XXIII , quaest IV , can. 97.
(4) Ex Mansi, oper. cit., tom. IX, coi. 1113. La prima parte di
questa lettera diretta a Sabino difensore di Sardegna, ossia ammi-
nistratore dei beni patrimoniali di S. Pietro esistenti neirisola, ba
relazione col contenuto nelI'episU»Ia precedente. Perche vi si parla
nuovamente delle imputazioni fatte a Gianoario, sulle quali doveva
inquirire il- notaio Giovanni, e della lite d'Isidoro, uomo eloquen-
tissimo, colla chiesa cagliaritana. Nella parte poi, che sembra in-
dirizzata ad Antemio ed a Sabino insieme, si fa nnova menzione di
Pompejana, e vi e per la prima volta nominata Teedosia, la quale
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PRIMA.
95
excusatione postposita, Januarium fratrem et coepiscopum
nostnm summa hac exhibere instantia nm omittas, ut eo
coram posito, ea quae ad nos perlata sunt subtili valeant
indagatione perquiri. Pompejana vero atque Theodosia
religiosae feminae iuxta postulationem suam, si huc venire
vokerint, vestra eis in omnibus praebete solatia, ut desideria
sua vobis queant succurrentibus adimplere: praecipue autem
Isidorum eloquentissimum, sicut petiit, studii vestri sitper
omnia vobiscum adducere, ut caussae ejus qualitas, quam
contra ecclesiam Calaritanam habere dignoscitur, interiustru-
tinata, legalem valeat fimm accipere. Praeterea quoniam ali-
qua nobis de persona Epiphanii presbyteri facinora nuntiata
sunt, necesse est ut diligentius cuncta perscruteris , et seu
mulieres, cum quibus perisse (forse peregisse) dicitur, seu
alios quos de caussa eadem scire aliquid senseris, huc pariter
festines adducere, quatenus, ecclesiasticae districtioni liquide
possint aperiri quae vera sunt. Baec vero omnia ita efficaciter
utrique curabitis adimplere, ut nulla vos de neglecta culpa
respiciat, scientes ad vestrum omnino pertinere periculum, si
haec nostra quoquo modo fuerit lentata praeceptio.
X.
•■• c ». s«. Epist. VIII , lib. III , indict. XII («).
Gregorius Januario Episcopo Calaritano
Sardiniae.
Theodosia religiosa femina in construendo monasterio
voluntatem Stephani quondam viri suicomplere desiderans,
peliit a nobis, ut ad fraternitatem tuam nostras transmitte-
remus epistolas, quibus per commendationem nostram tuum
facilius mereretur auxilium. Asserit siquidem hoc a suo
conjuge consUtutum, ut in praedio, quod appellatur Piscenas,
quod ad xenodochii Thomae quondam episcopi jura per-
venit, monasterkm construi debuisset. Quia igitur in alienis
hoc fundare rebus, licet possessor permitieret, dominus tamen
videtur cum ratione refugere, petitionem ejus praevidimus
annuendam, idest, ut in domo juris sui, quam Calaris as-
serit se habere, ancillarum Dei monasterium debeat, Dotnino
adjuvante, construere. Sed quia praedictam domum suam dicit
ab hospitibus atque supervenientibus onerari , hortamur fra-
ternitatem tuam ut studeas ei in cunctis concurrere, devotio-
nique ejus tuae praebeas tuitionis auxilium , ut mercedis
defuncti, atque ejus studii, tuus te concursus faciat et solli-
era vedova di Stefano, e fondd un monistero ordinato con testamento
dal di lei marito ( Ved. infr. ep. VIII e X , lib. III , indict. XII ,
ep. II , lib. IV , indict. XIII ). II sacerdote Epifanio che in questa
lettera apparisce accusato di molti misfatti, e specialmente di aver
usato carnalmente con femmine, andd a Roma, e fu riconosciuto
innocente ed assolto da S. Gregorio (ved. infr. ep. XXIV, lib. III ,
indict. XII); e forse e lo stesso Epifanio che nel 599 era arciprete,
cioe il seniore dei sacerdoti della chiesa di Cagliari (ved. infr. ep.
VII , Hb. VII , part. II , indict. II ).
(I) Ex Mansi, op. cit., tom. IX, col. 1160. Stefano aveaordinato
che si erigesse un monistero di femmine nel predio di Piseetuu. Ma
siccome questa possessione era divenuta di proprieta dello spedale
di pellegrini gia fondato dal vescovo Tommaso (che forse fu il pre-
decessore del vescovo Gianuario), percid Teodosia vedova di Stefano
avea imploralo dal papa la permissione di erigerlo nella propria
saa casa , come in effetto ve lo eresse , dopo un anno ( ved. infr.
ep. X , lib. III , indict. XII ; ep. II , lib. IV , indict. XIII ). E il
pontefice scrisse a Gianuario, raccomandandogli la giusta petizione
di Teodosia, e incaricandolo insieme di liberare la di lei casa dallc
molestie dei pellegrini che vi ospitavano.
citudo partieipem. ReHquiae vero, quas tbidem postulat cotto-
candas, vohmus ut a fraternitate tua sub debita veneratione
condantur.
XI.
Epist. IX , lib. III , indictl XII («). P . c . ». s M .
Gregorius Januario Episcopo Calaritano.
Satis quidem te ipse pastoralis zehts instigare debuerat ,
ut gregem , quem susceperas , etiam sine nostro solatio sdlu-
briter ac provide tuereris, et a callidis inimicorum surreptio- .
mbus cum diligenti circumspectione servares. Sed quia
caritatem tudm pro suae firmitatis augmento, nostrae quoque
pagina auctoritatis indigere comperimus , necessarium nobis
fuit titubantes animos tuos ad reHgiosi vigoris studium fra*
ternae dilectionis exhortatione firmare. Pervenit siquidem ad
nos minus te monasteriis ancillarum Dei in Sardinu sitis
tuitionis impendere ;. et cum dispositum a tuis prudehter
fuisset decessoribus , ut quidam de clero probati viri curam
gerentes, earum se necessitatibus adhiberent; nwnc ita funditus
isse neglectum, ut per publicas personas , pro tributis aliisque
muniis ipsae per se principaliter Deo dedicatUe feminae eom-
pellantur subire, necessitatemque habeant pro supplendis fi~
scaHbus per villas praediaque discurrere, atque virilibus in-
competenter se miscere negotiis. Quod malum fraternitas tua
faciU correctione removeat, ut unum probatum virum vita
moribusque, cujus aetas, atque locus nihil de se pravae su*
spicioni injiciat, sollicite deputet, qui sic monasteriis ipsis
cum Dei timore possit assistere, quatenus ulterius eis pr$
quibuslibet causis privatis vel publicis extra venerabUia loca
contra regulam vagari non liceat, sed quidquidpro his agen-
dum est,per eumquem deputaveris , rationabiliter peragatur.
Ipsae vero referenles Deo laudes , atque coercentes semetipsas,
in monasteriis suis nullam occasionem ulterius fidelium men-
tibus pravae suspicionis injiciant. Si qua autem earum, vel
per anteriorem licentiam, vel per impunitatis pravam con-
suetudinem ad lapsum adulterii deducta fuerit, aut in stupri
fuerit perducta voraginem, hanc post competentis severitatem
(9) Ex Mansi, oper. cit, tom. IX, col. 1161. E questa una lettera
piena di rimproveri e di avverlimenti. S. Gregorio raccomanda a
Gianuario di preporre, secondo 1'antica consuetudine , sacerdoti di
provata virtu alPamministrazione dei monasteri di femmine , accid
costoro potessero attendere piu quietamente aIl'orazione, ne piu si
vedessero discorrere da un luogo alPallro per attendere alle fac-
cende temporali. Da questo abuso erano forse nati gli scandali di
vergini dedicate a Dio stuprate da laici e da chierici , poiche il
papa prescrive i castigbi da applicarsi alle une e agli altri. Rac-
comandasi inoltre a Gianuario di convocare sinodalmente due volte
all'anno i suoi suffraganei , di vendicare in liberta , e difendere
virilmente i serv» e le ancelle degli ebrei che per causa di fede si
rifuggissero nelle chiese; di non permettere che i preli nngessero
col sacro crisma le fronti dei battezzandi o gia battezzati , lo che
si apparteneva ai vescovi, ma che li ungessero solamente nel petto
(proibizione poi rivocata dailo stesso papa , ep. XXVI, lib. III,
indict. XII infr.), e di curare con sollecitudine la erezione dei nuovi
monasteri ordinati dalla pieta di molti Sardi, sia morti che viventi.
Fra qnesti e nominato un cerlo Pietro , che avea disposto per la
fondazione di nn monastero nella propria sua casa; e il pontetice
commette a Gianuario di verificare lo stato e quantita dei redditi
percid esistenti. Non bisogna confondere il suddetto Pielro con altri
tre dello stesso nome (ved. infr. ep. IX, lib. IV, indict. XIII; ep. II
e V, lib. VII , part. II , indict. II). Quattro luoghi di questa epistola
sono stati riprodolti nel Decreto di Graziano, part. I, distincL LIV,
can. 16; part. II , caus. XVI, quaesL I, can. 14; caus. XXVII,
quaest. I, can. 38; part. III, Vt cotueerat., distinct. IV, ran. i90-
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96
DISSEUTAZIONE
vMiem* , in atmd mstrmtius viryiumn mamsternrm in poe-
niimtiom vammus redigi, iU Uik orationibus atque jejunii»
vacet, et sic poenitendo proficiat, et metuendum coeteris ar-
ctioris disciplinae praestet exemplum. Is autem quicum hujus-
modi feminis in aliqua fuerit iniquitate repertus , omni com-
mmione privetur , si laicus est; si vero/olericus fuerit, a suo
quoque remotus officio , pro suis continuo lugendis excessibus
in monastermm deirudatur. Episvopvrum etiam conciha, sicut
tam tuae mos dicitur fuisse provinciae, quam quod sanctorum
canonum auctprUate praecipUur, bw in anno ceiebrare te
volumus, ut si qnis inter eos a sui forma propositi actionis,
edque morum quatitate discordat, sociali possit fratrum in-
crepatione redargui; et pro securitate eommissi gregis, am-
marumqw stat», paterna valeat circumspectione tractari.
Pervenit etiam ad nos, servos anctiiasque judaeorum fidei
cmssa ad Ecclesiam refugientes, aut infidelibus restilui do-
mtnis, ant eorvm, ne restiktantur, pretium dari. Hortamur
igitur , ut nuUatenus tam pravam consuetudinm manere per-
■mittas; sed si quilibet servus judaeorum ad venerabiUa loca
confugerit cmma fidei, nullatenus eum putamini praejudkium
smtincre. Sed sive oiim christiamis , sive nunc fuerit bapti-
xatus, sute uilo chrisUanontm pauperum damno reiigioso ec-
ciesiasticae pietatis palrocinio in libertatem modis omnHm
defendatur. Presbyteri baptixatos infantes signare sacro in
frontibus chrismate non praesumant; sed presbyteribaptixatos
ungant m pectore, ut episcopi postmodum ungere debeant in
fronte. Pro fundandis etiam monasteriis, quae a diversis jussa
smt construi, si mjusta perspids haec aliqua ab Us quibus
mdicta sunt excusatione differri,soterter secundum quodleges
praecipiunt admonere te voiumus, ne piae vivorum aut de-
frmctortm vohntales tua, quod absit, remissione cassentur.
De monasterio autem , quod m donio sua construenaum quon-
dam Petrus asseritur praecepisse , praevidimus , ut frater-
nitas tua subtititer requirat relictorum UHc reddituum quan-
titatem. Et si quidem modus habetur substaniiae, recoliectis
omnibus quae de rebus ipsis mminuta dicuntur esse, veldis-
persa, cum omni studio hoc et sine aUqua dilatione fundetvr.
Siu autem, vel minus idonea, vel damnosa facuiias est, om-
nibus, ut edictum est, subtiiiter inquisitis, nobis renuntiare
te volumus, ut sciamus quid deliberare, juvante Domino, de
ejus constructione possimus. Fraternitas igitur tua ita in
cunctis praedictis capitulis se solerter impendat, ut nec no-
strae admonitionis seriem inveniatur fuisse transgressa, nec
divini reajudicii, de minori selo pastoralis existat officn.
XII.
P.c.s.5,». Epist. X, lib. III, indicU XII W.
Gregorius Janvarw Episcopo Calaritano.
Nos quidem arbitramur, quod ad imminentiam expletionis
piarum rerum, ipse te tuus satis ordo compellat. Sed ne
tehtm tuum cuiuslibet interventus remissionis emolUal , de his
(1) Ex Mansi, oper. cit., tom. IX, col. 1169. S. Gregorio magno,
sempre zelante e sempre inslancabile neU'esercizio deH'aotorHa saa
pontificale , diresse la presente epistola a Gianuario , affinche ec-
citasse Teodosia alla effettiva fondazione del monistcro ordinata dal
sno marito Stefano , prefiggendole percid il termine di un anno ;
paasato il quale senza avervi adempito , autorizzo il vescovo di
Cagliari a farlo ediicare coi rondi lasciati <M testatore.
etiam te speciaUter judicavmms. exkortandum. Pervenit *t-
quidem ad nos Stephanum vestrumde hac luce migrantem,
supremae toluntatis eioquio monasterium praecepisse fundari.
Cujus desiderium a Theodosia hvnesta femina, herede ejus,
fertur quodhactenus dilalione protrahitur. Quamobrm hor-
tamur freternitatem tuam, ut mazimum de praedxcta caussa
studium geras atque ante nominatam fminam commoneas ,
quatenus intra annale spatium monasterium quod jussum est,
debeat ordinare, et cuncta secundum defuncti voluntatem sine
allercatione construere. Quod si intra praedicti temporis
metam aliqua perficere tnegligenlia vel catliditate distulerit,
ut sive in loco eo , quo constitutum fuerat, seu certe ibi non
poterit, el aUbi placet ordinari, et dilatione interveniente ne-
gUgitur; (unc volumus ut fraternitatis tuae aedificetur studio,
ordinatisque omnibus, res atque redditus qui relicfi sunt,per
te loco ipsi venerabiU sine imminutione aliqua socientur. Sic
enim et ante tremendum judkem tuum sentenliam remissimis
effugies , et secundum pUssimas leges , ditatas defunctonm
pias voluntates episcopali suppiebis studio.
XIII.
Epist. XXIII , lib. III , indict. XII p. c. n. 5y4 .
GREGORIVS NOBILIBVS AC POSSESSORIBVS
IN SARDINIA INSUL 4 CONSISTENTIBUS.
Fratris et coepiscopi mei Felicis, et filii mei Ctriaci
servi Dei relatione cognovi , pene omnes vestros rustieos in
vestris possessionibus idotolatriae deditos habere. Et valde
hac de re contristatus sum, quia scio quod subjectorum culpa
praepositorum deprimit vUam , et cum in subjecto peccatum
non corrigitur, t» eos, qui praesunt, sententia retorquetur.
Unde, magnifici filii, exhortor, ut omni cura omuique soUi-
citudine animarum vestrarum setum habere debeatis, el qua$
rationes omnipotenti Deo de subjectis vestris redduuri estis,
aspicite. Ad iioc quippe vobis UU commissi sunt , quatenus et
ipsi vestrae utiUtati valeant ad terrena servire, et vos per
vestram providentiam eorum animabus ea quae sunt aeterna
prospicere. Si igitur impendunt illi quod debent , vos eis cur
non soivilis quod debetis? id est , ut assidue Ulos magnitudo
veslra commoneat, ab idoloiatriae errore compescat, quatenus^
eis ad fidem ductis , omnipotentem Dominum erga se placo-
btiem faciat. Ecce enim mundum hunc quam vicinus finds
urget , aspicitis , quod modo humanus in nos , modo divinus
saeviat gladius videtis ; et tamen vos veri Dei cultores a
commissis vobis lapides adorari conspicitis, et tacetis ? Quid,
quaeso , tn tremendo judicio dicluri estis , quando hostes Dei
et sub potestate vestra suscepislis, et tamen eos Deo subdere.
(Xi Ex Mansi , oper. cit., tom. IX , col. 1171. Felice vescovo di
Porto, e Ciriaco abate del monastero di S. Andrea, comesiricava
dalle successive epistole gregoriane (XXIII, XXV, XXVI lib. III,
indict. XII ; II , lib. IV , indict. XIII , 1 e II , lib. VII , part. II ,
indict. II ) erano stati mandati a Sardegna in qnalita di missionarii
per convertire alla fede i Barbaricim, o quella parte del volgo che
perseverava tuttavia nelle pratiche del paganesimo. S. Gregorio
scrisse la presente lettera ai nobili e ai possidenti dellMsola, af-
finche aiutassero i detti missionarii nella santa opera , e perche
non tollerassero piu nelle loro possessioni i servi idolatri, o dediti
alle superstizioni idolatriche. Ed e notevole il passo in cui , per
indurii a rimuovere i loro schiavi o servi di gleba dagli errori del
gentilesimo , fa loro presente il prossimo finimondo: ecce enim
mundum hunc quam ricinut fini$ vrget, atpicitit.
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paiMA.
atque ad eum revocare conlemhitis ? Unde debitum saluta-
tionis attoquium sokens petq , ut magmtudo vestra attendere
erga selum Dei vehementer invigilet, et quis quantos ad
Chrisbtm perduxtrii , suis mihi epistolis indicare festinet.
Quod ergo vos ogere ex aliqua occasione forsitan minime
valetis) praediclo fratri st coepiscopo nostro Felici ttdfilio
meo Cyriaco mjmgite, eitquc ad opus Dti solamn ipraebete^
ul in remuneratione vitae tanto possitis esse participes,
quantd nunc bono operi salalium praebetis.
XIV.
p. c. it. 5*. fcpkt. XXIV , lib. III , indict. XII (0.
Oregorius Tanvario Episcopo Calaritano.
Oportebat si qiiidem fraUrmtatem tuam ita de rebus piis
esse solHeitam , ut nihil adcxplendas eas nostris admonitio-
nibvs penUus imdigertt; tdmen.quia quaedom ad nos perve*
merunt qnae sunt ootrigenda cdpitula, nihil est incongrmtm,
tinostraequbque vobfapagina auctoritatis accedat. Quamobrtm
significatnus pervenisse ad nos, consueludmem fuissc, dt
wenodoehia, quae «unf m Calarituns parlibus consiituta, apud
episcopum civitatis singulis temporibus suas svbtiliter rationes
exponerent, ejus videlicet tuitione atque sollicitudine guber-
nanda. Quod quia tua hactenus fertur caritas neglexisse ,
hortamur, ul, sicut dictum est, tibisingulis quibusque tempo-
ribus rationes suqs xenodochii , qui in eis sunt consiitutt' vel
fuerunt , subtiliter reddant. Atque tales in eis qui praesint
ordinentur , qui vita , moribus atque industria inventantur
csse dignissinti, retigiosi dumtamt, quos vexandi judicesrton
habeant potestatem: ne $i tales personae fuerutt , quas in
suum postint evocare judidum , vastandarum rerum debUivm,
quae iiiie rejacent, praebedtvr ocvasio : de qmbus rebus sum*
mam ie euram gtrere volumus , tU nvlli sine tua iieentiu
detur notitia, ne vsquc ad direplionem earum ex fraternitatis
tuae peneniatur uicurts. Praeterea nottrt latorem praesen-
thm EpipbaniVJU pretbytcrum qnorvndam sacerdotum
literis erminaUter accusatum, cvjus nos, utvalvimtte, discu-
tientet catmam, vihilque in eo obiectorum reperientes, ui ad
iocum suum reverteretur , absolvimus. Criminis ergo ejus
auctores te volumus perscrutari. Et nisi qui easdem tranmisk
epistolas paratus fuerit , hoc quod objecit canonicis atque di-
strictissimis probationibus . edocere , nullatenus ad sanctae
mysterium commmionis accedat. Pavluiu vero clericum ,
qui saepe dicitur in maleficiis deprehensus , qui despecto
(1) Ex Mansi, oper. cit, tom. IX, col. 1171. Variisono gli oggetti
eontemplati neUa presente lettera; le ragionida renderai periodica-
roente ai veseovo di Gagliari dagli amministratori degli «pedali dei
peUegrini , «sistenti ta calaritanu partibut; 1'assoluzione del sa-
cerdote Epifanio , cbe vidimo accusato di gravi delitti neU'anno
precedente ( supr. ep. XXXVI , lib. II , part II , indict XI ) ; il
processo ordinatn contro i snoi calunniatori ; e Ia punizione da
iniliggersi al chierico Paolo dedito ai sortilegi e aile stregoaerie ,
che avea deposte 1'abito clericale , ed erasi fuggito in Africa. Qnindi
ii papa inculca a Gianoario di non permetlere che in occasione di
ordini sacri, di nozze di chierici o di velamenti monacali si esigano
premii o prestazioni di sorta, ma si accettino le sole offerte e doni
spontanei, e che il clero regolare non debba patrocinare i piati dei
laici. E in nllimo provvede che si riammettano alla comnnione i
oorruttori delle sacre vergini , laddove siane veramente pentiti , e
che per le donne uscite dai cbiostri per andare a marito si ese-
guiscano le disposizioni da lui comunicate in Roma al suddetto
sacerdote Epifanio. Duo luoghi deila presente lettera si leggono nel
Deertto di Grariano, part II, eans. V,quaest Vl.can. 4; caus. XXVII,
quaost I , can. 39.
97
ItabUu suo adlakam revertus vitam in Africam fugerat ; si
e£t» corporalis prius proveniente vindicta, praevidimut in
pomtentiatn dari, qutttenus ct secundum apostolicam sen-
tefiUam, -ex cdrnis affliotioui^piritus salvus fiat ; et terrenas
pewatoruni nprdes, quas pravie contraxim fertur operibvs,
iAcrymarum poesit assidmtate dihiere. Eis vero qui ab ec-
elesjastica tommumme suspene* tmt , nulks reUgiotut
e*<*mdum canonum praecepta jungaiur. De ordinatwnibus
vefo #el de mptiis dericorum , aut de iis quae veUmtur
vitgimbus , nullui , vt nmc fieri diciktr , quidquam prmemH
praotumot «ccipere , nisi quippiam sua tpoate offerre tna-
faritf.y,p* nitikeribns, qvae de monasterHs ad laicm vUdm
tmtt vgre^tae ,. virosqnte sortitae , quid fieri debeat, cum
praedicto. frMetnttalis tmae presbytero tubiUm svmus col-
iocuti : cvjws' reiatione sanctitas vestra patest pimius tnfor-
ftmri: ^rekgioti vero clerivi cemmtus , ptttrocitm laicotvm
ee)veitnt t .«t iuae modit tmnibvs secmmum canones jm itdictiom
subdtmfur , ne remtttumt frtttemitedis tude ; *jus oui praees
discipUna dwdhatur Eealesiae. Eot autem qui in praedictas
mtdtetes, quae egrfstae tmt de vmast*tw\ emmserunt, et
mmc dicunMr a commutmme suspemi , si.fraternitas ttta de
tadi faetmore digne pdeniUmit praeviderH , ad sacram com-
mumonem ic vohmss revocare.
XV.
Eplst. XXV , lib. Ml , iodict. XII (0.
Gregorius Zabardae duci Sardisiae.
. Scrtptis fratris et eoepiscopi mei FEircts et CrRtAci
servi Dei, gkriae vestrae bom CQgnovim*. Magtmque omni-
potenti Deo gmtias agimut, quod kdem duocm Sardia ia
totscepit, qui sic sciat qvae terrena sunt reipvblicae exolverc,
ut bene eltam notnrit ommpotenti Deo obsequia patriae coe-
iestit exhibere. Scriptcrunt etenim mihi quod co pdcto cum
Barbariciuis facere paeem disponitis , ut eosdet» Barbaricinos
ad Christi tervititm adducatis. Eat de re valde laetatusstm,
tt dom vestra , si omnipotenli Deo placuerit , eims serenis-
simis principibus imotetco. Vot ergo quod coepistis, explete:
omnipotenti Deo devoGonem vestrae mentis ostendile : eos
quos illuc ad convertendos Barbaricinos tranmisitnus ,
qmntum valetis adjuvale ; scientes qvod taha opera multum
vos et ante terrenos principes , et cotam coelesti rege prae-
valeant adjuvare.
XVI.
Epist. XXVI, lib. III, indict. XII (*).
Gregorius Jjnvario episcopo Calaritano.
Fratris et coepiscopi nostri Felicis et Cyriaci abbatis
(l) Ex Hansi, oper. cit, tom. IX, coL 1173. Zabarda, duce delle
mUiaie imperiali in Sardegna, non potendo coroprimere coUa foraa
gli aadaci Borbaricim, stim6 essere miglior consiglio fermare con
essi la pace , e condnrli alla fede cella dolcezza. A qnesto suo di-
visamento davano opportanita U oonsenao di Ospitone, duce o capo
di detti Barbarieini, che professava la reiigione cristiana (ved. iefira
ep. XXVII, lU». III, indict XII), e la presenza dl Felice e Giriaco,
i quali predicavano revangelio fra quei popoU selvaggi (ved. supr.
ep. XXIII e infr., ep. XXVII, Ub. III,indict XII),eprobabUmente
avevano convertito lo stesso Ospitone aUa vera credenza. S. Gregorio
diresse percio a Zabarda qaesta lettera di encomio , eccitandolo a
perseverare nel santo propOsito, e ad essere generoso di aiutl verao
i suddetti missionarii.
(3) Ex Mansi, oper. cit , tom. IX , col. U73. Le vessazioni dei
Bayerische
Staatsbibliothek
MONoliEN
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98 DISSEIl
relatione, cogmei»\tts , quod itiinsutaSARDlWli mseritdtd
*» laieis judicibu» opprimanturi Wfratemitaiem tuam nHnist^i
mi despiciant: dtmque sblwm smptidtaU a wbi^itttdeKtr^\
quantum videmus, disciptima negtigitur. Unde hortor,Momn\
exeusatione postposita, ecdmam, qum'suscepisti,uuttwt.
Deo , regas ; disciplinam cTericos tenere cogas t nnUm-Wrba
metuere stttdeas. Xrckididcomm vero twm , ut a*di#\>wtm
mulieribus habitate proh&uisji, e{ nuncu^que in ea prvhibitioh»
despiceris. Qui nisi jussioni tmeparuerii, eum iachordm
vohmus esse priyitum. Aectdit .autem aiiudvalde lugert^m)
quia ipsos rusticps , qum habe^ eccksiahtQfWnSttsqwyiti
infideiitale remanere negtigentia fratermtaWf : vestta**perWi»iA
Et quid vos adrmneo x ut exttaneopad Berim adtfHeati&>qw
vestros ab mfideUtate c&rHgety negUgiUs fri$Ula\ne6e$mMt
vos per omnia in eorum conversionem' vigitur^ Nam"*&
cujuslibet episcopi in Sjrdimi • iimla pagtmfh rustimti
invenire potuero ^in>\ etmimiepiscopum fortiknviMieai».
Jam vero^ si \ru^cus ta^ta» fve^it\pevfidm et obsUnaiioms
inventus \ y ut >ad Dbmimmk ^Tn^oBwre wwAt^ c^^H^»
tanto pensiorfis onere' gmmdus^est,utipm ewtfumsi&m
poena- cotnpeUat^radr^itudine^ifestmare. Perventt etiam
ad msrquosdam fosd\wwdiriitm tysn$y\dpd»t>po«nb
tenliam , vel ante , ad ministeriimi ofj^eiudt^i^cmiy^Xod
omnino prohibuimus, et in hac re sacratissimi qttoque canones
contradicunt. Qui igitur postao6eptum sacrum ordinem lapsus
in peccatum carms fuerit , 'lflc.ro: onlini ifa,<'(ipreal , ut ad
altaris ministerhtm ttlteritts non accedat. Sed ne ttnquam ii ,
qui ordinali sunt, pereant, provideri debel qiiales ordtnentur,
ul s pruts aspiciatur, si vita eorum contincns in apim pjuriinis
fuit, ds-ttaUtm orationis, si eleemosgnae amoremhabuermt.
Quaeiwndtwtyqtooque est ne forte fuerit bigamus. Vidmdun}
etiam, ne sin* literis, aut obnoxius curide, cbmpetiaiur povt
sacnm ordinem.ad txactionem publieam redire. Eaec itaque
■omnia ditigenter fraternitds vestrainquirat,utdumdiiigehter
guilibet ■exquisitus ordindtur, non ceteriter-post 4>rdha-+
tionem depdmtur. Ed autem quae fralernitati vestrae scri-
psimvs , cunetis sub vobis episcopis imotesoite , quia ego
iitis scribere nolui , ne . honoirem vestrum viderer >immi+
nuere. Pervenit quoque ad nos qvosdam scandalixatos fuivse,
quod presbyteros chrisntate tangert in fronte eos, qui bat
pHxati sunt, prohibuimus. Et nos quidem sccundtm urnrn
veterem ecclesiae nostrae fecimus: sed si ommno.^hac de
re atiqtti contristantur, ubi episcopi desunt , ut presbyleri
eliam in frontibus baptisatos chrismate tangere debeant, con-
cedimus. . .
ministri imperiali sul clero, la vita scandalosa delP arddiacono
cagliaritano, e 1'idolatria dei coloni dipendenti dalla chicsa gover-
nata da Gianuario formano il soggetto della prima parte di qaesta
epistola ; ed e da notarsi il mezzo gravatorio cho il papa suggerisce
per condurre i delti coloni alla fede. La seconda parte poi risguarda
la riabilitazione dei sacri ministri che fossero sospesi dalPesercizio
delle loro funzioni per peccato carnale (peccahun carnit) , le di>
scipline da osservarsi nell' accettare gP iniziandi agli ordini ec-
elosiastici, e la facolta accordata ai sempBci sacerdoti diammmistrare
il sacramento della confermaziono in qoei luoghi, nei qoali non si
trovassero gia stabiliti i vescovi. Questa rivooazione del precedenfe
divieto fatto da S. Gregorio Hagno sulla stossa materia (ved. sopr.
ep. IX, lib. III, indict. XII), diede occasione a diversi opinamenti
di teologi e di canonisli (ved. Estius, lib. IV, dist 1, $ 83, pag. 177.
- De-Marca, JVoHl. ad concil. claram. can. XXVIII, pag. 3, dissert.
de concord. tacerd. et imper. in fin. - Nalal. Alexand., HitU Ecelet.,
saoc. II , dissert. X , % 14. - Tournely , De tacram. eonfirmat. ,
quacst. III, art. 9. - Lambertini (Bened. XIV ), De tynod. dioccet.,
lib. VII , cap. VII , nuni. V , pag. 501 ). •
\4SCIO\E
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• • '' (bm de gente vestra -nemv chvtsUan\s < sii\ r» ^oc ' seio
guia omni gente tua cs meli&r, qttia^tu m ea tftristiaitks- in»
ven\ris. Dum enim Barbarieini ormes wf> itejeiwaftr ^dnimaUa
vivant, Deum verum nesciont, ligndau1em?et lapides addrenU
in eo ipso quod Deum verum colis, qttantum omnes antecedas,
ostendis. Sed fidem , quam pfrcepisti , etiam bonis actibtts et
verbis exequi debes, et Christa cui credis, offerre quodprae-
vales, ut ad euni quoscumque potueris adducas; eosque bapti-
zari { ja<[iQS. x .et ae{erwm vilam Migere admoneas.^Qupd si
•fortasse ipse agere non poles , quia ad alittd occttparis ,
edtytaiisypch , ut homimbus nostris qudi iUue. tremainisinttts ,
frairi ^soUicet' eh eoepiseopo meb { Feltcl fiHbque vreo )
Ctri^co servo Dei solatiari in ontnibus debeus , tit dum
eorum Jabores adjnvas, devotionem tuamomnipotenti Domnw
ostekdas, el ipse tibi in bonis actibus adjutor sit) cttitis tu in
"botwoperf famulis solatiaris. Benedictionem tero sancti Petri
apostoli per eos vobis trdmsmisimus, quam peto.ut debeatis
benigne suscipere. '■> ■<■ ' ■ »
\ ' XVIIf. " '
7' V Epist XXIX, lib. III, indict. XIl .'(«). , p.c. N .j vi
OrEGORWS J.4NVARIO EPISCOPO C.IL,.4RITAN0.
'»••'• " f ' : \
-,\» Pervenit ad nos, in loco qui inUra provinciam Sardini4m
situs est, et dicitur Phasiana ( Maurin. leg. Phausiana )
consuetudinem fuisse episcopum ordinandi , sed hanc pro
rerum necessitate longis abolevisse temporibus: Quia autem
nunc sacerdottm indigentia qumdam iUic paganos remanere
cognoeimus , et ferino degentes modo , Bei cultmt penitus
igndrarC; hortamur fraternitatem tuam , ut iUic secundum
pristinum modum ordinare festinel antistitem, talem videUcet,
qui ad hoc opus moribus ac verbo existat idoneus , et aber*
rantes ad gregem dominicwm pastoralis studeat aemulatione
deducere, quatenus eo iltic ad animarum vacante compendmnt,
nec vos mveniamini superflua poposcisse, nee olim destructa
frustra nos reformaste poeniteat.
(1) Ex Mansi, oper. cit., tom. IX, col. 1174. Mentre Grcgorio
sativeva a Zabarda per la conversfone An-Sttrbaricini ( ved. supp.
ep. XXV) lib. III, indict. XII), scriveya pure per lo, stcsso oggetlo
a Ospitone loro duce o capo. Dalla presonte lclt.era si ricnva che
i suddetti Barbaricini viveano indipendentemente dagli Smpcratori
greci, ai quali ubbidiva il rimanente delPisoia; che avevano una
forraa particolare di goveruo, ed erano subordinati ad ui> loro capo,
chiamato duce; cbe U pontefice aveva spedHo m Sardegna ii ve-
scovo Felice e Pabato Ciriaco per converlirli alla fede; e cho Ospit
tone , gia faltosi cristiano , aiutava la santa . impresa di q«ci doo
uomini apostolici. ,• ':',.
, (9) Ex Mansi, oper. ciU, tom. IX, col. H7A, Suiierovine diOlbia
doi tempi romani sorse la citta di Fausaaia dei tempi oristiani ,.«
dai ruderi di quest' ultima Podierno villaggio di TerPaneva. Fau*
sania fu sede vescovile da tempi antichissirai, e credesi che il primo
ad occnparla. sia stato il martire S. Simpiicie nelPuItuno dol ter»
o nei primi anni del quarto secolo (ved. Tola, Dixion. bfogr. dei
Sardi illttttri, vol. III, pag. 303). Ma Pordiaazione dei suoi vescovi
essendo stata longamente inlerrotta, ed essendovi percid nel paese
alcuni idolatri che vivevano ferino modo, il papa S. Gregorio ordind
a Gianaario di ordinatw per quella sede un vescovo, il quale com-
parisce quattro anni dopo col nome di Vittore ( ved. infr. ep. VIII,
lib. VII, parL II, indict. II; ep. 1 e XVII , lib. IX , indict. IV ).
GVidolatri dei quali parlail santo pontefice neila presente epislola,
erano forse pe'costumi selvaggi e per le paganiche superstizioui
poco dissomiglianti dagli indomili barbaricini.
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PffcTKl» 1
XII.
p. c * ^ tyUL Ji, llb. IV , mdlfcL-.XHLf»>..
GbEGQMZTS FbLICI BTISCOMMT CfUIJiCtXVtBBdtil.
.. QuerriamTjBBODaSiAE retigiotae fbtmiuat utbSStae
vobit satitterit» rtktiems exphmat^ ,tk qum pktra et uon md
taeerdotalem perimentia tnantmtudraem cantraJANCAlu VM
fratrem ei eoipuoepum ndsirum- capttuia cdmpr^hensa rete-
erms\ itautpott fmdalunt aitt tervotmm Dri monasieriim,
onme ^ttorf dd aotritiae turbvlenikim ptreriudsavrnoue periintt
Umphre eUcuhw orattrnipsimdeiitwtionis exhibitum. Qktam-
tbrtm ti itaettj ut ante faiavejut suggettion* ctnperimui,
etvnhoc qnidquam cognotcitxs indecentin fitisse dommitsnm,
hdrtamur utMustcvp obhatm memasttrii AgiJitewi, remotit
prnu OJnnHnu pnujndicris, studealis ut m motmehos suos
quot iliie mUnmre caeperat , mnmopere tacare feslinet;
quatenus ipta wnerabili loco deeenti reguiarique mpdo per
vts , Dojimo jkmnte , disposito, net frequens mos praeditiae
rekaiotae fttminat de ntw. impietis bontt detvlmis stris
qtnrela eouautial. nee eum vettrae dttrimento sit antmae, ti
iam pum\prvpmitgtn aUqva vobis negiifentibm , quod non
endinm T dUatiant torpetcai.
• . XX. A
p.c.n.5,5. Epi*.XXXIU r lib: IV, «Act im (*),
GrEGQHMUS CoMSTAlfTlNAB Avoustae.
Cum seremsstmam dammai* sriam de coelettipatriaatqut
atmtae tuae rita oogitare^ ealpam me commiitet e vektmenter
(') Ometto di nnorUre La lellera IX del libro IV ( Mansi , ibid.
col. 1189), perche sebbene Tedasi indirizzata Petro notariq in Sardinia,
tottaria, parlandoTisi sefemefite- «t» affa+r cencernentr ana ekiesa Tescerile
deH'Abrazzo. (iiiritntu , ed*V Jt>nri#.j Jlcrietuis , edit. labbeen.), e
di Severvno TescoTO di Squillace , sembra faori di dabbi» che Piscri-
zione delta epistola sia errata, e cbe debba Icggersi, come net migliori
eodiei, Pttro notafta ia Oegb. E easi appnaio laggeai netla citaia
edizione. parigin*.
(1) Bx Mansl , bper. *h\ , tbm. IX, eol. 1186. rTo» ri rieava dai
tonterto MH Ietlera qnali slano. s(at< le doglianze di Teo4*sia
contro Gianuario; ma dalle parole: Quod ad avaritiae turbulentiam
praejudiciumquc pertineat, etc., si pud argomentare cbe il vescovo
di Cagiari avesM fatte estfzioni indebit» da T«*desi» in, oeeasione
deiia «tedkaniene deR' eratovio: Mmessb al meaistero' ereit» da lei,
ed ordimto gia dal suo taarit* Stefeno (ved. sopr. ep. VtH e X ,
Rt>. in, kiA. XII). Oueste monietep» intMolavasi Jg iHM mio, o oJ*n
abate Mvsie», il quale fwre eht foss» trascurat» ne» goveroo dei
monaci da lui dipendeati , gtaeche it papa raceemanda a Felioe e>
Cirfae» dl rkhiamarto al devore al par» 41 Gmmeeio.
(9) Ex Manri , oper. cit , tom. TX, eol. 1109. Cen qsjesla lettor»
diretta a Goslantita Aagus*», raeglie detrimperatore Mawriri», I*
papa S. Gregorio si dneie cne , dop» aver egti tanxiato a Sardegna
ano de'veseevi< d*Itari»( feliee m rort») per convertire alk» ted»
) coReri degli idot» (ii BriarieiMi ), tt giudic* de»'is*ta pemettev»
tuttavte i riti pagantei, mediawte lo sborso di ona cwrta semma d*
danaro ebe egB esigeva soito titel* m tassa, e ehe inoltre confhmava
ad esiger» la tassa ■aedesima <W neofiti, i quali-avevaD» abbandoaet»
N gentilesimo- , ed eraa» stati battenati , preteetaedo di non poter
aRrifneett pagare ii tuffragmm, etee la pecvaia pre«essa agfi aolie*
della eorte di Coetaatieepott, aHerehe per ioro favere edkitercessle*»
aveva ettesoto 1'affiri» delkv mut%eah>rm. E qoesta una netiria istorica
assai impertaate, perebe dimostra il mal geverno che faeevasi dette-
eose iasdari net flnite del sesto seeolo. II gtudict, del qoate parla
S. Gregerie , sendira che fesse ono dei magistrati o* ufBofeli snb-
aMerai, destmati ad ammmstrare 1» gioattziaead eaiger» i tribeti
■ei vati> meghi, o »ei raegW prieeipali del'isol», poiobe loslesso
papa parla altrove di questi gxudiei , 4 li ehiarea afiHeeni ( forse
exittimo , ti ea quae pro tintore omnipotentis Domini tunt
suggerenda siiuero. Dum, in Sardi&ia insula mltos esse
gentiles cognovissem , eosque adhuc pravae gentilitatis more
idolorum taorifiais deeermre, et eiusdm intufa» sacerdates
ad praedicandum Redemptorem nostrum torpentes existere,
wmm Mac ex ItaHae epiteopit miti, qui muttos gentiiium ad
fidem domino eoopwante convertit. Sed qtudom rem mtM
sacrilegdm mmtiavii : qma ki , qui in ea idolis immohmt ,
juehei praemivm ptrsolvunt, ut eii hoc faeere Uceat. Quorum
dum .quidam baptvaati esSent, t4 ii)wtoior« jam tdolis desnis-
sent , adhuc mb eodtm meuiad jtidka etiam pott faptitmum
prtimium iihtd extgitur , quod dari prius pro idobrmn im-
malatidne < cmsueveimt. Quem eum praedichs episcopus
incrtparet , tantum se sufftaqwm pnmisisse respondit , «4
rtiti de camns etiam tdlibus impiert non pOssiL Corsica oero
ineulo tavta ntmietate evigeniinm et gravamate premitur
exacHonum t ut ipti qui in iUasunt, eadem quae ewiguntur
eomplere tix frUos svot vendendo mpeiant. Und* fii, ut
dereHcta pia repubiiea , possessores eiutdem insuia* ad ne~
fandtssiniam Longobardorum gtntem cogantuf eflwjtre. Quid
enim grarius , qttid crudetiut a barbaris pttti potsunt , quam
ut constricti atque cawtptessi mos vendere fUioaamtpeUaniut?
/« StciUa autem mmla Strpuanos quidam marmarum
partitm chdrtularius, tanfapraejudiciatantatqne oppresmttet
optrari dicitur, mvadmida loca mgulorum, atqne sine distiana
edusarum per possetsidnet ac demot titutot pemeuda , ut ri
veUm acta ents singula quae ad me pervenennt dieere, magnd
vohmiue haee t&piere non possim. Quae omnia teratissima
dommo solerter aspiciat, et opprtssorum gemittts cvmpeseai:
haec enim ego ad pUssimas aures vestrds penenisw nm
tuspieor. Nam si pervenire potuidsent, ntmcttsque mmme
permansissent. Quae piissmo dontkto apto smti tempore
suggmnda , ut ab anima sua , ab imperio atque a fUHs suis
tale hoe tantumque facrtms peetatique pondus amoteai Qui
scio quoniom dicturus est , quia nobis m ItaUece expenris
transmittitur quidquid de praedictis insuUr aggregatur. Sed
ego suggero ad hoc , ut etsi minus expensae in Italia tri-
buantur , a suo tamen imperio oppressorum lacrymas com-
pescat flam et idcirco fortasse tantae expensae in hac terra
mmus ad utiiitatem profieiunt , quia cum peccati ahqttn
adanxtione cottiguntur. Praecipiant ergo serenissimi domini ,
nihU cum peccato colligC Nam scio quia etsiparum reipubHcae
attribuitur uiilitatibus , ex eo multum respubiiea adjuvatur.
Quod etsiforlasse contingat expensis minorflkis minus adjwari,
mtiius est tamen tmporaliter nos mn mere y quam uos ad
aeternam vitam obstacnftm atiquot invenire. Quae enim
mentes , qualia viseera parentum esse possunt , perpendite ,
quando fiKos suos distrahmt ne torqmeont/ur? Qualiter antem
miserendum sit filiis aliorum , hoc bene sciunt qui habent
prvpriot. Unde mihi kaec breviter tuggessme suffieiat , ne si
ea,quae m his partibus agmtur,pietds vestra non cognosceret,
me apud districtum judicem. sitentii viei eulpa muktareU
perch» venott d' AMc* , » meodati «Wesorco d'AMca- , dat qaab»
h Sardegn* dipeBdeva), e dlce db» mettavaae i luegh» saeri ,
esfgevano doppt «ribott, e CDBtmettevano moit» attrer i n^ it wt r x ie »
Qutrimr ( Vktor Phaiwanieneis ) mulctut im leei* taeruf vttltntur,
muHaqKB eito contra I*ei tttmortm aftrksmoejadioea extrtere; dtniqnr
ttt d\pUcia -ilHt tiHtOU , (fuod «imMo tpto intotiorandvm ett , «stt-
gmtur (ved. kifr. ep. I, lib. IX, irtdicti IT). * rimaneaaa della
lettera s» rMerisee agtt abusi netvmeite graviebje iministri imperiati
coromettevano in Sicilia ed in Corsica.
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iOQ
DISSE&TAZIONE
■. ■ ■ i .. .xxi n ,
p. c. n. s». Epist. I , lib. VH, part.ll, indict. II (0.
Gregorivs Janoario episcopo calaritaNo.
Praedicator bmnipotentis Domini Paulus apostohs dicit:
Seniorem ne increpaveris. Sed haec ejus regula tunc in eo
servanda est, cum culpa senioris exemph suo non trahit ad
mteritum corda jmiorum. Ubi autem senior juvenibus exem-
plum dd mtetitum praebet, ibi distriota increpatione ferien-
dus est. Nam scriptum est: Laqueus juvenum omhes vos.
Et rursus propketa dicit: Et puer centum annorum mate-
dictus est. Tanta autem nequitia ad aures meas de tua se~
nectute pervenit, ut eam, nisi adhuc humanitus pensaremur,
fixa iam maledictione feriremus; Dictum quippe mihi est,
quod dominico die , priusquam missarum solemnia celebrares,
ad exarandam messem latoris praesentium perrexisti, et post
exarationem eius missarum solemnia celebrasti. Post missa-
rum solemnia elidm termmos possessionis illius eradicare
miahne timuisti. Quod factum quae poena debeat insequi,
omnes qui audiunt sciunt. Dubii auiem de tanta hac perver-
siiate fueramus; sed filius noster Czriacvs abbas a nobis
requisitus, dum esset Calaris, ita se cognovisse perhibuit.
Et quia adhuc canis tuis parcimus , hortamur ut aliquando
resipiseas, miser senex, atque aiahta te levitate mbrum et
operum perversitate compescas. Quanto morti vicinior efficeris,
tanto fieri sollicitior atque timidior debes. Et quidem poenae
senientia in te fuerat jaculanda, sed quia simplicitatem tuam
cum senectute novimus, interim tocemus, eos vero, quorum
eonsilio haec egisti, in duobus mensibus excommunicalos esse
decernimus ; ita tamen ut, si quid eis intra duorum mehsium
spatium hnmanitus evenit, benedictione viatici non priventur.
Deinceps autem ab eorum consiHis cautus existe, te quoque
sollicile custodi, ne si eis in malo discipulus fueris,.quibus in
bono magister esse debuisli, nec simplicitati tuae ulterius,
nec senectuti parcamus.
(*) Anteriore di un anno a questa leltera e 1'altra cho leggesi nel
libro VII, parte I, indict. 1 deWEpistolario Gregoriano, al n° XI (ap.
Mansi, oper. cit., tom. X, col. 92), la quale e diretta Eusebio tkessa-
Umicensi , Urbico dirrachitano , Constanlio mediolanensi, Andreae neapo-
litanq , Joanni Corinihi , Joanni primae Justinianae , Joanni cretensi
scoritano , Joanni larissaeo , Mariniano ravennati , Joanni calaritano
Sardiniae, et omnibus episcopis Sidtiae, e tratta della legge pubblicata
datl' imperatore Maurizio contro coloro che abbandonavano la milizia
per farsi monaci, e del triennio dclla probazione monaslica. Nella
detta epistola e manifesto 1' errore degli amanuensi dei codici , che
scrissero Joanni a vece di Januario calaritano.
(1) Ex Mansi , oper. cit. , tom. X , col. 110. Gravissimi sono i
rimproveri fatti da S. Gregorio colia presenfe lettera a Gianuario,
per aver fatto sradicare le messi , e schiantare i termini di un
privato podere in giorno festivo. Il padrone del predio violato, che
addtmandavasi Donalo , come si rtcava datla segnente epretola f,
era ito personalmente a Roma per implorare dal papa Ia nparazione
di questo fatto scandaloso; e il papa che n' era stato eziandio in-
formato dalPabate Ciriaco trovatosi presente in Caghari, scrisse la
lettera di cui discorriamo , e la consegno a Donato medesimo. E
poicbe constava che Giannario erasi lasciato trasportare a tanto
eccesso, cosi per leggereiza ed iracondia sua naturate , come per
incitamento di perversi eonsiglieri , s. Gregorio assoggettd qnesli
ultimi alla sconraniea per doe mesi, e permise soltanto che in caso
di morte , o di grave morbo , potessero rioevere il viatico. Qnesta
lettera e stata riprodotta quasi inlieramente da Graziaao nella
parte 1 del suo Deereto , distinct LXXXVl , can. XXIV , al quale
si riforisce il breve tratto che leggesi nella parte II , dello slesso
Dtereto , caus. I , quaest. VII , can. XI , e eaus. II , quaest. VII ,
can. XXVUI.
xxii:
Epist. 11 T lib. VII , part. II , indici. II W. p. c n. s,,.
GREOORIVS JANOARJO EPISCOPO CAL.4RITANO.
Quod in SARbiiftA hosles nostri fuerinl operati, prius
quam frxUernitatis veslrae epistola ad nos perveniret, agno-
vimus. Et quia hoc futurum dudum metuimus evenisse, qued
praevidimus, nobisctkn ttunc gemimus. Quod si secundum ea,
quae tam vobis, quam excellentissimo filio nostro Geh-
NADIO hoc fore nuntiantes scripsimus •, soliicitudo fuisset
adhibita, ihtmici ilhtc ant nm accederent, aut accedenies
pericuium quod fecermi ■ incurretmt: vel nunc ergo «a quae
contigermt vigUantiam vestrcmi in futuris exacuant. Nam
et nos quidquid prodesse possumus, facere, Ddmino auxi-
liante, neqvaquam omittimus. Cognbscdiis autem abbatem ,
quem ad Agilvlpsujw ante multum jam tempus transmi*
simus, paeem cum eo,Deo propiiio, quantum nobis ab excei*
lentisskno, exarcho scriptum csl, ordinasse. Et -ideb quousque
pacta de confirmatione paeis ipsius conseribantur , ne forte
hostes nostfi in hac dilatione ad partes ilktS iterum veUnt
accedere, murorum vigilias et sollicitudinem in locis facite
omnibus adhiberi. El confidimtis in Redemptoris nastri po-
tenlia, quia adversariorum vobis incursus, vel insidiae denuo
non nocebunt. Eoc vero quod scribitis, multos contra vos
nobis querelas deponere, verum est: sed inter diversas non
nos sic res alia contristavit, quomodo id quod nbbis dilectis-
simus filius noster Ctrijcvs abbas retulit : quia die domi-
nico ante. missas messem de agro, quem DoKATUs possidebat,
feceris exarari. Quod ne parum esset, expleto sacrificio,
per temetipsum illuc accedens terminos effodisses. Ob quam
rem horlor, ut officium quod geris soliicita mente consideres,
et quidquid gravare potes aut opinionem tuam aut animam ,
omnino refugias, et te committere ittud nultius suasione con-
sentias. Nam non terrenarum. rerum curam, sed animarum
te ducatum suscepisse cognosce. Ibi ergo cor figere, ibi SolH-
tudinem, ibi totum debes sludium adhibere , atque de earum
lucro diligentius cogitare,i ut dum, venienti Donuno, muUi-
plicata quae tradidit lalenia reddideris, retributionis ab eo
fructum consequi, et inler fideles famulos in aelerna merearis
gloria exdltari. ffoc auttm quod vbiurgo vel increpo, non ex
(8) Ex Mansi, oper., cit. , tom. X , eoL 111, La prima parte di
qneata epistola addimostra che i Longobardi, chiamati da S.Gregorio
hostes nostri , aveano fatto deihv iocarsioni in Sardegna. II papa
adunque araraoni Gianuario afiinchd fosse vigilante , e faeesse
disporre sulle mura le scolte , . e munjsse le rocehe , e le fornisse
di vettovagUe, accid , nel caso di nuovj assalimenti, i nemici tro-
vassero 1'isola provveduta aUe difese. Gh stessi consigU erano stati
dati dal pontefice molto innanzi a Genqadio esarco d'Africa, ed al
medesimo Gianuario; ma non-essendo «tati messi m pratica,
i Longobardi erano discesi neU'isola, e vi avevano eommesso deUe
ostiUta. S. Gregorio inoltre infarmo. il vescovo di Cagliari della
tregua fatta eon AgUulfo, e della pace che si sperava conchiuderc ;
lo che si legge eiiandio neUa epjstoia 5 a di qnesto stesso libro. La
seconda parte della lettera si aggira sulfaffore di Donato, gia riferito
nella lettera precedente. La terea pa#e concerne la domanda dt un
legato o latere fatta da Gianuario al papa , per riferirgli tutli gU
afiari del suo episcopato , che abbisogaassero di ponUficio prowe-
dimento. E la quarta ed ultima parte riguarda ii vescovo Mqriniapo
(di Torres), il quale aveva probabilmeote riclamato presso la saata
sede per 1'intogrita de'suoi diritti, e per la indjpendenza dal vescovo
di Cagliari, secondo i privilegi e la consuetudine antkhissima della
chiesa turritana ( ved. infr. ad ann. 650). Al medesimo Mariniano,
congiuntamenle ad allri vescovi.di Sardegna, fu direttadaS. Gre-
gorio un altra epistela iu questo slesso anno 599 (vedi infr. ep. Vlll k
lib. VII , part. II , indict, M ).
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PKIMA.
m
asperitale, sed ex fraterna scitb dilectione descendere: quia
taeerdotemte apud onmipolentem Dernn non nomine, quod
sohnn adpoenam ett, sed etiam meritis, qwd ad mercedem
respieit , inveniri desidero. Nam dum mum in Redemptoris
nostri corpore membrum sumus, sicut in culpa tua dilaceror,
ita quoque et in bona actione ketificor. Illud praeterea quod
vultis, ut persouam d nostro latere deputemus, cui causas
vesiras insinuare nobis referendas subtiliter debeatis, dilectis-
simo filio Petro et Tbeodoro consMario quaecumque
vuttis scribite, ut per eos nobis insinuata, quidquid de his
ratio suaserit Domino valeat reveiante disponi. De fratre
autem et coepiscopo noslro Mariniano, dum pax cum
praedkto AgihUpho perfecte fuerit confvrmata, erit cognitio,
et fiet qnidquid rationis ordo dictaverit.
XXIII.
r. c n. 599. Episl. V, libJ VII , part. II, indict. II (0.
Gregorivs Janvario episcopo calaritano.
Judaei de civitate vestra huc venientes questi nobis sunt,
• quod synagogam eorum, quae Calaris sita est, Petrvs,
qui ex ,eorum superstitione ad christianae fidei.cultum, Deo
volente, perductus est, adhibitis sibi quibusdam indisciplinalis,
sequenti die baptismatis sui, hoc est dominico, in ipsa festivi-
4ate paschali, cum gravi seandalo sine vestra occupaverit
voluntate, atque imaginem illic Genitricis Dei Dommique
nostri, et venerandam crucem, et birrum dlbum, quo de fonte
resurgens indulus fuerat , posuisset. De qua re filiorum no-
strorum Evpaterii gloriosi magistri militum, aique ma-
gnifici pii in Domino praesidis, aliorumque nobilium civitatis
vestrae ad nos haec eadem scripto attestantia, cucurrermt.
Qui etiam adjecerunl a vobis hoc praediclum PetrvM, ne
hoc auderet fuisse prohibilum. Quod cognoscenles , omnino
laudavimus: quia ticut revera bonum decuit sacerdotem,
nihil fieri unde jusla esset reprehensio vohtistis. Sed quia
per hoc quod minime vos m his quae prava acta sunt mi-
scuistis, displicere vobis quod factum est demonstrastis, con-
sideranles hac de re veslrae voluntatis intenlum, ac magis
judicium, his hortamur affatibus, ut sublata exinde cum ea
qua dignum est veneratione imagine atque cruce, debeatis
quod violenler ablalum est reformare: quia sicut legalis
diffinilio Judaeos novas non patitur erigere synagogas, ita
quoque eos sine inquieludine veleres habere permitlit. Ne ergo
supradictus PiETRVs, vel alii, qui ei in hac indiscipiinationis
pratitate praebuere solatium, sine consensu hoc zelo fidei se
fecisse respondeant, ut per hoc quasi eis necessUas fierct
convertendi, admonendi sunt, atque scire debent, quia hac
circa eos temperantia magis utendum est, ut trahatur ab eis
velle non reniti, non ut adducantur inviti, quia scriplum est:
(I) Ex Mansi, oper. cit., tom. X, eol. 113. Si ricavano dalla pre-
sente letlera tre notizie istoriche. La priraa, che nello spirare del
sesto secolo cristiano esisteva in Cagliari nna sinagogadi ebrei, la
quale fn violentemente oceupata dal neoiito Pietro , che aveva abiu-
rata la religione giodaica. Laseconda, che nel 599 Eopaterio era
dnce ossia comandante delle milizie imperiali in Sardegna, nel qaal
uflSzio trovavasi pnre nel 609, come risulta da un'altra epistola gre-
goriana non awertita dai sardi scrittori (ved. infr. cp. XXI, lib. X,
indict. V). La terza , che nello stesso anno era gia conchiusa la paco
eon Agilulfo re dei Longobardi, ma cfae tottavia S. Cregerio, te-
mendo che egli la rompesse, scrisse di nnovo a Gianuario, accid
non rallentasse la vigilanza , e si manlenesso proweduto alla difc sa
pel caso di nuovi assalti c scorrerie longobardiche nclTtsola.
Voluntale «aorificabo libi O-. idest, ex votuntate mea confi-
tebor tibi. Sanctitas ergo vestra gratiam inter cwitatis suae
habitatores, adhibitis sibi fihis suit, quibus una vobis haec
displicent, sacerdotali adhortatione , sicut eam decet, studeat
facere: quia in hoc maxime tempore quando de hosle formido
est, divisum habere populum non debetis. Quia vero non mi-
norem de vobit quam denobis solliditudinem gerimns, hoe
quoque pariter indicandnm curavwtus, quod finita hae pace
Agilulpbvs Longobardorum rex pacem non faciet. Unde
necesse «st ut fratemitas vestra,<dum fyet, cimtatmn suam
vel alia hcd fortint ' m«nt>t providtat, atque immineat ut
abundonter m eit vondita procur entor , quatenus dum hostis
iliuc Deo sibi ireto a«cesserit\ non mveniat quod laedat, sed
confusus absoedat. Sed et- nos pro vobis quantum postumus
cogitamus, et iis quorum interest, ut te ad obsistendum Deo
adjutore praeparare debeant, immmemus: quia ticut vos no-
ttras tribulationes vesfras attendUis, ita quoque nos.vestras
affiictioues nostrat simililer reputamus. '
XXIV.
Epist. VII, lib. VII, parl. II, indict. II (*).
Gregorivs Janvario episcopo caljritano.
Quia mgredientibus nwnasterium converlendi gfalia ullerius
nuUa sil testandi licentia, sed res eorum ejusdem nionasterii
juris fiant, aperta legis definitione decretsm est. Quod cum
pene omnibus notum sil, in magnam nos G&avinIae abba-
(*) Psalm 53.
(9) Ex Hansi , oper. cit., tom. X, col. 115. Per erroro degli aua-
nuensi fti scritto nei codici Graviniae e Gravini a vece di Gavi-
niae e Gavini, giaccbe il mouistero, di cui si paVla uella presente
epistola, era indubitatamente dedicato ai martiri sardi Gavino e
Lussorio, dei quali ho gia parlato a euo luogo, e 1'abbadessa Ga-
vinia tolse dal primo di detli sanli il proprio suo nomc. Sirica,
che aveala preceduta in tale ufflzio, non avea giammai tndossati
gli abiti monacali, ma la sola veste usala in Sardegna dalle sacer-
dotesse: ted in vestibtu, quibus loci illius utuntur presbilerae. Qucsto
parole ci rivelano un fatto storico, degno di essere nolato, o si e,
che le mogli dei chierici sardi ai tempi di S. Gregorio Hagno si
appellavano sacerdotesse (prctbUcrae), tosloche i loro marili rice-
vevano 1'ordine sacerdotale, e che le medesime soleano voslire a
foggia diversa da quella che usavano le donne laiche. Siffatto
costome era cerlamenle derivato dalla chicsa greca, e quindi si
deve pure supporre che tali sacerdotesse vivessero separate dai
loro compagni nel vedovato toro geniale. E probabile ancora che
da tal punto cotesle donne mezzo chieriche e mezzo laicbe pro-
fessassero la vita monastica.e forse per tal motivo Sirica continuo
sempre ad indossare 1'abito speciale del suo presbiterato femmi-
nino, ne giammai quello di abbadessa. Anzi si puo argomenlare
che per non ripularsi essa vcra monaca, cioe vergine conserrata
a Dio, avesse creduto lccito di disporre con testamento delle suc
sostanze a favore di un ospedale, privandone il monistero di cui
aveva avuto il governo per molti anni, e flno al tempo della sua
roorte. Di questi fatti il pontefice era stato informato daH'abba-
dessa Gaviuia , succednta a Sirica nel reggimento interno di delto
roonistero, e da Epifanio arciprcte della rhiesa ragliarilana , (rova-
tosi presente in Roma , il quale e probabilmente lo slesso Epifanio
che era stato calunniato nel 593 (ved. sopr. ep. XXXVI, lib. II,
part. II, indict. XI). Percio S. Gregorio scrisse a Gianuario, aftinche
facesse restitnire al monistcro 1'eredita di Sirica, laddove la pos-
sessione in cui trovavasene 1'ospedale non procedcsse da contralto
anteriore , e gli signiBcd eziandio essere egli slato in colpa delCabuso
commesso <la detta abbadessa per riguardo alla qualita delte vesti
da loi usate mcntr'cra in vita. Da questa medesima epistola si ricava
l'antichita del monistero dei Ss. Gavino e Lussorio, poiche vi si fa
menzione di un'allra abbadcssa (innominala) anterioro a Sirica. La
disposizionc pontilicia conlenuta nei primi vcrsi dclla prescnte let-
tera e stata riportala da Graziano, Decret., caus. XIX, quaest. 111,
oap. VII. Quia ingretlientibw ete., al quale e riferibile il canone XIII,
caus. XXV, quaest. II.
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DISSEBkTaZIONE
tistat inamsterii sanctortm ttiurijti atque LuxORH itm-
mwfto adtmratimem perdsmt. Qua» Sirjcam monatlmi
sm abbatissam, postqmm regemU suscepit offieiim, condih
Ustamento tegata quibusdam asteruit reliqmsse. Et dum de
sanctitatk testrae soUititudme querercmm, eur res mantttlmo
cmpetentet ab ahis ptriuterit detmeri, eommums fdvts Epi-
pbanius archipresbutetfvester praesent inveultts respondit,
praememoratm abhatismm usque ad diem\ obimt intkn te
monachiea veste mkmse, ted in vesHbu* quibas ioci UHtts
uttmtur presbyterae pemansim. Ad haec nspHcoiat praedicta
Gravinia hoe pene <w* ctametudme licuisse, idea ui abba~
Hssam quae ante mpntmiptam Sirjcj.v fuerat, taUbm
utarn fuisse veetHm aUegarek Cum erga de qua&ate vesiitm
nee nos mediacriter edepistmm ambigere, neeettarium wtum
ett nobis, tam eum coMsikanh naslrh, quam cum ahis kujus
cwitatis doctis vitris, quid etsei agendtm dalege traclcm. Qm
traetontes responderunt: Postquam sotmui more abbatissa ab
episcopo ordinala est, et m monasterii regimme per annos
plurimos usque ad vitae suae transitum praefuit; vestis qua-
litalem ad culpam forte episcopi respicere, qui eam sic esse
permiserit, non tamen potuisse monasterio praejudicium irro-
gare, sed res ipsius eidem toco, ex eo quo illuc ingressa et
abbatissa constituta est, manifesto jure competere* Et ideo
quia ex dimissis illicite rebus xenodochium possessionem as-
serit indebite reUnere; his vos kortamur affatibus, itt quid et
monasterium et xenadochium ipsum m vestra esl eivUate
positum, omni cura ae studio providere debeatis t quatmm,
si possessio ipsa ex nutlo prateedmti eoutraeht, sed «c me-
moratae Siricae legato descendit, ante dicto monasterio,
postposilo strepilu vel excusatione, reddatur. Si vero ex alio
fbrte dicilur obvenisse contractu, aut fraternitas vettra, tnter
partes cognita veritate, quod legalis suaseril ordo defniat,
aut mutuo sibi consemu arbilros eligani, qui earum valeant
allegationes discindere. A quibus quidquid fuerit statutum,
ita vero provisione servetur, ut nulhtm inter venesabilia loca
jurghtm remaneat , quae magnopere altema pacis sunt fovenda
concordia. Alia igitur omnia quae ex tesfamento praenomi-
natae StRlCAE detinentur, quippe quod nulhm esse iegali
sanclione permiltitur, necesse est utjuri monasterii fraterni-
tatis veslrae soUicibtdine sacerdotali per omnia sludio repa-
rentur: quia imperiali conslitutione aperte sancitum est, ut
ea quae conlra leges fiunt, non solum inulilia, sedeliam pro
mfectis habenda sint.
XXV.
p. c. i«. s w . Epist. VIII, lib. Vil, part. II, indicL II W.
GnEGORIUS iNIfOCEIfTIO, MjRINIANO, LlBERTIlTO,
AGATHOMy ET VlCTQRI SARDINIAE EPISCOPIS.
Cognovimus quod mos vestrae sit insuiae post paschakm
feslivitatem , vobis euntibus, aut directis responsalibus vestris
ad metropoUtanum vestrum, utrum sciatis, an minime, ipse
(1) Ex Maosi, oper. cit, tom. X, coL 116. Netta ediziose maorina
ai legge a eapo dei cinqoe vescovi qui apnresso aotati il nome dt
nn altro vescovo sardo chiamat» Vincenzo. JLa sna sede e le tre.altre
d'Innocenzo, Libertino e Agalone sono incerte (ved. Fara, Be rtb.
tard., I, 170. - Tola, Dixionar. bioar. dri Sardi illiutri, voL I,
pag. 57, vol. U, pag. 176 e 186). 11 Mattei ha opinato che ilsecondo
e ii terz» (Inuocenso e Libertino) fossero vascovidi Solci e di Poro-
Traiano, e ch» il priaoo ed Uqaarto (Vinceaao e Agatone) lo fossaro
di Bosa e di Usellus (Mattei, Sard. tarr., dissert praev., cap. IV,
wbts de veakmo pateha seripia debeat denuntsattane mandara,
Et quantum dicitur qmdam nestrum hoe facere secmtdtm
cmsmhtdimm pottponetttes, aUorum qutqua oi mm obtduat-
dum eerda pervertuat. Jtdditmr etiam qaod ex vebis emqui
pro eceiesiat suae emergentibm eamsis hrammarina pstentes,
tm* pratdieti metrapoHtani sui eagnititme, val eputohs r sieat
eantmm ordo comtituii, audeaat ambubsre. Hwtamur ergo
frtdemtatm vestram, at anlkptam eccksiarmm vestrarum
eontmtadmem exequmtes r tam de susdpiemta pastkali oV
mmlialione, qmm etiam si qmmdam vestum pro cattak
propriit ubicumqm eompakril ambnlare necassitas, ab eodtn
metropoUlam vestn secuvdum mdietam vobis regulam petere
licentiam deheatis* nee eum potpeaere in akam praesumatis x -
excepto si , quod non optamm y eontra eumdm metropoiitammn
vestrum habere vos aliquid caussae contingat, ut ob hoc sedis
apostolicae judicium requiratis. Nam iis qui petere festinant
licentiam, quod scitis, per canones etiam antiquorum patrum
inslitutione halere permissum est.
XXVI.
Epist LVI, lib. VII, part. II, indict. II («). . p c . *. ^
Gregorws Janvarw episcopo calaritano.
Questa est nobis Nerejda elarissima femind, quod ab ea
cmtrnn solidot pro fdiae tuae tepullura fraternitas veetra no»
erubescat exigere: aique ei super dotoris gemitm majarm
num. 3, 4 e 5). Oi Vittere non si pud dubitare che fosse vescovo
di Fausania, e lo stesso di cui si fa nuova menzione in allre due
epistok> gregoriane delFanno 601 (ved. infra, ep. 1 e XVII, BtclX,
indict. IV), il quale era stato erdinato da Gianuario ycscovo di Ca-
gliari, dopo il comandamento datogli a tal proposito dal ponteQce
net 394 (ved. sopr. ep. XXIX, lib. IH, indict. XII). Di Mariniano
dBhilsv M Faia (jfe reh. $atd. r ioc. mt.), e nieg» il Vico (Mitt. g*mer.
del reyn. de Cerd. x part. III, cap. XLUI e XLIX) cke fosse vescovo
di Torres ; ma ogni ragionevote argomento persuade che occupasse
veramente «nieBa sede , e eh'egli sia it Marioiano vescovo tarritano,
di cui parld & Giegorio Magno nel 591 (ved. sopr. ep. LIX, hb. I,
indict. IX), il Mariniano medesimo, di cui poco innanzi lo stesso
papa avea parlato con Gianaario nef 599 (ved. sopra ep. II, lib. VII,
part. 11, uadkt II ). 3. Gregorio erdino coUa present» leMera ai
mentovati vescovi sardi di. rioevere dal loro matropolitano Gianua-
rio- le annualt denunziazioni della feslivita pasquale e Ie licenze
transmarine , rkhiamande sepra di ci6 all'nbbidienza qnell» fca loro
cbe dimostravasi piu reniteate. U vescovo che si rifiutava a tale
sommessione e dipendenza , sebbene non siavi espressamente nomi-
nato, era certamente Marhriano di Torres, 9 qnale forse fondava
il suo rifiuto aeiravtichissima conswtasdme e pririfogio delta ordi-
nazione diretta dei vescovi turritani dalla sede pontificia (ved. infra
ad ann. 650). Di questa sua renitenza si ha pure indizio in altra
iettera delfo stesso amo 509 dfeetta datpepa a Giansirio (ved. sopra
ep. II , lib. VII, part II, ioduct II); sieche para probabile che nel
suddetto anno il vescovo di Cagliari non avesse tuttavia ottenoto
da&a santa sede la commissione speciale e temporaria di ordinare
i vascovi turritaai (toltagli poi dal pentefic» Martmo r), « che to
medesima fosse molto recente , ovvero che fossero gia. cessati i motivi
transitorii pe' quafi eragli stata conceduta, e che percid Mariniano,
difendeado i diritti piu antich4 della propr» sede>, rkasasse dl ri-
conoscere in Gianuario 1'autorita metropolitica.
(9) Ex Mansi, eper. cit., lonv X, eol. 149i Sono degni di ammi-
raziooe lo spirito di carita e 1'eloquenza con cu* fa dettata Ib pre-
sente lettera. tt santo pontefice rimpravera aeremente Gianuario per
aver preteso da Nereida ceato soldi per ta senettuia della figlia.; •
rammentandogli 1'esempio di Efron , uomo gentile , cfee avea ricnsato
il precze oflerlogli da Abramo per m spetooca in cai seppelk ii ca-
davera di Sara, gf iagianse eb» si astenesse in aweaire da tal eo-
cesso, afimche non seknbrasse che i miaistri deli akare votessero-
trar prolilto daile sventare e daUe togrims dei lor» siiailL Permis»
bensi che si acceUasaer» le wtoatajtia offerte det congionti e degli
amiei del demato. Nereidn era vedova di Orteiano, fondatere di ua
ospedale, del qnale si trova ricorde in attra lettera di S. Gtegori»
del 603 (ved. infr. ep. LIX, lib. XI, indiet. VI). Ed ia afe-a totlera.
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fRIMA.
403
dispendii studeat mferre molesUam. Quod $i ila se tXritds
kabet, qtiia gravemmis est, et jprotut nimis est a sacerdotis
officio pretium >de* ierra cbncessa puttcdmi quaerere, et de
alieno velte faberb luciu compendiutti; ab hae se petHione
frakrnitasvcstra mUmeat ,'et molesta ei deceferb non existat:
^namke quia. et Hortvla^vm qnondam, de qtto se ipsam
mstrit filiam sutcepisse, ecclesiae Wttrae nbn tw parva qttany
Jitdie munifewk^mmnorat exttUsse. lloc autemviUum et nos
ppttquam) Deo micisre, ad episcopatus honorem accessmus,
de tcdesia mstra omnino vttuimus, et pravam denuo consue-
tudinm neqmqwn usurpari permitimus; mrinores quia dum
Abraham aflm Hemor,hdc est Ephronflio Seor , sepulcrm
pretio ad humandum cotrpus conjugis postularet; pretum ac-
cipere remit, tte commodttm videremr de cadavere eonsecw-
tus ('). Si ergo tantae i consideratiokis )Htgams vir fuH,mcmt*
snagisnos, qui saeerdotes diemur\ hoc facere nbn dekemtts?
^Unde ne hoc avaritiae vttkm, nevcl m alieni» demo tmtare
praesumatur admoneo. ■ Sed si qumdo aliqum^ m eifritsta
vcstra sepeliri conceditis, siquidem parentes ipsius, proximi
vel heredes pro luminarihus sponte quid offerre votuerint, ac-
cipere nm vetamusi PeH>vtm aui dtSquM exigi omninoprohi-
bemus: ne, quod valde irreligiosufn esf, aut venqlis for{asse,
quod absit, dicatur ecclesia, aut vos de .humanis videamini
mortibus gratulari, si ex eorum cadaveribus studeatis quaerere
quolibet modo compmdiunh Alias vero eaussas, quas prae-
diciae Nereidae est complexa petitio, KorUmur ut aitt
pacifica si fieri potest, ordinaUone de/kiias, aut certe, in depu-
tatum a nobis judicium perstmam instruetam dhngere non
tmittas; quia ad hoc Redempti/m defcnsorem naslrum
praesentium portitorem illic direximus, ut et parte* w\ptiicio
observare competlal, et executionis snae instantid ad efftetum
quae fuerinl judicata perducat. ' ' ,' , , '
XXVII.
c s. s*. Epist. LXVI, lib. VII , parl. II, indict. it (,}). '. "; . .
GREGORIUS VlTALt DEEEJfSORl SAltPIMAE. '
> •. .K. t ■
Indicalum nobis est, quod quidam calarilanae eccleside
clerici disciplinam sui refugientes episcopi, eankra eym sola-
tium tuae defensionis exquirant, atque per hdc itti; qitod dici
grave est, contumaces existant. Quam rem,si iiaest, omnino
dello stesso anno e nomroato eriandio Rcdento , destinato dal papa
a deGoire lo altre qaestioni di Neretia eolla chiesa cagliaritana
(ved. infr. ep. LIII, lib. XI, indict. VI).. Le disposiriOni oentenute
■otta presente epistoia per riguardo al gratuito a«pa«lninento dei
aaorti sono ripetole da-Graziane ( Decrtt., csag. K411, quaest. II,
cap. XII). :•- „ ;« i n,- ... <• •
(*) Genes., cap. XXIII. ' ' '' .'■
(1) Ex Hansi, oper. cit., todi.' X, teol. 15*. Lo zeld di §. Gregorio
Magno nei difendere i diritti dell'episcopato appartece cbiarameate
dauapre»eiUeepist(>4a.Egliraceo»»ai^aaVitole4ifeBSDradiSar(legna
di non prestare aioto ai ohierici deUa «hies* cagiiaritaaa ch'erano
insobordinati al loro »e»covo , e che , ahbandoeato il servicio eccle-
siastico, si occupavano di aitre (accende non cwvenienti ai loro
stalo. Gli raccoraanda exiandio di non pormettero che i eoloni delia
saddetta chiesa di Cagliari si appljchino alla culiura dei predii dei
prirati cittadini, e che i monasteri, siadi maschi.che di femmine',
siano tnrbati con liti indebita aei tribonali secolari. Di qoesto Vitale,
che forse succedeUe a Safcino neWaffizio didtfensore delChoia (ved.
sopra, ep. XXXVI, Db. II, part 1I> indict. XI), si parla nuovamente
in allre tre leltere gregoriane dal 601 o del 603 (ved. infra ep. XVIII,
luwix, indict. IV; ep. Ull e LIX, lib. XI, indict. VI ). L ultima
parte di questa leatora lecgesi riporlala nei Detrtlo di Graziano.,
part. II, caus. XVIII, quaest. II, can. XIX.
dure snscepimus. Dicitur etiam quod suae aclrn deserentes
evclesiae, in aUorum se obsequiis ac laboribus occupantes, ubi
nornm dedmmt miUtiae, mveniantur extranei. Experientiae
ergo tme demmtiamus, ul nihil deinceps tale aliquid facere
praesumai: sed si eujusquam elerici, ut assoiet, cutpae casus
tmerserit, in qua te sibi petere debeat adjutdrcm, ad emdem
'episeopum reverenter accede, et sicut eaussae < meritutn cttgm^
*>eris\ apud etm nlon defensor culpae, sed potius intercessor '
exfste , «I ' hac provisione et poscmti feras amilium, et jnra
praepostH non conturbmtur. Si (/ui vero surit qttt jusld popo-
'teermf/eis per te auxilium sedis apostoUc^tef nm est <negan-
"tktd: Setbtamm ifa servandum est, ut tmimeujusque episcopi
rmermtia 'et cleric6rum disctpUna per defmtionis tua« expe-
rtentinm mmmti\so'lva1tir. Dictm est noVityubd rttstici pos-
msionis ejusdem "calaritande eccksiaejura ^
myr^tortm fossemonibtts mtiuram taboris exhibeant. Ex
qua re agitur, ut possetsiones ecclesiae proprio m alias occu-
pato' cultore depereant, atque ad tributa sua persohenda
fdoneae mm eteistant. Jn qua re ewperimtiam tttam vottmus
amttim esse solHoiiam, tti tale quidquam i^rt: poslkac nostm
metotitate' data t&i permitter» debeut, fktiums quod si negtt-
wemi nostrvs e^cmie ^immri tHa^soUi&iHtdme contra te
dnimo» commoveri Cogtiovmtts etiwm yuod ■monasteria ser-
vorum Dei vei etiam fminartm pro sttb quisque libitu et
Hversartm caussarum exectttione perturbet: quodonmino non
grate stmepimus, iuamque experiehtidm ex hoc commmemm,
ne quemquam hoc usurpare dentto aocepta nostra attctoritate
permittaSi sed ut episcopis loci ipeius, sub euius degunt
modenamme, curae sit eortm caustas ulilitatesque disponere.
VaUe mim est mcongruum, ut omissb eo, alius qmlibel eorum
se caussis admisceat. Sed itie eormi vitam competenii regu-
lariqve debet\nioderatione dtsponere, qui pro eommissis eorum
tibimimbbtts compellitur reddere rationem. ■
. ' .' XXVIII.. . '
Epist. LXVH, Hb, VII, part. II, indict. II W. p. c. *.
Gregorius Janvario episcopo calaritjxo.
.... , . .,).'.>.• ' '•
Pervenit dd nos qttod qutdam de^vettris clerieis spiritu
etationk inflati, quod dici grave ,est\ fratehtitatis vestrae
jussionibtts obedire postponattt, atque in aUorutn se mttgis
obsequHs ac laboribus occupantet, suae deserant, ubi ■stoit
neceasarii, actus ecclesiae. Ex qtta re niinium admiramur,
vur in eis ecclesiaslicae non teneatis regnlam disciplinae, nee
eos dissolute vagantes m deviis ad normam sttscepti officii,
districti, moderaminis freno restrmgatis. Dieitttr etiam qtiod
aliqui ex eisdcm contumacibus ctericis, ut defendi conlra ros
valeant, ad Vitalis defmsoris nostri patrocinia convola-
(9) Ex Mansi, oper. cit., tom. X, col. 156-57. La prima parto di
questa lettera versa sullo slesso soggetto delia insubordinaziono dei
chierici cagliaritani contemplalo nella lellera precedentc. Le allre
parti sono relative alla eredita lasciata da una pia vedova al nio-
nastero di S. Giuliano, ed usurpata da un chierico, ai cuilori dc-
gfidoli, ai sorttlegi ed agl" indovini , e airamministrazione dei benl
ecclesiastici cbe si affidava alle persone secolari. La prcscrizione
della tortura 6 delle percosse pe' servi , e dcl carcere o della clau-
sura per gli uomini liberi che fossero pertinaci nel cullo degl' idoli
e nelle pratiche superstiziose, era conaentanea alla barbarie' dci
tempi,n^ si dcvo percid condannare come un alto poco wuano di
S. Gregorio , il quate per 1'opposto si aflatieo' cogli scritti o collc
opere per addolcire le leggi e i costumi del secolo in cui visse.
Graziano riprodusse alcuni Inoghi di quesia epistola nel suo Decrtto,
part. I, distinct. LXXXIX, can. V; e nella parte II, caus. XXYI,
quaest. V, can. X.
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404
D1SSBRTAZ0ONE
rint. Uude ad eum scripta mttra direxmus, ne quemqmm
dericorum vestrorum conlra vos irrationabiliter denuo audeat
defensare: sed si ctnpae caeus emerserit, et graris non est,
sed veniam mereatur, intercessnr apud vos magis accedere
debeat, quam defensor. Ne ergo tale ad nos drinceps de
swjectorum veslrorum cmtemplu quidquam pemniat, prae-
oavete. Cognorimus etiam quod monasterio saneti JuUANl
quaedam vidua suam suUkmtum dereUnquens , a ckrico
vesko, qm ejusdem defmctae wdieris actus, dm adhuc
riwet, gubernabai, ipta sit direpta substantia, uuncque cal~
lidum adreddendum exislere, ffortamur ergoni eum, si, ut
dieiiur, ita vertvn me potuerit, districta faciatis e(tecntione
aonstringi, quatenus re» monasterio derelictas restituere sme
inminutione festinet, et quod adire servaia fidei suae puritate
non debuit, vet eutn pudorie mdavmo redder» compelUUur.
Quam vero verecmdum sit, ni fraternitatem tesiram nos adr
monere videamur, quaienus clericum suum suh disciplwae
rigore restringai, credo qmd eadem fraternitas vestra tacita
etiam ipsa eonsidere.1. Contra, idolonun namq«« ©aUores veJ
araspicu» aique sorUlegoriUD (*>, fateraitotemvesiramvehe-
mentius pattorati horiamur invigUare. evstodia, atque pvbhue
in populo aontra hujus m viros sermonem faoere, eosque a
tanti labe sacrilegii et divini inteniatime judieii, et praesentie
vilae perieulo, adhottalione smsoria revocarc. Quos tamen,
si emendare se a taiibus atque carrigere nolle repereris; fer-
venli comprehendere zeio te volumus: et si quidem servismt,
verberibus crueiatibusque, qmbus ad emendationm pervenire
valeant, castigare: sivero. smt liberi, inclusione digna distri-
claque smt in poenitentiam dirigendi: ut qui sakbria et a
mortis periculo revocantia audire verba contemnmt, cruciatus
saltem eos corporis ad desiderandam mentis valeas reducere
smitatem. Indicatum etiam nqbis esl, quod laibis quibus-
dam curam vestri pairimonii committentes (**) postmodum in
rusticorum vestrorum depraedationibus , atque per hoc ex fa-
ligationibus fuerint deprehensi, et reddere res quas indecenter
retinent habitas, quasi swe dilwnis, quippe vestrae non sup-
positi curationi, posponant, vobisque despiciant actuum suo-
rum reddere rationem. Quod si ila est, districte a vobis discuti
convenit, atque inter eos ecclesiae vestrae rusticos caussam
examinare subtilius. Et quidquid in eis fuerit fraudis inven-
tum, cum poena legibus. statuta reddere compellmtur. , De
cetero vero cavendum a fraternitate vestra esl, ne saecularibus
riris, atque non sub regula vestra degentibus, res ecclesiasticae
eommitlantur, sed probatis de vestro officio clericis. In quibus
si quid reperiri poterit praritatis, ut in subditis, emendare
quodillicite gestum fuerit \aleatis , quos apud vos habitus sui
magis officium commendet quam excuset.
XXIX.
P.c.N.600. Epist. XXXVIII, lib. VIII, indicl. III «).
GREGORIVS JANUARIO EPISCOPO CALARITANO.
Qualiter m Sardinia minores vel pauperes ab eis qui
illis majores smt opprimmtur, revcrendissimi fratris nostri
( * ) Qaeslo intiero capHoio rignardanle i saddetli cultori degTidoli
leggesi ael Decrcto di Graxiano (caos. XXVI, quaeat V, cap. X).
(") Nello stesso Decrcto di Graziano (distinct. LXXXIX, cap. V)
Irovasi ripetulo per inliero qoesVallro capitolo relatWo alfammini-
stnutione dei fondi e dei redditi ecclesiaatici.
(1) Ex Mansi, oper. cit., tom. X, col. 933. Tutto il conteelo della
Domnici carlhaginensis episcopi atque eminentissmi fHU
nostri Innocentii praefecti epistolae . tetttantur, a quilm
ut quae nobk scripia smt noveritis, ipsarvm uobis epistolarum
cxtvnpkria praevidimus tranmittenda. Et ideo quia ea quae
petenda smt offermtur, studiose agendum est, ul ea quae
promiltmtw, opere compleantur. Si qui eortm, de quibvs ett
quaestio, i» ecclesiam fortasse refugermt, ita debet emtea
dHiyentia vestra disponi, ut nec ipsi violentiam patiasUwr,
nec fi, qui dicmtur oppressi, damna svbstmeant. Cwrae ergo
vestrae sit, ut eis saeramentum ab iis qnonm inieresl de ser-r
vanda lege etjmiitia promittatur :, etper.omma commcmeantvr
firire, atque svortm acluum reddere ralionem , quibm etiatn
ecclesiae vestrae defensorem .deputare ws eonwnit, Cujus
soUkitudme ea quae illis fuerint promissa. serventmr: quate-
iw nec ialiis noxia sint, et ipsis ecclesiastica , saiva ralione,
possint prodesse refugia. Ita ergo fraternitas vestra faciai,
■ut haefi qme ejus studio emendmda smi., mora per eam vel
impedimenlum aliquod nm contmgai.
XXX.
Epist. I, : lib, IX, iadict IV W. . p.c. n. <»■.
Gregorius SEB.ru s sERroRUM Dei Innocentio
AFRICAE P1L4EFECTO.
Qui pravorum actmm emmeutiam vestram rindicem esse
desiderat, qttid de aequitatis eius bono senliat aestimatis.
presente epistola e ina prova tnminosa delle benefiche sotlecitndini
adoperate da S. Gregorio Magno per mitigare le affliaoai dei poveri
e delle nmili persone , le quali in Sardegaa erano oppresse dai
grandi e dai potenti. Egli comando a Gianuario di proteggere gli
uni e "le altre, e che laddore si rifuggissere alla ehiesa per cansare
le oppressioni, faeesse gl ehe aon avessero a dolersi di eaeersi abi
bandoriati invano alla protezione ecclesiaslica. Domenico vescovo di
Carlagine, e Innocenzo prefetto aveano informato il papa degli abusi
che in tal rispetto si comtnettevano nelPisola, locche addimostra la
dipendenza immediata dell'isola medesima dalla prefettura del pre-
torio d'Africa. II suddetto Inneeenze era stato creato prefetto nello
stesso anno 000, come si ricava dalla epistola gratulatoria (XVII,
lib. VIII, indict. III) indirittagii da S. Gregorio in occasione del
di lui innalzamento a tale carica; ed e lo stesso Innocenzo, al quale
nelCaono segueate fu diretta dai suddetto pontefice nna letteca re-
lativa ad alcune doglianze fattegli da Vittore vescovo di Fausania
(ved. infr. ep. I, lib. IX, indict. IV).
(3) Ex Mansi, oper. cit tom. X, eol. 351. Vittore vescovo di
Faosania, io stesso che leggesi nominato con altri vescovi sardi nel
S99 (ved. sopra ep. VIII, lib. VII, part II, indict II), e nelia epi-
stola successiva del presente anno (601 ) avea rappresentato a S.
Gregorio Magno gli abusi che si commettevano nella sua diocesi dai
giudici africani, i quali imponevano multe indebite senza veran
rispetto agli stessi luoghi sacri , ed estorquivano duplieati tributi
dai provineiali. Forse Vittore avea esposte a voce al papa le sue
doglianze a tal riguardo, poiche in alcuni codiei e nella edizione
maurina la preseate letterae datata merue octobri, indicHoru quarta
(601), e nel. 5 ottobra dello stesso anao Vittore trovavasi indubita-
tamente in Roma , anzi assislette con aitri vescovi a una congrega-
zione o consulta presieduta dallo stesso ponteiice, nella quale fu
accordata a Probo abate del monastero di S. Andrea la facolta di
testare (ep. XXII, ii*. IX, indict. IV, ap. Mansi, oper. cit-, tom. X,
coL 363). J>i qnesto monumeato non urovo fatto rioordo da veruno
degli scrittort nazionali: e tutuuria Isggendovisi neila introduziona
bnperantibtu iomno MauriUa tt Tibtrio augutti» , anno incamaUo-
nii domimca* scxctnUtvmo primo , eodemque domm undecie* eontuU,
tub die tertia maorwt octobriutn , praetidetdc bcatittimo et apotto-
tico papa Greaorio, aiqvc tqntideniibut reverendutitnit Menna epu
toopo Teletmo, Satilio. Capuano , Constantia Numentano , Montano
Savonente, Vietore Fautanente eec., si ba dal medesimo nna prova
certa della presenza di vittore nella metropoli dei mondo cristiane
sul finire deil'anno 60t I gindici africani, dei qnali si fa parola
nella presente lettera, erano probabilmente i nanistri subalteroi
del preside, o del duce, che si mandavano neUe proviacie per am.
ministrare la giustizia, o per riscuotere i tribuU; e forse piu tardi
queato nome di giudici (m assunto par imitazioate dai regoii sardi ,
come dird a suo luogo.
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PBJMA.
405
Proinde reverendissimi fratrit et coepiscopi nostri Victoris
Fausianensis episcopi plenam vobis doloribus querelam defe-
rimus, ut el mahs ab actione propterea corrigatis, et ab in-
justitia quam sustinet oppressos eruatis. Queritur siquidem
supradictus fraier noster mulctas in locis sacris violantes,
multaque alia contra Dei timorem africanos jadices exercere:
denique ut duplicia illic tributa, quod auditu ipso intoleran-
dum est, exiganiur. Et quia kujus mali emendatio vestrae
specialiter auctoritatem dignitatis expectat; petimus ui subtili
indagatione perquirere, et ita hoc Deo vobis mperante debeatis
corrigere; quatenus affliclis pro mercede animae veslrae pro-
tectione justiliae succurratis, et hujus emendationis exemplo
alios m futuro a pravis actionibus arceatis.
XXXI.
Epist. XVII, lib. IX, indict. IV (0.
GREGORIUS SPESINDEO PRAESIDI SARDINIAE.
■ Particeps procul dubio mercedis existit qui bonorvm se
operum exhibet adjutorem. Quia ergo multi de barbaris pro-
vincialibus Sardiniae ad christianam fidem dicmtur, Deo
propitio , devotissime festinare, magnitudo vestra studium
suum hac in caussa decenter accommodet, et fratri coepisco-
poque nostro Victori in convertendis baplisandisque eis
studiose concurrat; quatenus dum de interitu multorum animae
per baptismatis graliam vobis fuerint solatiantibus liberatae,
et apud homines laudem habere , et apud omnipotentem Do-
minum , summopere studendum est, magnam mercedem poss\lis
acquirere, atque nos vobis gratias referentes magnitudini ve-
strae possimus modis omnibus existere debitores.
XXXII
Epist. XVIII, lib. IX, indict. IV W.
GREGORIUS VlTALl DEFENSORl SARDINIAE. .
Bonifaciuiu praesentium portitorem, notarium scilicet
noslrum, ad nos experientia lua illuc transmisisse cognoscat,
ut in utilitatem parochiae Barbaricina debeat maocipia com~
parare. Et ideo experientia tua omnino ei sludiose sollici-
teque concurrat, ut bono pretio, el talia debeat comparare ,
quae in ministerio parochiae vtilia valeant inveniri, atque
emplis eis hUc, Deo prolegente, is ipse celerius possit remeare.
(I) Ex Mansi, oper. cit. , tom. X, col. 960. Spesindeo, a) quale
S. Gregorio raccomanda di prestare ainto a VHtOre vescovo di Fau-
sania nella conversione alla fede dei barbari della sua diocesi o
provincia, era preside di Sardegna, e forse queU'istesso preside in-
nominato, di cui lo stesso papa avea fatto cenno doe anni avanti
(ved. sopra ep. V, lib. XIII, part. II, indict. II), II qoale reggeva
1'isola al lempo mcdesfcao, ia coi EupateriO era duce dellc milizie.
Cid si puo argomentare dal trovarsi ancora nel 609 riveslito della
stessa qsalita militare H suddetto Eopaterio o Eupatore, come lo
prova mValtra lettera gregoriana, non avrertita ne mai citata dagti
scrittori sardi (ved. infr. epist. XXI, lib. X, indiet. V).
(8) Ex Mansi, oper. cit., tom. X, col. 360. Vitale difensore di
Sardogna , al quate e diretta la presente epistola , e lo stesso che
vedesi fiominato nelle due lettere precedenti del 599 (ved. sopi*.
epist LXVI e LXVII, lib. VII, parl. II, indict. II), nella seguente
lettcra di questo medesimo anno 601, e in altre due lettere delfanno
603 (ved. ihfir. epist. Llll e LIX, lib. XI, indicl. VI). E Bonifacio,
che il papa S. Oregorio spedi in Sardegna per comperarvi alcuni
servi barbaricini, e probabilmente lo stesso Bonifacio, di cui altra
volta leggesi il nome in nnepistola delfanno 603 (ved. infr. epist.
Llx, lib. XI, indict. VI).
Ila ergo te in hac re exhibere festina, ut te quasi servientium
amatorem, quorum usibus emmtur, ostendas, et nobis te ipsi
de tua vakant solliciludine commendare.
XXXIII.
Episl. XX, lib. IX, indict. IV (3). p. c. b. 6...
Gregorius Januario episcopo calar ITANO .
Gratam nobis fraternitatis vestrae sollieitudinem fuisse
cognoscite, quod pastoraiise vigikmtia pro tutamine anima-
rtM», utoportebat, exhibuit. Nmtiatvm siquidem nobis est,
quod in domo quondam Epiphanii lectotis ecclesiae vestrae
idcirco secwtdum volmtatm ipsius monasterium construi
veiuistis, ne pro eo quod domus ipsa aneiUarwn Dei mona-
tterio cohaerebat, deceptio exmde contingeret animarum. Et
vaide laudavimus: quia mtiqui hostit insidias provisione con-
grua, ut decuit, praecavistis. Sed quia periatum ad nos est
Pojiipej anam religiosam feminam velle de eodem mona-
sterio ancillas Dei tollere, et ad sua, unde acceptae fuerant,
monasteria revocare, alque illic congregationem restituere
monachorum; necesse est ut, si mpletum hoc fuerit, defuncti
dispositio modis omnibus conservetur. Si vero factum hoc non
fuerit, ne testatoris voluntas in totum videatur esse frustrata,
volumus ut, quia monasterium Urbani quondam abbatis
positum foris extra cimtatem calaritanam ita dicitur desti-
tutum, ut ne mus illic monachus remaneret, Joanneiu,
quem memoratus Epiphanius in monasterio quod, sicut
dictum est, in domo sua fiendum decreverat, abbatem esse
constiiuas: si tamen nihil est quod evm impediat, abbas
debeat ordinari. Atque reliquiae, quae in domo ante dicti
Epipbanii condendae fuerant, ibi recondantur, et ei modis
omnibus applicetur quidquid idem Epiphanius in mona-
sterio, quod deputaverat, aedificari' contulerat: quatems et
ti de loco propler tupradictam cautelam volmtas ejus non
disponitur, merces nihilominus illibata servetur. Et haec
quidem omnia fraternitas vestra una cum Vitali defensore
disponat, et ita ea utUiter studeat ordinare, ut sicuidelaudabili
prohibitione , ita quoque de bona habere possit construction*
mercedem. Ipsum vero monasterium licet fratemitati vestrue
sit supervacuum commendari, hortamur tamen ex abundanti,
mt id, salva justitia, sicut vos decet, habeatis commendatum.
(3) Ex Mansi, oper. cit. tom. X, col. 361. Commendasi nella pre-
sente lettera la prudenza di Gianuario, per non aver permesso
1'apertura di un raonistcro d'uomini nella casa di Epifanio lettore
della chiesa cagharitana , perche la oelta casa era contigua a un
akro monistero di femmine fondato da Pompeiana. II papa commette
al vescovo cagiiaritano la esecozione della pia volonta di Epifanio,
incarieandolo di aprire il monistero nei luogo designato dal testa-
tore , se Pompeiana togliera flal suo le sagrate ancelle che vi avea
raccolte, e lo eedera ai monaci che prima loabitavano: inopposto
gli comanda «he la fondazione ordinata da Epifanio si faccia nel
monistero gia derelitto delPabate Urbane , etistente fuori.dcllo mura
di Cagliari , e ohe vi preponga per abate il monaco Giovanfai , rac-
comandandogli in pari tempo di esegnire tali cose di conoerto con
Vitalf difensore di Sardegna. Sembra che Giovanni sia stato preposto
veramente al governo del nuovo monistero , poiche due anni dopo
comparisce col titolo di abate (vod. infr. epist. VI , lib. XI , indict VI).
Pompeiana e la stessa pia donna rioordata in tre epistole del 591 e 593
(ved. sopr. epist. XLVI e LXI, lib. I, indicL IX; episL XXXVI, lib. II,
part II, indiot. XI), ed in nn'altra del 603 (ved. infr. epfet LIX,
lib. XI, indict. VI). Non so perd affermare che rEptfanio, di cui
essa-era suooera, fosse 1'istesso Epifanio nominato nella presente
epistola. Graziano riporta nel suoX>#crelo(part, II, caua. XIII, quaest.I1, '
can. IV ) il breve tratto di questa lettera che risguarda l iroplemento
dclle pie volonta dei defunti.
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406
DISSERTAZIONE
XXXIV.
t. c. r. Epist XXI, lib. X, indict V (U
GREGORIUS EvPATORI DVCI SjRDINIAE.
Cum lator praesentium Valdaricvs illa nos pro sua
commendatione scribere postulet , quae magnitudinem vestram
aequitatis intuitu sine cujusquam etiam intercessione non
dubitamus efficere, petiiionem ipsius minime despiciendam
prospeximus. Quia ergo cum uceore sua, quam hic de romana
civitate esse perhibet, reverti, sicut desiderat, valeat, vestris se
poscit patrociniis adjuvandum; paternae dilectionis salutantes
affectu petimus, ul hac in re magnitudinis vestrae tuitionem
habeat, et a nullo eos illic contra rationis ordinem impediri
permittatis: sed desideriis eorum pro vestra mercede adesse
et concurrere debeatis, quatenus et illi se adjutosDestra ope
congaudeant, et magnitudo veslra poscentibus impendisse quod
justum piumque est videatur.
XXXV.
p. c. n. m. Epist. VI, lib. XI, indict. VI (*).
Gregorivs Janvario episcopo CALARITAITO.
Quando inter religiosas personas de terrenis rebus contro-
versia nascitur, ita sacerdotali est sollicitudme fmienda, ut
crescere non possit ex mora contentio. Desideria siquidem
abbatissa lalrix praesenlium huc veniens quesla est, substan-
tiam parentum suorum pariter et germani sui sibi rationabi-
liter competentem a Joanne abbate indebite detineri. Et
* quia eamdem caussam interveniente petil judicio terminari,
fraternitas vestra, adhibitis sibi Innocentio atque Liber-
tino fratribus et coepiscopis nostris, cum eis negotii hujus
qualitatem diligenter examinet, et pari consilio communique
tractatu ita se in dejmiendo ex omni latere festinet exhibere
sotticitam, quatenus et ipsa omni invidia favoris ac negli-
gentiae careat, et inter ilbs post defmitionem vestram aliquod
non possit litigium remanere. Si vero aliqua ex lege vobis ad
proferendam sententiam fuerit nata dubietas, sapientem virum,
et quem nostis Dei timorem habere prae oculis, requirite, ut
ab eo quid sit legitimum informati, nullam reprehensionem
vestrae defmitionis valeat calculus sustinere.
(1) Ex Mansi, oper. cit., tom. X, col. 330. Nontrovo riprodotta,
ne citata da veruno degli scrittori sardi la presente epistola , dalla
qoale si ricava che nel 609 Enpatore era duce imperiale nelPisola.
Egli e senza dubbio lo slesso dnce Eopaterio ricordato in altra epi-
stola del 599 (ved. sopr. epist. V, lib. VII, part II, indict II), e
reggeva le cose mililari di Sardegna, mentre Spesindeo presiedeva
alle civili. Dal contesto della lettera sembra potersi argomentare
che Valdarico fosse sardo, e si avesse tolto moglie in Roma: e perd
ignoto il motivo per cui il pontefice lo raccomando ad Eupatore.
(3) Ex Mansi , oper. cit col. 344. Come e perche Giovanni abate
( lo stesso forse che fu nominato nella lettera precedente ) avesse
nsurpato i beni spettanti a Desideria per ereditk (amigliare, non si
ricava menomamente dalle parole di S. Gregorio. I vescovi Libertino
e Innocenzo, che il papa da per consiglieri e congiudici a Gia-
nuario per definire le controversie insorte per causa di detta eredita
tra Desideria e Giovanni , sono i medesimi vescovi di sede incerta,
ai quali fu diretta nel 599 un'altra epistola gregoriana gia da m«
riportata (vedi sopra epist VHI.lib. VII, part II, indict. II). De-
sideria poi, che dicesi abbadeua, forse reggeve. il monistero dei
Ss. Gavino e Lussorio, gia governato da Sirica c da Gavinia (vedi
sopr. epbt VII, lib. VII, part. II, indict II).
XXXVI (*).
Epist. LIII, lib. XI, indict. VI (»). p.c. ». m.
GrEGORIVS VlTALl DEFENSORl CALARITANO.
Quid de fratre nostro Janvario episcopo agnovimus ,
et lator praesentium, et exemplaria scriptorum nostrorum
te poterunt informare; atque ideo excommunicaUonem quam
(*) Alla lettera LIU del libroXI precedono nello stesso libro allre
due epistole (XVII e XVIII) Ad plebem turriUmauem et taurianensem,
e Ad Venerium epitcopum. Colla prima S. Gregorio raccomanda ai fedeli
ai quali e direlta di obbidire al vescovo Venerio, da lui destinato a
visitare le rispettive loro chiese. Colta aeconda commette allo stesso
Venerio 1'anzidetta visitaxione. 11 Vico opino che sollo il nome di
plebe e di ehieta turritanerue si dovessero intendere 1'antico popolo e
sede vescovile di Torres in Sardegna, e da cio trasse argomento a
conchiudere , che Paolino fosse succeduto a Mariniano nell'episcopato
turritano, e che dopo la morte di Paolino la visitazione di questa chiesa
vacante foase stata affidala da S. Gregorio , prima a Giovanni vescovo
di Squillace, e quindi a Venerio vescovo di sede incerta {Hist. gen.
del reyn. de Sard., part III, cap. XLIII e XLIX). Siffatla opinione
non sarebbe strana ne irragionevole, se si fosse limilata alta sola no-
minale applicazione della parola turritanense , perciocche il Mansi,
uomo dottissimo nella sloria ecclesiaslica, e a nessuno secondo nelia *
eccellenza della crilica istorica, osservo giustamenle che , sebbene
apud veteres turritana etiam dicatur ecclesia quaedam in Calabria, tut-
tavia nomine turritanae ecclesiae turritana in Sardinia plerumque venit
(oper. cit., tom. X, col. 448); e il Berardi, non meno erndito ne meno
profondo del Mansi nella cognizione delPepistolario gregoriano, non
solo ammise la turritanense , ma eziandio )a taurianense come due dislinle
chiese sarde , e dippiu credelte che Venerio fosse vescovo di qualche-
duna delle anliche sedi vescovili di Sardegna: elenim (egli dice)
epistola Gregorii legitur ad Venerium episcopum (cioe la epislola XVIII
del lib. XI), in qua Gregorius illi commisit visitationem ecclesiarum tau-
rianensis et turritanensis , quae sane ecclesiae uti erant in Sardinia sitae,
ita et in Sardinia existenti episcopo commendari debuerunt. Gratian.,
Canon., part. II, tom. II, pag. 99, edit. taurin., 1755). Pcro il Vico erro
manifestamente nelle sue indnzioni; imperocche il Paolino vescovo
taurianense morlo nel 603 (delta epist XVIII, lib. XI, indict. VI) fu
certamente vescovo di Tauro nelPAbruzzo fin dal 599, e percio e
cbiamato eziandio vescovo taurense (epist. XLVII, lib. VII, part. II,
indict II); e laddove non voglia oredersi lo stesso, di cui S. Gregorio
avea parlato nove anni prima scrivendo a Felice vescovo di Messina
(epist. XXXVIII, lib. I, indict. IX), eperd senza dubbio il medesimo
Paolino vescovo taurianense, cui fu raccomandata nel 599 I'ammini-
strazione della chiesa di Lipari (ep. XIII e XXVI, lib. II, part. I,
indict. X), vacante per la rimozione di Agatone (ep. LIII, lib II, part II,
indict. XI ); sicche non potea .in verun modo essere creduto vcscovo
di Torres in Sardegna, perche negii anni sovra indicali governava
quella sede il vescovo Mariniano. Nemmeno si potea dire che Venerio
(al. leg. Venereo e Venario) fosse vescovo di sede incerta, poiche dalle
stesse lettere gregoriane si ricava che fu vescovo di Bibona nella detta
provincia degli Abruzzi (ep. XLVII, lib. VII, parl. II, indict. II);
che nel 599 fu depulato con altri vescovi e col diacono Sabino per
inqsirire sulle impntazioni fatte a Bonifacio vescovo di Reggio in Ca-
labria ( ep. XLVI, lib. VII, part II, indict. II), e che nel 609 f«
incaricato dal papa insieme al vescovo Stefano di spedire a Roma
alcune travi fatte* recidere nelPanlico paese dei Brnzi e dei Sannili
per nso delle basiliche dei Ss. apostoli Pielro e Paolo (epist XXVII,
lib. X, indict V). In quanlo poi a Giovanni , priaaa veseovo di Lissa
in Dahnazia, e appresso di Squillace in Calabria (episl. XXV, Ub. II,
part. I, indict. X), del quale si hanno memorie dal 599 al 698 delPera
volgare (epist. cit, ed epist XXXIII, lib. VII, part I, indict. I),
egli e ben vero cbe nel dette anno 599 gli fu commessa da S. Gregorio
la visitazione delle due cbiese vacanti tauriatinensis et lurritanae (epist.
XXXVHl, lib. II, part I, indict X), ma non consta che fosse poi
veicovo della seeonda, come per altro inescpsabile errore opino il
Vico (oper. cit, part. VI, cap. V), anzi si ha ia prova cerla del oon-
Uario, giacche sei anni dopo (598) lo stesso pontefice S. Gregorio lo
appella vescovo squillatino (cit ep. XXXIII, lib. VII, part. I, indict. I).
Ma qui appnnto nasce una grave diCOcolta, alla quale non vedo
essersi fatta attenzione dai sardi scriltori. Come poteasi nel 699 rac-
oomandare a Giovanoi vescovo squillatino la visilazione della ohiesa
turritana in Sardegna (cil. epist. XXXVIII, lib. II , part. I, indict X)
(3) Ex Mansi , oper. cit. tom. X , col. 314. 1 Maurini la trasferirono
alla indizione seconda (599). Gianuario gia cadente per gli anni
avea scelto due consiglieri che governassero l episcopato a suo nome,
e sotto la sua autorila. Costoro, como acoade quasi sempre in casi
somiglianti, abusavano del coniidatogli potere: quindi S. Gregorio
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PRIMA.
107
super perversos ejvs consiliarios dari decrevimus, tua experien-
tia solerter exequatur, ut eadentes discant, quatenus incaute
ambulare non debeant. Praeterea preikm tritici, quod nobis
xenii nomine fuerat transmissum, per latorem praesentium
Redemptorem defensorem tranmismus. Videat experien-
Ua tua, ne vel tu, vel ipse qui detuUt, aliquid ex eoin preUo
commodi participare praesumat, sed totum singuUs vel simul
omnibus illibatum restiiuat, eorumque mihi scripta de eodem
pretio tranmittat, quia (si) aiiter quam admoneo factum co-
gnovero, vindictamex eadem caussa non mediocriter exercebo.
se in queU'anno, e nei posteriori fino «1599 1« medesiraa era taltavia
occupala da Mariniano ? (epist. LIX, lib. I , indict. IX; epist. II e VIII.,
lib. VII, part. II, iudict. II). E sopposto eziandio, che la chieta Uar-
ritana della citata epistola XXXVIII non fosse quella esistente in Sar-
degna, ma laltra dello stesto nome in Torri di Calabria, come si
poteva comraettere al predetto vescovo Giovanni la visitazione deila
chiesa tauritianente, ossia di Tauro aeU'Abruzzo, e dirsi gia morto
Paotino nel 699, se cestui vivea ancora, come si c veduto piu innanzi,
e visse e occupo quella sede fino al €03? Come poi oonciliare questa
delegazione pontificia fatta al vescovo di Squillaee nel 593 eolla dele*
gazioae semigliante fatta per le stesse chiese a Venerio vescovo di
Bibona (ep. XVUI, lib. XI ) nel 600, aecondo i Maurini (mdict III),
o nel 603 (indkL VI) aecondo il Manei? Ne ai puo dire ohe aiano state
due le vacanze deile accennate chieae, una cioe nel 593, e 1'aHra
nel 600 • nel 603, percbe nel primo di deUi anni la turritmna di Sar-
degna e ia tauriana o tauritianent* dell'Abruzzo erano occupale da
Mariniane e da Paolino (ved. sopr.), e d'altra parte e identica in tutto
la letlera con cui S. Gregorio oommelte a Giovamii la visitazioae di
delte chiese nei 598 coU'altra lettera in coi 1« cemmetto a Venerio
nel 690 o 603. Quindi non rimane altra via di cenciliazione , fuoroh*
supporre che «na sola aia la lettera scritta dai papa per la visitazione
delie chiese taurianente e haritana vacate per la morte dei rispettivi
loro vescovi , e che vaeata essendo colla prima anche 1'altra di Lipari
gia eccupata da Paolino (ved. aepr.), siano stati destinati da S. Gre-
gorio tre vescovi per eaegnire in ctasemta delie medesime 1'uffizio
della viaitazione. Due di tali viaitatori furono senza dubbio Giovanai
di Squillace e Venerio di Bibona; e il terzo fu Stefano, vescovo di
sede incerta, al quaie oongiuntamente a Venerio leggesi indiritta in
alcani oodici e nekla edixione manrina la mentovata lettera XVM del
libro XI. Dal che ne coaseguirebbe che la leUera al vetcovo squiUatino
(XXXVIII, lib. II, part. 1, indict. X), siccorae una ripetizione, anzi
una medesima ooll'altra leUera a Stefaao e a Venerio (ep. XVIII , lib. XI,
indict. HI vel VI ) , si dovesse dire anteposta , e quindi rieolloearti
nell' Epittolarn gregeriano al suo vero e primitivo luogo, cioe nel
libro XI, e che la epistola XVII dello ateaso lihro XI, la quaVe nel-
■Tedixioue mawrina vedesi indiriazata clero et ordini et plebi contitUnti
Taurmat, Tmrrii et Gotentiat, e nella edizione mansiana plebi tmrri-
tanemi et tanrianenti, si dovesse invece intilolare clero et plebi turri-
tanenti, taurianenii et Uparitanae. Conchiudero questa longa nota col-
1'nwertzra che il traUo delle suddeUe lelUre (XXXVIII, lib. II e XVIU,
iib. XI ) relaUvo alla petudaxione e alla contegranone dei veeeovi, e «lato
ripartato «a Graziano nel suo Decrtto, part. I, distioct. LXI, can. XI.
Ii scomunico , e scrisse a Vitale difensore di Sardegna , afflnche
sifiatta puniziooe gi eseguisse. Lalore detle lettere pontificie era
Bedentore, ossia Bedento (eome nella edizioue maorina), 1o steeso
di ctri e fatta mencione ra altra lettera del 599 (ved. sopr. epist. LI,
Kb. VII , part II, indict II), ai quale ii papa avea altreei conse-
gnato il prezzo del frameoto, ebe daHa Sardegna era stato spedite
a Boraa a titoto di regalo (xenii nomint). QuesfuMima notizia sparge
qualche hime snlie oondiziooi politiche deUa Sardegna netlo spe-
gnersi del sesto, e nel eominciare det setlimo secolo cristiano,
pcriche sembra indicare che in lal tenopo 1'anlorita dei greci impe-
tori fosse scaduta quasi al tatto nefrTisola , e ebe pereio i Sardi,
reputandosi di fatto, se non di diritto, dipendenti dalla sede apo-
stolica, la quale esercitava in tutti i bisogni loro 1'offizio benekoo
del protettorato , solessero presentare il capo snpremo defta chiesa
di qnei dwtri (xtnia), che, per antichissima eestumaaza , e qoasi in
ricogniziene di potesta, si davano per lo innanzi ai procoosoii e
.agli attri reggitori deUe provincie remane (leg. VI Digett.,4e uffic.
procont.). Pere e da notare la continenza di S. Gregorio, ii quale
pago il prezzo di quel framento , e dimostrd coo tale atto di mode-
razione, twroe si possa esereitare il dkitto deUa paternita spirituale
senza invadere Ia temporatHa dei diritti altrai. OaUa segnente let-
terapoi, oltre legih citate (epist. XLVI, XLVII, LIX, «b. I, indict: IX;
epist XXV, lib. III, indict XII; epist. XXXHI , tth. IV, indiet.XIII;
epist. I e XVII, Kb. IX,indict IV), apparisee piu manifostaMetile,
che II santo pontefioe rkonosceva e rispettava a un tempo la sttpro-
del domntio imperiale neUa Sardegna.
XXXVII.
Epist. UX.lib. XI, indict. VI (0.
GREGORIUS VlTALl DEFEJVSORI SARDINIAE. p c. n. m.
Experieatia tua indicante comperimus xenodochia m
Sardinia constitula gravem habere neglectum; unde reve-
rendissimus frater et coepiscopus noster Jaxuarius vehe-
mentisskne fuerat objurgandus, nisi nos ejus senectus, ac
simplicitas, et superveniens aegritudo, quam ipse retulisti,
suspenderet. Quia ergo ita est positus ui ad aiiquam ordina-
iionem esse non possit idoneus, oeconomum ejus ecclesiae
atqueEpiPBANiuM archipresbgierum ex uostra districtionis
auctoritate commone, ut eadem xenodochia sine periculo suo
sollicite ac utiliter studeant ordinare. Nam si quis illic post
haec neglectus extiterit, nuUa se noverit posse apud nos ra-
tione \diquatenus excusare. Quoniam vero possessores nos
Sardiniae petiverunt, ut quia dwersis oneribus afiiguntur,
Constantmopolm pro eorum debeas remodio projkisci, licen-
tiam tibi emdi concedimus. Sed et dileoUssimo filio nosiro
BonifaciO scripsimus, ut suum tibi pro remedio iltius pro-
vmciae studeat adhibere solatitm. De ecclesUs autem quas
vacare sacerdotibus indicasti, praedicto reverendissimo fratri
et coepiscopo nostro Januario scripsmus , ut eas debeat
ordinare; sic tamm, ut non omnes ad episcopatum de ecclesia
ipsius eUgantur. Nam sic eum convenit aUas ordinare, ui
(1) Ex Mansi, oper. cit, tom. X, col. 380-81. Varii sono gli og*
gelti contemplati neUa presenle lettera, e molte e di vario genere
le notizio che so ne ricavano. Si rileva in primo luogo che la vec-
ohiezza e le infermita corporaU del veseovo Gianuario, congiunto
alla sua semplicita , aveaoo fatto cadere in abbandono gli ospedali,
dei quali percio fu raccomandata la direzione aU'arciprete Epifanio,
e all economo della chiesa cagliaritana. Si rileva eziandio che ncl
tempo in coi fu aerilta fepistola i proprietarii sardi erano oppressi
da molte gravezze, perloche il papa perroetteva a ViUle, cui la
leltera e indiritta , di trasferirsi a Costantinopoli per pororare la
loro causa , e commetteva inollre a Bonifacio di apportare ai raali
loro on qualche rimedio. Vitale e Bonifacio qui nomiaati sono gli
stessi , dei quali si fa parola neUe altre lettere gia riportate del 599
e del 601 (ved. sopr. epist. LXVI e LXVII , lib. VII, part. II , indict. II;
epist. XVIII e XX, Ub. IX, indict IV). RUevasi in torzo luogo, che
nel 603 varie chiese dell isola mancavano di vescovi e di sacerdoti;
che alcuni monisteri erano governati da abati di vita licenziosa e
di riproveveH costumi, e ehe esistevano questioni tra Pompeiana
gia nominata in altre epistole (ved. sopr. epist XLVle LXI, Ub. I,
indict. IX; epist. XXXVI, lib. II , part II, indict. XI; epist. XX,
lib. IX, indict. IV), e Gianuario vescovo di Cagliari , non solo pel
nonistero di S. Erma da lei fondato oelia propria sua casa (*), ma
eziandio per 1'altro monistero ordinato dal di lei genero Epifanio ,
marito di Matrona. Le quali questioni avevano probabilmente avulo
origine dne anni prima, per i motivi espressi m aHra lettcra grc-
-goriana (ved. sopr. epiet XX, Ub, IX, indicL IV). E si desume in
ultimo dalla stessa lettera, che molte usurpazioni erano state com-
messe nei beni e nei reddili delle chiese, dei monistori e di altri
iuogbi pii; ch» riguarde agli ospedali di pellegrinf gia fondati da
Ortolane e dal vescovo Tommaso ( ved. sopr. epkt. VI 11 , lib. 111 ,
indict XII, epist. LVI, lib. VII, part. II, indict. 11), vi crano stali
prowedimenti imperiaU, dei qaali il papa ordinava Posservanza;
e che il detto vescovo Gianuario era gia tanto aggravato dagli anni
e dalle infermila, che spesso era costretto a intcrromperc gli atli
deUa messa, lo che succedendo quasi scrapre neUe parti piii sostau-
ziaU del sacrifizio, aveano dohitato e dubkavaoo i fedeli della vali-
dha della consegrazione; su <li che rescrisse S. Gregorio: aegrilu-
dinem pertonae tacri mytterii bcnedic(ioncm nec mutare, nec polhtere.
C>) tfato qui per incideaza che il Bianohi-Giovini aella sua cosi deita
Storia dei Papi (Tom. HI, pag, 3 e 4. Ediz. di Capolago e Torino, 1851)
scrive tra le allre cose , chfe Palatioo fratello del Ponteficc S. Gregorio
Magno, Prefetto di Roma, e glorioto Patricio, fondo il Monastero di
Sakt'Erma in Sardegna. Da cio si argomenti quaie sta la esattezza isio-
rica di tal scrillore, che calunnia sfaccialamente il Papalo, pubbli-
cando quel libcllo famoso da lui chiamato Storia.
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408
DISSERTAZIONE
ecclesiue suae de personis , quae in ea possint proficere, ne-
cessitatem non faciat. IUud igilur quod ad gubernationem
quorundam tnonasteriorum personas esse praeposilas, quae
anle dum adhuc in minori essent ordine monachico habitu
lapsae sunl indicasli, officium quidam abbatis suscipere, nisi
otnnino correcta vita, et digna praecedente poenitentia minime
debuermt. Sed quoniam jam abbatum, sicut dicis, officium
suscepermt, de vita, moribus, ac sollicitudine eorum cura
gerenda est. Et si actus eorum inventi contra officium non
fuerint, in eo quo smt ordine perseverent: alioquin remotis
eis, alii, qui commissis sibi animabus prodesse valeant, or-
dinentur. Caussa praeterea de monasterioS. Hermae, quod
in domo Pompejanae religiosae feminae a fratre nostro
constructum est, quia plus blandimentis quam districtione
agenda est , experientia tua apud eamdem mulierem cum
dulcedine agere studeat; quatenus nec illa in peccalo proprio
actoris sui debeat postponere voluntatem, et tu utilitates mo-
nasterii valeas salubriter procurare. Puellas autem suas, quas
antedicta Pompejana in momsterio mutata olim reUgiosa
veste converlit, abstrahi ab ea vel inquietari nuUo modo pa-
tiaris: sed in ea qua sunt conversione, Deo protegente , per-
maneanl. 'Pro requkendis vero rebus ecclesiarum, vel mona-
steriorum, sive piarum caussarum, quod scripsisti, prius
quidem hi quorum interest admonendi sunt, ut ab eis te insi-
stente atque solatiante modis omnibus requiranlur. Quod si
forte vel ipsi negligentes extiterint, vel cerle, qui eas requi-
rere debeant, inventi non fuerint, tunc omnia ipse perquire,
atque ita reperta recollige, ut manu aliquod judieium inferre
cuiquam minime videaris. De xenodochiis itaque Hortu-
LANi atque Thomae nil hactenus horum quae indicasti
cognovimus. Eapropler experientia tua jussionem prineipis
ex hoc datam diligenter inspicial, et omnia secundutn ejus
tenorem disponat, et nobis quidquid egeril innotescat. De hoc
igilur quod scripsisti, fratrem et coepiscopum nostrum Ja-
nuarivm , tempore quo sacrificium celebral, tantam pati
freqttenter angustiam, ut vix post longa intervalla ad locum
canonis redvre valeat quem reliquit, atque ex hoc multos
dubitare si communionem debeant de ejus consecratione per-
cipere, admonendi sunt, ut nullatenus pertimescant , sedcum
omni fide et securilate communicent: quia aegritudo personac
sacri mysterii benedictionem nec mutat nec polluit. Secretius
tamen omnino idem fraler noster horlandus est, ut quplies
aliquam molestiam senserit, non procedat, ne ex hoc se et
despiciendum praebeal, et infirmorum animis scandalum faciat.
Praeterea Pompejana religiosa femina questa nobis est,
hereditatem quondam generi sui EpiphaNII, in qua Epi-
phanius idem Matronam conjugem suam filiam ante-
fatae Pompejanje usufructuariam constitueral , monasterio
quod in domo sua fundari statuerat, el postea extincto, usu-
fructu modis omnibus profuturani, atque alia quae eidem
Matronae proprietatis jure probantur competere, ab expe~
rientia tua, et a reverendissimo fratre et coepiscopo nostro
Januario injuste sublata, et exinde nihil hactenus vel
filiae suae redditum, vel profecisse m&nasterio. Quod si ita
veritas se habet, et aliquid te indecenter fecisse cognoscis,
absque ulla mora ablaia restitue: aul certe si aUtef esse
pulas , ne gravari pars adversa praejvdicialiier videatur re-
lectorum cum ea judicivm hac de cauua.nuUo modo subire
postponas, ul, utrtm vera justaque ejus sit qtterimonia, de-
finitione judicii declaretur.
XXXVIII.
GREGORIUS VeNERIO CALARIS EPISCOPO W. p. C. n. 6«4-
De gradibus propinquitatis , super quibus parvilatem no-
slrem consulere placuit, quod ego cum omnibus orthodoxae
fidei cuUoribus sentio ratum duxi paucis vobis absolvere.
(1) Ex Mansi, oper. cit tom. X, col. 444-45. Riporto per intiero
qnesla e la seguente lettera, dirette entrambe a Venerio vescovo
di Cagliari, non perche voglia difenderne assolutamente 1'autenticila,
ma perche non mi sembrano conclndenti le ragioni allegate dai PP.
Maurini per dichiarare apocrifa la seeonda, e colla medesima anche
il breve frammento della prima, che ci era stato conservato da
Graziano nel suo decreto (caus. XXXV, quaest V, can. 3. Porro de
affinitate). Sono tre gli argomenti principali messi in campo da quei
dotti monaci per convalidare la loro opinione: 1° non essere con-
forme a quello delle genuine epistole gregoriane lo stile adoperato
in qneste due lettere ; 8.° non trovarsi registrato nei dittici della
chiesa cagliaritana il nome di Venerio; 3.° nessun vescovo di tal
nome aver esistito ai tempi di S. Gregorio Magno. A siffatte obbie-
zioni rispose il Mansi (oper. cit, tom. X, col. 448), non potersi dal
breve tratto di una o due epistole, che versano sopra un soggetto
incapace per se stesso di lenocinii oratorii , portar giudizio dello
stile di uno scrittore; essere troppo ambigno ed oscnro quanto si
scrisse dai Maurini a riguardo delle tavole o registri deUa chiesa di
CagUari; non essere nuovo il nome di Venerio ai tempi di S. Gre-
gorio, e trovarsi nel regesto gregoriano una epistola (XVIII, lib. XI,
indict. VI), colla qnale fu raccomandata a un Venerio la visitazione
deila chiesa turritanense (ved. sopr. pag. 106, col. S.«, not (*)),
cuiut nomine turritana eccletia in Sardinia plerumque venit: ne
doversi per ultimo nel conflitto deUe opinioni e delle dubbiezze
pretermettere 1'autorila di S. Anselmo di Liicca, U quaie inserl nella
sua coUezione ms. il frammento della prima di dette due epistole,
e 1'antorita eziandio de!l'altro codice ms. del secole XII (e forse
anche piu antico) consullato daUo stesso Mansi, nel quale il detto
frammenlo di leltera e parimenti riportato. So bene che a quesful-
tima ragione si potra opporre il giodizio del Berardi, il quale di-
moslro di essersi erroneamente attribuito a S. Gregorio un canone
inserito nella coUezione di S. Anselmo di Lucca (lib. X, cap. XXVI),
e nolTaltra di Graziano ( caus. XXVII, quest. II, can. 99), come
desunto da una epistola di delto pontefice a Venerio vescovo di
Cagliari (Berardi , Gratian., can., part II, tom. II, pag. 37, 98 e 99,
edit. praed.). Ma si deve osservare, che riguardo a tal canone l'er-
rore era assai manifesto, sia perche in altro luogo del suo Decreto
Graziano ne replicd l'inserzione (caus. XXXIII, quaest 1, can. 1 ),
dicendolo ricavato daUe epistole gregoriane a Giovanni vescovo di
Ravenna, neUe quaU non si ritrovano al certo le parole e le deci-
sioni di quel dupUcato canone grazianeo (ved. epitt gregor. ad
Joann. Ravenn. ep. XXXV, lib. I, indict IX; ep. XXU, XXVIII e
XXXII, lib. II, part I, indict X; ep. LV, lib. II, part II, indict XI;
ep. I, XI e XV, lib. IV, indict XIII), sia perche gli anticbi glos-
satori avevano gia riconosciuto che quel canone era stato tolto dai
Capitolari di Francia (lib. VI, cap. LV), indicati non oscuramente
da Rabano in una sua leltera ad Eribaldo (cap. XXIX), e che Bur-
cardo di Worms fu U primo ad attribuirlo a S. Gregdrio Magno
(Collect. can. lib. IX, cap. XL), nel che poi fu seguito da Ivone
(part VIII, cap. LXXX e CLXXVIII), e da Graziano (loc. cit.) neUe
loro canoniche collezioni. Perd da un fatto e da un caso singolare
noa si poo ne si deve conchiudere simililudinariamente per altri
fatti e casi particolari; ne perche l'anzidetto canone fu erronea-
mente attribuito a S. Gregorio, si debbono senz'altro esame riget-
tare come apocrife le due Iettere, deUe quali discerriamo. Ck> si
potrebbe logicamente indorre , se esistessero altri argomenti vaHdi
a comprovarlo. Ma qoaU, e qoanti sono questi argomenti? QueUo
ricavato dal tempo di dette epistole e arbilrario e conlroverbbile:
l.? perche le medesime sono di data inccrta, sebbeae alcuni edi-
tori di Granano abbiano a loro talento dalata 1'aitima nel 609;
S.° perehe se si yolesse fissar 1'anno in cui furono scritte, varie
conghietture indurrcbbero a credere cbe cid accadesse nel 604
delCera volgare. Ora, siccome e indubitato che S. Gregoria Magao
visse fino al 19 marzo del 604 (Lib. pontific. ap. Mansi, opfir. cit,
tom. IX, col. 1093 e seguenti), oosi ancora e molto probabile efae
in tale anno Gianuario vescovo di Cagliari non.fosse piu nei numarp
dei viveati. lmperocche egU era gia vecchio ael 599 , oome sj trova
espiicitamente ripetuto in una coetanea epistola gregoriana ( ved.
sopr. epist I, lib. VII, part. II, indict. II); e,nel603 era orinai coai
eadente per gU anni e per le infermita corporaU, che ncl .celebraru
U divino sacrifizio mal poteva, ancho con lunghi inlorvalli tli tcmpa,
consumare la consecrazione (ved. sopr. epist. LIX, lib. XI, indict. VI).
ISieute dunque vi e di slrano o d'impossibile nel sopporre clie Gia-
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PRIHA.
109
Ab kis omnino dissentio, quiperversae parentelae succes-
siones supputantes gradus diducmt, et de uno duos consti-
tuunt; acper hoc eum, qui pritnus esse debet, secundum;
qui vero secmdus efficiunt terthm. Itaque ex omni parte
generationes corrumpmt; ut cum arborem quae de parentela
compmgitur, ab ipsis ahscissam conspicimus, corpus ut ita
dixerim, detruncatum suis artubus videatur. Igitur parentelae
gradus a nobis taliter computatur. Siquidem ego et frater
meus una generatio sumus, primumque gradum efjicimus,
nuUo a nobis gradu dislamus.
Rursus filius meus , fratrisque mei filius secunda generatio
smt, ac per hoc gradum secundum faciunt, nec a se gradu
aliquo separantur. Itemque meus nepos, fratrisque mei nepos
teriia generatio sunt, ideoque gradum tertium faciuat , nec a
se gradu aliquo dividmtur.
Atque ad hunc modum ceterae successiones numerandae
veracissime smt. Porro autem de affinitate, quam dicitis
nnario morisse nel delto anno 603, dopo il qoale non si trova piu
nel regesto gregoriano altra epistola a lui diretla, e cbe nel tempo
corso dal di lui obito a quello di S. Gregorio Hagno, il papa avesse
proweduto di nuovo pastore la chiesa cagliaritana. Ammessa questa
ipotesi, cbe a me pare probabilissima, non so vedere perche il
nuovo vescovo elotto non debba credersi Venerio , secondo 1'opinione
dei PP. Maurini. Io non dird cbe vi sia fondamento certo per af-
fermarlo ; ma dird tuttavia che non vi e ragione vorona concludente
per niegarlo. E se nella incertezza si dovesse risolvere il dubbio
coUautorila, io non esiterei ad appellarmi a quella del codice di
S. Anselmo, e deU'allro codice luccbese del secolo XII citato dal
Mansi , nei quali qneste due epislole si trovano registrate , aggiun-
gcndovi appresso le testimonianze d'Ivone e di Graziano, dalle quali
il Fara e il Machin tolsero argomenlo a notare nel 604 il nome di
Venerio nella serie degli antichi vescovi cagliaritani (ved. Fara, De
reb. tard. , lib. I , pag. 171 , edit. praed.; Machin , Defens. primat.
archiep. ealar., in fin., ediL calarit., 1639). E laddove mi si oppo-
nesse, cbe in un allro codice ms. di S. Anselmo, custodito nella
biblioteca di S. Germano di Parigi , a margine della seconda di dette
letlere si leggevano scritte da mano ignota queste parole: apocryphum
caput (Balut., in not ad Gratian., pag. 558 , edit. paris., 1673), ri-
sponderei non potersi aU'autorita di molti contrapporre I'autorila
di un codice singolare, di cui non consta Fela, e nel quale non
Irovasi nemmeno inserta la prima delle stesse due citate epistole,
ne il giudizio senza motivi di nn anonimo annotatore dover preva-
iere a quello di tanti altri collettori ed illuslratori. Dal che tulto
io vengo a concbiudere che, se non puossi positivamente asserire
la genuinila dei due monumenti gregoriani qui riportati, nonsi pud
nemmeno con sentenza inappellabile deGnire, come fecero i Maorini
(Epist. S. Greg. M., tom. II, in append., col. 1304, edit. paris., 1705,
in-foL), che i medesimi siano assolutamente apocrifi. Se poi mi si
domandasse, quale io creda essere stato il vescovo cagliaritano
del 604, o il Venerio visitatore della chiesa Utrritanense (S. Greg.,
.epist XVII e XVIII, lib. XI, indicL VI), ovvero un altro affatto
diverso , potrei per conghiettura argomentare che lo fosse il primo,
non solamente perche non si ha prova verana della esistenza di un
altro Venerio, ma eziandio per la probabilita che in occasione ap-
punto della suddetta visilazione egli sia stato eletto dal clero e dal
popolo cagliarHano per occupare il seggio fatto vacanle in quello
slesso anno (603) per la morte di Gianuario. Qui pero nascerebbe
di noovo la lite sulla vera intelligenza deUa parola turritanente: ne
io vogUo ripetere il gia detto a questo proposito (vedi sopn pag. 166,
col. 2.», not. (*) ). Aggiungero soltanto che nei monumenti eccter
siastici di tulle le eta i vescovi deU'anlica Torres in Sardegna sono
chiamati invariabilmente turritanenses , o temteni, a differeoza
dei vescovi di Torri in Calabria, appellati ordinariamente thurini,
e che lo steiso Giovanni, intervenuto ai sinodi romani oonvocati
dal papa S. Simmaco nel 501 e 504, e creduto daU'Arduine e dal
Coletti (Harduin., Jndic. geograph. epite.; Colet., ItaL Saer., tom. X,
col. 173) vesoovo della suddetta chiesa di Torri , si sottoscrivo negli
atti conoiliari Joannes Thuritanus (ap. Mansi, oper. cit., lom. VIII,
coL 953 e 315). Sicche daU'istesso unico esempio cho ti potrebbe
addurre, per provare la comonione del vocabok» turrUanense, si
dedurrebbe piu legittimamente la prova contraria a favoro dei ve-
scovi di Torres. Qnalunque perd sia U valore di questa mia opinione,
ne io voglio pertinacemente difenderla comovera, np rigettare irri-
verentemente come faisa 1'opinione contraria, abbracciata e difesa
da uomini valentissimi , ai quali mi protesto troppo infcriore nel-
l ingogno e nella dottrina.
parentelam esse, quae ad virum ex parte uxoris, seu quae a
parte viri ad uxorem pertinet, manifestissima ratio est.
Quia si secmdum divinam sententiam ego et uxor mea
ma caro sumus; profecto mihi ex illa in ea suaque parentela
propinquitas una efficitur. Quocirca cgo et soror uxoris meae
in uno et primo gradu erimus; filia vero ejus, secundo a me
gradu erit, nepos vero tertio. Eodem modo utrinque in cae-
teris agendum est successionibus. Uxorem vero propinqui
cujuscumque gradus sit, ita me oportel attendere, quemad-
modum ipsius quoque gradus aliqua femina propriae propin-
quitatis sit: quod nimirum uxori meae de propinquarum
suarum viris et in cunctis cognationis gradibus convenit ob-
servare. Qui vero aliorsum sentimt, antichristi smt, a quibus
tanto vos soUicitius cavere oportet, quanto apertius deprehen-
ditis illos divmis legibus oppugnare.
XXXIX.
Gregorws Papa Venerio caralitano epjscopo.
Fraternitatis vestrae studiosae sagacitati, frater amande ,
quas debeo, refero grates. Quoniam quaesisti, quae debuisti;
jucundum me reddidisti. Vnde placide ad inquisita respondeo.
Sedem apostolicam consulere decrevisti, si mulier copia
nuptiali extraneo viro conjuncta, cognationi ejus perttneat,
si eo defuncto cognatio maneat, vel si sub altero viro cogna-
tionis vocabula dissolvantur , tel si susceptae soboles possint
legitime ad prioris viri cognationis transire copulam. Est
enim verbum Domini vaiidum, et forte est durabile, est im-
mutabile, est perseverabile , non momentaneum, non transi-
torium. Ait enim per se ipsa veritas, quae Deus est, et verbum
Dei: Coelum, et terra transibunt, verba autem mea non
transibunt. Anlequam Deus in carne inter Iiomines appareret,
eo inspirante dixit Adam: quamobrem reiinquet homo pa-
trem suum, et matrem, et adbaerebil uxori suae, et erunt
duo in carne una: cui non contradixit Dominus. Deinde cum
veritas oriretur de terra m terram, et visibiUs in humanitale
appareret, interrogatus est, si licitum esset homini uxorem
relinquere. Quod prohibens , fieri vetuit, nisi forte fornicatio
excluderei maritalem copulam. Unde protulit statim in medium
eamdem ipsam sententiam, quam ante secula manens cum
Patre Verbum inspiraverat Adae, ipse confirmans, quod ipse
homo primus protulit : Quamobrem relinquet homo patrem
stuim et matrem, et adhaerebil uxori soae; et erunt duo in
carne una. Si una caro fhini , quomodo potest aliquis eorum
ptopinquius pertinere mi, nisi pertineat alleri? hoc minime
posse fieri credendum est. Porro uno defuncto, in supcrstite
affmitas non deletur, nec alia copula conjugalis affinitatem
prioris copulae solvere potest. Sedneque aiterius conjunetionis
soboles placet ad affmitatis prioris viri transire consortium:
pro eo quod verbum Domini validum est, et forte: et ut in-
quiens dixit Propheta: Verbum Domini manet in aeternum.
Et alius Propheta: quoniam ipse dixit, et facta sunt: ipse
maadavit, et creata sunt: statuitea in aeternum, et in sae-
culum saeculi : praeceptum posuit, et non praeteribit. Non
potest per verbum suum, atque praecepium efficere Deus duos
carnem unam, idest, masculum,et foeminam: qui innumeram
multitudinem utriusque sexus non destitit sexum facere unum,
sicut per se Veritas dixit: non pro his lanlum rogo, scd
etiam pro cis qui credituri sunt per verbum eorum in mc ,
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DISSERTAZIONE
ut omnes unum sini, sicul tu Paler in me, el ego in te,
ul et ipsi in nobis unum siot. Si quis ergo temerario et sa-
crilego usu in defmcto qmerit propinqtiitatm extinguere,
vel sub altero affmitatis vocabulo dissipare, vel susceptam
sobolem alterius copulae propinquitati prioris credit legitime
sociari, hic negat Dei verbum validum esse, et forte: et qui
tam facile, et tam velociter qxtaerit dissolvere, hic non credit
verbum Dei in aeternum permanere. Confice terram ex quatuor
locis magna intercapedme a te distantibus: et confectam, et
conglutinatam finge cujuscumque figurae, vel immensitatis
corpus vohteris; numquid erit kumanum ingenium, quod ipsas
quatuor partes ad inviccm valeat segregare, ut unaquaeque
per se possil agnosd? Sic a quatuor avis duo confiomntur
in unum: et de duobus fit ma concreatio. Hanc simiUtudinem
de qualuor elementis, unde concreatus est homo, colligere
potes; si eorum unamquamque speciem, quae in multis divi-
sionibus partita est, per discretas inter separtes assignaveris.
Fil idem in melallis; hoc etiam in liquoribus: probat etiam
in coloribus pictor, qui sequitur arte naturam, colores admi-
scendo ex visilibus fucis corpora fingens 0).
Alle memorie serbaleci dalle riportate epistole gregoriane
snccedono nellordine dei lempi le accuse fatte alla santa
sede contro Tarcivescovo e il clero cagliaritano; la prontezza
del primo nel trasferirsi a Roma, per prosciogliersi dalle
fattegli imputazioni, e la resistenza del secondo a compa-
rirvi, percfae convinto dei proprii reati; Tanatema pontificio
quindi incorso da quelttudocile chieresla, e la missione di
Barbaro difensore regionario per costringerla alla ubbidienza;
le violenze usalo in tale incontro da Teodoro preside iniquo
p. c. n. 6» 7 . deirisola, e lincarico percii dato dal pontefice al suddia-
cono Sergio di riclamare presso il prefelto del pretorio
d'Africa contro 1'autorita del comando villanamente abusata
da quel supremo governante, e conlro la violazione dei
decreti imperiali di Teodosio e Valenliniano, benigni ripa-
ratori degli antichi, e generosi conceditori di nuovi privilegi
a favore della sede apostolica. La serie di questi fatti e
riferita minutamente in una lettera coetanea di papa Ono-
rio I; la quale, come si legge nelMansi W, che la esemplo
dal testo deH'anUca coUezione Diodatina ( 3 ), e del tenore
seguente:
HOXORIVS SERGIO SVBD1.4CONO.
Post parvi tomporis spatium qnaedam nobis svnt capUa
adversus caratitanae civUatis arehiepiscopum vet ejus clericos
nuntiata; pro quibus exequendis, atque canonica discretione
in hac romana civitate ventilandis, non solum praefatae
civitatis episcopum emissa praeceptione, sed etiam ejus cle-
ricos, de quHbus referebatur aliqua commisisse, praecepimus
evocare. Et quia •antefatus quidem episcopus, secundum quod
ei iussum fuerat, in hanc civitatem venire curavit; ejus verv
clerici proprio reatu convicli venire timentes, dsi sunt a sacra
communione privari, et anathematis vincttlo imodari. Et
post haec misso Barbaro defensore regionario sanctae nostrae
ecclesiae ad ernndem civitatem caratitanam, *t praedictos
clericos debuisset deducere, acium est ut TbeOdorus qwi-
• (I) Ex Hansi, oper. cit., tom. X, col. 445-46. Sono comuni a
questa seconda lo osservazioni gia fatte alla pTecedenle epistola
gregoriana. Noterd solo, cbe la preeento lettera leggesi per intfcre
nel Deerelo di Graziano, part. II, can. XXXV, quaest. X, can. I.
(9) Ss. eoncU. nov. et ampl. collect., tora. X , col. 582.
(3) Collect. can., lib. III, can. CLXXXiX.
dam perversus praeses ejusdem Sardiniae ( 4 ) diabotica inten-
tione arreptus venire eos jam navi impositos prohibuit, et
violenter ablatos in africanam provinciam destinavit. Scri-
psimus itaque filio nostro Gregorio praefecto tale tantumque
facinus Tbbodoro ejusdem insulae praesidi jubere, corri-
gere, et ipsas personas nostrae jurisdictionis suppositas
nobis in hanc civitatem romanam dirigere. Propterea cxpe-
rientia tua eidem eminentissimo praefecto imminendum depro-
peret, ut tanti viri facinus uleiscendum studeat, et tas nobis
personas dirigere non omittat: sciens quia non sohm hi qui
crimine tenentur obnoxii a sacra smt communione privali,
anathematis poena mulctati, sed etiam hi qui cum eis videntur
conjuncti. Exemplar vero saerae Theodosii et Valentiniani
(constitutionis) tuae experientiae curavimus destinandum, et
eidem eminentissimo praefectoper tuam experientiam dirigen-
dum: cujus series non solum ejus eminentiam, verum etiam
omnes omnino qui a sedis apostoticae dictione exorbUare con-
tendunt, nihilominus informare possit. Quemadmodum serenis-
simi principes hactenus omnes innovaverunt cuncta privilegia
sedis aposlolicae, et quae olim eidem sunt concessa, ipsa
lectione poterunt approbari. Nam de Domini Dei noslrimise-
ricordia confidimus, quodjura vel privilegia beati Petri cura-
bimus expetere, atque immutilata intentione quaesita atque
imperlita defendere. Tua ergo experientia ejusdem sacrae
(constiiulionis) tenore attentius relegendo suffulta, non solum
eminentissimo praefccto, sed etiam atiis haec eadem insinuare
non differat. Nobis autem de his omnibus, sicut divinus favor
impunxerit, cura erit ac solticitudo justa tramitem aequitatis
sine dubio deliberare, atque utilius fine canonico terminare.
Data IV idusjunias, indictione XV (62?).
L'intervento dei due vescovi sardi Diodalo e Yalentino p. c. n. t i9 .
al concilio lateranense (649), m cui fu condannato lerrore
dei monotelili ( 5 ), la facolla temporaria di ordinare i vescovi
(4) 11 preside Teodoro, di cni si paiia nelia presente epistota , e
ferse 1'istesso Teedoro dace delie milizie imperiali stannate in Sar-
degna, al qoale S. Gregorio Magno serisse direttamente nel 591
{ep. XLVI, lib. I, indict. IX), e del quale fece meniiono neU'anno
medesimo in altre due lettere indiriUe al diacono Onerato e aaVesarca
Gennadio <ep. XLVH e LIX, lib. I, indict. IX). L'idenUta della peraona
« pod argomentare daila somtgltanza del carattere, poiche il Teo-
doro gregoriano n nomo violento e bestiale come il Teodoro ono-
riano. Tuttavia non vogHo dissknnlare ta dtfficotta cbe nasce «huia
•diversila dei tempi, giacche dai 591 ai 697 corsero trentasei anni,
e se non 6 improbabiie , e pero straordmario cbe uno stesso uomo ,
gia comandante supremo deile milizie imperiali, e quiodi raaturo
di eta, fosse abile ancora, dopo sette lustri, a reggere le eorti oiviii
delltsola.
(5) L'eresia dei monoteliti, dasinata snccessivamente nei coocilio
geroselimitano del 634, nel concilio romano del 640, in coi fa pro-
scritta eziandjo VBctesi di Eraclio, e dai cencilii namidko, mauri-
4aaico , bizaceao , e carUgioese det 646 («p. Mansi , S*. cewdL coUect.,
tom. X , col. «49 «e seg., 679-80, 697 e seg., 761 e seg.), fu anate-
matizzata dt nuovo ool Tipo deU'imperatore Costante dal ooncilio
lateraneose celebrato nei 649, sotto il ponteGce Martine I (ap. Mansi,
oper. cit., tom. X, ool. 783-84, 863 eseg.). A questa fainosa rinniene
4i «onto e cinqne vescovi ortodossi, nella qoale furono dkhiaratt'
nemid defla fede e della tradiciene cattoika Cire patriarca di Ales-
-sandria, Sergio, Paote « Pirro patriarchi di Costantinopoli, che
«veane negato e niegavano pertinacemente ia duplice voionta (divina
ed umana) nella persona di G. C, intervenner* Diedato vescov»
<di Cagiiari, e Valentino vescovo di Torres. II prime di «ssi parW
eloqaentemente ai cospetto 4ei padri netle sesskni prima , seconda,
qnarta e qolnta (ap. Maasi, oper. cit, tom. X, coL 887-90, 910,
941 , 1097, 1138 e seg.), e knne il torze luoge fra i seniori. En-
trambi sottoscriesero agli atU cencBiari con qnesta formola: Deu*
deiit episcopu* tanctue c»raUkmae ccclesiac : Palentim* cpiscopm
tanctae twrritanae ecclesiae (ap. Mansi, ep. cH., tom. X.kwI. 1109,
1167). A Diodato succedette Giuslino nella sode cagliartttna , poiebe
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PRIMA.
p. c n. 6so. turrilani tolla da papa Martino I (650) agli arcivescevi di
Cagliari (0, e la lunga epistola dirella da Anastasio, disce-
f.c. w. 655. polo di S. Massimo, ai monaci cagliarilani (655), acci6
tra i vescovi che non intervennero al detto concilio lateranense,
ma che ne approvarono gli atti, dappoicbe fa conchiaso, vedesi
sottoscritto Juttinui epucopus tanctae Caraiitanae eecletiae intulae
Sardiniae (ap. Hansi, oper. cit, tom. cit, col. 1170).
(I) 11 fatto e attestato da Anastasio bibliotecario nella vita del
pontefice Giovanni V. Narrando egli la ordinazione di NoveUo ve-
scovo di Torres tatta nel 684 o in quel lorno , da Citonato arcivescovo
di Cagliari, dice che il papa la riprovd come nnlla ed arbitraria,
perche il suo predecessore Martino 1 avea richiamato a stretta os-
servanza 1'antica consuetudine della chiesa turritana , in virtu della
quale i suoi vescovi dipendevano direttamente dalla sedia apostolica,
e doveano dalla medesima essere ordinati , rivocando percid la fa-
colta temporaria di siffatte ordftazioni accordata per motivi speciali
agli arcivescovi cagliaritani, i quali poi, montati in soperbia, con-
tinuavano ad usarne come di un diritto ordinario. Soggiunge lo stesso
autore , che il snddetto papa Giovanni V convoco un concilio di
sacerdoti, e, rinnovata la ordinazione di Novello, lo restitui e lo
riconfermd nell' antica e diretta soggezione della sede pontificia.
Hie (i. e. Joannes P. V.) pott multortm annorum cwricula propter
trantgrettionem ordmationU eccletiae turritanae in Sardinia, quam
rine auctoritate pontificU feeerat Citonatds archiepiicopv* calari-
tanut, pro eo quod antiquitut ordinatio fuit tedit apottolicae, et ad
temput concetta fuerat ipta ordinatio eidem eccletiae. Postmodum ,
protervia faciente archiepitcoporum, per praecepta ponti/icum ab
eadem ordinatione tutperui sunt juxta determmdtionem tanctae me-
moriae Martmi papae. Et facto concilio tacerdotum Novelldm epi-
tcopum, qui ab eodem archiepitcopo ordinatut fuerat, tub ditione
ledit aposlolicae redintegravit atque firmavit, quorum chirographu*
archivo ecclesiae detentut est (Vti. Joann. pap. V, ex lib. Ponlif.,«p.
Mansi, oper. cit., tom. XI, col. 1093). Di quesla dipendenza antica
ed immediata dei vescovi di Torres dal romano pontefice, e della
conferma fattane dai papi Martino I, e Giovanni V negli anni 650,
( vel circ. ) e 684 , parld pure il Fara nel libro I De rcbut tardoit
pag. 170, edit. praed. ), e disse di trovarsene memoria nel libro
(ossia nella Colletione canoniea) di Diodato che si conserva nella
biblioteca vaticana. II Machin, non potendo niegare il falto, cercd
Vli travisarlo , e scrisse che il vescovo di Torres erat antea calaritano
(episcopo) tubieetus iure ordinario, et ordinabatur ab Ulo; ma che
poi iuxta determmationem sanctae memoriae Martini papae fuit
exemptus (Defent'. Primat., archiep. calar., cap. XXIII, pag. 103, n. 10,
edit. praed.); lo che e diamelralmente contrario alla narrazione di
Anastasio, secondo la quele i vescovi turritani dipendevano diret-
tamente dalla sedia apostolica, e da tempi molto antichi ricevevano
l'ordinazione immediata dai papi: Turritanae eceleriae qrdinatio an-
liquitui fuit tedis apoitolicae. E se d'aItro canto qoesta medesima
drdinazione fuit (postea) ad tempus concessa agli arcivescovi di Ca-
gliari , e poi , protervia ( eorum ) faciente , ne rarono privati dal
ponlefice Martino I , e finalmente fa annullala dal papa Giovanni V
la ordinazione di Novello fatta da Citonato sine auctorUaU pontificU,
chi non vede che i prelali cagtiaritani non aveano , prima di detta
concessione, o facolta temporaria, diritto veruno di ordinazione,
od altro, sopra i vescovi di Torres? Ne mi si dica col Mattei (Sardin.
taer. Bcelet. calariL, n.° IX, pag. 84, %ccles. turrit , n.° IV, pag. 145),
che sebbene il pontefice Giovanni V abbia riconosciuto irrita la
ordinazione di Novello fatta da Citonato, tnttavia la confermd e
1'approvo poco dopo : sed postea eonfirmata fuit. ... sed postmodum
UUim probavU (loc. cit.). Imperocche con totto il rispetto dovnto, e
ehe io sinceramente professo a questo insigne scritlore delle cose
ecclesiastiche di Sardegna, risponderd franramente, ch'egli o non
volle intendere, o volle fare aperta violenza alle parole di Anastasio
bibUotecario , il quale non disse , ne potea dire approvata o confer-
mata dal papa una ordinazione eseguita propter trantgressionem. . .
rine auctoritate pontificis , ma scrisse chiaramente, e senza dar luogo
ad ambiguita, od interpretazioni, che il pontefice Giovanni V, facto
concilio sacerdotum, Novellgm episcopum, qui ab eodem archiepi-
icopo (Citonato) ordinatut fuerat, tub dUione tedis apotlolicae redin-
tegravU utque firmavit. Ora, e ben diverso il redintegrare dal con-
firmare e dal probare, giaccheil primo vooabolo signiDca rinnova-
zione di un atto intrinsecamente nuUo , e gli altri due possono
intendersi, sia di on atto gia valido per se stesso, cbe di un atto
mancante soltanto di qoalche formalita. Forse qui potrobbesi chie-
dereda lalnno, qnando, e perche sia stata accordata agli arcivescovi
di Cagliari la facolta temporaria di ordinare i vescovi turritani. Se
si consulla la storia ecclesiastica, non si trova certamente monu-
mento veruno, che ce ne additi il motivo ed il tempo. Ma se in
mancanza di documenti storici si ricorra a ragionevoti conghietture,
io propendo ad opinare, che cio succedesse sotlo il pontificato di
S. Gregorio Magno, o per rausa delle incursioni longobardichc , o
perche 11 mare frapposto impcdiva il pronto c facUc acccsso doi
serbassero incontaminata la credenza callolica sulla duplic&
volonta di G. C, propugnandola coraggiosamente contro le
nuove cavillazioni degli eresiarchi ( 2 ), sono i soli fatti d'im-
vescovi di Torres alla melropoli del mondo crisliano per esservi
ordinati dal pontefice. Leggo infiatti neUe epislole gregoriane, che
in tal tempo appunto, e precisamente nel 599, fu concedula a Mas-
simiano vescovo di Siracusa (a lui personalmente, non alla sede:
pertonae, non loeo, come dice il papa) l'aatorita della sede aposto-
lica sopra tutli i vescovi della Sicilia, quatenut eit non rit necet-
tarium, pott haec, tanta mari* spatia transeundo ad nos pervenire
(ep. IV, lib II, indict. X, edit. Mans.), e trovo nel medesimo epi-
slolario, cbe nel 599 Mariniano vescovo di Torres dimostravasi
renitente a nbbidire agli ordini di Gianuario vescovo di Cagliari, e
che il papa si riservava di prowedere sopra le differenz